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L’esperienza di spremitura a scuola
DALLE NOCI ALL’OLIO La visita al frantoio e al torchio di Cossogno (sabato 27 novembre 2010) L’esperienza di spremitura a scuola Classe seconda B Scuola primaria “Bachelet” di Verbania
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Il signor Piero, a Cossogno, ci ha fatto visitare il locale dove ci sono il frantoio e il torchio e ci ha raccontato tante belle cose che ora riportiamo in questa presentazione. A Cossogno, nel tempo passato, le donne di tutti i paesi di montagna della nostra zona portavano le noci per fare l’olio.
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Nei paesi di montagna della nostra zona si faceva l’olio di noci poiché c’erano tanti noci e pochi ulivi. Frutto che si sta aprendo Fiori maschili Fiori femminili Gheriglio Seme aperto Frutti ancora avvolti nel mallo Seme racchiuso nel guscio
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Anche noi abbiamo fatto l’olio di noci
Anche noi abbiamo fatto l’olio di noci. Abbiamo portato a scuola tante noci. Dopo averle pesate (10 chili) le abbiamo schiacciate per separare il guscio dal gheriglio. Per la verità abbiamo usato anche 2 chili di nocciole.
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Nel passato le donne arrivavano al frantoio di Cossogno con la sciüéra piena di gherigli; la appoggiavano ad un sostegno di legno per potersela togliere dalle spalle. I gherigli venivano pesati: più era il peso e più olio si faceva; la qualità dell’olio ottenuto dipendeva anche dalla bontà delle noci e dallo loro provenienza.
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Anche noi abbiamo pesato i nostri gherigli: in tutto erano 4 chili
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Ingranaggi di legno A turno le donne utilizzavano il frantoio del mugnaio Camillo per schiacciare i gherigli. Il signor Piero ricorda che da bambino andava al frantoio con un pezzo di pane e con la speranza di poterlo intingere nelle noci schiacciate e fare così una buona merenda. C’è un proverbio che dice: “Pan e nùus, mangià da spùus!”. Ma un altro dice: “Nùus e pan, mangià da can!” Macina che, girando come una ruota, schiacciava i gherigli
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Per far girare la macina del frantoio servivano degli ingranaggi
Per far girare la macina del frantoio servivano degli ingranaggi. Un tempo questi ingranaggi erano messi in movimento con la corrente dell’acqua e poi con la corrente elettrica. Ora il frantoio non è più in funzione.
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Gherigli interi Gherigli sbriciolati La macina per i nostri gherigli è stata un frullatore elettrico da cucina.
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I gherigli sbriciolati dalla macina del frantoio si mettevano in un piccolo torchio e si otteneva finalmente l’olio.
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Anche noi abbiamo messo i nostri gherigli sbriciolati in un piccolo torchietto e, dopo aver molto girato con la forza dei nostri muscoli, è finalmente uscito l’olio!
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Anche il torchio di Cossogno funzionava con l’energia muscolare: girando una piccola manovella si mettevano in funzione, ingranaggio dopo ingranaggio, una serie di ruote. Così facendo la vite del torchio scendeva a schiacciare le noci. Il signor Piero ricorda che da bambino, si appoggiava sulla manovella e, dondolandosi, la usava come altalena.
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Con l’impasto rimasto nel torchio dopo la spremitura, le nostre mamme hanno fatto buone torte e buoni biscotti e noi abbiamo fatto merenda
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Invece a Cossogno l’impasto rimasto dopo la spremitura veniva scaldato su una stufa e poi nuovamente spremuto per avere altro olio (meno buono di quello della prima spremitura)
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Ed ecco il nostro olio (più di un litro) messo in bottiglia con l’etichetta!
Abbiamo inzuppato le fette di pane e ce le siamo mangiate!
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Anche nel passato l’olio serviva come alimento.
Veniva però utilizzato anche come combustibile per accendere le lampade che illuminavano le stanze. Le lampade si accendevano anche come segno di devozione (cioè di preghiera) davanti a immagini sacre. A questo proposito si racconta che… Una donna di Scareno passando davanti alla cappella di ponte Nivio, dedicata a sant’Albino, col suo carico di noci per recarsi al torchio di Cossogno pregò così: “Oh sant’Albìn, fàmen faa tant, che quand a tùrni indreé ad bagni la làmpa” (Oh sant’Albino, fammi avere una buona spremitura, che al ritorno verso un po’ di olio nella tua lampada). Al ritorno, dopo aver ottenuto l’abbondante spremitura sperata, pensò di passare dietro la cappella, per non farsi vedere e non mettere l’olio nella lampada. Purtroppo nei rovi inciampò e rovesciò a terra l’olio. Disse allora. “Oh sant’Albìn, da oeucc da bo, né ti tég n’é, né mi ag no!” (Oh sant’Albino, dagli occhi da bue, né tu ne hai, né io ne ho). La storia viene raccontata in varie versioni. Ad esempio si racconta di una donna proveniente da Rovegro che fece la stessa cosa passando davanti alla cappella dedicata a san Gaudenzio.
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Il frantoio è rimasto in funzione fino a circa 50 anni fa.
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