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PubblicatoAntonina Valentini Modificato 8 anni fa
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Lo stile del giovane cristiano: la tenerezza PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Anno Pastorale 2015-2016
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CEI, Orientamenti Pastorali per il decennio del 2010 – 2020, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 32. «Questo cammino, con le sue esigenze radicali, deve tendere all’incontro con Gesù mediante il riconoscimento della sua identità di Figlio di Dio e Salvatore; l’appartenenza consapevole alla Chiesa; la conoscenza amorevole e orante della Sacra Scrittura; la partecipazione attiva all’Eucaristia; l’accoglienza delle esigenze morali della sequela; l’impegno di fraternità verso tutti gli uomini; la testimonianza della fede sino al dono sincero di sé».
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CEI, Orientamenti Pastorali per il decennio del 2010 – 2020, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 32. «Spesso tali esperienze si rivelano decisive per l’elaborazione del proprio orientamento vocazionale, così da poter rispondere con coraggio e fiducia alle chiamate esigenti dell’esistenza cristiana: il matrimonio e la famiglia, il sacerdozio ministeriale, le varie forme di consacrazione, la missione ad gentes, l’impegno nella professione, nella cultura e nella politica».
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GIOVANNI CUCCI, Dipendenza sessuale online. La nuova forma di un’autentica schiavitù, Ancora – Civiltà Cattolica, Milano 2015, p. 87. «L’adulto è chiamato a essere educatore, non compagno o complice del minore. Educare vuol dire trasmettere qualcosa che ci è proprio, che è fatto nostro, fornire un sistema di valori e una visione di vita in cui la sessualità assume un significato equilibrato. Educare vuole anche dire favorire lo sviluppo di abilità sociali e autocontrollo indispensabili per respingere avance indesiderate, monitorare l’esposizione inappropriata a scene o stimoli sessuali, fare esperienze di cosa è la tenerezza».
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In questo incontro indico quale sia lo stile più congeniale nel vivere la vita cristiana come giovane. Fra i tanti stili di vita preferisco metterne in evidenza uno in particolare: la tenerezza.
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Ciò comporta nuove consapevolezze, possibilità di maturazione e di crescita, un lungo tirocinio e inevitabili fermate e cadute.
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1. Momento di preghiera O Signore, illumina la nostra mente e riscalda il nostro cuore, perché sappiamo scoprire che cosa sia la tenerezza e metterla in atto nel cammino della nostra vita. Maria, madre della tenerezza, assistici in questo cammino di ricerca e di vita. Amen.
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Che cosa è per me la tenerezza? Prova a descriverla con parole tue.
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2. Presentazione del tema Non è facile parlare della tenerezza nel mondo ecclesiale. A causa della paura della cosiddetta fragilità umana (considerata ovviamente in senso sessuale), si tende piuttosto a sterilizzarla e bloccarla che farla maturare.
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Con ciò si impedisce di rendere i fedeli – giovani, donne e uomini, laici o consacrati - capaci di vivere relazioni di tenerezza che siano espressione di maturità.
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Si preferisce, invece, vivere relazioni stantie e aride o foraggiare delle relazioni fredde, distaccate e dure. Ci sono delle radici da curare per sviluppare una sana libertà affettiva: quelle cristiane e psicologiche.
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Quelle psicologiche, sono condensate nell’esperienza e nella certezza d’essere stati già amati dai nostri genitori e la certezza corrispondente di saper amare.
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Tenendo presenti queste radici, attraverso varie sfaccettature, cerco di chiarire che cosa non è la tenerezza e che cosa è.
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La tenerezza non consiste nell’avvertire delle sensazioni piacevoli, attimi di commozione, ricordi o nostalgie incancellabili.
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La tenerezza non è giocare con i propri e altrui sentimenti, non è un possedere l’altro, cosificandolo e rendendolo un giocattolo.
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La tenerezza non è un atteggiamento eccessivamente protettivo, né una possessività che soffoca e incatena.
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La tenerezza non è tenerume, non è debolezza, ma fortezza - faccio notare che il termine tenerezza, tra i diversi etimi, sembra che si colleghi al latino tenax (tenace, forte, resistente) - e suppone che uno abbia dentro di sé opposte polarità.
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E confortante sentire ciò che papa Francesco ha detto nell'omelia per l'inizio del ministero petrino il 19 marzo 2013: Nei vangeli, San Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità d amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza! 1 1. PAPA FRANCESCO, Pensieri dal cuore, a cura di Vigini G., Edizioni San Paolo, Milano 2013, p. 107.
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Un gesto di tenerezza a volte è più nutriente di un pezzo di pane: il lavavetri al semaforo si scalda il cuore più con il nostro sorriso e il nostro “Buongiorno”, che con un euro che gli mettiamo in mano.
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Papa Francesco racconta: Quando andavo a confessare […] sempre facevo questa domanda: “Ma lei dà l’elemosina?” – “Sì, Padre!”. “Ah, bene, bene”. E gliene facevo due in più: “Mi dica, quando lei dà l’elemosina, guarda negli occhi quello o quella a cui dà l’elemosina?” – “Ah, non so, non me ne sono accorto”. Seconda domanda: “E quando lei dà l’elemosina, tocca la mano di quello a cui dà l’elemosina o gli getta la moneta?”. Questo è il problema: la carne di Cristo, toccare la carne di Cristo, prendere su di noi questo dolore per i poveri 2. 2. PAPA FRANCESCO, Uscite verso le periferie dell’esistenza! in “Il Regno”, Documenti 11, 2013, p. 324.
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La tenerezza è una via per liberare l’amore in noi stessi e nelle persone che ci avvicinano.
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Chi si sente incapace di dare e ricevere amore è tentato di disprezzarsi, diventa cattivo e contribuisce a rendere più triste il mondo.
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Non aspettiamo domani per dire a una persona: “Ti voglio bene”, “Mi piace quello che dici e quello che fai!”.
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Non dobbiamo pensare di fare cose grandi, ma dare un sorriso, offrire uno sguardo affettuoso, fornire una parola di sostegno, complimentarci per qualcosa di bello, prestare un’attenzione cordiale, dare un abbraccio.
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