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PubblicatoMariana Costa Modificato 9 anni fa
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Corso di Scienza politica La democratizzazione tradita La democratizzazione nei paesi ex-sovietici europei
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Teoria della democratizzazione e caso post-sovietico
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La fine o l’inizio della storia? Dopo il crollo dell’Unione Sovietica e dei regimi comunisti nei paesi satelliti dell’Europa centro orientale, molti studiosi si convinsero che la liberaldemocrazia di stampo occidentale fosse ormai destinata a diventare il regime politico prevalente a livello mondiale La presunta vittoria del modello liberaldemocratico, fece addirittura parlare di «fine della storia» suggerendo che la diffusione della democrazia fosse ormai un processo inarrestabile e che, dopo la «terza ondata» di democratizzazioni in America Latina ed Europa, ne sarebbe ben presto arrivata una quarta con la transizione democratica nelle repubbliche ex- sovietiche
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L’importanza dell’eredità autoritaria Fino al 1991 gran parte dell’area Sovietica non ha mai conosciuto la democrazia Un’eredità storica basata sui grandi autocrati modernizzatori quali Ivan il terribile, Pietro il grande, Stalin
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Una predisposizione ai cambiamenti repentini/rivoluzionari ed alle drastiche innovazioni Importanza decisiva delle conseguenze della Perestroika
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Verso la democrazia? La domanda principale che si pone è se i regimi delle repubbliche ex-sovietiche che oggi confinano con l’Unione europea (Bielorussia, Ucraina, Moldova, Russia) o che ad essa s’ispirano come la Georgia siano destinati a una completa transizione verso la democrazia oppure se per tale transizione manchino ormai le condizioni.
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Transizione democratica o prima instaurazione? Due possibili approcci per studiare la democratizzazione nei paesi che non hanno avuto precedenti esperienze democratiche: 1.Approccio transitologico (o transitologia) basato sul concetto di transizione democratica 2.Approccio della prima instaurazione basato sull’esperienza della prima democratizzazione in Europa occidentale
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La prima instaurazione Per le repubbliche ex-sovietiche europee non esistono processi storici d’intensità comparabile a quelli che si ritiene abbiano generato la democrazia in Europa occidentale Se vogliamo rifarci all’approccio della prima instaurazione per analizzare le vicende dei paesi ex- sovietici europei dobbiamo concentrarci prevalentemente sugli ultimi vent’anni proprio perché solo in questo periodo appaiono nei paesi in esame attori e processi quali la creazione di un sistema capitalistico che sono elementi caratterizzanti della liberal-democrazia.
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La transitologia O’Donnell, Schmitter e Whitehead scrivono che le transizioni iniziano con un processo di dissoluzione di un regime autoritario e si concludono con l’instaurazione di una qualche forma di democrazia, il ritorno a qualche forma di autoritarismo o con l’emergere di un’alternativa rivoluzionaria O’Donnell, G., Schmitter, P.C. e Whitehead, L. (a cura di), Transition from Authoritarian Rule: Prospect for Democracy, Baltimora, The John Hopkins University Press, 1986 I transitologi partono però dall’idea che alla base della transizione democratica vi sia una serie di patti tra militari, élite politiche ed élite economiche che negoziano il passaggio alla democrazia
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Rustow padre della transitologia Dankwart A. Rustow, Transition to Democracy: Toward a Dynamic Model, in «Comparative Politics», 2, 1970, n. 3, pp. 337-363 Esistono molti percorsi diversi che possono portare alla democrazia C’è differenza tra i fattori che generano la democrazia e quelli che ne garantiscono la stabilità, i diversi fattori cruciali della democratizzazione non devono necessariamente acquisire tale importanza tutti allo stesso momento prerequisito cruciale dell’unità nazionale per la transizione alla democrazia Necessaria almeno una generazione di tempo per completare il processo di transizione
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Democratizzazione e capitalismo Quale relazione tra democratizzazione e sviluppo del capitalismo nella storia dei paesi occidentali? Rueschemeyer, D., Huber Stephens, E. e Stephens, J.D., Capitalist Development and Democracy, Chicago, University of Chicago Press, 1992. Gli attori cruciali per la democratizzazione in Occidente possono giocare lo stesso ruolo nell’area ex-sovietica?
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Gli attori della democratizzazione nei paesi ex-sovietici Borghesiaformatasi dopo 1991 Operaipoco propensi alla mobilitazione Contadinilegati a fattorie collettive BurocraziaApparatchik Imprenditori ex direttori di fabbriche sovietiche Gruppi di press. Sindacati ex-sovietici Éliteex comunisti Ngoprofessionalizzate o collaborative con lo Stato
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Il crollo autoritario nel caso post-sovietico
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Perché crollò l’Unione sovietica? Il crollo autoritario come punto di partenza del processo di democratizzazione secondo l’approccio transitologico Nel caso sovietico non ci fu un crollo autoritario ed una rottura con il passato realizzatosi secondo gli schemi dei paesi del Sud Europa o Latinoamericani
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Perché crollò l’Unione sovietica? (2) il crollo autoritario fu più che altro la conseguenza della fallita dismissione del regime da parte del regime stesso. Non fu una rottura violenta con il passato e nemmeno una rivoluzione a distruggere «l’ancient regime» sovietico. Nemmeno un accordo tra élite autoritarie ed élite democratiche o democratizzatrici dato che nell’Urss quelle autoritarie e quelle democratizzatrici coincidevano quasi completamente. Al limite, si potrebbe parlare di disaccordo tra élite autoritarie sulla necessità e sui modi per riformare il sistema sovietico, ma non per dismetterlo completamente e passare alla liberaldemocrazia. Non ci fu l’invasione di una potenza straniera nemmeno la necessità di una maggiore integrazione nel sistema internazionale
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Allora perché crollò l’Unione sovietica? 1.Spiegazioni politiche conseguenze della perestrojka tentativo di democratizzare le istituzioni sovietiche tramite la graduale apertura delle liste elettorali, la liberalizzazione dell’informazione e la dismissione del ruolo di partito unico del Pcus 2.Spiegazioni economiche ritardo tecnologico rispetto all’Occidente progressivo esaurirsi dei redditi da esportazioni petrolifere fallimento dei tentativi di riforma del sistema di pianificazione della produzione impedì di aumentare la produttività 3.Spiegazioni sistemiche crisi sistemica dell’Urss derivante dal fallimento del socialismo poiché ideologia e sistema economico
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Passaggi storici cruciali 1.Una storia fatta di grandi autocrati modernizzatori (Ivan il terribile, Pietro il grande, Stalin) 2.Chruščev e gli sestidesjatniki 3.Gorbačev e la Perestrojka 4.Il golpe di Agosto 1991 (T. Terzani, Buonanotte, signor Lenin, Milano, TEA, 2008)
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Chruščev e gli sestidesjatniki Fu il leader dell’Urss dal 1953 al 1964 Denunciò i crimini commessi da Stalin e il parossismo cui era arrivato il culto della personalità staliniana. Promosse riforme interne al regime
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Chruščev e gli sestidesjatniki Sestidesjatniki: erano gli intellettuali (scrittori, registi, ecc.) anima del disgelo guidato da Chruščev. Il loro ruolo fu molto importante. Personaggi decisivi come Gorbačev crebbero in quel clima culturale che tentava un rapido allontanamento dall’epoca staliniana.
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Gorbačev e la Perestrojka Significa «ricostruzione». Si tratta di una serie di riforme economiche (possibilità di investimenti stranieri, ripristino della proprietà privata, portate avanti da Gorbačev (1985-1991, Segretario del PCUS)
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Golpe dell’agosto 1991 Nell'agosto 1991 il presidente sovietico Gorbačëv stava per firmare il nuovo patto federativo dell'URSS che, di conseguenza, si sarebbe chiamata Unione delle Repubbliche Sovietiche Sovrane. Il 28 giugno era stato dichiarato sciolto il Comecon (Consiglio di mutua assistenza economica) ed il 1º luglio il Patto di Varsavia. Il 19 agosto, su ordine di alti dirigenti del PCUS, Gorbačëv fu trattenuto contro la sua volontà in Crimea, non potendo quindi recarsi alla sigla del nuovo accordo. Iniziava, così, il colpo di Stato. Il cui fallimento portò, di fatto, al crollo dell’URSS. Producendo uno di quelli effetti non intenzionali di cui è ricca la politica.
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«Mosca, la Russia intera, non mossero un dito. I dimostranti furono una minoranza irrilevante. Il fatto evidente fu che nessuno avrebbe seguito attivamente i golpisti. Che, anche se non fossero crollati da soli dopo tre giorni, come fecero, sarebbero crollati dopo qualche settimana. Il Paese non “ci credeva più”. Le cose che loro, disperatamente, cercavano di trasmettere: patria, socialismo, non avevano più senso per milioni di sovietici». Giulietto Chiesa,
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L’inizio della fine la dismissione del regime sovietico non è avvenuta di colpo dopo il fallito golpe dell’agosto 1991, ma è iniziata anni prima quando gli effetti della Perestrojka hanno cominciato a manifestarsi a livello di singole repubbliche.
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Le fasi della crisi Il processo si è articolato in tre fasi. Nella prima fase, caratterizzata dalle tensioni tra comunisti riformatori e dirigenti locali contrari alle riforme, si formò una sorta di opposizione all’interno dei gruppi dirigenti delle repubbliche. La seconda fase, che spesso si sovrappone parzialmente alla prima, vide la nascita di movimenti d’opposizione veri e propri, spesso denominatisi «fronte popolare» e cioè come un’associazione che non ha le caratteristiche di un partito e tanto meno di una corrente del partito comunista La terza fase fu invece quella della creazione di repubbliche sovrane, anche se non indipendenti dall’Unione Sovietica, la cui apparizione fu però il preludio alle dichiarazioni d’indipendenza
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Dopo la fine dell’URSS Fallimento dei movimenti riformatori Leader carismatici come Gamsakhurdia e El’cin si trasformarono in presidenti-autocrati Fu invece la parte più dinamica della vecchia nomenklatura comunista a riconquistare o a mantenere i posti di comando e quindi a creare una nuova classe dirigente Assalto al parlamento russo e guerre nel Caucaso
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June 1991: Russia’s President-Elect Russia
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“Two bears in the same lair”: USSR President Gorbachev and Russia’s President Eltsin.
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Russia Tra il dicembre 1991 e l’ottobre 1993 – quando il Presidente Eltsin mandò i militari ad attaccare il Parlamento che si rivoltò in conseguenza dello scioglimento imposto dal Presidente – si consumò la possibilità che la Russia potesse uscire dall’URSS diventando una democrazia a tutti gli effetti. In questi due anni ci fu un continuo contrasto tra presidente e parlamento
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Russia I veri vincitori della crisi del 1993 furono i militari, senza il cui il sostegno Eltsin non sarebbe mai riuscito a sopprimere l’aperta ostilità del parlamento (dovuta alle pesanti riforme economiche) Poco prima dimettersi, Eltsin nominò Putin Primo Ministro (maggio 1999). Putin stesso lo sostituì nella carica di Presidente nel dicembre dello stesso anno.
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Ucraina
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Negli anni Ottanta era guidata da un PC contrario alle riforme di Gorbacev. L’opposizione emerse nel 1989 con il Movimento popolare per la perestrojka (Rukh), il quale intendeva opporsi all’immobilismo dei comunisti di governo. Poco dopo, in seguito all’intervento del Presidente dell’URSS, si costituì un’ala riformista interna al partito comunista ucraino.
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Ucraina Alle elezioni del ‘90 il cosiddetto «Blocco Democratico» riuscì ad ottenere 78 deputati e, inoltre, i comunisti erano sempre meno compatti. Di fatto poteva contare su 239 deputati (su 422). Vi era dunque una opposizione di matrice democratico-nazionalista e un’altra costituta dai comunisti riformisti.
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Ucraina L’indipendenza dall’URSS fu dichiarata nel dicembre 1991 – dopo il tentato golpe di agosto – con un referendum approvato dal 90% degli elettori.
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Moldova Si costituì anche in Moldova il Movimento favorevole alla perestrojka che, nel 1989, prese il nome di Fronte popolare. Nel febbraio del 1988 si ebbe a Chiinău una manifestazione nella quale si chiedeva l'uso ufficiale della lingua moldava in sostituzione del russo. Il che fu sancito il 31 agosto 1989.
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L’accento sulla questione linguistica mette in luce come la Moldova fosse attraversata da fratture etniche.
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Nel marzo 1990 si tennero le prime elezioni per il parlamento, vinte dal "Frontul Popular", il cui leader, Mircea Druc formò il primo governo. La presidenza fu assegnata a Snegure del Partito Comunista. La repubblica sovietica divenne prima "Repubblica Socialista Sovietica Moldava" e quindi "Repubblica Moldava", divenuta indipendente il 27 agosto del 1991
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Bielorussia
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A differenza di quanto accaduto negli altri casi, in Bielorussia il processo di democratizzazione non ha, di fatto, mai preso avvio.
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Bielorussia Alcune particolarità: 1.Un solo importante dissidente (Mikhail Kukabaka – imprigionato per 17 anni, attualmente abita a Mosca) 2.Nessuna ala riformista pro-Gorbacev all’interno del partito comunista.
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Bielorussia Si costituì anche qui un Fronte popolare, ma alle elezioni del marzo 1990 questo partito nazionalista (e dunque anti-russo) prese soltanto il 10% dei seggi al Soviet Supremo della repubblica.
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Bielorussia Nel 1991 divenne presidente del neonato stato Stanislau Suskevic, eminente scienziato fisico. Il suo governo perseguì un tentativo di svolta democratica. Rinunciò a tutte le istallazioni dell’arsenale nucleare sovietico e si aprì timidamente al libero mercato. La sua azione politica fu però duramente osteggiata dal filorusso Vyacheslav Kiebich. Alle elezioni del 1994, in cui Kiebich e Suskevic erano i pirincipali candidati, vi fu un’enorme sorpresa. Vinse con il 45% dei voti al primo turno un oscuro ex funzionario locale che aveva puntato il dito contro i primi scandali di corruzione riscontrati nel paese: Alexander Lukashenko. Lo stupore generale raddoppiò quando al secondo turno ottenne l’80 % dei consensi.
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Georgia
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Pur non appartenendo con certezza alle repubbliche ex sovietiche europee, vale la pena studiare la Georgia. Perché: 1.Ambisce ad entrare nell’UE e nella NATO; 2.E’ stato il paese precursore delle cosiddette rivoluzioni colorate degli anni Duemila
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Significativa è stata la presenza di una opposizione antisovietica consolidata, guidata da Zviad Gamsakhurdia.
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A partire dal 1988 hanno iniziato a sorgere gruppi nazionalisti, impegnati per la causa dell’indipendenza. Ciò, così come in Moldova, ha causato l’emarginazione della minoranza russa (Abcasia e Ossezia del Sud) e armena (Samtskhe-Javakheti).
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La legge elettorale del 1989 impediva la registrazione di partiti a base regionale, rendendo di fatto impossibile la rappresentanza delle minoranze. Ciò spinse le minoranze a votare il Partito comunista in funzione anti-nazionalista.
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In ogni caso, le elezioni dell’ottobre 1990 furono vinte dalla coalizione Tavola Rotonda-Georgia Libera, guidata da Gamsakhurdia (54% voti e 155 seggi su 250). Il Partito Comunista ottenne 64 seggi, alcuni appannaggio delle minoranze russe e armene. Vista l’ostilità del governo centrale, sia l’Abcazia sia l’Ossezia del Sud si autoproclamarono indipendenti (situazione che continua ancora oggi).
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Nel gennaio 1992 Gamsakhurdia, sicuramente propenso ad atteggiamenti autoritari e ritenuto responsabile della perdita, di fatto, dell’Ossezia e dell’Abcazia fu cacciato dal potere attraverso un colpo di stato.
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A marzo dello stesso anno i militari richiamarono in patria l’ex segretario del partito comunista Eduard Shevardnadze il quale, grazie all’aiuto della Russia, sconfisse definitivamente i fedeli di Gamsakhurdia e guidò di fatto il paese fino alle elezioni del 1995 quando fu formalmente eletto presidente, carica che mantenne fino al 2003, anno della Rivoluzione delle Rose.
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Capitalismo e democrazia nel caso dei paesi post-sovietici
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Il problema della quadruplice transizione Crollo Urss e nascita degli stati successori pone il problema dei diversi tipi di transizione 1.Transizione democratica (democratizzazione) 2.Transizione all’economia di mercato (marketization) 3.Transizione allo stato nazionale 4.Transizione all’identità nazionale T. Kuzio, Transition in Post-Communist States: Triple or Quadruple?, in «Politics», 21, 2001, n. 3, pp. 168–177.
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Riforme e Consensus internazionale Le riforme economiche avviate in Russia dopo il crollo del regime sovietico furono ispirate prevalentemente dai criteri adottati dal cosiddetto Washington consensus e sotto la supervisione del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale La filosofia del Washington consensus considerava la democratizzazione una conseguenza della creazione del libero mercato
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La shock therapy una politica di riforme basata sulla liberalizzazione immediata di prezzi ed attività economiche e su una rapido smantellamento dell'economia pianificata. Questo tipo di politica avrebbe dovuto portare a una crisi profonda, ma rapida, a cui avrebbe fatto seguito una ripresa sostenuta e la transizione verso un'economia di mercato e un regime democratico In alternativa alla shock therapy, sostenuta dai principali consulenti americani e dalle istituzioni economiche internazionali, si pose il cosiddetto approccio gradualista che suggeriva invece una transizione graduale e pianificata verso democrazia ed economia di mercato
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Viene prima la democrazia o il mercato? il contrasto tra approccio della shock therapy e approccio gradualista e cioè tra due approcci che comunque presuppongono l'efficacia di politiche atte a gestire la transizione verso democrazia ed economia di mercato, si articola su tre questioni di base e cioè 1.se la creazione del mercato porta alla democrazia 2.se questo processo avviene automaticamente o deve essere pianificato e gestito dall'alto 3.se tale transizione possa o debba avvenire contemporaneamente o in sequenza
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Esiste un meccanismo automatico che porta dal mercato alla democrazia ? Se invece tale meccanismo esistesse, la creazione del mercato sarebbe la chiave per la democratizzazione e quindi mercatizzare equivarrebbe a democratizzare. L'approccio della shock therapy e le politiche suggerite dalle grandi istituzioni finanziarie internazionali si basano su questo assunto e sull'idea che non si debba lasciar spazio e tempo alla reazione dei vecchi gruppi dirigenti per bloccare il corso delle riforme Hellman, J.S., Winners Take All. The Politics of Partial Reform in Postcommunist Transition, in «World Politics», 50, 1998, n. 2, pp. 203-234.
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Economie in transizione e formazione delle strutture socio-economiche nazionali nelle repubbliche ex-sovietiche i modi e i tempi della trasformazione economica non solo hanno creato le condizioni per l’emergere ed il consolidarsi di nuovi gruppi sociali a seconda dei tempi con cui si sono susseguite le privatizzazioni è cambiato il ruolo dei gruppi socio- economici ed il rapporto instauratosi con lo stato e questo ha pesantemente influenzato l’evoluzione stessa del paese e del suo regime politico La differenza tra repubbliche agricole e repubbliche industriali
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Ad eccezione della Moldova le ex repubbliche sovietiche europee erano basate sull’industria. Lì il processo di privatizzazione fu più semplice. Le fattorie collettive, infatti, erano assai meno appetibili per i privati. In Russia la privatizzazione fu rapida, in Ucraina molto più lenta. In Bielorussia quasi non ci fu. E in Moldova e Georgia non c’erano, di fatto, industrie da privatizzare.
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In Russia e Ucraina la privatizzazione industriale trasformò coloro che dirigevano l’impresa di Stato in proprietari dell’impresa stessa. La privatizzazione delle fattorie doveva, invece, garantire la proprietà a chi nelle fattorie viveva: i contadini. Le fattorie inoltre erano il centro della vita sociale delle aree in cui insistevano. Ciò ne rallentò la privatizzazione.
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In generale, si produsse una crisi delle risorse statali e una elevatissima inflazione. Ciò rese le condizioni di vita di pensionati e salariati drammatiche. I secondi spesso lavoravano in nero integrando il salario. I primi, non potendolo fare, divennero strenui avversari del cambiamento in senso capitalista e democratico dei loro paesi. La crisi delle risorse statali, mise lo stato sotto ricatto degli oligarchi che avevano ottenuto le imprese (ex) pubbliche.
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Va detto che gli oligarchi non sono apparsi in Moldova – a causa della struttura agricola del paese – e in Bielorussia – a causa del blocco alle riforme imposto dal regime di Lukasenka. In Russia e Ucraina gli oligarchi hanno avuto grande potere. Arrivando, soprattutto in Russia, a mettere sotto controllo il governo. E’ forse per reazione, dunque, che oggi in Russia gli oligarchi sono stati in qualche modo messi da parte con la creazione di un regime sostanzialmente autoritario. Mentre in Ucraina sono stati gli artefici, di fatto, della rivoluzione arancione.
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Le istituzioni
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Fenomeno generale Il passaggio dalle strutture sovietiche a quelle successive alla caduta dell’URSS si è tradotto nella creazione di una presidenza forte che ha prevalso sul parlamento, essendo così libera di costruire e rafforzare una fitta rete di rapporti clientelari utili a favorire l’accentramento del potere.
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Presidenzialismo favorisce atteggiamenti populisti che si esplicano nell’utilizzo di strumenti istituzionali – referendum – da parte del Presidente, in funzione anti-parlamentare.
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Russia, Bielorussia, Ucraina e Georgia hanno adottato fin dall’inizio un regime presidenziale. La Moldova è governata da un sistema parlamentare (dal 1994 al 2000 è stata semi- presidenziale).
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L’ingegneria costituzionale post-sovietica ha, nei fatti, formalizzato strutture istituzionale riconducibili all’URSS e ai primi anni dell’indipendenza nazionale.
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Va detto che fonte d’ispirazione furono anche le costituzioni occidentali, soprattutto per quanto riguarda la parte dei diritti umani, delle libertà individuali e della coesione sociale.
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Perciò che riguarda le istituzioni, il soviet supremo fu trasformato nel parlamento. E il Presidente del soviet supremo fu il primo Presidente delle repubbliche indipendenti (eccezioni: Russia e Georgia). A ciò va aggiunta la tradizionale mentalità gerarchica ereditata dall’URSS e perfettamente funzionale a regimi presidenziali.
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Con il passare del tempo, Bielorussia, Russia e Ucraina fecero riforme costituzionali che cedettero sempre più poteri al Presidenti. Mentre la Georgia attribuì fin dall’inizio moltissime prerogative alla figura presidenziale. In Moldova, invece, il tentativo in questo senso fallì, aprendo le porte al sistema parlamentare.
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L’emersione e il rafforzamento dei sistemi presidenziali (Super-presidenzialismo o presidenzialismo autoritari) è certamente collegata alla debolezza e destrutturazione del sistema partitico. La quale, a sua volta, era alimentata da una crisi economica profondissima di cui, ingiustamente, i partiti erano ritenuti i veri reponsabili.
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Il rafforzamento del presidenzialismo era sostenuto anche dalle élite economiche che, nel presidente, trovavano un alleato nella loro scalata vero il possesso delle imprese pubbliche.
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Le rivoluzioni colorate in Georgia e Ucraina ruppero l’equilibrio di potere che sembrava esservi consolidato anche in quei paesi.
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Rivoluzione georgiana 2003 In seguito alle elezioni parlamentari un gruppo di oppositori irruppe in parlamento costringendo il Presidente Shevarnadze ad abbandonare l’aula e a dimettersi di lì a pochi giorni.
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Le forze armate non furono disponibile a reagire contro i rivoltosi, così Shevarnadze di fatto non reagì e permise un passaggio pacifico di poteri. Nel 2004 il capo dei rivoltosi – Saakashvili – vinse le elezioni presidenziali.
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Rivoluzione ucraina Nell’ottobre 2004 Janukovyc – pro-Russia e appoggiato da Kucma, presidente uscente – divenne Presidente. Gli oppositori gridarono ai brogli, la Corte Costituzionale fece ripetere le elezioni – dicembre 2004 – e il leader dell’opposizione Juscenko – pro USA e pro UE – le vinse. Nominando Julija Tymosenko primo ministro.
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Si trattò, in entrambi i casi, più di conflitti tra élite che di rivoluzioni democratiche. Benché l’ideologia democratica abbia compattato i movimenti di protesta anti-governativi. Nei fatti, tanto Saakashvili quanto Juscenko hanno, col tempo, riproposto pratiche super-presidenziali.
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Accountability e Rule of law L’accountability orizzontale si produce quando il governo rende conto ad altri organi. La Corte Costituzionale ha un ruolo fondamentale, nei pasi in esame essa però ha spesso svolto il ruolo di mediatore tra governo e opposizione. Inoltre, in casi come quello russo e bielorusso i suoi poteri sono stati depotenziati proprio allo scopo di limitare l’accountability inter-istituzionale.
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Accountability e Rule of law Rule of law versus rule by law Il «governo della legge» è una dimensione delle democrazie (di qualità). Il «governo attraverso la legge» implica il piagare la legge alle esigenze del governo in carica. E ciò è accaduto troppo spesso nei paesi che stiamo analizzando.
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La burocrazia diventa un’arma del governo il quale, per esempio, attraverso ispezioni fiscali o amministrative colpisce avversari politici. Ciò è tanto più possibile quanto più le norme sono complesse.
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Democracy without democrats Per quanto molta letteratura «istituzionalista» tenda a affermare il contrario, l’autore ritiene che senza l’esistenza di valori democratici diffusi la struttura istituzionale del paese, qualunque essa sia, non può consentire l’approdo ad una democrazia, ancorché minima.
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La Società
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Proveremo a comprendere l’importanza dei gruppi di pressione, dei partiti politici (intesi come collante tra società e istituzioni), degli intellettuali e dei media
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Gruppi di interesse e democratizzaione La mobilitazione di massa dei lavoratori e l’attività di pressione e indirizzo delle associazioni imprenditoriale non si sono finora dimostrate efficaci. Crollo attività produttiva anni ‘90 ha reso impossibile attività di mobilitazione data la scarsità di lavoro.
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Questioni contingenti Ucraina: prima della crisi del 2008 i salari erano in aumento, ciò rendeva inutile la mobilitazione. Vi era anche una sovraoccupazione che depotenziava l’efficacia di un eventuale sciopero. La debolezza dei sindacati di diretta provenienza sovietica è accompagnata da quella dei sindacai «indipendenti».
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In Moldova e Georgia questi sono di fatto inesistenti. In Ucraina hanno preso piede in seguito alla rivoluzione arancione. Tuttavia i sindacati tradizionali restano i principali interlocutori del governo. Il crollo del comunismo ha, inoltre, minato il legame identitario dei lavoratori coi sindacati.
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Nel settore imprenditoriale, si è sviluppata una conflittualità tra oligarchi e imprenditori medi (minigarchi). In generale, sia sindacati che imprenditori hanno scarso interesse a supportare la partecipazione democratica nei paesi in esame.
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Gli oligarchi – soprattutto se molto potenti – avrebbero potuto svolgere il ruolo della borghesia nella prima democratizzazione occidentale (limitare potere statale e favorire rule of law). Ma hanno scelto un’altra strada. In Russia sono controllati dallo Stato. In Ucraina hanno stabilito rapporti clientelari con i gruppi al potere.
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Partiti politici Non c’è dubbio sul fatto che i partiti dei paese ex- sovietici siano deboli e incapaci di rappresentare con efficacia gli elettori. I sistemi partitici sono molto frammentati e molto volatili.
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Gli unici partiti in piedi dal crollo dell’URSS sono, paradossalmente, i partiti comunisti. Si formano coalizioni, anche non esplicite, tra partiti dalla poco definita identità. In Moldova, il partiti popolare democristiano appoggia, non dichiaratamente, il partito comunista. Lasciando ai vari partiti di destra l’opposizione (limitata)
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Altro elemento importante è una eccessiva personalizzazione della leadership. Partiti macchina elettorale di leader pre-esistenti. Se emergono più leader, di solito finisce in una scissione.
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Cause I sistemi partitici ex-sovietici hanno tale caratteristiche per 5 ragioni: 1.Presidenzialismo; 2.Sistema elettorale; 3.Assenza di cleavages, a parte in alcuni casi la frattura etnica. E, recentemente, la frattura città/campagna. 4.Assenza di profonde differenze ideologiche tra i partiti (anche il tratto liberista dei partiti anti-comunisti si sta affievolendo) 5.Eredità sovetica. Impossibile riproporre conflitto capitale vs lavoro.
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Intellettuali, media e democratizzazione Il ruolo degli intellettuali – giornalisti, accademici – è assai arduo. Uccisione giornalisti in Russia. L’impunità intimidisce giornalisti scomodi. Uso legislazione (anti-terrorismo o anti- diffamazione) per limitare libertà giornalisti indipendenti.
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Bielorussia: libertà di stampa, già precaria, ulteriormente ridotta nel 2009. Moldova: tra il 2001 e il 2009 (presidenza del comunista Voronin) i giornalisti hanno subito intimidazioni e aggressioni. Georgia: governo accusato di manipolare informazione.
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Ucraina: c’è maggiore pluralismo, ma il governo spesso limita libertà giornali indipendenti attraverso strumenti indiretti (ispezioni fiscali che portano alla chiusura).
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Ci sono i democratici? In premessa, va detto che c’è una generale tendenza a sostenere il libero mercato (soprattutto da parte degli imprenditori). La fine del mondo sovietico è, dunque, vista come l’inizio del mercato libero più che di un regime democratico. Non è un elemento che sembra rilevare.
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Fondamentale è, poi, tenere conto della frattura generazionale. Gli anziani sono nostalgici I giovani-adulti e gli adulti tendono, per esempio, ad appoggiare in Russia la restaurazione di Putin. I giovani, invece, hanno un atteggiamento ambiguo, poiché non hanno ricordi diretti dell’URSS.
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Per concludere La società civile appare molto debole così come i partiti. Sembra difficile che le strutture politico-clientelari possano mutare nel breve-medio periodo.
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Attori esterni
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I tentativi di democratizzare l’area in esame non dipendono solo da attori interni, ma anche a attori esterni, a cominciare da UE, USA e agenzie internazionali quali il Fondo Monetario Internazionale.
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Alcuni esempi Crisi finanziaria del 1998 in Russia, ebbe due conseguenze: 1.Indebolì gli oligarchi (che possedevano banche e istituti finanziari) – che avevano di fatto impedito allo Stato di ricostituirsi in forma autoritaria;
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2.Mise fine all’era di Eltsin e aprì la strada a Putin, oltre a screditare agli occhi dei cittadini le riforme degli anni Novanta.
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Moldova: vincoli istituzionali, strutturali e geopolitici contribuiscono a mantenere un livello di pluralismo inusuale per un paese poverissimo. Moldova è schiacciato tra UE (tramite la Romania) e la Russia.
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Molti cittadini sono emigrati – spesso illegalmente – in Ue da dove inviano risorse ai loro familiari rimasti in patria. Molti altri cittadini hanno richiesto il passaporto rumeno per poter circolare liberamente in Ue. Infine la Moldova essendo molto piccola e avendo molti suoi cittadini già in Europa, potrebbe essere uno dei prossimi paese ad entrare nell’UE.
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Per questo la Moldova, pur con molti limiti derivanti da uno Stato del tutto inefficiente, aderisce a importanti trattati internazionali promossi dall’Ue. La quale, dunque, incide fin da ora sulla politica interna del paese.
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Ruolo dell’UE La prossimità dell’area in esame rispetto all’Unione Europea fa sì che la sua influenza politica ed economica sia diametralmente opposta a quella russa. Va intanto detto che, come è stato provato, la semplice attrazione verso l’UE ha avuto un modesto impatto nel favorire la democratizzazione.
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Al contrario, l’Ue ha avuto un ruolo importante in quei paesi pre-ammessi nell’Unione. Così ha giocato un ruolo fondamentale in Lituania, Lettonia, Estonia, Slovacchia, Repubblica Ceca (entrate nel 2004) e in Romania e Bulgaria (entrate nel 2007).
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Attualmente, sia i fondi della politica di vicinato dell’Unione sia i fondi dei singoli paese membri dell’UE legati a progetti di cooperazione internazionale sono piuttosto limitati e diretti ad obiettivi di natura del tutto economica. Sembra dunque che l’UE si stia impegnando modestamente per includere nel suo alveo i paesi (minori) in esame.
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In definitiva, È probabile che Moldova, Ucraina e Georgia – i paese he più degli altri potrebbero arrivare alla democrazia – si consolidino in una ibridazione permanente che non abbracci né il modello di regime Russo né quello dei paesi UE.
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Attualmente, In Ucraina il presidente eletto nel 2014 è il pro-UE Porošenko. Nel 2014 le elezioni in Moldova sono state vinte dai filoeuropei In Georgia nel 2013 ha vinto Margvelashvili, pro- UE.
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Il 27 luglio 2014 l’Ucraina ha firmato un accordo di libero scambio con l’UE. Nel novembre 2013 lo avevano già fatto Moldova e Georgia. Anche se nel breve periodo è improbabile un loro ingresso nell’Unione.
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