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PubblicatoFortunata Carlini Modificato 10 anni fa
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CLIL E L’APPRENDIMENTO DELLE LINGUE. LE SFIDE DEL NUOVO AMBIENTE
CLIL e Apprendimento Cooperativo: una ricerca sul campo Annavaleria Guazzieri CLIL E L’APPRENDIMENTO DELLE LINGUE. LE SFIDE DEL NUOVO AMBIENTE DI APPRENDIMENTO Università Ca’Foscari Venezia Dipartimento di Scienze del Linguaggio 12 settembre 2008 Il progetto ha coinvolto 25 classi CLIL di diverse aree geografiche in prevalenza del Veneto[1], la maggior parte delle quali (16) sono scuole secondarie di secondo grado [sia Istituti Tecnici (9) sia Licei (7)], 3 scuole secondarie di primo grado e 6 scuole primarie. Le lingue veicolari utilizzate nelle classi sono state l’inglese (20), il francese (3) e l’italiano come lingua seconda (2). Le discipline coinvolte sono state per la maggior parte dell’area scientifico-tecnologica: Informatica, Elettronica, Fisica, Economia, Estimo, Scienze, Matematica. Le altre discipline veicolate sono state: Scienze Motorie, Storia, Geografia, Psicologia, Filosofia, Storia dell’Arte. In alcuni casi, i percorsi CLIL hanno coinvolto ambiti interdisciplinari, quali ad. es. l’Educazione Alimentare e l’Educazione alla Salute. DOCENTI ESPERTI che avevano già seguito specifici corsi di formazione nel CLIL, ma preparare il terreno per le fasi successive. Per gli scopi di questa relazione Si è partiti dall’ipotesi che,. Nel primo periodo della ricerca e nel questionario si sono utilizzati i termini ‘cooperativo’ e ‘collaborativo’ con significato intercambiabile. Tuttavia, secondo alcuni studiosi (McWhaw et al.:2003) i due approcci divergono. Il Cooperative Learning è considerato un approccio più strutturato rispetto al Collaborative Learning: nel primo è l’insegnante che seleziona i contenuti della lezione, pianifica le attività e adatta ad una classe specifica una struttura cooperativa predefinita che gli studenti devono svolgere secondo una serie di passaggi consecutivi per giungere al prodotto finale. Le strutture cooperative sono modalità di organizzare e scandire il compito di apprendimento di gruppo in modo tale che l’interazione tra gli studenti sia sempre caratterizzata da una forte interdipendenza di scopo e da responsabilità personale[3] ((Johnson, Johnson:1988). Diversamente, nel lavoro di gruppo di tipo collaborativo, gli studenti hanno più potere di scelta sulle procedure e sono chiamati a prendere decisioni su come raggiungere lo scopo. La distinzione tra cooperativo e collaborativo costituisce tuttora un’area di controversia nel dibattito pedagogico. Per gli scopi di questo contributo il termine Cooperative Learning sarà utilizzato nell’accezione dei fratelli Johnson. La ricerca
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Domande I docenti CLIL conoscono l’AC?
I docenti CLIL progettano attività di apprendimento di coppia/gruppo che rispondono ai principi dell’AC? Se sì, l’impatto sui processi di apprendimento di lingua e disciplina è positivo? Perché? IPOTESI Nella classe CLIL è opportuno che il docente (o i docenti) e gli studenti costruiscano costanti opportunità di dialogo (o multilogo) intersoggettivo al fine di promuovere una continua mediazione di significato che sia a garanzia della crescita parallela nelle competenze disciplinari e linguistiche, il Cooperative Learning può offrire una varietà di approcci, tecniche e attività strutturate utilmente impiegabili a questo scopo. Questa ipotesi veniva anche supportata dai docenti coinvolti che spesso si riferivano alle lezioni CLIL come lezioni più innovative rispetto alle lezioni frontali, in quanto richiedono un maggior coinvolgimento diretto degli studenti in tutte le fasi della lezione la prima ricognizione mediante la somministrazione di un questionario[1] sulle conoscenze da parte dei docenti CLIL delle tecniche del lavoro di coppia e/o di gruppo e del loro utilizzo in classe.
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Uso attività coppia e/o gruppo 87% si 12,5% no
difficoltà a gestire contemporaneamente oltre a LS e disciplina anche l’aspetto dell’interazione di gruppo Frequenza 60% sempre 40% no settimanalmente o più raramente Attività 33% coppia lavoro intenso, concentrato. Organizzazione semplice 22% gruppo generativo di idee, valorizza competenze 45 % utilizza ambedue ma rileva per il gruppo rischi di dispersività, confusione e sottrazione dal compito e la necessità di disporre di più tempo da parte dell’insegnante Dopo lavoro individuale 57% si 43% no Si lavora su contenuti già appresi; momento di riflessione individuale superfluo La domanda n. 7 riguarda il ruolo funzionale che il lavoro individuale può avere rispetto al lavoro di coppia e/o di gruppo. La maggioranza dei docenti (12) fa precedere il lavoro di coppia/gruppo da attività di studio o preparazione individuale, gli altri 9 passano dalla lezione frontale all’interazione. L’aspetto funzionale del momento individuale di riflessione si fonda sul principio della responsabilità individuale. Secondo gli esperti di apprendimento cooperativo è opportuno che un momento individuale preceda, di norma, il lavoro cooperativo affinché ciascuno possa farsi portavoce, nella modalità collettiva, del proprio contributo personale. Gli insegnanti che mettono in pratica questa sequenza sembrano essere molto consapevoli dei vantaggi che può comportare: raccolta di idee, brainstorming, presa di coscienza e maggiore consapevolezza del compito e del ruolo richiesto, tempo per lettura silenziosa, predisposizione di pre-conoscenze, comprensione delle consegne e riflessione preliminare, comprensione del lessico, sviluppo della motivazione, preparazione ad un compito impegnativo). Gli insegnanti che dichiarano di transitare direttamente da una modalità frontale al lavoro di coppia e/o gruppo giustificano la loro risposta con l’affermazione che i contenuti sono già stati appresi e quindi un ulteriore momento individuale sarebbe superfluo, oppure che sarebbe una ripetizione di quanto già fatto nella fase frontale, o anche che gli allievi sono in grado di lavorare individualmente solo se impegnati in compiti di produzione scritta. Questo tipo di risposte fa supporre che il lavoro di gruppo sia utilizzato principalmente non con lo scopo di introdurre o presentare contenuti nuovi, ma per consolidare quanto già appreso, ad es. in modalità di ricerca o approfondimento.
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Applicazione pratica AC 25% sì 75% poco o nulla Efficacia AC 100% sì
Conoscenza teorica AC 60% sì 40% poco o nulla Applicazione pratica AC 25% sì 75% poco o nulla Efficacia AC 100% sì 0% no Obiettivi AC 60% Interazione linguistica simultanea 40% Strategie cognitive problem solving Alla domanda ‘Quali strutture utilizzi?’ 10 insegnanti citano con precisione i titoli di alcune note strutture o modalità che fanno riferimento all’ approccio cooperativo (Jigsaw, gruppo esperto, Learning Together, Circles of Learning, Co-op-Co-op, Group Investigation, la tovaglietta americana, il cooperative learning informale), dimostrando di possedere una discreta formazione teorica, non sempre accompagnata da un’altrettanto frequente applicazione pratica nella didattica di classe (solo 6 di questi dieci avevano dichiarato nella domanda precedente di utilizzare la metodologia in classe). Infine tutti gli insegnanti (23) ritengono che l’Apprendimento Cooperativo possa avere un efficace utilizzo in CLIL: le ragioni espresse sottolineano la versatilità dell’Apprendimento Cooperativo che permette agli allievi di esprimere sia la componente linguistica della comunicazione, sia quella sociale e relazionale. Le risposte portano ad esempio attività quali l’insegnamento reciproco e il feedback, la didattica laboratoriale, la possibilità per gli studenti più deboli di sviluppare una migliore comprensione della disciplina – anche grazie all’intensificazione delle opportunità di apprendimento – lo sviluppo per tutti gli allievi di tecniche di rinforzo memoria e di strategie di pensiero complesse. A livello di apprendimento CLIL, secondo alcuni insegnanti, l’utilizzo dell’Apprendimento Cooperativo sembra consentire quindi sia il consolidamento delle conoscenze di base, anche grazie alle molte tecniche quali la ripetizione di gruppo (carosello), la condivisione (jigsaw) e il controllo tra pari (pair check o peer tutoring), sia di nutrire lo sviluppo di strategie cognitive più complesse in lavori di gruppo più orientati alla produzione libera (group investigation, ricerca guidata in Internet, dibattito e controversia).
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Problemi della ricerca sul campo
Audio e video-registrazioni Rumori di disturbo Attribuzione voci lavori coppia/gruppo Maggiore affidabilità delle videoregistrazioni (non necessariamente supportate da audioregistrazioni) Necessità di audio e videoregistrare la stessa lezione. Impossibilità di registrare tutto ciò che avviene in classe, anche con l’uso di più videocamere e di più audioregistratori (sarebbe necessario video e audioregistrare ciascun singolo gruppo di lavoro ma questo richiederebbe una quantità enorme di videocamere e di registratori e trasformerebbe la classe in una sort di set cinematografico, snaturandone l’atmosfera). Sia le audio che le videoregistrazioni dei gruppi/coppie rivelano moltissimi rumori di sottofondo: dai rumori del traffico – provenienti dalla finestra aperta ad altri segnali acustici La sensibilità degli strumenti di registrazione attuale è tale che il microfono poggiato sul banco del gruupo x registra anche le battute del gruppo a fianco. Per il ricercatore diviene quindi molto difficile dare un’attribuzione alle voce, se non c’è una contemporanea videoregistrazione della stessa sequenza.
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Quali esiti? AC e ipotesi dell’output (Swain:1985)
AC e ZSP (Vygotskij:1990) Secondo Swain, che osservò le carenze linguistiche di allievi esposti a programmi di immersione in Canada, l’output, ossia la produzione linguistica, costringe chi apprende a focalizzarsi sulla struttura sintattica della frase da produrre e, di conseguenza, a generare ipotesi su come la lingua va organizzata. accelerare e consolidare l’apprendimento la produzione linguistica orale va quindi “forzato” “stimolata”, in quanto Diversamente dal processo di comprensione dell’input, quello di produzione dell’output costringe ad elaborare l’interlingua per produrre output comprensibile all’interlocutore. Se il programma di immersione non prevede momenti di produzione nella lingua in contesti autentici, il rischio può essere quello di sviluppare negli studenti competenze di comprensione (input comprensibile) ma non di produzione (output comprensibile). Se, invece, la classe CLIL è cooperativa e sfrutta il principio di ‘simultaneità’ (Kagan:1992) il tempo-parola per studente si dilaterà (se a coppie, ciascuno studente parlerà per metà del tempo a disposizione, se in gruppi di quattro per un quarto). Diversamente dalla classe gestita in modalità frontale, dove è l’insegnante che accentra su di sé e indirizza gli atti del discorso e verifica la comprensione del contenuto CLIL attraverso una serie di domande di tipo referenziale, la classe cooperativa è più simile alla vita reale e gli allievi sono chiamati a gestire tutti gli aspetti della conversazione (mantenere l’attenzione, scambiarsi i turni di parola, chiedere chiarimenti, chiedere di ripetere e ripetere, chiedere e dare aiuto…) Anche se la lingua generata dagli studenti potrebbe essere scorretta, essa tuttavia è il risultato di un processo in cui lo studente pone attenzione alla forma e al significato, molto di più di quanto farebbe se ascoltasse. La metafora della ZSP è un concetto chiave delle teorie vygotskiane sull’apprendimento (Vygotsky:1990). Esso definisce la distanza tra il livello attuale di sviluppo dell’allievo inteso come la sua capacità di risolvere un problema autonomamente (senza guida) e la sua capacità di risolvere lo stesso problema mettendo in atto processi cognitivi stimolati dall’interazione educativa con un adulto o un pari più competente. Secondo Newman e Holzman (1993), l’interpretazione spaziale o temporale (il dove o il quando) della metafora può togliere complessità al concetto, di cui va interpretato piuttosto il processo grazie al quale si esplicano le attività partecipative (il come dell’interazione). Questo processo trasforma reciprocamente il pensiero di ambedue i partecipanti all’interazione. Secondo McCafferty (2002) e Shachar (2003: ), anche lo ‘sviluppatore’ vede trasformare il proprio modo di interagire in situazioni di tipo tutoriale in L2 modificando i propri linguaggi (anche quelli non-verbali) e traendone un vantaggio cognitivo. Gass (2002: ) e la prospettiva interazionista mettono a fuoco i processi su cui lo studente fa leva per un uso efficace dell’ambiente linguistico circostante al fine di sviluppare una migliore competenza linguistica nella lingua seconda. Superata la concezione di interazione come occasione di esercizio di strutture e funzioni linguistiche già apprese, l’analisi delle interazioni con il parlante nativo, o con un parlante più competente in varie lingue, dà forza all’ipotesi di Long (1996: ), già citata in precedenza, secondo la quale l’interazione porta alla ‘negoziazione di significato’. In situazione scolastica, i vari passaggi del lavoro di coppia e di gruppo (controllo di comprensione, richiesta di chiarimento, opzione, focalizzazione dell’argomento, elaborazione), che sono anche caratteristici della conversazione in contesti autentici, possono, secondo gli interazionisti (Lantolf, Thorne:2006), facilitare l’acquisizione perché collegano l’input con le capacità dello studente, in particolare con le sue capacità di attenzione selettiva e di produzione. Secondo chi scrive, una maggiore partecipazione degli allievi alle interazioni orali in classe, pur non conducendo sempre e automaticamente all’acquisizione, potrebbe costituire un primo passo per sviluppare consapevolezza verso bisogni linguistici autentici che potrebbero essere ripresi e sviluppati successivamente. Bisogna ricordare, pur non essendo questo il campo della nostra ricerca, che, secondo Allwright e Bailey (1991: ), la partecipazione alle attività di classe è generalmente misurata mediante i soli dati osservabili (verbali e non verbali), mentre i processi di apprendimento attivati nella classe di lingue spesso hanno a che fare con fenomeni mentali e processi interiori che richiederebbero strumenti alternativi di rilevazione (il diario, ad esempio).
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Gruppi e output linguistico
Gruppo 1 6 min parole LS p/m min-max 0-11 Lung AS 4,4 Gruppo 2 18 min 45” parole LS p/m min-max 7-53 Lung AS 6 Gruppo 3 6 min parole LS p/m min-max 0-28 Lung AS 3,6 Gruppo 4 7 min parole LS 254 7p/m min-max 4-231 Lung AS 5,09 Quante parole hanno prodotto I gruppi di studenti? E in che tipologia di enunciati? La lunghezza dell’enunciato può essere un fattore di complessità. Anche la velocità dell’eloquio può essere un fattore di qualità della produzione orale, in quanto legato alla fluency, soprattutto se non condizionato da apprendimenti mnemonici (in questi quattro casi nessuno studente poteva aver imparato a memoria quanto ha detto:i primi tre gruppi hanno lavorato alla soluzione di diversi problemi relativi a materie scientifiche, si dovevano quindi riferire a conoscenze già acquisite ma a loro era richiesto di applicarle a nuovi contesti e motivare la soluzione. il quarto gruppo doveva lavorare alla comprensione di un testo storiografico e alla produzione di risposte a domande stimolo. Da un analisi dei gruppi si evince che: tutti gli allievi dei gruppi 2 e 4, hanno preso il turno di parola almeno una volta (mentre nei gruppi 1 e 3 rispettivamente 1 e 2 studenti non hanno MAI parlato). Il n. di parole complessivo in LS prodotto dai 4 gruppi è molto diverso: I gruppi 2-4 hanno prodotto comlessivamente una quantità di parole 5-10 volte superiore agli altri due gruppi. Anche la velocità del parlato si distacca notevolmente per i gruppi 2 e 4 . Questa è infatti di 1-2,5 parole al minuto per studente per i G 1 e 3 e di 7 p al minuto per studente nei gruppi 2 e 4. I gruppi 2 e 4 hanno dunque prodotto molte più parole nello stesso tempo. Possiamo ipotizzare che producendo più parole in meno tempo avevano meno tempo per pensare alla lingua perchè erano più concentrati sull’obiettivo disciplinare da perseguire (risoluzione del problema, comprensione del testo). Quante parole per enunciato? Si può ipotizzare che trattandosi di lavoro d gruupo ci sia un’altissiam proporzione di enunciati costituiti da una o più parole in cui manca il verbo. In ambedue I casi il senso degli enunciati può essere ricostruito caturando gli elemnti mancanti dagli enunciati che precedeno o che seguono, infatti, spesso il discirso è costruito dai diversi attori in una sorta di ‘multilogo’. La media di parole per enunciato è in tutti e quattro I casi piuttosto bassa. Bassissima per il gruppo 1 (3,6), dove le frasi più lunghe sono enunciati di routine queli: What’s the italian for… Qual’è il legame tra le attività svole e la produzione?
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Complessità dell’output
Tipo di enunciato Parola sing. frase ellittica Frase semplice Frase semplice + coord/sub Gruppo 1 1 2 Gruppo 2 9 18 38 16 Gruppo 3 6 4 Gruppo 4 10 33 3 Dall’osservazione di lezioni, si è anche potuto osservare che gli studenti in coppia o gruppo interpretano e modificano il tipo di task dato dal docente, variando la difficoltà dello stesso e la quantità di input e output linguistico che esso può generare (Ohta: in Lantolf et al.p. 2 LANTOLF J. P., THORNE S. L. (2006), Sociocultural Theory and the Genesis of Second Language Development, OUP, Oxford
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Analisi del discorso Funzioni (Halliday 1975) Gruppo 2 Gruppo 4
Strumentale 2 1 Regolativa 18 11 Interazionale 5 10 Personale -- Euristica/Rappresentazionale 52 28 Immaginativa 3 Funzioni di Halliday, riprese poi da G. Wells in una prospettiva Vygotskiana La funzione strumentale: quando si usa la lingua per esprimere I propri bisogni (One moment, please) Funzione regolativa: usare la lingua per dire agli altri cosa fare (let’s read again.. Now we go on with task two …Who wants to read?) Interazionale: per stabilire un contatto con gli altri e costruire relazioni (Are there one or more who didn’t understand?Nicola, is everything clear? Thanks Personale: per esprimere sentimenti, opinioni, e identità (I don’t understand, so so) Euristica/rappresentazionale: per costruire conoscenza e per per trasmettere fatti ed informazioni ( What’s the meaning of load? Load are the..the things you carry. If you touch something they become neutral.. And if you touch the trolley with your hands you have a light electric shock…) Immaginativa:per raccontare storie, scherzare e creare un ambiente immaginario (little light electric shock…ridono)
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AC e gestione del compito di apprendimento
interdipendenza responsabilità Aspetti AC ruoli relazioni autonomia impegno Gruppo 1 parziale limitata scarsa disturbo Gruppo 2 Abb. complet buona Gruppo 3 Gruppo 4 Gruppo 1: RUOLI: non ci sono ruoli chiari. Le studentesse che parlano di più ordinano ad una delle altre due di leggere. AUTONOMIA: dopo 30 secondi chiedono se possono andare a prendere un vocabolario, dopo 1 min e mezzo chiamano l’insegnante di LS per chiedere il significato di una parola. Dopo altri due min. chiamano il docente di disciplina per chiedere il significato di un’altra parola. INTERDIPENDENZA: trascorrono lunghi momenti di silenzio senza parlare, fissando il foglio. Talvolta le due studentesse più estroverse interagiscono tra loro in italiano a bassissima voce escludendo le altre due. RESPONSABILITA’: Non sembrano provare un senso di responsabilità individualeo di gruppo o di coinvolgimento emotivo positivo verso il compito. Si osservano comportamenti di disturbo (una studentessa batte nervosamente la penna sul tavolo) o di disimpegno (vabbè, alzata di spalle…) GRUPPO 2: RUOLI:vengono assegnati 3 ruoli: relatore, il coordinatore, il segretario e il lettore. AUTONOMIA: buona. L’insegnante di LS si avvicina spontaneamente e scherzando chiede cosa stanno combinando, ricordando la presenza dell’audioregistratore sul tavolo. Dopo un paio di minuti chiamano il docente di disciplina al quale pongono una domanda sotto forma di ipotesi..SE …ALLORA, ne segue una breve discussione in cui uno studenteduetta con il docente (circa 1 min). Più tardi, dopo circa altri 7 min e dopo aver svolto il primo quesito il gruppo chiama il docente di disciplina per chiedere se quanto hanno riportato sulla scheda è corretto. Dopo il feedback dell’insegnante, il gruppo ne approfitta per chiedere aiuto sul secondo quesito. Prima un aiuto lessicale, ma poi anche un aiuto di comprensione del problema attraverso una sorta di breve discussione in cui intervengono 3 studenti. INTERDIPENDENZA: non ci sono momenti di silenzio, se non all’inizio del task, quando gli studenti rileggono in silenzio il problema. Gli studenti più loquaci si rivolgono agli altri, con lo sguardo e con la parola. Il ritmo è serrato e c’è un forte senso di interdipendenza di scopo, guidato dallo studente coordinatore. Non mancano I momenti in cui si sorride, per una parola che fa ridere o per una battuta spiritosa. RESPONSABILITA’ tutti e quattro gli allievi riportano sulla scheda gli appunti. Non si notano segni di abbandono o nervosismo. Lo studente coordinatore si ferma per dettare agli altri quanto deciso assieme scandendo bene le parole. GRUPPO 3 RUOLI: parziale assegnazione dei ruoli. Un solo studente scrive. Gli altri si giustificano dicendo che poi copieranno. Gli altri ruoli non sono assegnati. Si distribuiscono I turni di lettura AUTONOMIA: richiamano subito l’attenzione del docente di LS perchè lavorano a coppie in italiano
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Principi cooperativi utili al CLIL
Responsabilità individuale e di gruppo (Slavin 1990) Interdipendenza positiva (Johnson, Johnson,Holubec 1996) Struttura del compito (Cohen 1997) Interazione tra pari e relazione formativa nei gruppi eterogenei (Webb; Mastergeorge 2003) Cohen (Cohen, Lotan, Scarloss, Arellano:1997) studiò la frequenza delle interazioni tra pari, rilevando una correlazione positiva tra il numero delle interazioni e la qualità dell’apprendimento (le discipline oggetto di sperimentazione erano scienze, matematica e lingua scritta). Cohen (et al.:1997) evidenziò come i task che prevedono una sola procedura di soluzione (one-way task) e un’unica soluzione (closed) non favoriscono l’interazione tra pari; mentre il ‘two-way task’ (che prevede più di una procedura di soluzione) e più di una soluzione (open-ended) richiede una stretta interdipendenza tra i soggetti e un necessario input da parte da parte di tutti i componenti del gruppo. Se gli studenti vengono impegnati in task creativi di tipo ‘open-ended’, la qualità dell’interazione risulta direttamente proporzionale alla quantità di interazioni. Quando gli studenti sono messi in grado di scambiare opinioni, commentare, proporre intuizioni, producono lingua più complessa e possono giungere ad un livello di concettualizzazione molto più astratto apprendere il contenuto disciplinare e linguistico in maniera più profonda e duratura rispetto a quanto sono in grado di fare in una classe di tipo individualistico (Cohen:2002)[1] Slavin (1990) identificò nel principio dell’accountability (capacità di render conto delle proprie azioni e/o delle azioni del gruppo di cui si è parte) il principio chiave che massimizza gli apprendimenti, posto che siano presenti due condizioni: gli obiettivi devono essere condivisi e il rapporto tra responsabilità individuale e di gruppo deve essere esplicito. L’interdipendenza positiva consiste nello stabilirsi, tra gli studenti, di rapporti tali per cui nessuno riesce a portare il compito a termine da solo, se non con il successo dell’intero gruppo. UNa volta compreso questo principio, l’impegno di ogni componente è volto al successo del gruppo. Dall’osservazione di lezioni, si è anche potuto osservare che gli studenti in coppia o gruppo interpretano e modificano il tipo di task dato dal docente, variando la difficoltà dello stesso e la quantità di input e output linguistico che esso può generare (Ohta: ibidem). La costruzione di una buona relazione formativa all’interno dei gruppi eterogenei richiede una cura particolare nell’insegnamento iniziale delle abilità sociali. L’interdipendenza dei ruoli all’interno del gruppo è la chiave che ci può aiutare a distribuire la leadership tra più persone, valorizzando sia la funzione cognitiva della leadership (orientata al compito, alla produttività, ) sia la funzione sociale (orientata alla relazione e alla costruzione di un clima positivo nel gruppo). Distribuzione di ruoli e insegnamento di comportamenti orientati al compito (verbalizzare, sintetizzare, intervistare, dare informazioni, ecc..) e orientati alla relazione (incoraggiare, sostenere, aiutare a superare I conflitti…) Nei due gruppi osservati il coordinatore svolge egregiamente questi due ruoli, ma è utile che i ruoli ‘girino’ nei gruppi e che vengano individuati dall’insegnante a seconda dei bisogni del gruppo). Nei gruppi (e nelle coppie) formati da individui con competenze eterogenei l’interazione ‘help seeker’ (cioè colui che chiede aiuto) e di help giver (colui che lo da) può essere efficace (come abbiamo visto nei gruppi osservati) se lo studente che chiede aiuto è preciso nella richiesta, insiste, fino a quando non gli viene data una risposta che comprendono e, per interiorizzare e personalizzare l’apprendimento, applicare questa nuova conoscenza hic et nunc, ossia al compito di apprendimento su cui sono impegnati verbalizzando. Anche gli help givers hanno oltre alla responsabilità di dare una spiegazione precisa e dettagliata e di consentire al compagno di esercitarsi sul compito, quella di monitorare l’effettiva comprensione. Nel CLIL serve dunque la lingua per poter condurre queste attività in classe. L’insegnante CLIL è quindi chiamato a ‘modellizzare’ , ad incoraggiare a a facilitare la partecipazione di tutti gli studenti e I ruoli attivi sia di richiede sia di chi dà aiuto.
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Bibliografia essenziale
Cohen, E. G, 1997, “Equity in heterogeneous classrooms: A challenge for teachers and sociologists”, in E. G. Cohen & R. A. Lotan (Eds.), Working for equity in heterogeneous classrooms: Sociological theory in practice, pp. 3-14, New York, Teachers College Press. Halliday M.A.K., 1975, Learning how to mean, London: Edward Arnold Johnson D.W., Johnson R.T., Holubec E.J., 1988, Cooperation in the classroom, Interaction Book Co., Edina, MN Kagan S., 2000, L’apprendimento cooperativo: l’approccio strutturale, Ed. Lavoro, Roma Lantolf J. (Ed), 2000 Sociocultural Theory and Second Language Learning, New York, Oxford University Press Ohta. A.S., (2000) Rethinking Interaction in SLA: Developmentally Apprpriate Assistance in the Zone of Proximal Development and the Acquisition of L2 Grammar, in Lantolf (Ed.) Swain M., 1985, “Communicative competence: Some roles of comprehensible input and comprehensible output in its development”, in Gass S., Madden C. (eds.), Input in second language acquisition (pp ). Cambridge, MA, Newbury House Publishers Vygotskij L. S., 1990, Pensiero e Linguaggio, Laterza
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Grazie Annavaleria Guazzieri
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