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PubblicatoNarciso Cenci Modificato 10 anni fa
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LA RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE NELLA FORMAZIONE E IN TERAPIA
SOCIETA’ ITALIANA DI PSICOTERAPIA RELAZIONALE LA RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE NELLA FORMAZIONE E IN TERAPIA DARIO CAPONE ILARIA GENOVESI
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LA NASCITA DELLA SCULTURA E LE ESPERIENZA INIZIALI
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La scultura della famiglia è:
una tecnica terapeutica attiva e non verbale proposta tra la fine degli anni sessanta e gli inizi degli anni settanta del secolo scorso da terapeuti ad orientamento psicoanalitico e successivamente diventata patrimonio di terapeuti familiari di ogni orientamento.
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AUTORI PRINCIPALI Virginia Satir David Kantor Peggy Papp
Kitty La Perriere
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LA FAMIGLIA SIMULATA Virginia Satir ha sviluppato, nel suo lungo e ricco lavoro con le famiglie, diverse esperienze che hanno arricchito il patrimonio culturale e tecnico dei terapeuti familiari. Non ha parlato direttamente di scultura né ha descritto un metodo preciso per questa esperienza ma ha proposto diverse esperienze che sono molto simili alla tecnica della scultura.
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A tale riguardo in un suo libro del 1964 scrive: "allo scopo di dimostrare che cosa accade nel comportamento di un individuo negli ultimi anni ho fatto sempre più spesso uso di giochi, sia nella terapia della famiglia che nel training per professionisti di varie discipline nel campo delle relazioni umane"[1]. Tra i giochi sperimentati a questo scopo troviamo "la famiglia simulata" (simulated family) [1] V. Satir. Conjoint family therapy. A guide to theory and technique " 1964
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La tecnica della "famiglia simulata" è diversa dal role-playing, in quanto in essa si hanno reazioni viscerali ai ruoli che vengono impersonificati: è molto comune, dice l'autrice, che alla fine del gioco qualcuno dica "ora so come si sente la signora X". I giochi sistemici fatti dalla Satir non sono statici né silenziosi ma piuttosto di movimento in quanto lascia, facilita, che emozioni, vissuti, affiorino e che si venga costituire una vera interazione nella quale lei assume un ruolo attivo che si manifesta attraverso azioni di sostegno, di contatto emotivo con le persone, bloccando interazioni sterili e ripetitive, ecc.
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La Satir usa la simulazione della famiglia non solo per rappresentare le relazioni all’interno della famiglia attuale ma anche quelle relative alla famiglia trigenerazionale. In tal modo si occupa non solo di quanto succede nell’asse orizzontale ma anche in quello verticale delle persone (scultura trigenerazionale). Spesso, attraverso i diversi giochi che propone si verifica un processo di apprendimento messo in atto per trovare una soluzione che include la percezione di tutti i membri della famiglia: il cambiamento del sistema.
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BOSTON FAMILY INSTITUTE
LA SCULTURA: BOSTON FAMILY INSTITUTE F. Duhl e D. Kantor, cofondatori nel 1969 e membri rappresentativi del Boston Family Institute, danno un ulteriore, notevole contributo alla definizione e allo sviluppo della tecnica del family sculpting. David Kantor è uno psicologo con una notevole esperienza nel campo dello psicodramma e del lavoro con i gruppi mentre Fred Duhl è uno psichiatra che ha lavorato al Massachusets General Hospital con Erich Lindemann.
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La scultura per come è stata definita da Duhl e Kantor, è una tecnica che permette l’espressione di idee ed emozioni attraverso l’uso del corpo e dello spazio: si propone, infatti, di ricreare simbolicamente gli stati d’animo ed i rapporti emotivi, utilizzando la rappresentazione tridimensionale delle relazioni tra i membri della coppia, della famiglia o del gruppo al quale viene applicata. I membri della famiglia o del gruppo sono rappresentati e modellati con il loro corpo nel corso della seduta in posizioni che simboleggiano le loro modalità di relazione, così come sono percepite dai vari membri della stessa, che a turno daranno rappresentazione della propria visione, dei propri vissuti. Grazie a questo processo di scultura, gli avvenimenti, gli atteggiamenti ed il modo in cui questi influiscono sulla vita quotidiana possono essere percepiti e sperimentati, suscitando inevitabilmente nuovi significati ed una nuova immagine nelle relazioni familiari.
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La scultura è un gioco terapeutico basato su un confronto di forme pseudo-statiche e dinamiche di atteggiamenti e comportamenti. I membri di una famiglia sono rappresentati e fisicamente modellati durante le sessioni in posizioni che simboleggiano le modalità di relazioni tra di loro, così come è percepita da uno o più membri della famiglia. Grazie a questo processo di scultura, eventi del passato e gli atteggiamenti possono essere percepiti e sperimentati. La scultura della famiglia pone inevitabilmente nuovi significati e una nuova immagine di relazioni familiari, come non potrebbe essere prodotta dalla semplice espressione verbale.
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Duhl e Kantor distinguono tre tipi di sculture in base al numero di persone implicate nella rappresentazione: ·scultura individuale. ·scultura di confine o diadica. ·scultura di famiglia o di gruppo. Anche per questi Autori il terapeuta assume un ruolo attivo di aiuto e di stimolo incoraggiando, sostenendo, ecc. Solitamente c’è una fase statica durante la quale lo scultore esegue la sua rappresentazione. A questa segue una fase durante la quale l’attivatore/conduttore riassume a parole quanto lo scultore ha rappresentato. A questa segue una terza fase durante la quale lo scultore introduce modificazioni in base a suoi desideri o all’interazione con il terapeuta.
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LA SCULTURA SECONDO PEGGY PAPP
ACKERMAN INSTITUTE LA SCULTURA SECONDO PEGGY PAPP Secondo P. Papp e i suoi collaboratori del Nathan Ackerman Institute di New York, la scultura della famiglia è “...è una forma d’arte terapeutica in cui ogni membro della famiglia, invitato dal terapeuta, modella gli altri membri in una figura che simboleggia fisicamente le loro reciproche relazioni emotive Ogni persona crea un ritratto mettendo insieme i membri in termini di postura e le relazioni spaziali che rappresentano l'azione e sentimento. Gli elementi essenziali di esperienza familiare vengono proiettate” (De Santis, Donini et al., 1982).
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Il modo della Papp di fare la scultura prevede un intervento del conduttore/attivatore molto attivo tanto che secondo alcuni ci poteva essere il rischio di un massiccio inquinamento nella libera espressione dello scultore.
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Ad ogni membro della famiglia viene richiesto di fare due sculture:
Rappresentazione della famiglia così come lo “scultore” la vede nel momento attuale, nella fenomenologia delle interazioni in atto. Rappresentazione di desiderio e di “cambiamento”: come ognuno “vorrebbe” che la famiglia fosse.
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La scultura: Permette di rimpiazzare il verbale la dove difetta o è insufficiente. Permette di scegliere il problema e di mettere in evidenza altre modalità relazionali che potranno meglio servire la famiglia. Serve da stampella alla parola quando la cultura, il sociale o la resistenza omeostatica ne rendono problematico l'utilizzo.
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LA SCULTURA SECONDO KITTY LA PERRIÈRE
ACKERMAN INSTITUTE LA SCULTURA SECONDO KITTY LA PERRIÈRE Presso l’Ackerman Institute era presente anche un altro modo di fare la scultura che non prevedeva una fase dinamica, ma solo statica.
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R. M. SIMON (1972) “Nella scultura familiare i membri di una famiglia creano una rappresentazione fisica delle loro relazioni in un certo momento, disponendo i loro corpi nello spazio”. Simon precisa che il termine scultura potrebbe sembrare riduttivo poiché la rappresentazione può includere suoni e movimenti e quindi, anche se l’esperienza primaria è non-verbale, sarebbe meglio parlare di “tableau vivant”.
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Il modo di fare la scultura elaborato presso l’Ackerman Institute ha profondamente influenzato il movimento italiano dove largo spazio ha preso in fase iniziale il metodo che non prevedeva la fase dinamica per evitare i rischi di influenzare la libera espressività dello scultore. Secondo questo modello classico che fu fatto proprio dalla gran parte dei terapisti, la scultura fu usata in vari ambiti, nella terapia di coppia, nella terapia familiare e nell’ambito di supervisione.
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La scultura tradizionale
In terapia di coppia sono entrambi i coniugi, a turno, a scolpire la loro relazione. L’esperienza si svolge in due tempi: nel primo viene rappresentato come ognuno vede la relazione attuale mentre nel secondo come vorrebbe che fosse, la realtà e il desiderio. In terapia familiare è il PD che scolpisce, come lui le vive, le relazioni all’interno della sua famiglia sempre secondo i due tempi descritti. In supervisione per cercare di superare un’impasse terapeutica e capire dove nascevano i problemi. Nella formazione ciascun allievo scolpisce le relazioni che vive all’interno del gruppo come opportunità di condivisione e crescita per tutti.
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CONCLUDENDO… Nel corso dei decenni la scultura è stata considerata un efficace metodo di fusione tra il cognitivo e l'esperienziale, organizzato fisicamente nello spazio, al fine di: ri-formare/ri-strutturare il sistema delle relazioni. avere un quadro esterno di un processo interno. rimuovere la foto omeostatica della famiglia o del gruppo, per ottenere un'altra visione che apra la possibilità di una nuova consapevolezza.
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Presentazione del video della scultura “tradizionale” di una terapia di coppia
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LA RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE DELLA FAMIGLIA
Nino Bogliolo
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Il movimento di terapia familiare ha ormai una storia lunga e ricca
Il movimento di terapia familiare ha ormai una storia lunga e ricca. La sua evoluzione, come per altre discipline, non è stata mai lineare ma caratterizzata da momenti di arresto e di ripresa; nuove linee di ricerca e di pensiero si sono alternati nello sviluppare nuovi percorsi a partire da concetti precedenti.
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Sono stati proposti molti modelli teorici che hanno tenuto conto:
degli apporti di altre conoscenze (la cibernetica, la complessità, ecc.). delle problematiche che si incontrano nella clinica (le difficoltà delle famiglie di accettare altri punti di vista (vedi il concetto di famiglie difficili proposto da Bogliolo). - Della ricerca di interventi sempre più efficaci che tengano conto però dell’autonomia del sistema che si ha di fronte.
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Quando si ha a che fare con una situazione grave come si può pensare di agire interventi terapeutici perturbativi in un sistema portatore di profonde disfunzioni, con sofferenza e paure, senza tener conto della sua autonomia, delle sue regole, dei suoi tempi, della sua visione del mondo? Queste ed altre riflessioni portarono nel tempo alla elaborazione del modello consenziente.
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Il termine “consenzienza” fu usato da Corrado Bogliolo per la prima volta a Firenze nel 1987 per definire una modalità "soft" di fare terapia. Vediamo come questo termine negli anni si è evoluto e trasformato fino a diventare un modello terapeutico.
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QUATTRO FASI: Modalità per superare la resistenza al cambiamento (riferimento al modello omeostatico). La famiglia non resiste ma esiste. Il terapeuta si muove nel rispetto delle regole familiari (oltre il modello omeostatico). Modalità di essere del terapeuta (periodo costruttivista). Modello terapeutico (sistemi co-evolutivi).
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PRIMA FASE (MODELLO OMEOSTATICO)
La famiglia è un sistema che tende a mantenere la sua omeostasi. Quanto più si cerca di inserire nel sistema/famiglia un cambiamento, tanto più esso resiste. Occorre quindi elaborare strategie che aggirino le resistenze della famiglia.
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LA FAMIGLIA DIFFICILE:
Per intrinseca natura, non fornisce subito la risposta “desiderata dal terapeuta”. Mostra solo un’apparente compliance verso il processo terapeutico. In realtà manifesta una forte resistenza che è espressione della sua intensa morfostasi.
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Un atteggiamento non direttivo del terapeuta era una modalità per superare le resistenze.
L’interesse per la storia della famiglia nacque nella fase omeostatica. Significava andare in un tempo lontano dove le resistenze si presumeva fossero minori o addirittura assenti.
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(OLTRE IL MODELLO OMEOSTATICO)
SECONDA FASE (OLTRE IL MODELLO OMEOSTATICO) La famiglia è un sistema che evolve nel tempo. La famiglia costruisce nel tempo una sua verità dove è vero per il sistema ciò che questo consente che lo sia. La famiglia costruisce una serie di regole che sono il suo modo di funzionare. La famiglia non resiste ma esiste con le sue regole. Il terapeuta deve rispettare la coerenza interna della famiglia.
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Occuparsi della storia della famiglia significa in questa fase occuparsi del modo di funzionamento della famiglia (scoperta dei livelli intergenerazionali). Il terapeuta, smessa la direttività, diventa curioso.
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TERZA FASE (COSTRUTTIVISMO)
Il processo terapeutico non può essere predeterminato: esso si va strutturando nella relazione tra terapeuta e famiglia. Flessibilità versus Rigidità. In questo senso il terapeuta non può far riferimento a modelli predefiniti ma deve adattarsi alla imprevedibile mutevolezza delle situazioni che incontra.
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Modestia versus Onnipotenza
Nell’incontro con le famiglie occorre che il terapeuta moduli, in senso di attenuarle, le proprie velleità. Queste caratteristiche sono diventate nel tempo una condizione psico-emozionale, un modo di essere del terapeuta, cui è stato assegnato il nome di “consenziente”.
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QUARTA FASE (SISTEMI CO-EVOLUTIVI)
Il terapeuta e la famiglia sono due sistemi autonomi e autopoietici. Il loro incontro è caratterizzato da una costante co-evoluzione. La co-evoluzione non è mai paritaria. Essa avviene a partire da differenze. Il processo terapeutico è un “empowerment autopoietico” del sistema. Il terapeuta rappresenta un fattore di sviluppo, una “proposta” verso nuovi assetti interattivi.
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CARATTERISTICHE DEI MODELLI
Ogni modello ha un suo background teorico fatto di: teorie di riferimento. regole del setting, ossia il modo in cui il modello viene declinato nella pratica clinica. tecniche terapeutiche che vengono spesso rivisitate per adattarle a quel modello. La coerenza tra questi vari aspetti costitutivi del modello è una caratteristica fondamentale e imprescindibile.
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Stare con la famiglia versus neutralità. Interagire versus osservare.
E’ possibile continuare ad usare le stesse tecniche nello stesso modo in un momento in cui molte parole guida sono cambiate? Stare con la famiglia versus neutralità. Interagire versus osservare. Co-costruire versus direttività.
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Da qui sono partite alcune riflessioni che hanno riguardato le tecniche e il loro uso in terapia secondo il modello consenziente. Nell’uso delle tecniche non c’è un copione da seguire, infatti si ricorre ad esse solo se i fattori sistemici lo permettono. Il modello è stato introdotto anche nella formazione degli psicoterapeuti.
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DALLA RIDEFINIZIONE ALL’INSINUAZIONE
Il terapeuta, dall’alto della sua autorevolezza, propone una lettura, una punteggiatura diversa, di quanto portato dalla famiglia. Esempio: “secondo noi il comportamento di Mario serve a mantenere l’unità della famiglia”.
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POSIZIONE DEL TERAPEUTA
Esterna alla famiglia One Up
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L’ INSINUAZIONE Alludere, sottintendere, ventilare, buttar là.
Centrata sull’uso del condizionale, del dubitativo.
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INSINUAZIONE (2): ESEMPI
Non sarà che …… Mi viene da pensare che ……. Mi domando se ……
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INSINUAZIONE: POSIZIONE DEL TERAPEUTA
Dentro il sistema Posizione più paritaria
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LA SCULTURA (1) Esperienza quasi esclusivamente statica.
Il terapeuta/conduttore osserva, registra ma non partecipa. Terapeuta/conduttore svolge solo una funzione di sostegno.
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LA SCULTURA (2) Non c’è alcuna condivisione tra terapeuta/conduttore e famiglia. Le relazioni, i sentimenti, sono rappresentati e sperimentati. Possibili cambiamenti non nascono nell’interazione.
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LA RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE
E’ una esperienza che rielabora la staticità della scultura trasformandola in movimento, incontro. Esperienza dinamica. Il terapeuta/conduttore partecipa attiva-mente.
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RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE (2)
E’ centrata sullo stile comunicativo/analogico del sistema e di questo rispetta i tempi. Non si propone di accelerare i modelli espressivi, in quanto mette in evidenza aspetti non altrimenti osservabili. E’ un'esperienza che lascia spazio alla creatività, alla fantasia, all'invenzione.
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LA RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE (3)
Le relazioni, i sentimenti, i cambiamenti possono essere rappresentati e sperimentati nello stesso tempo. Particolare rappresentazione simbolica delle relazioni e quindi interazione, scambio, feed-back, possibilità di cambiamento. E’ una spontaneità terapeutica e non una tecnica, in quanto la spontaneità non si associa a un unico significato, ma a molte possibilità di espressione che possono essere assunte all'interno di una cornice.
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RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE
SCULTURA TRADIZIONALE RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE Esperienza quasi esclusivamente statica. Esperienza dinamica Il terapeuta-conduttore osserva, registra ma non partecipa. Il terapeuta- conduttore partecipa attivamente Terapeuta/conduttore svolge solo una funzione di sostegno. Terapeuta/conduttore svolge la funzione di co-costruttore dell’esperienza Sono rappresentati e sperimentati i sentimenti e le relazioni Sono rappresentati e sperimentati non solo i sentimenti e le relazioni, ma anche i cambiamenti I possibili cambiamenti non nascono nell’interazione. I possibili cambiamenti nascono nell’interazione.
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OBIETTIVO GENERALE Mira ad evocare e sostenere una forte modalità cooperativa che viene costantemente punteggiata dal conduttore che funge da rinforzo del lavoro in gruppo. Tutte le intuizioni e le descrizioni dei vissuti riferite dagli “attori” avranno valore per il singolo ma saranno anche convertite in esperienze emotive di cui tutto il gruppo potrà beneficiare.
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DELLA RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE
I TRE TEMPI-MOVIMENTI DELLA RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE RAPPRESENTARE EVOCARE CONVOCARE
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EVOCARE DAL LAT. CHIAMARE (VOCARE) FUORI (E)
Significato: Presentare alla mente per suggestione della memoria, della fantasia o del sentimento. Individuazione delle persone significative a partire dalla rappresentazione grafica alla lavagna. 2. Scelta delle persone dal gruppo.
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CONVOCARE Significato: Invitare a riunirsi, radunare, riunire. Portare al centro della scena le persone che vengono scelte.
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RAPPRESENTARE Significato: Far presente, rendere visibile, evidente; recitare, portare in scena. Predisporre le persone nello spazio Cominciare l’interazione.
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LA RAPPRESENTAZIONE L'uomo, attraverso la capacità creativa del “pensiero narrativo”, nell'atto di costruire storie, articola il proprio significato spiegando l'esperienza immediata, quindi nel raccontarle e condividerle crea ambiti di significato comuni che assumono un ruolo fondante la relazione stessa. Parlare di sé ad alta voce ci fa scoprire per quello che siamo, i sentimenti prendono consistenza. Parlando, l’uomo crea e foggia se stesso.
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RUOLO DEL CONDUTTORE La conduzione è la capacità di trovare quella posizione meta, che permetta di rappresentare insieme, di stabilire una colleganza con i partecipanti del gruppo. Sostegno delle eventuali difficoltà. Attivazione delle risorse.
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RUOLO DEL CONDUTTORE (2)
Condividere le emozioni e la modalità operativa. Incoraggiare una possibile rilettura delle proprie esperienze al fine non di cambiare gli eventi, ma i significati ad essi attribuiti, affinché il processo diventi una co-costruzione di realtà nuove.
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RUOLO DEL CONDUTTORE (3)
Elaborazione dei vissuti emergenti da questo contatto emotivo. Saper attendere il momento per poter incoraggiare questa nuova modalità. Gestione dell’esperienza mettendosi in relazione con tutti. Trasformazione di questa nuova modalità di esperienza secondo la propria personalità ed esperienza.
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LA RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE DELLA FAMIGLIA NEL PERCORSO FORMATIVO
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E’ un momento importante che va ad integrarsi con altri momenti esperienziali riguardanti la famiglia d’origine. Le prime esperienze cominciano nel primo anno di corso. La rappresentazione della famiglia va a posizionarsi in un momento successivo, a partire dal secondo anno del primo biennio.
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Successivamente va a culminare nell’esperienza del genogramma.
Tutti i membri del gruppo dovrebbero fare questa esperienza.
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Nel corso di formazione chi fa la rappresentazione spaziale?
TUTTI!
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ESEMPIO PRATICO Il trainer che assume la veste di conduttore, chiede ad un membro del gruppo in formazione di proporsi per l’esperienza. Questo viene invitato a rappresentare graficamente la composizione della sua famiglia, alla lavagna. L’allieva è secondogenita di due figli con un fratello più grande. I genitori sono viventi e entrambi figli unici. Dei quattro nonni, è vivente solo la nonna materna che ha 88 anni.
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Questa è un fase interattiva che coinvolge il conduttore e l’allieva con il gruppo in fase di ascolto partecipe. L’allieva, invitata dal conduttore, traccia brevemente i tratti secondo lei essenziali delle persone della sua famiglia che ha rappresentato alla lavagna. Il conduttore lascia l’allieva libera in questa fase di tirar fuori dalla storia della sua famiglia quello che ritiene più opportuno.
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L’allieva decide accennare a quello che potremmo definire un segreto di famiglia. Il nonno materno è morto prima che lei nascesse e lei ricorda che non se ne è mai parlato molto in famiglia e che tuttora per lei rimangono misteriose le circostanze riguardanti la sua morte. La nonna materna viene definita come la “mamma vicaria”. Dei nonni paterni il nonno la faceva giocare di più anche se ricorda la nonna più del nonno. Passa a descrivere brevemente il babbo e la mamma. Entrambi sono figli unici. L’allieva ha un fratello di 36 anni.
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Il conduttore invita l’allieva a individuare le persone che ritiene più rappresentative e che parteciperanno alla rappresentazione spaziale. Queste persone saranno scelte in sostanza dall’allieva e il conduttore ha, in questa fase, solo una funzione di sostegno.
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L’allieva sceglie di far partecipare alla rappresentazione, oltre a lei stessa, le due nonne, materna e paterna, i due genitori e il fratello.
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Il conduttore chiede all’allieva di scegliere all’interno del gruppo in formazione cinque persone che rappresenteranno i familiari indicati. La scelta non segue un ragionamento ma avviene quasi senza pensarci, seguendo una sorta di istinto. L’allieva li raduna al centro della stanza; poi comincia a posizionarli nello spazio, partendo dalla nonna paterna, poi quella materna, poi il babbo, la mamma, il fratello e per ultima lei stessa.
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Una volta posizionati comincia ad occuparsi della distanza tra di loro, di dove guardano, della loro postura, del loro sguardo, della loro mimica, di tutti gli aspetti del non verbale che li rappresentano. La nonna paterna, fuori del gruppo, guarda suo figlio, il babbo guarda la moglie, la mamma guarda la figlia, accanto a lei c’è la nonna materna che guarda il nipote, tutti sono molto vicini. Il fratello, che guarda in alto, è vicino alla sorella che, più avanti di tutti, dà le spalle a tutti.
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Babbo Nonna paterna Mamma Nonna materna Fratello Allieva
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Il conduttore chiede alle persone scelte dall’allieva di immedesimarsi nel loro personaggio ed esprimere spontaneamente come si sentono, come si trovano in quella posizione, che percezione hanno. Teresa: Nei panni della protagonista riferisce di sentirsi paralizzata, bloccata e scomoda in quella posizione e percepisce lo sguardo della madre dietro di lei come penetrante. Gli altri membri della famiglia, invece, li percepisce meno. Il fatto di guardarsi i piedi le trasmette un senso di perdita di equilibrio, come se non avesse trovato un suo spazio in questa famiglia.
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Massimo: Nei panni del fratello sente tutti molto addosso, tutti appiccicati. In particolare la fila dietro di lui se la sente tutta sulle spalle. L'unica cosa che lo fa stare tranquillo è guardare fuori. La sorella non gli da fastidio. Tosca. Nei panni della mamma prova fastidio per la testa della figlia (allieva protagonista) che guarda in basso, vorrebbe indirizzare la figlia. Le da fastidio inoltre lo sguardo del marito perché la fissa, guarda solo lei e perché non è messo accanto a lei. Lo sguardo del marito è insistente e penetrante come se facesse un cerchio intorno a lei dal quale non può uscire. Il figlio lo sente lontano, è un pò fuori. Accanto alla propria madre (nonna materna) sta volentieri.
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Lucia. Nei panni della nonna materna prova fatica a stare in quella posizione, pensa quasi che i ragazzi davanti a lei siano come dei figli. Si sente molto dentro a questa famiglia ma deve comunque mantenere questa posizione in quanto deve vedere se va tutto bene. Silvio. Nei panni del babbo si sente escluso, non sente di appartenere a questa famiglia. Nessuno è rivolto verso di lui, nessuno lo prende in considerazione. Sente la presenza della propria madre dietro però non gli dà fastidio.
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Gloria. Nei panni della nonna paterna si trova in una posizione dalla quale può vedere tutti. Le da noia la distanza relazionale che percepisce nella famiglia. Guarda il figlio dispiaciuta perché vorrebbe che fosse più dentro al sistema.
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Il conduttore chiede all’allieva protagonista di posizionarsi lei stessa al suo posto e le chiede come si sente. L’allieva riferisce di sentirsi bene e di non percepire il peso dietro. Guardare i piedi è un modo per raccogliere tutta la sua persona. Sente la presenza del fratello che non le da fastidio.
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Il conduttore chiede agli altri membri della famiglia se cambierebbero qualcosa
Teresa nei panni della protagonista si vorrebbe voltare per guardare i suoi genitori.
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Il babbo andrebbe vicino alla moglie di fianco e dietro i suoi figli, poi sposterebbe la nonna materna più lontano. La mamma vorrebbe avere il marito accanto a lei e guarderebbe di più anche il figlio, inoltre vorrebbe che la figlia si girasse verso di lei. La nonna materna vorrebbe stare più fuori dalla famiglia, il babbo lo avvicinerebbe più alla moglie e girerebbe un po’ la nipote verso il resto della famiglia. Il fratello si vorrebbe spostare staccandosi di più dalla famiglia assieme alla sorella. La nonna paterna metterebbe suo figlio più accanto alla propria moglie, la nonna materna un po’ più fuori e i fratelli più lontani ma che guardano verso la famiglia.
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Nonna materna Nonna paterna Mamma Babbo Fratello Allieva
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Il conduttore chiede all’allieva se c’è qualcosa di ciò che ha visto e sentito che corrisponde alla sua vera famiglia: L’allieva pensa che la mamma corrisponda per tutto ciò che riguarda il senso di soffocamento del marito; il babbo corrisponde in parte anche se sicuramente è molto attaccato alla moglie; i commenti della nonna paterna li vive come estranei: è vero che guarda il figlio quasi in maniera ossessiva però lui guarda la sua famiglia; la nonna materna corrisponde quando in senso ironico afferma che “tocca fare tutto a lei in questa famiglia”; il fratello corrisponde molto, con lui ha un bel rapporto.
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CHE COSA E’ EMERSO? Tema ricorrente dello sguardo.
Coesistenza del linguaggio non verbale e verbale La rappresentazione di un nuovo equilibrio del sistema è stata co-costruita da tutti i membri della famiglia e da essi condivisa. Sono stati sperimentati nuovi modelli di interazione e nuovi modelli individuali di reazione.
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LA RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE DELLA FAMIGLIA NEL PERCORSO TERAPEUTICO
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LA RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE
IN TERAPIA DI COPPIA L’applicazione della rappresentazione spaziale nel corso di una terapia di coppia comporta diverse questioni rilevanti.
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Spesso, se non sempre, la disfunzione della coppia riguarda i rapporti passati o attuali della coppia: dipendenze, vincoli di lealtà, relazioni non risolte riproposte con il partner, ecc. In questi casi la simulazione fatta con la coppia potrebbe interessare oltre i due partner anche i loro genitori o altre persone significative come un fratello o un altro parente.
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COME OVVIARE IN QUESTO CASO?
Attraverso i processi evocativi
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DI UN VIDEO ESPLICATIVO DELLA RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE DELLA FAMIGLIA
IN TERAPIA DI COPPIA
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Breve descrizione del caso
La coppia è inviata al Centro di Terapia Familiare per una valutazione nell’ambito di un procedimento di adozione, dopo aver scoperto l’infertilità del marito. Il servizio inviante chiede una valutazione delle relazioni della coppia prima di esprimere un parere definitivo sull’idoneità ad adottare. Viene chiesto altresì di valutare l’opportunità di sottoporre la coppia ad un percorso terapeutico.
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Lui è un ingegnere di 38 anni, secondogenito, lavora a Milano; lei è un’operaia di 43 anni, lavora nello stesso paese dove vive la sua famiglia di origine. La coppia abita sopra i genitori anziani di lui, però a causa del lavoro del marito che si svolge a Milano, si incontrano solo il fine settimana. Lei dal lunedì al venerdì vive a casa dei propri genitori per “praticità” e vorrebbe almeno il weekend passarlo col marito, il quale però è spesso ri-chiamato dai “problemi” dei propri genitori anziani. Questi elementi vengono da noi valutati positivamente ai fini di un percorso terapeutico da proporre alla coppia.
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QUANDO SI PROPONE LA RAPPRESENTAZIONE spaziale?
Quando il percorso terapeutico è avviato. Non nelle prime sedute.
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La terapia di coppia inizia nel mese di ottobre con cadenza quindicinale.
A fine febbraio la terapeuta ed il Supervisore decidono di proporre alla coppia la rappresentazione spaziale della famiglia.
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A COSA SERVE? A scopo diagnostico? A scopo terapeutico!
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CHI FA LA RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE?
La terapeuta ed il supervisore scelgono di farla fare al marito.
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PERCHE’? Sostanzialmente in base a tre parametri:
Il marito mostra più difficoltà sul lato emotivo e sente il bisogno di recuperare i propri vissuti. Il marito si sente invischiato nel rapporto coi genitori. 3. La terapeuta sente di avere più difficoltà nell’interagire con lui.
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Video
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CONCLUSIONI RAPPRESENTARE EVOCARE CONVOCARE
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CONCLUSIONI (2) Sperimentare i tre movimenti che portano da un sistema di interazione disfunzionale ad un sistema che produce evoluzione. Vedere la natura del sistema di relazioni al quale la coppia da vita. I membri della coppia vedono a che punto si trovano e dove è possibile andare.
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Il processo è la relazione!
RICORDA ... Le tecniche possono essere sviluppate e riviste, ma la vera forza sta nell’incontro tra la personalità del terapeuta ed i bisogni, desideri, difficoltà dell’individuo e del gruppo. Le tecniche costituiscono la forma e non il processo. Il processo è la relazione!
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GRAZIE PER L’ATTENZIONE
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