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B&P Avvocati Milano – Verona
Diritto pubblico e diritto privato La Costituzione La tutela dell’ambiente avv. Federico Peres Professore a contratto di Diritto dell’ambiente Università di Padova – Facoltà di Ingegneria, Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente B&P Avvocati Milano – Verona
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DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO
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DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO
Le norme dell’ordinamento giuridico italiano possono essere distinte in due grandi categorie: DIRITTO PUBBLICO (diritto costituzionale, amministrativo, penale, tributario) DIRITTO PRIVATO (diritto civile, diritto commerciale, ….)
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DIRITTO PUBBLICO Regola l’esercizio dei pubblici poteri e delle pubbliche funzioni, nell’interesse della collettività. Disciplina l’organizzazione dello Stato e degli altri enti pubblici. Regola la loro azione, interna e di fronte ai privati. Impone ai privati il comportamento cui sono tenuti per rispettare la vita associata. Regola il reperimento dei mezzi finanziari necessari per il perseguimento delle finalità pubbliche. Le norme di diritto pubblico sono cogenti e inderogabili.
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DIRITTO PRIVATO Regola i rapporti giuridici tra privati Sono soggetti di diritto privato le persone fisiche; le persone giuridiche (enti, società, associazioni, consorzi, …). L’attuazione di tali norme è tendenzialmente lasciata all’iniziativa dei singoli, che operano tra loro in posizione di parità ma nel rispetto dei vincoli previsti a tutela di interessi pubblici e collettivi (ad esempio, in ambito contrattuale si v. l’art c.c. «le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge»). Si distinguono pertanto: norme cogenti per le parti (o imperative) norme derogabili dalle parti (o dispositive).
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DIRITTO PRIVATO Esempio 1: contratto per lo smaltimento illecito di rifiuti stipulato tra il titolare di un’impresa che produce rifiuti pericolosi e il soggetto gestore di una discarica abilitata a ricevere esclusivamente rifiuti non pericolosi. In questo caso il contratto sarà nullo per illiceità della causa (art del codice civile) indipendentemente dalla volontà delle parti di realizzare quello specifico scopo in quanto il contenuto del contratto, pur essendo liberamente determinato dai contraenti, non può derogare alle disposizioni fissate dal legislatore a tutela di beni collettivi quali la tutela della salute e la tutela dell’ambiente. Esempio 2: contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di un fabbricato in assenza di concessione edilizia o in totale difformità dalla stessa è nullo, ai sensi degli art e 1418 c.c., avendo un oggetto illecito per violazione delle norme imperative in materia urbanistica, con la conseguenza che l’appaltatore-costruttore non può pretendere in tali casi il corrispettivo dovuto, avendo l’obbligo giuridico del rispetto della normativa sulle concessioni. (Cass. Civile, sez. II, 31 gennaio 2011, n. 2187).
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l’applicazione contestuale
PRECISAZIONE 1: CONTEMPORANEA APPLICAZIONE DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO Sebbene il diritto pubblico e il diritto privato procedano su percorsi separati e distinti, questo non esclude che da una determinata condotta possa derivare l’applicazione contestuale delle norme di diritto pubblico e di diritto privato Esempio: la medesima condotta può dare luogo, nello stesso tempo, sia a conseguenze penali (diritto pubblico) che civili (diritto privato)
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PRECISAZIONE 1: CONTEMPORANEA APPLICAZIONE DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO
Un caso particolarmente frequente è quello delle emissioni in atmosfera senza autorizzazione od oltre i limiti fissati nella stessa La Parte V del d.lg. n. 152/2006 (il Testo Unico Ambientale o Codice dell’Ambiente) detta “norme in materia di tutela dell’aria e riduzione delle emissioni”. In particolare, l’art. 279 prevede alcune ipotesi di reato punite con specifiche sanzioni penali (arresto e ammenda) È norma di diritto pubblico dettata per regolare una determinata attività nell’interesse della collettività (diritto alla salute e ambiente), sanzionando eventuali violazioni Diritto pubblico (diritto penale)
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PRECISAZIONE 1: CONTEMPORANEA APPLICAZIONE DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO
1. Chi inizia a installare o esercisce uno stabilimento in assenza della prescritta autorizzazione ovvero continua l'esercizio con l'autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa o revocata è punito con la pena dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da 258 euro a euro. Con la stessa pena è punito chi sottopone uno stabilimento ad una modifica sostanziale senza l'autorizzazione prevista dall'articolo 269, comma 8. Chi sottopone uno stabilimento ad una modifica non sostanziale senza effettuare la comunicazione prevista dall'articolo 269, comma 8, è assoggettato ad una sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro, alla cui irrogazione provvede l’autorità competente. 2. Chi, nell'esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti dall'autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'articolo 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall’autorità competente ai sensi del presente titolo è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a euro. Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell'autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione. 3. Chi mette in esercizio un impianto o inizia ad esercitare un'attività senza averne dato la preventiva comunicazione prescritta ai sensi dell'articolo 269, comma 6, o ai sensi dell'articolo 272, comma 1, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a milletrentadue euro. 4. Chi non comunica all'autorità competente i dati relativi alle emissioni ai sensi dell'articolo 269, comma 6, é punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a milletrentadue euro. […]
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PRECISAZIONE 1: CONTEMPORANEA APPLICAZIONE DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO
5. Nei casi previsti dal comma 2 si applica sempre la pena dell'arresto fino ad un anno se il superamento dei valori limite di emissione determina anche il superamento dei valori limite di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa. 6. Chi, nei casi previsti dall'articolo 281, comma 1, non adotta tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni è punito con la pena dell'arresto fino ad un anno o dell'ammenda fino a milletrentadue euro. 7. Per la violazione delle prescrizioni dell'articolo 276, nel caso in cui la stessa non sia soggetta alle sanzioni previste dai commi da 1 a 6, e per la violazione delle prescrizioni dell'articolo 277 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da quindicimilaquattrocentonovantatre euro a centocinquantaquattromilanovecentotrentasette euro. All'irrogazione di tale sanzione provvede, ai sensi degli articoli 17 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la diversa autorità indicata dalla legge regionale. La sospensione delle autorizzazioni in essere è sempre disposta in caso di recidiva.
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PRECISAZIONE 1: CONTEMPORANEA APPLICAZIONE DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO
L’art. 844 del codice civile regola le immissioni Norma di diritto privato posta a tutela del diritto di proprietà (art. 832 c.c.) che legittima il proprietario dell’immobile (o soggetti ad esso assimilabili quale, ad esempio, il conduttore) a rivolgersi al Giudice per fare cessare o contenere eventuali immissioni che turbino il godimento del proprio diritto. Diritto privato (diritto civile)
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PRECISAZIONE 1: CONTEMPORANEA APPLICAZIONE DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO
Art Immissioni. 1. Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. 2. Nell’applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.
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Contemporanea applicazione
PRECISAZIONE 1: CONTEMPORANEA APPLICAZIONE DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO Contemporanea applicazione Azione PENALE finalizzata all’applicazione della pena nell’interesse della collettività verrà esercitata dallo Stato tramite il Pubblico Ministero avanti al Giudice penale. Azione CIVILE finalizzata a far cessare le immissioni pregiudizievoli per il singolo verrà promossa, avanti al Giudice civile, dal proprietario dell’immobile che lamenta l’intollerabilità delle immissioni. Norma di Diritto pubblico (art. 279 del d.lg. n. 152/2006) Norma di Diritto privato (art. 844 del codice civile)
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Regioni e Province Autonome Province Comuni altri enti pubblici
PRECISAZIONE 2: SOGGETTI PUBBLICI FRA DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO Soggetti pubblici Stato Regioni e Province Autonome Province Comuni altri enti pubblici Possono operare nell’ambito del diritto pubblico nell’ambito del diritto privato
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tipo di rapporto che di volta in volta si instaura
PRECISAZIONE 2: SOGGETTI PUBBLICI FRA DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO La distinzione tra diritto pubblico e diritto privato non si coglie guardando alla natura pubblica o meno dei soggetti, ma al tipo di rapporto che di volta in volta si instaura Rapporto di parità DIRITTO PRIVATO Esercizio di un potere di supremazia DIRITTO PUBBLICO
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SOGGETTI PUBBLICI FRA DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO
Ad esempio, quando l’Ente Pubblico (ad es. il Comune) viene citato in giudizio da un soggetto che, a causa del cattivo stato di manutenzione di una strada pubblica, ha riportato danni significativi al proprio veicolo, il rapporto (paritario) che si instaura viene regolato dalle norme del Codice Civile che disciplinano la responsabilità civile da illecito extracontrattuale (art c.c. e, in particolare, art c.c. – danno cagionato da cosa in custodia). In caso di accoglimento della domanda, è previsto un risarcimento. Quando invece la P.A. avvia un procedimento di espropriazione per la realizzazione di un’opera di pubblica utilità, l’Amministrazione agisce in posizione di supremazia rispetto al privato. La tutela è limitata: il privato ha diritto a un indennizzo o indennità.
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SOGGETTI PUBBLICI FRA DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO
Non sempre però la distinzione è così agevole. Per svolgere alcune attività istituzionali (ad es. erogazione di servizi pubblici locali), le pubbliche amministrazioni non ricorrono solamente a istituti tipici del diritto amministrativo (diritto pubblico) ma anche a istituti del diritto privato, così da assicurare maggiore efficienza ed economicità all’azione pubblica. L’utilizzo di strumenti privati da parte dei pubblici poteri non avviene in modo completo: non viene abbandonata del tutto l’idea dell’amministrazione intesa come titolare di una posizione preminente. Sono quindi previste numerose deroghe ed eccezioni alle norme di diritto privato che combinano elementi di diversa natura (pubblica e privata).
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SOGGETTI PUBBLICI FRA DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO
Nel corso degli ultimi anni, in numerose occasioni il legislatore ha modificato il quadro normativo di riferimento attribuendo espressamente alla P.A. la facoltà di utilizzare strumenti privatistici. A livello generale, l’art. 1 comma 1bis della l.n. 241/1990 come modificato dalla l.r. 15/2005: «la pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente». Con specifico riferimento ai servizi pubblici locali (art. 113 Testo Unico Enti Locali, come modificato dal d.l. 269/2003), in determinate ipotesi è stata prevista la possibilità di avvalersi «di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico, cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano» (c.d. società in house).
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SOGGETTI PUBBLICI FRA DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO
Sempre con riferimento ai servizi pubblici locali, in altre ipotesi il T.U.E.L. ha attribuito agli Enti locali la possibilità costituire apposite società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria anche in deroga ai vincoli derivanti da disposizioni di legge specifiche (c.d. società miste). Anche in tema di appalti pubblici, il legislatore estende la nozione di «organismi di diritto pubblico» includendo qualsiasi organismo, anche in forma societaria: (i) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; (ii) dotato di personalità giuridica; (iii) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico. (art. 3 comma 26 del d.lg. n. 163/2006).
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SOGGETTI PUBBLICI FRA DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO
Come anticipato, la diffusione di tali modelli privatistici in ambito pubblico ha dato e continua a dare luogo a numerose criticità interpretative e applicative: la società di diritto privato mista o totalmente pubblica a quale disciplina è soggetta nei rapporti con i terzi? Deve operare nel rispetto dei principi posti a garanzia del buon andamento e della imparzialità della amministrazione? Oppure può operare come qualsiasi soggetto privato? E nelle relazioni giuridiche interne tra società e azionisti e tra società e dipendenti?
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IL CASO CONTROVERSO DELLE SOCIETA’ MISTE
Esaminiamo il primo aspetto: i rapporti con i terzi nella gestione del servizio locale. La giurisprudenza ha avuto modo di affrontare la tematica in numerose occasioni, pronunciandosi di volta in volta su vicende specifiche e puntuali; in generale, però, si può affermare che la natura privata del soggetto non influisce nei rapporti con i terzi nello svolgimento dell’attività. Ad esempio, se il servizio di gestione dei rifiuti urbani e la riscossione della relativa tariffa sono gestiti da una società di capitali in virtù di affidamento deliberato dal Comune trovano comunque applicazione i principi di contabilità pubblica applicabili agli Enti locali e agli utenti/contribuenti sono riconosciute le tutele che la legge riconosce nei rapporti con la P.A. (Consiglio Stato, Sez. V, 26 ottobre 2006, n. 6400).
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IL CASO CONTROVERSO DELLE SOCIETA’ MISTE
«È illegittimo il regolamento di adozione della tariffa per lo smaltimento dei rifiuti approvato quando il termine per l'approvazione del bilancio di previsione era ormai scaduto e, pertanto, in violazione della disposizione di cui all'art. 27 comma 8, l. 28 dicembre 2001 n. 448, come sostituito dall'art. 53 comma 16, l. 23 dicembre 2000 n. 388, a norma della quale i regolamenti relativi alle entrate degli enti locali e le relative tariffe si applicano a decorrere dal 1° gennaio dell'anno di riferimento, anche se approvati successivamente all'inizio dell'esercizio ma pur sempre entro il termine per l'approvazione del bilancio preventivo, e ciò in quanto qualunque sia il soggetto al quale è affidata la gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, l'applicazione della relativa tariffa incide sul patrimonio dell'utente del servizio il quale, come titolare del diritto a disporre del suo patrimonio, deve riconoscersi anche titolare di ogni interesse al puntuale rispetto delle norme che disciplinano l'approvazione della tariffa, con riguardo non solo alla misura in cui il suo patrimonio sarà colpito, ma anche al momento in cui ciò avverrà, specialmente quando la legge ne consente l'applicazione retroattiva, sia pure in presenza di specificati presupposti».
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IL CASO CONTROVERSO DELLE SOCIETA’ MISTE
Anche nel settore degli appalti non mancano pronunce giudiziali che hanno affrontato la tematica. Dapprima, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite Civili aveva affermato che «La società per azioni deputata alla gestione di servizi pubblici locali, ex art. 22 l. 142/90, pur se a prevalente partecipazione pubblica, costituisce un soggetto di diritto privato del tutto distinto dall’amministrazione pubblica; ne consegue che la scelta della controparte, ai fini della esecuzione di un’opera funzionale alla gestione del servizio, non è soggetta alla procedura dell’evidenza pubblica e che le relative controversie rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario» (sentenza n. 4989/1995)
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IL CASO CONTROVERSO DELLE SOCIETA’ MISTE
Già l’anno successivo, però, il Consiglio di Stato in Adunanza generale giungeva a una conclusione diametralmente opposta: «Le società miste costituite per la gestione dei servizi pubblici locali, in quanto costituenti moduli organizzativi dell'amministrazione per l'esercizio di un servizio pubblico, sono soggette - nello svolgimento della loro attività in determinati settori - agli obblighi che gravano sui soggetti aggiudicatori (art. 2 e ss. del d.lg. 17 marzo 1995 n. 158, di "attuazione delle direttive 90/531/Cee e 93/38/Cee relative alle procedure di appalto nei settori esclusi"), e quindi anche alle procedure di gara previste dalla normativa comunitaria» (16 maggio 1996, n. 3035)
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IL CASO CONTROVERSO DELLE SOCIETA’ MISTE
Più recentemente, il Consiglio di Stato in Adunanza plenaria ha di nuovo ribadito il principio secondo cui, nello svolgimento della propria attività, la società mista opera come una pubblica amministrazione e pertanto è soggetta ai principi di concorrenza, trasparenza e di libertà di iniziativa economica …. «l'art. 13 d.l. 4 luglio 2006 n. 223 (cd. decreto Bersani), conv. con modificazioni dalla l. 4 agosto 2006 n. 248, il quale prevede il divieto per le società a capitale interamente pubblico o miste di partecipare all'aggiudicazione di gare non indette dagli enti loro partecipanti, il quale è volto a tutelare i principi di concorrenza, di trasparenza e di libertà di iniziativa economica, si estende anche ad una impresa partecipata da un'altra impresa, a sua volta controllata da un'amministrazione pubblica e, pertanto, si applica anche all'ipotesi in cui la società a capitale misto, con scopo statutario non esclusivo e che intenda operare, mediante una società interamente partecipata, in favore di enti locali non soci, voglia concorrere a gare per gli stessi servizi, rispetto ai quali ha già affidamenti diretti da parte dei soci pubblici» (sentenza 17/2011).
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IL CASO CONTROVERSO DELLE SOCIETA’ MISTE
… e senza snaturare il suo ruolo istituzionale (Consiglio Stato - sez. VI, 7 settembre 2004, n. 5843): «Già nel vigore dell'art. 113, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267, nel testo anteriore alle innovazioni introdotte con la l. n. 448 del 2001, con il d.l. n. 269 del 2003, e con la l. n. 350 del 2003, le società miste costituite dagli enti locali potevano svolgere attività extraterritoriale, eseguendo appalti pubblici indetti da stazioni appaltanti diverse dagli enti locali che avevano dato vita alle società miste stesse, sia pure con paletti e limitazioni volti a non snaturare il ruolo istituzionale delle società miste e purché ciò fosse preordinato alla soddisfazione di una specifica esigenza della medesima collettività, non si traducesse in un mero ritorno di carattere imprenditoriale, e non vi fosse una concreta incompatibilità con gli interessi della collettività di riferimento, determinata da una distrazione di risorse e mezzi effettivamente apprezzabile e realisticamente in grado di arrecare pregiudizio allo svolgimento del servizio pubblico locale».
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IL CASO CONTROVERSO DELLE SOCIETA’ MISTE
Quanto invece alla disciplina applicabile nei rapporti interni, la soluzione è differente. Corte di Cassazione Civile a Sezioni Unite: «La società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato per il solo fatto che l’ente pubblico ne possegga in tutto o in parte le quote di partecipazione: il rapporto tra società ed ente è di assoluta autonomia ove al secondo non sia consentito incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo e sull'attività della società mediante l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di sua nomina» (sentenza n /2006). T.A.R. Lazio - Latina: «Le società per azioni con partecipazione pubblica non mutano la loro natura di soggetti di diritto privato solo perché lo Stato o un altro ente pubblico ne possiede le azioni, in tutto in parte, non assumendo rilievo, per le vicende societarie, la persona dell'azionista, poiché la società resta persona giuridica privata ed opera nella sua autonomia negoziale, senza nessun collegamento con l'Ente pubblico azionista» (sentenza n. 17/2013).
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LA COSTITUZIONE
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Ma da dove deriva tale concetto?
LA COSTITUZIONE Complesso dei valori fondanti e delle regole di base di ogni società giuridicamente organizzata e, in particolare, i principi fondamentali dell'assetto di uno Stato. Ma da dove deriva tale concetto? Concetto teorico
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E la Costituzione Italiana a quando risale?
Le prime Costituzioni sono nate nell'ambito di quel filone politico-filosofico di derivazione liberale definito, appunto, come «Costituzionalismo» (XVII e XVIII secolo), allo scopo di delimitare e frammentare il potere assoluto tipico delle monarchie europee. Un processo che continua anche oggi? E la Costituzione Italiana a quando risale? Concetto storico
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Conferma il concetto di Costituzione come limite al potere assoluto
LA COSTITUZIONE È stata approvata dall’Assemblea Costituente – organo rappresentativo del popolo italiano – il 22 dicembre 1947 ed è entrata in vigore il 1° gennaio 1948. Conferma il concetto di Costituzione come limite al potere assoluto Concetto storico
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LA COSTITUZIONE Costituzione come documento solenne che racchiude e formalizza l’insieme di valori e regole. Ha però una natura non solo politica, ma anche giuridica poiché rappresenta esso stesso un testo normativo (o, come si dice in termini tecnici, una «fonte del diritto»), idoneo, in quanto tale, ad attribuire diritti, ad imporre doveri, ad assegnare poteri ed a fissare le regole fondamentali per il loro esercizio. È la Legge fondamentale dello Stato, posta al vertice della gerarchia delle fonti. Concetto storico
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Com’è strutturata la Costituzione Italiana?
Le Costituzioni dettano le linee fondamentali per regolamentare: la forma di Stato; i diritti e dei doveri dei cittadini; l’organizzazione delle funzioni dei pubblici poteri. Com’è strutturata la Costituzione Italiana?
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LA COSTITUZIONE La Costituzione italiana del 1947 si compone sostanzialmente di sei sezioni (escluse le disposizioni transitorie e finali): Principi fondamentali (artt. 1-12). Parte prima (Titoli I-II-III): fissa i diritti e i doveri dei cittadini, disciplinando le garanzie delle libertà individuali, sociali ed economiche (artt ). Parte prima (Titolo IV): concerne le modalità di esercizio della sovranità popolare (artt ). Parte seconda (Titoli I-II-III-IV): disciplina i rapporti fra gli organi di governo, ossia, la c.d. forma di governo (artt ). Parte seconda (Titolo V): regola i rapporti fra Stato centrale e autonomie territoriali, delineando le rispettive sfere di competenza (artt ). Parte Seconda (Titolo VI): si occupa delle garanzie costituzionali, indicando le attribuzioni della Corte costituzionale e disciplinando le procedure di revisione della Costituzione (artt ).
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LA COSTITUZIONE Dalla lettura della vigente Costituzione, lo Stato italiano si configura come Stato repubblicano e democratico (articoli 1, 3 e 139); fondato sul lavoro (articoli 1 e 4); interventista (o, come più comunemente si dice, «sociale»; articoli 3, comma 2°, 4, 41, 43 e 44); non confessionale (articoli 7, 8, 19 e 20); aperto alla comunità internazionale (articoli 10, 11 e 117, comma 1); parlamentare (art. 55 e 94); decentrato (ed oggi, peraltro, a seguito della riforma del titolo V della parte seconda, lo Stato regionale italiano presenta più marcati connotati federali; articoli 5, 114 e ss.).
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LA COSTITUZIONE La Costituzione è la legge fondamentale dello Stato, ma è modificabile?
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LA COSTITUZIONE La Costituzione italiana si dice “rigida” (in contrapposizione al concetto di “flessibile”). Per poterla modificare, si deve ricorrere ad un procedimento legislativo “rafforzato”, diverso da quello “ordinario” seguito dal Parlamento per l’adozione delle leggi ordinarie dello Stato. A tale procedimento si ricorre: per modificare la Costituzione; per legiferare in materie sulle quali la Costituzione stessa pone una riserva di legge costituzionale: approvazione di statuti regionali speciali (art. 116 Cost.); norme relative ai giudizi di legittimità costituzionale ed all’indipendenza dei giudici della Corte costituzionale (art. 137 Cost.).
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Procedimento ordinario:
LA COSTITUZIONE Procedimento ordinario: L’iniziativa legislativa spetta a: Governo; Ciascun membro delle Camere; Organi od enti cui è conferita da legge costituzionale; Al popolo, con proposta di progetto firmato da almeno elettori. La procedura: il disegno di legge viene presentato ad una Camera e da essa approvato; passa poi alla seconda Camera, dove deve venire approvato nel medesimo testo; il testo di legge così adottato è promulgato dal Presidente della Repubblica; la legge viene successivamente PUBBLICATA sulla Gazzetta Ufficiale ed entra IN VIGORE 15 giorni dopo la pubblicazione.
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Il procedimento rafforzato (art. 138 Cost.):
LA COSTITUZIONE Il procedimento rafforzato (art. 138 Cost.): Ogni Camera deve deliberare la modifica o la nuova disposizione DUE VOLTE (fra il primo ed il secondo voto devono passare almeno tre mesi). Affinché la modifica o la nuova disposizione venga approvata i voti favorevoli della seconda votazione devono raggiungere in ciascuna Camera almeno la MAGGIORANZA ASSOLUTA (50% + 1) dei componenti di quella Camera. Poi: se raggiungono (in ogni Camera) i 2/3 dei componenti la procedura si esaurisce; se non sono raggiunti i 2/3, è sempre possibile indire un REFERENDUM popolare CONFERMATIVO (entro 3 mesi), su richiesta in alternativa di: un quinto dei membri di una Camera; elettori; 5 Consigli regionali.
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LA COSTITUZIONE La Costituzione non può essere modificata, neppure con il procedimento rafforzato, nei propri principi fondamentali, sui quali si fonda lo Stato di diritto. Ad esempio: Forma repubblicana (art. 139 Cost.). Unità della Repubblica. Principio democratico. Rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo. La Costituzione è quindi tendenzialmente rigida ed in parte immodificabile
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Costituzione è insieme di valori e principi e legge di organizzazione dei pubblici poteri Costituzione ed ambiente (valori e principi) Esiste un articolo della Costituzione dedicato all’ambiente?
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
All’interno della Costituzione non troviamo un articolo preciso che parli di tutela dell’ambiente o dell’ecosistema. Sicuramente questo concetto non era presente nella mente di coloro che nel 1947 hanno materialmente redatto la carta costituzionale. quella di allora era un’Italia ancora molto dedita all’agricoltura; l’industrializzazione e il boom del dopoguerra si manifestarono solo qualche anno dopo; il traffico veicolare rimandava a concetti di benessere e sviluppo, non certo al carattere inquinante delle emissioni come accade invece oggi per spontanea associazione. Questa unanime “ignoranza” rispetto alle conseguenze dell’inquinamento la troviamo in altre disposizioni di legge di quel periodo, come ad esempio: l’art. 844 del codice civile in materia di immissioni; l’art. 674 del codice penale che sanziona il getto pericoloso di cose .
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Manca un articolo dedicato esclusivamente all’ambiente. Ciò nondimeno, essendo anche le norme della Costituzione soggette ad interpretazione, sono numerose le pronunce che fanno derivare da altri articoli costituzionali anche la tutela dell’ambiente.
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
L’articolo che più degli altri si riferisce all’ambiente è: Art. 9 Cost. 1. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. 2. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. La Costituzione, dunque, sembra tutelare non l’ambiente in sé considerato, bensì il paesaggio inteso come veduta. Tutela dell’ambiente indiretta.
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Inoltre, la tutela dell’ambiente verrebbe indirettamente garantita anche dall’art. 32 della Costituzione che ha come oggetto la salute dell’individuo. Art. 32 Cost. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti […].
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Cass. civ., Sez. Unite, sentenza del , n. 5172 «La domanda con la quale il privato chieda la sospensione di un'opera intrapresa dalla pubblica amministrazione, assumendo che questa, per effetto di esalazioni e rumori, pregiudica la salubrità dell'ambiente in cui abita o lavora, recando così nocumento al proprio benessere biologico e psichico, si ricollega ad una posizione soggettiva inquadrabile nell'ambito del diritto alla salute, che la costituzione riconosce e tutela in via primaria, assoluta, non condizionata ad eventuali interessi di ordine collettivo o generale, e, quindi, anche nei confronti dell'amministrazione medesima. Sull'indicata domanda, pertanto, va affermata la giurisdizione del giudice ordinario, restando irrilevante, a tale fine, ogni questione di merito sulla concreta sussistenza della denuncia la situazione di pericolo, e sull'esperibilità, a difesa di quel diritto, di un'azione di carattere inibitorio nei confronti della pubblica amministrazione». L’orientamento più risalente interpretazione estensiva
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Cassazione civile , sez. III, 17 aprile 2008, n : «Il risarcimento del danno ambientale deve comprendere sia il pregiudizio prettamente patrimoniale arrecato a beni pubblici o privati, sia quello - avente anche funzione sanzionatoria - non patrimoniale rappresentato dal vulnus all' ambiente in sé e per sé considerato, costituente bene di natura pubblicistica, unitario ed immateriale. Ne consegue che la condanna del responsabile sia al ripristino dello stato dei luoghi, sia al pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento non costituisce una duplicazione risarcitoria, allorché la prima condanna sia volta ad elidere il pregiudizio patrimoniale e la seconda quello non patrimoniale». L’orientamento più attuale analogia iuris
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
La tendenza è quella di considerare l’ambiente sempre più in modo autonomo ed indipendente. Manca un riferimento espresso, ma un’interpretazione della Costituzione e il recepimento di atti comunitari facilita tale considerazione.
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Costituzione è insieme di valori e legge di organizzazione dei pubblici poteri Costituzione ed ambiente (competenze) Esiste un articolo che disciplina le competenze legislative in tema di ambiente?
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
L’art. 117 Cost. detta la ripartizione delle competenze legislative fra Stato e Regioni, distinguendo tra materie di competenza esclusiva dello Stato; materie di competenza concorrente Stato-Regioni: lo Stato stabilisce le norme di principio e le Regioni le norme di dettaglio; materie che non rientrano nelle due precedenti categorie (categoria residuale) come materie di competenza esclusiva delle Regioni.
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Art. 117 Cost. (come sostituito dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, oggetto del referendum confermativo del 7 ottobre 2001): 1. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. 2. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: […] s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. 3. Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: […] tutela della salute; […] governo del territorio; […] valorizzazione dei beni culturali e ambientali […]. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. 4. Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Ambiente è quindi competenza legislativa esclusiva statale. A livello regolamentare, il comma 6 dell’art. 117 Cost.: La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni.
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Quella relativa all’ambiente è tuttavia una materia trasversale (e ciò anche perché prima del 2001 era intesa come competenza concorrente): In questo senso l'evoluzione legislativa e la giurisprudenza costituzionale portano ad escludere che possa identificarsi una "materia" in senso tecnico, qualificabile come "tutela dell'ambiente", dal momento che non sembra configurabile come sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze. In particolare, dalla giurisprudenza della Corte antecedente alla nuova formulazione del Titolo V della Costituzione è agevole ricavare una configurazione dell'ambiente come "valore" costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia "trasversale", in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale (Corte Cost., sentenza n. 407/2002). Ratio utilizzata dalle regioni per sottrarre competenza.
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Cosa succede se la regione viola il riparto di competenze di cui all’art. 117 Cost.? Controllo di costituzionalità: in via principale; in via incidentale.
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Art. 127 Cost., controllo in via principale: Il Governo, se ritiene che siano stati superati i limiti della competenza regionale, può promuovere la questione di legittimità innanzi alla Corte Costituzionale entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge. Lo stesso potere è attribuito alle Regioni nei confronti degli atti dello Stato o di altre Regioni che assuma lesive della propria competenza. In caso di accoglimento: dichiarazione di incostituzionalità (erga omnes e retroattiva)
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Un famoso intervento della Corte Costituzionale riguarda la nozione di rifiuto, più nel dettaglio la materia delle terre e rocce da scavo che trovano spesso una disciplina concorrente Stato/Regioni. Sentenza 5 marzo 2009 n. 61 Presidente del Consiglio dei Ministri Vs. Regione Valle D’Aosta
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
art. 14, comma 1 della l. r. n. 31/2007 (poi dichiarata incostituzionale) «i materiali inerti da scavo non costituiscono rifiuti e non sono assoggettati alle disposizioni di cui al d.lgs. n. 152/2006, qualora derivanti esclusivamente da suoli naturali, da versanti in frana o conseguenti ad attività di sistemazione idraulica e manutenzione di alvei di fiumi e di torrenti, la cui qualità ambientale risulti essere corrispondente almeno allo stato chimico di buono, come definito dall'art. 74, comma 2, lettera z), del d.lgs. n. 152/2006. La provenienza del materiale deve essere espressamente dichiarata dal progettista in fase di progettazione preliminare delle relative opere o, nel caso di interventi assoggettati a denuncia di inizio attività, dal soggetto titolare dell'intervento cui le opere si riferiscono».
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(Corte Costituzionale, sentenza 5 marzo 2009, n. 61)
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Questa la massima della sentenza della Corte Costituzionale 5 marzo 2009 n. 61: «Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 2, 3 e 6, l. reg. Valle d’Aosta 3 dicembre 2007 n. 31. Tali disposizioni riguardano la stessa definizione di "rifiuto" e sono relative alla materia della tutela ambientale di esclusiva competenza dello Stato, non riferibili a nessuna altra competenza propriamente regionale né statutaria né desumibile dal combinato disposto degli art. 117 cost. e 10 l. costituzionale n. 3 del 2001».
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LA TUTELA DELL’AMBIENTE
Capire se una normativa regionale lede la competenza statale esclusiva in tema di ambiente non è sempre facile. Valutazione caso per caso e rimessa alla Corte Costituzionale che è il più autorevole interprete della Costituzione.
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