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Parte XVIII: Correnti Stazionarie

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Presentazione sul tema: "Parte XVIII: Correnti Stazionarie"— Transcript della presentazione:

1 Parte XVIII: Correnti Stazionarie
Corso di Fisica Generale Beniamino Ginatempo Dipartimento di Fisica – Università di Messina Parte XVIII: Correnti Stazionarie Intensità di corrente e densità di corrente 2) Le leggi di Ohm in forma integrale 3) Legge di Ohm 4) Le correnti elettriche dal punto di vista microscopico 5) Forza elettromotrice e campo elettromotore Effetto Joule 7) Leggi di Kirchhoff 8) Teoria dei circuiti lineari

2 Intensità di corrente e densità di corrente
All’equilibrio un conduttore è equipotenziale. Tuttavia se gli estremi del conduttore sono mantenuti ad una d.d.p. fissa le cariche al suo interno (gli elettroni) si muoveranno (deriva). V1 V2 + - S1 S2 S Si definisce intensità di corrente (o semplicemente corrente) la quantità di carica elettrica positiva che attraversa una sezione del conduttore nella direzione del campo al secondo La corrente si misura in Ampère (Coulomb/sec)

3 La corrente essendo la portata del flusso di cariche elettriche si può definire anche mediante
il vettore densità di corrente elettrica La densità di corrente a sua volta si può definire come: Cioè come il prodotto della densità di portatori di carica per il campo delle loro velocità Come già visto, una conseguenza del principio di conservazione della carica elettrica è la equazione di continuità Quei moti di cariche che avvengono lasciando inalterata la densità di carica elettrica r si chiamano correnti stazionarie e vale:

4 Le leggi di Ohm in forma integrale
Si verifica sperimentalmente che la corrente che scorre in un conduttore e la tensione applicata sono proporzionali Questa è la I legge di Ohm. La costante di proporzionalità va sotto il nome di Resistenza Elettrica e si misura in Ohm (Volt/Ampère) e la quantità Ri si chiama caduta di tensione La resistenza, a sua volta, risulta proporzionale alla lunghezza del conduttore ed inversamente proporzionale all’area della sezione (II legge di Ohm) La costante r (ATTENZIONE AI SIMBOLI!) si chiama resistività (Ohm x metro) e dipende dal materiale e dal suo stato chimico-fisico. Per la maggior parte dei metalli solidi aumenta linearmente con la temperatura: L’inverso della resistività si chiama conducibilità e si indica con la lettera s (ATTENZIONE AI SIMBOLI)

5 La Legge di Ohm Per un conduttore costituito da un cilindretto infinitesimo di lunghezza Dl e sezione Ds, l’applicazione congiunta delle leggi di Ohm dà V1 V2 DS Dl Nel limite di Dl e DS tendenti a zero l’ultima espressione acquista un significato locale Questa è la legge di Ohm. Essa è una legge di risposta (come P=e0cE per un dielettrico): sotto l’azione di un campo esterno un conduttore non si polarizza ma la risposta del sistema consiste nel fatto che le cariche elettroniche si mettono in moto di deriva nel verso (opposto) del campo elettrico.

6 Per conduttori fortemente anisotropi la condicibilità, analogamente alla suscettività, sarà
un tensore (od un campo tensoriale per sistemi non omogenei). Nascosto nella legge di Ohm c’è il fenomeno della dissipazione. Infatti, siccome la densità di corrente è proporzionale alla velocità dei portatori di carica ed il campo è proporzionale alla forza agente sulla carica, la legge di Ohm dice che la forza agente sulla carica è proporzionale alla velocità di questa. Tale è la caratteristica delle forze di attrito viscoso. La legge di Ohm ci spiega perché in un conduttore all’equilibrio non esista carica netta di volume, quando utilizzata in connessione con la legge di Gauss e l’equazione di continuità. Supponiamo di addensare all’istante t=0 della carica elettrica nel punto (x,y,z) all’interno di un conduttore e proponiamoci di calcolare come evolve nel tempo tale densità di carica. Quanto più buono è il conduttore (s->) tanto più velocemente la carica addensata si annulla (va sulla superficie)

7 Come si vede un buon conduttore disperde presto o prestissimo la carica localizzata
mentre un buon isolante la mantiene per sempre

8 Le correnti da un punto di vista microscopico
Consideriamo il Cu metallico. È facile dimostrare che il numero di atomi per unità di volume è enorme Se pensiamo che ogni atomo di Cu possa partecipare alla conduzione con un elettrone (4s1) avremo per la densità di corrente Anche per correnti grandi v- sarà piccola. Infatti il tempo che impiegano gli elettroni a percorrere 1 metro di conduttore con una corrente di 106 A/m2 sarà

9 Tuttavia le velocità degli elettroni sono altissime (106 m/sec)
Tuttavia le velocità degli elettroni sono altissime (106 m/sec). Ciò si comprende col fatto che le velocità degli elettroni sono, in assenza di campo, dirette lungo tutte le direzioni (nessuna corrente). In presenza di campo elettrico ogni elettrone acquista una componente della velocità nella direzione opposta (l’elettrone è carico negativamente) al campo. La media di queste è la velocità di deriva Non si spiega ancora l’esistenza della resistenza elettrica. Infatti per un metallo perfetto tale moto di deriva non incontra nessun ostacolo o attrito. Tuttavia se nel metallo sono presenti impurezze (vuoti reticolari, atomi di altra specie, etc.) o imperfezioni, l’interazione con tali impurezze è in grado urtandolo di far deviare l’elettrone dal moto di deriva, impedendogli di giungere a destinazione. Analogamente le vibrazioni reticolari agiscono deviando gli elettroni dalla traiettoria di deriva. Chiamiamo urti (eventi di scattering) tali fenomeni. + e- Impurezza

10 Possiamo quindi definire il libero cammino medio, lec come la distanza media fra due urti
Ed il tempo di rilassamento, t, o tempo medio fra due urti come Dove vec è la velocità degli elettroni di conduzione (non la velocità di deriva) Sotto l’azione di un campo elettrico esterno uniforme l’elettrone sarà accelerato e la sua velocità sarà La velocità di deriva sarà proprio la media di questa funzione. Se immaginiamo che in ogni urto si perda il ricordo della velocità acquistata per effetto del campo, ed introduciamo la probabilità, p(t), che avvenga un urto al tempo t Perché il secondo integrale è proprio il tempo medio fra due urti. Si ha quindi ovvero

11 La forza elettromotrice ed il campo elettromotore
Il moto delle cariche deve comunque rispettare l’equazione di continuità. Affinché la densità di carica non vari, però, il vettore densità di corrente deve essere solenoidale. Ciò implica che le linee di flusso di J siano chiuse per moti di cariche stazionari. V1 V2 + - S1 S2 Il moto è tale che tante cariche entrano da una sezione quante contemporaneamente ne escono da un’altra Ma proprio per la solenoidalità di J tali moti stazionari possono avvenire solo se i tubi di flusso di J sono chiusi, cioè in circuiti. Però se le cariche si muovono lungo linee di flusso chiuse il lavoro non può essere compiuto dal campo elettrostatico che è irrotazionale

12 Di conseguenza il lavoro di far girare le cariche in un circuito elettrico in moto stazionario
non può essere compiuto da un campo conservativo. Ciò si capisce anche da questo esempio Per far muovere le cariche (positive) da A verso B in un circuito , che presenta una resistenza ohmica R, bisogna che VA>VB. Tuttavia perché possano continuamente girare nel ritornare al punto A il potenziale deve riassumere lo stesso valore VA Si avrà quindi A B f.e.m. A B VA VB Le cariche vanno da A fino a B sotto l’azione di forze conservative (da punti a potenziale maggiore a punti a potenziale minore. Per tornare da B ad A devono andare verso punti a potenziale maggiore quindi ci vuole un campo non conservativo il campo elettromotore La circuitazione del campo elettromotore si chiama (impropriamente) forza elettromotrice

13 Effetto Joule L’attrito viscoso incontrato dalle cariche nel loro moto nei conduttori (i tubi di flusso di J) deve dar luogo ad una dissipazione di potenza. Questa è calcolabile facilmente mediante la prima legge di Ohm. P è l’energia elettrica che ogni secondo viene trasformata in calore, se R è una resistenza ohmica o come si dice passiva. In un circuito alimentato da una f.e.m. ideale (senza resistenza interna) sarà Un tale sistema è, evidentemente una stufa. Se tuttavia la resistenza rappresenta qualcosa di più complicato, come ad esempio un motore elettrico, l’energia fornita dal generatore sarà trasformata, in parte, in energia meccanica o di altro tipo. In tal caso il lavoro ottenuto Per unità di carica si chiamerà più correttamente forza contro-elettromotrice

14 Leggi di Kirchhoff Un circuito elettrico può essere topologicamente molto complicato, potendo avere molti punti di diramazione e molti sotto circuiti. Si dice ramo un tratto di circuito contenente una resistenza e/o un generatore di f.e.m. e nodo un punto in cui confluiscono più rami. R1 R2 R3 Nodo I Legge di Kirchhoff: La somma delle correnti uscenti da un nodo è nulla Questa è una conseguenza della solenoidalità delle correnti. Infatti, dette Si le sezioni dei conduttori, queste sono anche le intersezioni dei conduttori stessi con una superficie che contiene interamente il nodo. Si ha

15 Si definisce maglia una poligonale chiusa di rami circuitali
+ - R4 R5 f4 f5 II Legge di Kirchhoff: Stabilito un verso arbitrario di circuitazione in una maglia, la somma Di tutte le cadute di tensione eguaglia la somma di tutte le f.e.m. prese col loro segno (positivo se il verso della circuitazione attraversa il generatore dal negativo verso il positivo) È una ovvia conseguenza del principio di conservazione della energia:tutto il lavoro compiuto dai generatori deve servire a far percorrere alle cariche le linee di flusso (chiuse) del vettore J L’uso congiunto delle leggi di Kirchhoff consente di risolvere (calcolare le correnti che scorrono in tutti i rami di un circuito) il circuito. Con esse si può impostare la teoria dei circuiti (primo capitolo di Elettrotecnica ed Elettronica)

16 Collegamenti di resistenze
Resistenze in serie R1 R2 A B C Le cadute di tensione fra A e B e fra B e C dipendono dalle resistenze ed eguagliano in somma la tensione applicata

17 R1 R2 A B Resistenze in parallelo Ai nodi la corrente si divide in due parti mentre entrambe le resistenze sono sottoposte alla stessa tensione L’inverso della resistenza si chiama conduttanza

18 Teoria dei circuiti A titolo di esempio analizziamo il seguente complicato circuito costituito da V1 V3 V2 V4 Rc Re Ra Rb fa fd Rf Rd Ib Id Ic Ia If Ie I2 I3 I1 Sei rami percorsi dalle correnti (incognite) Ia, Ib, Ic, Id, Ie, If Tre maglie percorse dalle correnti I1, I2, I3 Quattro nodi che si troveranno ai potenziali V1,V2,V3 e V4, che è nullo (posto a massa) Le maglie sono sempre N-1, con N numero dei nodi

19 Rc Re Ra Rb fa fd Rf Rd Ib Id Ic Ia If Ie V1 V3 V2 V4 Analisi per rami Se appichiamo le leggi di Kirchhoff otteniamo le seguenti 2(N-1) equazioni in 2(N-1) incognite (Ottenibile come somma delle prime 3) Legge dei nodi Nodo 1 Nodo 2 Nodo 3 (Nodo 4) Maglia 1 Maglia 2 Maglia 3 Legge delle maglie Troppo lavoro!!

20 Rc Re Ra Rb fa fd Rf Rd Ib Id Ic Ia If Ie I2 I3 I1 V1 V3 V2 V4 Analisi per maglie Il lavoro si semplifica un po’ osservando che in termini delle correnti di maglia Rami esterni Rami interni (comuni a più maglie) Legge delle maglie Sistema di 3 equazioni in 3 incognite

21 Rc Re Ra Rb fa fd Rf Rd Ib Id Ic Ia If Ie I2 I3 I1 V1 V3 V2 V4 Analisi per nodi Osservando che la corrente scorre da un nodo verso l’altro perché i nodi si trovano a potenziali diversi Trovati i potenziali dei nodi le correnti sono immediatamente trovate

22 Circuiti equivalenti Consideriamo il seguente circuito R2 R3 R1 f1 f2
Supponiamo che il problema sia determinare la corrente che scorre nella resistenza R2 Con l’analisi per nodi Da cui

23 L’esercizio era semplicissimo, tuttavia se avessimo potuto trasformare il circuito assegnato
in un circuito solo serie (o solo parallelo) sarebbe stato molto più semplice R2 f2 R3 R1 f1 R2 f2 Rx fx Rx fx R3 R1 f1 ? Morsetti

24 Ci viene in aiuto il teorema di Thevenin: Una qualunque rete lineare può essere sempre
sostituita da una forza elettromotrice con in serie una resistenza. In sostanza, individuati due morsetti, basta misurare la tensione ai capi e la resistenza fra essi, che ci si può dimenticare tutta la rete complicata che porta ai morsetti. Per esempio, collegando un apparecchio alla presa di corrente non è necessario risolvere il complicatissimo problema della rete elettrica: basta sapere che tensione c’è ai morsetti e la resistenza interna del generatore equivalente rappresentato dalla presa Nel nostro caso la resistenza Rx è proprio la resistenza che si vede dai morsetti, cioè il parallelo di R1 e R3: La forza elettromotrice fx è invece data semplicemente dalla tensione ai capi di R3, cioè dalla f1 ridotta della caduta di tensione ai capi di R1 Da cui, guardando il circuito equivalente, Risultato equivalente a quello ottenuto precedentemente (provare per credere)

25 Il Ponte di Wheatstone Il Ponte di Wheatstone è il circuito in figura
B f R1 R2 R3 R4 R5 f G B A R2 R1 R4 R3 R5 G è un galvanometro (misuratore di corrente o di sbilanci di corrente). Vogliamo calcolare che corrente passa nella resistenza R5 È possibile ridisegnare il circuito ed individuare due morsetti nel tratto AB A B f R1 R2 R3 R4 Proseguiamo col teorema di Thevenin

26 A circuito aperto nelle due maglie scorrono le correnti I e I’:
B f R1 R2 R3 R4 I I’ Queste sono date da La caduta di potenziale fra A e B è quindi La resistenza di Thevenin è invece data cortocircuitando (cioè sostituendola con un contatto elettrico) la batteria A B R1 R2 R3 R4 A B R1 R2 R3 R4

27 Abbiamo ridotto quindi il circuito al semplicissimo circuito serie:
RTh fTh G In tale circuito non passerà corrente solo se fTh sarà nulla cioè solo se le due correnti di maglia I ed I’ saranno uguali ed opposte. Il Ponte di Wheatston è quindi un sensibile strumento per rivelare differenze di correnti elettriche o per misurare resistenze elettriche incognite (note 3 resistenze del ponte)


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