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CALIDDU E FEDERICO MESSANA di Montedoro
15 GIUGNO 1891 Il LIBRO MASTRO DEI FRATELLI CALIDDU E FEDERICO MESSANA di Montedoro A cura di: Calogero e Federico Nota per leggere il testo: Usare i tasti: Pag/avanti Pag/indietro Esc x finire
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Federico Caliddu
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GENEALOGIA MESSANA di Montedoro
Dal Codice diplomatico dei re Aragonesi (1290): SALVUS DE MESSANA ABITATOR SCLAFANI (pag. 515) Antonino || 1°nozze || 2°nozze ( ) Diego Scavone (Antonina) = Vincenzo = (Eleonorra Tulumello) || || || || || || Volpe Raimondo Scavone = Rosalia Gaspare = (Anna Alfano) || ( ) || || Salvatore Giuliano (1783) (1804) || ( ) (Crocefissa Marranca) Maddalena Calogero Nicolò Vincenzo || (1770) (Orazio Sanfilippo) (A.Sferrazza) || (Gaetana Volpe) (+1807) ( ) Don Ludovico Morreale/Collura Concetta Anna Maria Calogero || (Onofrio Marotta) (Arc. Campanella) (Anna Morreale) Don Antonino (1804) || (Chierico e notaro) LUDOVICO || (segue)
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Vincenzo || Don Giuliano Volpe || 1°nozze || 2°nozze ||
(Francesca Alfano) < == Ludovico ==> (Salvatrice Volpe) (+1850) ( ) || || || || || || ( ) ||===========||=============|| Maria - Anna Benedetto – Federico - Rosalia Giuseppe Calogero Federico Giuseppina (+1850) (S.Piccillo) (C.Mammano) (Chierico) (G.Petix) (S.Cammarata) ( ) ( ) (G.Spitalieri) || ( ) || (G.Montagna) (C.Montana) || Federico || ^ || Ludovico || |_____ Pietro Montana || || ||======||========||======||======||======|| ||=======||=======||=======||=======||=======|| (1881) (1902-) (1907-) ( ) (1896 -USA ) Fr.sca–Giuseppa–Salvatore–Federico–Ludovico–Peppino Angelina– Ludovico– Pietro – Salvatrice – Fr.sca - Giuseppina (Maria Pace) ( ) (Miccichè) (Montagna) (Alfano) (F.Barbera) (Chiarelli) (G.Barbera) || || || || || || || Lina Francesco Benedetto (Dino) Mariolina Lina Pina Angelina Salvatore Lina (Suora +1998) (Franca Alfano +1998) || Lillo Federico Federico Genì Angelina || || Pina Vito Ciccio Maria Totò - Nuccia Totò Federico Concetta Lina ( ) Calogero || Anna Maria (Carnabuci)
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Che Caliddu e Federico Messana, mio nonno e suo fratello, vissuti a cavallo del novecento, fossero dei fini e meticolosi "mastri" è risaputo. Ne parlano le cronache locali e quanti li hanno conosciuti di persona. Fini e laboriosi "mastri" pieni d'inventiva, capaci di mettere mano a qualsiasi lavoro venisse loro prospettato: curavano la manutenzione dell'acquedotto, gestivano l'orologio della Chiesa di Montedoro provvedendo alla costruzione delle parti rotte od usurate, costruirono l'orologio della Chiesa di Bompensiere, riparavano armi come pistole e fucili, riparavano e costruivano attrezzi di uso domestico, di campagna, di lavoro. Quando gli attrezzi della loro piccola fucina non soddisfacevano o si rompevano, allora provvedevano loro stessi a costruirseli secondo le necessità del caso. Costruivano cancelli ed inferriate in ferro battuto, i "gattoni" per sostenere i balconi, riparavano biciclette, attrezzi per le tante miniere di zolfo, fondevano l'oro per costruire piccoli oggetti ed erano fini cesellatori: cesellarono alla perfezione in acciaio, per sfizio (poiché mai, timorosi e dabbene com'erano, avrebbero potuto approfittarne), l'effige negativa di alcune monete correnti. Effige che, applicata al giusto metallo, avrebbe potuto riprodurre le monete in corso legale! Per ultimo, preparavano le casse di zinco per i morti di un certo rango, per l'epoca, come per don Cesare Caico, morto il 15 febbraio del 1898, alle ore 2 e un quarto della notte! Le loro note, in calce ai lavori svolti, oltre che avere una valenza di cronaca locale spesso risultano commoventi in quanto rappresentazione della vita quotidiana.
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Il tutto è attestato da un "libro di lavoro", dove registravano meticolosamente ogni operazione della giornata: la data, il committente, il lavoro eseguito, il capitale impiegato ed il relativo guadagno. Una "X" a lato indicava, come spiegano in una nota, che il lavoro era stato pagato! E si riscontrano cose strane e divertenti. I pesi erano espressi in "rotoli", misura in vigore nel Regno delle due Sicilie: un rotolo equivaleva a circa 890 grammi, e cento rotoli formavano un "cantaro", un quintale odierno. In una nota si legge: "12/8/1899 Caico Dr. Eugenio - n. 1 tubbo di bicicletta riparato di la moglie". Che scoperta! Ho seguito tutte le vicende di Eugenio Caico e della moglie Lulù nel lungo peregrinare per l'Italia, e scopro che le famose biciclette che ordinava in Inghilterra da Bordighera se l'era portate a Montedoro dopo il suo triste esilio! (vedi Mia cara Lulù). Da quel "libro di lavoro" emerge uno spaccato di vita che si conduceva in quegli anni a Montedoro, dal momento che la costruzione di oggetti o la loro riparazione, intestate con nome, cognome e soprannome alle persone, indicano il tenore di vita e le usanze del paese, chi deteneva un fucile od una pistola. "10/5/1899: "Cordaro Angelo - n. 1 canuzi per trareanghe". Al barbiere Cordaro s'era evidentemente rotto l'attrezzo per tirare i denti! "14/10/1891: "Sig. Fiocchi Michele - n. 1 stirratore ovale". Attrezzo da miniera. "30/1/1891: "Dott. Guarino Angelo - n. 1 paio di chiodi di naca". Al dott. Guarino s'erano rotti i chiodi che tenevano sospesa l’amaca per il proprio bimbo. "22 luglio 1893: terminata la costruzione dell'orologio di Bompensiere".
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28 luglio 1892 = Licata Mariano n
28 luglio = Licata Mariano n. 1 fancetto di miele = dato Lascecca pei peri Sembra un rebus! Certamente è stato uno scambio alla pari (segno =). Forse costruirono un falcetto per recuperare il miele dall’arnia, dandolo in omaggio a Licata, ricevendo in prestito Lascecca (l’asinella) per andare a raccogliere le pere in contrada Albanello. Loro possedettero una “scecca” fino agli anni cinquanta, ma non poteva essere la stessa del 1892 ! 18 aprile 1893 = Terminata n. 1 culla o naca per Federico (Forse per la figlia Salvatrice) 23 ottobre Il brigadiere ci ho scassato n. 1 porta ni Capitano Calogero e ci ho fatto n.1 chiave, e ci hanno trovato n. 12 balati di zolfo (forse un furto alla miniera?) 21 ottobre Chiarelli Calogera - n. 1 pila zingata zingo suo (L. 1 coniglio) 15 febbraio Caico don Federico - Abbiamo fatto il tabuto, o cassa mortuaria di zingo, per suo fratello Don Cesare Caico che morì questa mattina alle ore 2 e un quarto (sardato il tabuto dentro e fuori 20 ottobre Comune n. 4 marchi per pollare le pecore 23 maggio Licata Angelo Infantino - n. 1 marca a 2 lettere (LA) 2 gennaio terminati n. 2 toppi con segreto- n. 1 della Scarpetta, n. 1 di Tulumello Vincenzo per mandarli all’America 7 marzo Perrone Giuseppe - n. 1 palliera di n. 36, per recarsela in America 31 agosto Morreale Petrina - n. 3 vetri nel scaffiato 8 marzo Comune n. 10 ticchetti per mettere le meti ai macellai
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I “gattoni” per sostenere i balconi La tomba dei Caico
5 febbraio n. 2 minnalori al ienniro di Pietra di Gesa - n. 1 bottiglia di vino 5 febbraio n. 1 revolver riparato al farmacista gruttisi Litri 3 di vino 10 febbraio Abbiamo misurato l’acqua alla vasca e si trovò litri 18 ogni 36 secondi, e alla sorgiva si trovò litri 18 ogni 20 secondi (Onofrio Caico, Augello Alessandro e noi tre) 14 febbraio Abbiamo trovato il guasto ni contrada Laburrusa e c’era il tubo rotto. Abbiamo fatto n. 3 manicotti con perni pel tubo rotto - ferromio - Rot. 13 L.0,30 L. 3,90 Abbiamo misurato l’acqua ni acquista e si trovava sempre 19 secondi (col sindaco Caico Onofrio) 10 dicembre A Cilona Giuseppe - n. 6 anelli nuovi di mangiatoia 30 dicembre Tulumello Michele - ricevuti chili 2 pasta per n. cugno e n. 4 plachi 2 maggio Comune n. 10 bacchette di filo di ferro pel pallottoliere - pittarlo diversi colori
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N. 2 bandiere per la Chiesa di Bompensiere N
N.2 bandiere per la Chiesa di Bompensiere N. 1 croce allungata lasta e la tranta dietro Prospetto di balcone in ferro battuto
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Materiale necessario per costruire n
Materiale necessario per costruire n. 5 fanali a 5 bracci in ferro battuto per illuminare le vie del paese Ne sopravvive un solo esemplare (casa Duminuco) Nelle foto di Louise Hamilton sono visibili due “fanali” ad uno e due bracci
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L’unico “braccio” rimasto (casa Duminuco - Via Tulumello-Vittorio Emanuele)
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Muscarolo, sistemato sopra il portone: adornava e fungeva da presa d’aria
Il portone di casa Caico con relativo muscarolo (Foto Louise Hamilton) N. 2 vetri per l’urna (pag. 51) = Caico Don Federico - n. 1 valora di rame rosso nel baldacchino della Chiesa (pag. 92) Nell’urna n. 1 vetro e n. 1 affa di asta (167)
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31 ottobre 1899 Ferramenta per il D. Guarino Angelo
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Per me stesso (ferramenta di casa nostra) 14 marzo - 30 aprile Terminati n. 2 barconi per me stesso e labbiamo pesato = sono ...
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<---- E’ visibile il castelletto montato dietro la “nuova” Chiesa, nel giardino, per fare posto all’orologio ed alle campane Vedi “Libro mastro” alle pagine La Chiesa col campanile diroccato La Chiesa provvisoria nel magazzino di Giulia Caico Operazione castelletto Il giorno 29 ottobre 1901, in seguito agli scavi nella sottostante miniera di zolfo, crollò parte della volta della Chiesa, subito dopo che il prete aveva finito di dire messa. Fu necessario abbattere il campanile di destra perché pericolante. All’operazione assistettero Caliddu e Federico. Il 12 novembre 1901 il Comune decise di spostare la Chiesa nel magazzino di Giulia Caico, nella piazza adiacente, e di trasferirvi sia l’orologio che le campane. Caliddu e Federico fecero costruire un castelletto di legno nel giardino, alle spalle della nuova Chiesa e fecero scavare un pozzo sottostante per alloggiare le mazzare dell’orologio. Quindi smontarono l’orologio, con mille precauzioni, e rimontarono il tutto nel nuovo provvisorio alloggiamento, tra il 30 novembre ed il 31 dicembre Così cantò l’avvenimento il poeta popolare Agostino Alfano: “... scinnieru li campani di lu campanaru e l'appinniru in mezzu a lu jardinu”.
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lu fici 'n'omu ca mancu va un granu, di lu so' nomu chiamatu Agustinu
CHIANCI MUNTIDORU Chianci Muntidoru e grida aiutu, Cu pocu Civili e malu cuvirnatu, Cu un sulu Tempiu c'amu avutu Sempri l'hannu vulutu allavancatu. Li Pirriatura di lu Statutu Lu surfaru di sutta ci hannu tratu, Gesù Cristu si finci surdu e mutu., li chiama "lu paisi sfurtunatu". Di la pirrera di lu Cannataru, si cumincia a ruzzulari Muntidoru Di la pirrera di li Signuri Lumia Detti scossa lu tempiu di Diu. Di la pirrera di lu Sagramentu ha trimatu l'altaru d'ogni santu. Jammu a la chiesa e dicernu - Mi pentu! Ma Gesù Cristu nun mi duna cuntu. A li vintinovi ottuvru lu matinu di lu milli novecentu zeru unu, mentri dicia la missa lu parrinu cu poca genti e cu lu sagristanu, ha trimatu lu damusu e lu quatrinu, vicinu la porta di lu campanaru, lu tirruri chi fu di lu Parrinu, Heja!... così dicia alu sagristanu. Doppu ca livau di vivirisi lu vinu si nni nisceru fori a manu a manu, ci fu un spaventu nni lu cummicinu, la Chiesa si guardava di luntanu. Nun ci fu cchiu l'ufficio Divinu, cà Muntidoru addivintà paganu. Ora di chiesa fa lu magazzinu pi pinitenza d'ogni cristianu!..: Chiangiti tutti frusteri e paisani ommini dotti e fimmini civili, cadiu la chiesa digna, univirsali. Bedda, adurnata ca nun avia fini!... Hannu scinnutu lu lorgiu e li campani pi fari cuitari li parrini, amari tutti cu' cci misi mani trattati comu Turchi Saracini. Sapiti chi ficiru ammanu ammanu. Pi chiesa ci addubbaru lu casinu, scinnieru li campani di lu campanaru e l'appinniru in mezzu a lu jardinu; Chista è gravizza di lu sagristanu pi sunari mezzojornu e matutinu, Livaru lu parlamentu du luntanu Ca sunava la missa cu lu tammurinu Quannu arrivaru a li pedi di l'Artaru dissiru: hamu truvatu lu trisorol... Taliati ca trimau lu campanaru, La Porta Fanza cu tuttu lu muru (...) Ficiru stari la chiesa un palummaru Cà tutti li Santi ristaru a lu muru. Quannu nisceru lu santu Sagramentu di Muntidoru s'intisi lu chiantu; Ci fu nni lu paisi un gran sgumentu; Chianciva ogni statua di Santu. (...) Tutti davanti a Diu l'hammu a pagari, Gabilloti, Prupriitaria e surfarara, Ngignera, capumastri e pirriatura 'infina a li carusi ca lu carriaru, l'Ammaggistratu cu l'Apiritura E lu Prufeta ca nun sappi fari, Ora cu' l'arripara sta svintura? a chistu dannu nun si duvia arrivari. O Muntidoru, prega di cuntinu quantu ti levi d'essiri paganu, (...) Vo' sapiri cu' fici stu latinu, lu fici 'n'omu ca mancu va un granu, di lu so' nomu chiamatu Agustinu di lu Vituzzi famiglia d'Alfano Agostino Alfano
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Addì 1 gennaio Il Commissario mi ha levato le chiavi dell’orologio e le diede a Camillo che non si fidava a regolarlo e l’ha guastato Addì 8 gennaio Il Cav. Caico Onofrio mi ha mandato le chiavi dell’orologio a casa mia, con Cordaro Angelo, e l’abbiamo fatto suonare ch’era fermo Cos’era successo? Il 31 luglio dell’anno prima, con decreto regio era stato sciolto il Consiglio comunale ed era stato nominato un Commissario straordinario, tale Michele Burgio. Questi, ligio al gruppo Guarino-Morreale, come annota Petix, prepara il terreno per la sua ascesa al potere. Licenzia tutti i dipendenti del Comune legati ai Caico (12 persone tra Montedoro e Bompensiere) ed accusa la precedente amministrazione di malversazioni. La lotta fu aspra. Ma nelle votazioni del 3 gennaio 1904 i Caico risultarono vincitori per soli 4 voti, e festeggiarono con tripudi di gioia, fiaccolate e fanfara! Dice il Petix che quella notte nessuno dormì: chi per la gioia, chi per il rancore. E’ noto che i fratelli Messana parteggiavano per i Caico ed avevano varie concessioni come la gestione dell’acquedotto, la manutenzione della carrozza, la conduzione dell’orologio della Chiesa madre. Anche loro erano stati colpiti dal Commissario con la revoca della gestione dell’orologio! Revoca immediatamente “revocata” dal momento che l’orologio era una loro creatura e solo loro erano (e furono) in grado di farlo funzionare a dovere, fino agli anni sessanta quando, sciaguratamente e per insipienza, venne distrutto e sostituito con un quadrante elettrico. Era un orologio “alla francese”, con decine di rotismi complicati ed alimentato da tre pesanti “màzzare”, tre grosse pietre legate a delle corde che dall’alto del campanile toccavano quasi terra. Le “màzzare”, che davano la carica, quotidianamente dovevano essere sollevate (caricate) girando una manovella. Suonava le ore, le mezz’ore, i quarti, mezzogiorno e ciccannini! (Per me, ragazzino, (eravamo negli anni cinquanta), era un piacere farmi portare sulla torre dell’orologio ed aiutare mio nonno a tirare le màzzare. Salvo “sgarrare” ai suoi ordini (inseguendo passeri e colombe per i tetti della Chiesa) e sentirlo gridare: “Porca terra, è pericoloso!”.
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Un poco d'olio ad una ruota dentellata
IL TERREMOTO Mio nonno Federico, geloso custode dell'orologio della Chiesa, ogni tanto mi portava sulla torre campanaria per tirare in alto i contrappesi in pietra (màzzare): e ne succedevano di tutti i colori! "Se vuoi venire, là, sull'orologio, devi ubbidire e fare quel che ti dico: in silenzio salir la torre, mogio, e non toccare niente, manco col dito!". Ma giunti roteando fin sulla cima, la testa ti fumava, come un vulcano, e bisognava sostar solo un pochino, prima di proseguir verso l'arcano. Finalmente un portone, ch'era serrato, si apriva e ti mostrava, meraviglia, di attrezzi e ruote un grand’apparato, che ti lasciava stupito come una triglia. "Attento a quel gradino, porca terra! Siediti là, e non batter manco ciglia!" gridava già mio nonno trafelato, prima ancor che la soglia avea varcato. Ubbidiente e col fiato trattenuto, sistemato nell'angolo come ordinato, assistevo cogli occhi ben sgranati, alle complicate manovre da scenziati. Un poco d'olio ad una ruota dentellata con penna d'oca gelosamente conservata, una sbirciata al bilanciere dondolante, una soffiata a un ingranaggio semovente. Poi, con delicatezza da barbiere anziano, mise a girare un meccanismo strano, ed io sbirciando con aria un po’ giuliva mi accorsi che un gran masso in sù saliva. "E' la màzzara che tutto manda avanti!" disse mio nonno, con un tono trionfante, "Se vuoi provare tu, fa un passo avanti, ma attento a non mollar, ti rompi i denti!". Timoroso e con strizza da novizio, cominciai a girare quell'artifizio, contento che la pietra quaternaria saliva lesta per la torre campanaria. Ma un volo di colombo, disgraziato, mi distrasse dal lavoro complicato, e mollai la manovella che in un baleno provocava un disastro a ciel sereno. Quel grosso masso che saliva in alto, libero dell'attacco, tutto d'un tratto cominciò a rotolare senza più freno, sbattendo col fragor di un autotreno. Della chiesa tremaron le fondamenta, le luci tutte si spenser come d'incanto, anche la croce si mise a tentennare, e pure i santi sembravan borbottare. Il prete che la messa avea cantato, al fragore che sembrava terremoto lasciò l'altare correndo a perdifiato, seguito al volo da tutto l'apparato. Varcai la porta correndo come un ogiva, mentre mio nonno col bastone m'inseguiva: giungemmo ansanti sulla porta principale mentre la gente pregava sopra il messale! Capita la cagion del terremoto e che la morte sicura avean scansato, con l'occhio destro ringraziavan Dio, ma col sinistro godean pel dramma mio. Quel galantuomo di mio nonno Federico mi perdonò d'averlo tanto tradito: ma per un anno non volle più sapere, di portarmi lassù, manco a vedere! Federico
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Composizione del libro
Il libro, riscoperto in uno dei tanti cassetti di casa, si presenta in buono stato di conservazione. E’ costituito da circa 300 fogli in formato 21x15, “ligati” insieme, come dice lo stesso Caliddu, ad un dorso di pelle ed una copertina di duro cartone colorato in rosso. La copertina si presenta leggermente usurata. I fogli sono composti da 15 righe di circa 1 cm. d’altezza. La seconda e la terza di copertina hanno un fondo verde. Le pagine sono vergate con grafia chiara con pennino ad inchiostro nero, spesso con matita nera, a volte con matita viola. Nella seconda di copertina, a matita, è scritto: Ligato da me stesso Messana Calogero addì 15 giugno e tutto il lavoro marcato nei mesi indietro è stato copiato da un altro libro Il diario di lavoro, infatti, inizia con la data 13 aprile 1891, e dell’altro libro cui fa cenno non si ha alcuna traccia. Le pagine compilate sono 231, più 22 bianche, più altre 22 di riepilogo: per un totale di 275. Le pagine sono numerate solo dalla 1 alla 31, al centro pagina in alto Le pagine riportano: la data in giorno, mese, anno un segno (una X indica che il lavoro è stato pagato) nome, cognome (e spesso il soprannome) del committente la descrizione del lavoro eseguito (a volte un piccolo disegno) i rotoli utilizzati (1 rotolo equivaleva a circa 870/grammi) il capitale impiegato il guadagno ed il totale Spesso alla descrizione del lavoro è associato il motivo, come la costruzione di un “tabuto” di zinco per la morte di don Cesare Caico, “avvenuta questa mattina 12 febbraio 1898 alle ore 2 e un quarto”, o la misurazione in secondi del tempo di riempimento di una lattina d’acqua per scoprire le perdite dell’acquedotto. Piccole notizie, appena accennate, che ci fanno scoprire fatti ed eventi sconosciuti. Le annotazioni vanno dal 1891 al 1908.
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STORIA E COINCIDENZE I LORO CLIENTI PRINCIPALI: COMUNE CAICO GUARINO MULINO FIOCCHI - MICCICHE’ (Miniera) DON TIBURZIO (Miniera)
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Il ritiro delle armi Col proclama del 5 gennaio 1893, il governo presieduto da Francesco Crispi, impone lo stato d’assedio in tutta la Sicilia, a causa del forte movimento dei “fasci siciliani” che da qualche anno rumoreggiavano in tutta l’Isola (Petix). In Montedoro ci fu il disarmo generale per cui tutti i cittadini “di buona volontà” consegnarono le armi da fuoco, ma ci fu chi preferì nasconderle. I fratelli Caliddu e Federico furono incaricati di raccogliere dette armi, di sistemarle in delle casse e di spedirle a Caltanissetta. Così risulta dalle loro annotazioni: Addì 28 gennaio Assistito alla consegna delle armi in Montedoro (n. 164) (le armi consegnate dai montedoresi furono 164) Addì 29 gennaio Assistito alla consegna delle armi a Bompensiere (n. 29) (le armi consegnate dagli abitanti di Bompensiere furono 29) Addì 30 gennaio Inchiodate le cassi dei fucili per spedirli a Caltanissetta
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Le sorgenti d’acqua potabile La popolazione di Montedoro ha da sempre sofferto il problema dell’approvvigionamento dell’acqua potabile, nonostante le numerose sorgenti, a causa del sottosuolo impregnato di zolfo. - La sorgente della “cuba”, che scaturiva dalle marne (trubi), poco potabile e sufficiente per un migliaio di persone La sorgente del feudo di Graziano, (sorgenti del Salvatore e Acqua Ammucciata) ottima ma fuori mano e spesso contesa, giunse in paese nel maggio 1884 nella fontana a 3 cannoli in l.go Capraia, alimentando n. 4 cannoli sparsi per il paese. - Altre sorgenti , che davano acqua meno buona da bere, perchè sulfurea: Gebbia dei Gueli, Mintina, Zaccagnini, Marialacani, Mollichella, Rovittello, Lavatore, Mintina, Ligamaro, Vecchio Matteo Tanti erano i problemi per convogliare l’acqua in paese a causa del territorio impervio, soggetto a frane ed a guasti (di cui alcuni memorabili). Parecchi erano i “cannoli” sparsi per il paese, che i f.lii Messana sorvegliavano, pronti ad intervenire in caso di guasti, come spesso annotano. Prendevano il nome dal posto di ubicazione: - il cannolo della Palma - ubicato nell’attuale Piazza XX Settembre, angolo Via Colonnello Fara, sovrastato da una folta palma =====> - il cannolo della Pirciata - il cannolo di Maggiore - il cannolo di mattiola - il cannolo di Ninu la ricca - il cannolo di Don Cicciu Cannolo della palma
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Tracciato della conduttura dell’acquedotto nel territorio di Montedoro
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L’intero percorso dell’acquedotto, dalla sorgente dell’Acqua Ammucciata alla “Vasca”
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Come si presenta attualmente la vecchia sorgente dell’Acqua Ammucciata, in territorio di Serradifalco
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Fontana con tre cannoli e “fanali” ad un braccio
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La loro attività Caliddu ( ) aveva prestato il servizio militare a Torino dal 1883 al 1886, presso il regio esercito, ed era tornato in paese con una specializzazione in meccanica fine. Federico ( ) sicuramente avrà appreso dal fratello tale arte, visto che vivevano in sintonia, oserei dire in perfetta sincronia, ogni momento della giornata. Sotto casa possedevano una piccola bottega completa di attrezzi per lavori fini ma anche grossolani come incudine, martelli e mazze, forgia, tenaglie. La loro attività infatti spaziava dalla costruzione o riparazione di orologi e piccoli oggetti preziosi, alla costruzione di ferramenta come cancellate, forni per il pane, attrezzi per la miniera, riparazione e costruzione di pistole e fucili. Ma anche la riparazione di piatti che saldavano con filo di ferro dopo averli perforati con un trapano a corda Riepilogo dei lavori riscontrati nel Libro Mastro: - surchiari e lucchetti - ferramenta per porte - parmigiane - gattoni per sostenere balconi - maniglie -zappe e zapponi - trispa (supporto per sostenere le tavole del letto) - chiavi - lucchetti semplici e con combinazione - roncole - stirratura tondi e ovali per la miniera di zolfo - riparazione di pistole, revolver e fucili da caccia - palliere (per fondere i pallini da caccia) - installazione di vetri - martelli, cunei e scalpelli da taglio - chiavi di botte - ferro da stiro - chiodi di vario tipo - tiralana - pallottoliere per la scuola - battagli per la campana - muscalora di portone - spiletti - calìa caffè - cancaruna - tuliere (calcio) per fucile (anche artistici co una testa di animale) - sculaturi di pomodoro al spiziale - graticola di fornello - chiodi di naca - torchio di mustu - affi e viti al principe Pignatelli - fintizzi di lamera - surchiari, affoni e naticchi - lattine per olio - pila zincata - riparazione del mulino - forbice di tùnniri - stanchetti - balestra di fucile - trabacca - canalata - fondo di bigliolo (tanti!!) - taglia zone (molle) di orologio - torchio per pasta - rubinetti - posa vacile - binocolo riparato - bilancia - porta ritratto - forni di pane - brascera - baionetta - stadera - sciabole arrotate - decalitro - spironi di pasta - chiave di cantarano - forbici - puntali di vommaru - - inferriate d’ogni tipo - fanali da uno a cinque braccia per l’illuminazione del paese (a petrolio) - - porta per tomba - tabuto di zinco per Don Cesare Caico - riparazione di carrozze private e del postale - gestione e manutenzione dell’acquedotto che prelevava acqua dalle varie sorgenti del circondario - costruzione dell’orologio per la Chiesa di Bompensiere - gestione e manutenzione dell’orologio della Chiesa di Montedoro - riparazione di biciclette a Don Eugenio Caico e Luisa Hamilton - numerazione delle vie di Montedoro e Bompensiere - riparazione del mulino a vapore (Federico possedeva l’abilitazione per la conduzione)
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UN SEGRETO INCONFESSABILE
Come si evince dal contesto del ”Libro mastro”, Caliddu e Federico erano degli esperti armaioli. Riparavano armi militari, fucili da caccia, revolver e pistole d’ogni tipo. A loro ricorrevano quindi oltre che i carabinieri del posto, amici e conoscenti del paese e del circondario. Il loro lavoro si svolgeva alla luce del sole, poiché mai avrebbero infranto la legge. Avevano però un segreto, che pesava nel loro cuore come un macigno, e che portarono fino alla tomba. Caliddu era morto nel 1950, mentre Federico nel 1957 stava per esalare l’ultimo respiro. E volle scrollarsi di dosso quel pesante macigno che l’opprimeva. Chiamato a sé un figlio, confessò! Dopo 56 anni! Confessò che ai primi di maggio del 1901, mentre in contrada Albanello erano intenti a raccogliere le pere, furono avvicinati da Rosario Bufalino, che da qualche mese s’era dato alla macchia, dopo essere scappato dal carcere di Serradifalco, ed era attivamente ricercato. Il Bufalino con fare minaccioso consegnò loro una pistola che necessitava di una riparazione e li “pregò vivamente” di fargliela ritrovare, in gran segreto, riparata e funzionante, nel posto da lui indicato. Cosa potevano fare i “due poveretti” se non ubbidire all’intimidazione? La pistola fu riparata e fatta trovare al latitante come stabilito. Il resto è cronaca: Il 16 maggio seguì il ferimento dell’avvocato Antonino Morreale, fu accusato ed arrestato l’allora sindaco Federico Caico, subito scarcerato perché estraneo al fatto (ne parla Louise Hamilton nel suo libro), seguirono le scorrerie del Bufalino. Finchè, nella notte tra il 28 e 29 ottobre venne sorpreso dalla forza pubblica ed ucciso in un conflitto a fuoco. E’ ovvio che loro nessuna colpa avevano per quanto successo, né per quella maledetta riparazione “estorta” con minacce. Del resto basta scorrere il “Libro Mastro” per vedere quante volte, in tempi non sospetti, avevano riparato pistole e fucili al povero Bufalino. Ma quel fatto pesò molto alla loro coscienza al punto da renderlo un segreto incoffessabile! ROSARIO BUFALINO
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Quello che resta della “Putìa”.
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La vecchia incudine della “putia”
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….e la vecchia morsa
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Il compasso costruito il 28-03-1908 e siglato C. F. M
Il compasso costruito il e siglato C.F.M (Calogero Federico Messana)
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La forgia ed a sinistra il vecchio mantice
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Bastone animato, regalo di Don Cesare Caico, gelosamente custodito da mio nonno. E’ una bellissima lama di Toledo, finemente cesellata, con incisa in rilievo la frase: “Non ti fidar di me se il cor ti manca”. La custodia ed il manico sono in cuoio
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Orologio omaggio della famiglia Caico
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8 febbraio Terminato n. 1 animolo per cogliere il filo per noi - Arcolaio, arnese fatto di stecche in cerchio sul quale s’adatta la matassa (marredda) da dipanare (dal greco: ‘anèmos = vento)
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Attrezzi rimasti
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Giare utilizzate per contenere l’olio e le olive
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Vecchio “squadro” da agrimensore (moderno teodolite) appartenuto al trisavolo Volpe Giuliano, agrimensore
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La bilancia del loro negozio
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Il libro si presenta in buono stato Dorso in pelle Copertina in cartone colorato in rosso
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1891 Ligato da me stesso Messana Calogero addì 15 giugno 1891 e tutto il lavoro marcato nei mesi indietro è stato copiato da un altro libro M.C.
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Messana Rosalia - n. 1 ferrata - un vestito terminato
Nota esplicativa, come incipit: Il segno di croce -X- è di essere pagato = dove non è il detto segno di -X- voldire che non è pagato! Da notare che i Caico NON pagavano “quasi” MAI Messana Rosalia - n. 1 ferrata - un vestito terminato
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N. 4 gattoni - rotoli 89 in tutto Lire 30
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Fanala di Bompensiere e Montedoro
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Capitale per fare n. 10 fanala (Totale = 215,00 Capitale = 76,30 Guadagno = 138,70)
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N. 2 mazzaroli di vricciali , Miccichè Vincenzo
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Mantione Salvatore - n. 1 pirciaturi a tinaglia per mercare i pecori all’orecchio Lire 2, pagato con carni Lire 2,25
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N. 1 runca nuova fatta a padre Fiorella S. Fiocchi Miccichè G. ppe n
N. 1 runca nuova fatta a padre Fiorella S. Fiocchi Miccichè G.ppe n. 1 stirraturi ovale
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Augello Alessandro n. 1 appinnaglia nuova e 2 perni
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Fine del Libro Mastro
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