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PubblicatoLeopoldo Alberti Modificato 9 anni fa
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FERRARA DIPARTIMENTO STUDI UMANISTICI VIOLENZA DOMESTICA: PERCORSI DI PROTEZIONE E CURA PER LE VITTIME IN OSPEDALE Dott.ssa Maria Franca Miola UOC Psicologia Clinica AO San Carlo Borromeo, Milano Franca.miola
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LA VIOLENZA ASSISTITA: CONSEGUENZE SULLA SALUTE DEI MINORI
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Definizione di violenza assistita intrafamiliare
* Per violenza assistita intrafamiliare si intende l’esperire da parte del bambino/bambina qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulte o minori. Il bambino può farne esperienza direttamente (quando essa avviene nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il minore è a conoscenza della violenza), e/o percependone gli effetti. Si include l’assistere alle violenze di minori su altri minori e/o su altri membri della famiglia e ad abbandoni e maltrattamenti anche a danno di animali domestici. È una forma di maltrattamento la cui rilevazione necessita del preliminare riconoscimento della violenza intrafamiliare diretta. * dal Documento sui requisiti minimi degli interventi nei casi di violenza assistita del C.I.S.M.A.I. 3 3
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Conseguenze La violenza assistita è una forma di maltrattamento che può determinare effetti a breve, medio e lungo termine e può rappresentare uno dei fattori di rischio per la trasmissione intergenerazionale della violenza. Essa aumenta il rischio di violenza diretta su bambine e bambini e può essere causa di danni fisici ai minori presenti durante gli episodi di aggressione sulla madre. 4 4
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Intervento La violenza assistita richiede che gli operatori mettano in atto interventi di prevenzione e contrasto che si articolano lungo quattro fasi operative tra loro interconnesse ricorsivamente nel tempo: La rilevazione La protezione La valutazione Il trattamento 5 5
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Rilevazione/1 La rilevazione consiste nell’individuazione dei segnali di malessere dei minori e dei rischi per la loro crescita connessi alle condotte pregiudizievoli degli adulti, distinguendo il rischio dal danno subito dagli stessi, e nella prima individuazione delle capacità protettive immediatamente disponibili in ambito familiare. E’ una fase che vede coinvolti gli operatori dei servizi sia per i minori che per gli adulti, appartenenti ai settori sociale, sanitario, educativo e giuridico. 6 6
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Rilevazione/2 È indispensabile distinguere le situazioni conflittuali (senza negare i danni che da queste possono derivare ai minori) dalle situazioni di maltrattamento ed evitare di identificare come conflitto o litigi tra coniugi situazioni dove avvengono atti e/o comportamenti maltrattanti sulla madre, anche gravi e reiterati. È necessario fin dai primi momenti tenere conto del grado di pericolosità della situazione al fine di non compiere passi che aumentino il rischio rispetto all’incolumità fisica, psichica e il pericolo di vita. 7 7 7
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Rilevazione/3 Indicatori
La valutazione del rischio dipende dalla effettiva rilevazione dell’insieme degli indicatori che possono caratterizzare i diversi casi: Indicatori relativi alla tipologia degli atti di violenza e al periodo di insorgenza; Indicatori comportamentali, psicologici, sociali, relativi allo stato di salute fisica e psichica dei minori testimoni di violenza, della madre e del maltrattante; Indicatori relativi alla presenza di fattori di rischio nel contesto familiare e sociale; Indicatori relativi ai fattori protettivi individuali, familiari e sociali e alle risorse che possono essere attivate e rafforzate ai fini della protezione del minore e sostegno del processo riparativo. 8 8
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Protezione Proteggere i minori vittime di violenza assistita e garantire il loro diritto alla salute, significa in primo luogo interrompere le violenze nei confronti della figura di riferimento che la subisce. L’interruzione della violenza va attuata attraverso la messa in atto di interventi di protezione e di vigilanza adeguati alla gravità della situazione, in termini di tempestività, efficacia e durata, interventi realizzati mediante l’attivazione di servizi, istituzioni preposte e il ricorso all’attività giudiziaria come previsto dalla legge 9 9
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Valutazione La valutazione è un percorso teso a valutare il quadro complessivo della situazione traumatica nei suoi aspetti individuali e relazionali e i processi di interazione in atto tra fattori di rischio e di protezione. Va effettuata una valutazione medica e psicologica sullo stato dei bambini e vanno rilevati eventuali altri tipi di maltrattamento da loro subiti. Nella valutazione bisogna tener conto dei meccanismi di difesa presenti in tutti i membri della famiglia, è necessario altresì effettuare una valutazione medica e psicologica (in riferimento specificatamente alle competenze genitoriali), dello stato delle madri maltrattate e attuare analoghi programmi di valutazione dei maltrattanti. 10 10
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Trattamento Il trattamento consiste in un percorso inserito nella cornice protettiva e valutativa sopra descritta, che ne costituisce non tanto una premessa, quanto il primo passo indispensabile, poiché assistere alla violenza non solo crea confusione nel mondo interiore dei bambini, ma va a minare il cuore delle relazioni primarie. Conseguentemente i bambini vittime di violenza assistita necessitano di interventi riparativi, sia a livello individuale, sia a livello delle relazioni familiari, con caratteristiche di specificità. 11 11
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Violenza assistita da maltrattamento sulle madri
La violenza sulle madri è un fenomeno diffuso e ancora sottovalutato, e costituisce la condizione di molti casi di violenza assistita subita dai minori. Essa può mettere a rischio, a partire dalle prime fasi della gravidanza, la salute psicofisica e la vita stessa sia delle madri che dei bambini. Una madre maltrattata è una madre traumatizzata e la violenza, soprattutto se cronica, può produrre sintomi assimilabili al disturbo post-traumatico da stress, che influenzano gravemente la relazione con i figli e le capacità di accudimento. 12 12
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L’assistere alla volenza domestica da parte dei bambini rappresenta un potente attivatore delle funzioni dei neuroni specchio, che si attivano sia quando si compie una azione sia quando vediamo compiere la stessa azione da un altro. Il bambino vedendo la madre che prova dolore prova lo stesso dolore, creando le precondizioni per maggiori probabilità di sviluppare anche malattie organiche. Come verrà esplicitato di seguito questo dolore prende la via del corpo.
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LA SOFFERENZA PRENDE LA VIA DEL CORPO
I dati più recenti segnalano che dal 12% al 22% dei bambini e degli adolescenti soffre di disturbi psicologici. Tali bambini si presentano nell'area delle cure pediatriche con sintomi di sofferenza somatica, riferiti praticamente a tutti gli organi. Il disturbo di somatizzazione ricorrente è risultato correlato ad elevato rischio per quanto riguarda lo stato di salute e alla presenza di problemi psicosociali, di separazione e di relazione famigliare disfunzionali ( American Psychiatric Association)
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Il percorso di cura al sintomo fisico senza causa organica prevede il lavoro integrato del pediatra e dello psicologo e permette di attuare una decodificazione precoce del disturbo, contrastando la cronicizzazione e l'evoluzione verso una patologia psichiatrica in età adulta. 15 15
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Emicrania e cefalea tensiva: l'esperienza dell'Ospedale San Carlo Borromeo di Milano
Nei disturbi da cefalea tensiva è stata rilevata la presenza di comorbilità psicologica in oltre 80% dei casi. E' stata riscontrata una correlazione positiva tra la CEFALEA SENZA CAUSA ORGANICA e la violenza assistita da MALTRATTAMENTO SULLE MADRI, in una elevata percentuale della popolazione di minori in carico presso U.O.C di Pediatria e U.O.C. di Psicologia per cefalea e disagio psicologico. E' stata rilevata una significativa differenza tra l'età dei minori vittime di violenza assistita e la relativa manifestazione dei sintomi. 16 16
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I Sintomi Bambini molto piccoli (2-6 anni) presentano con maggior frequenza episodi di tipo convulsivo e ritardo nel linguaggio Bambini e adolescenti (6-15 anni) manifestano episodi di cefalea ad andamento più costante e strutturato 17 17
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Ipotesi eziopatogenetica
Il bambino piccolo sviluppa con la madre, vittima di maltrattamento un legame di ATTACCAMENTO INSICURO: la funzione di «reverie materna» che dà luogo al processo di alfabetizzazione, cioè la trasformazione dei vissuti emotivi dolorosi del bambino in elementi dotati di significato fallisce a causa della condizione di vittima della madre, non in grado di porsi come base sicura, cioè non capace di fornire significati comprensibili e riparativi per il bambino. Quando tale condizione è continuativa può dare origine nel bambino a un vissuto TRAUMATICO MULTIPLO (Khan, M. 1963) per la reintroduzione delle emozioni negative non elaborate. Vi è una vera e propria INVERSIONE DI FLUSSO, chiamata funzione OMEGA (Bion, W; Polacco, W) che origina una specie di “INTOSSICAZIONE” nell'apparato psichico e nella “ testa” del bambino, che può esitare in disturbi di cefalea. 18 18
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Il percorso terapeutico
Prevede la possibilità: Per la madre di riacquistare la funzione di base sicura, uscendo dalla zona d'ombra in cui le donne maltrattate vivono, perseguendo possibilità alternative. Per il bambino di disintossicarsi, esprimendo con parole il dolore e compiendo un percorso di elaborazione e significazione dell'esperienza vissuta. 19 19
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MARCO E LA COLLANA
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Marco di 4 anni viene inviato dalla pediatra di base alla UOC di psicologia per gravi ritardo del linguaggio, malattie ricorrenti seguite da numerosi ricoveri ed episodi convulsivi. Il bambino mostra da subito un comportamento strano, non tollera che, in primis la mamma e poi ogni figura femminile, compresa la terapeuta, indossi qualsiasi oggetto attorno al collo ( sciarpa e collana in particolare). Alla vista della psicologa che indossava una collana,il bambino entra in uno stato di grande agitazione che la madre riferisce esitare spesso in episodi convulsivi, simil epilettici. La madre riporta che in seguito a tutti gli approfondimenti e accertamenti medici del caso non risulta affetto da patologia organica.
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Madre e padre sono separati da un paio di anni, separazione molto conflittuale e Marco, mostra grande agitazione quando sono previsti gli incontri col padre, spessissimo in concomitanza delle visite si ammala, presentando febbri persistenti, episodi di crisi asmatiche, durante il quale si abbarbica alla madre non tollerando la benchè minima separazione da lei. Il padre accusa la moglie di aver plagiato il figlio per sottrarglielo. Dopo una serie di colloqui familiari e di coppia si configura un'ipotesi diagnostica per Marco, bambino affetto da un disturbo emotivo consistente con importanti somatizzazioni, riferibile a un quadro di violenza assistita da maltrattamento sulla madre.
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Violenza agita dal marito che in più occasioni ha aggredito la moglie e in due occasioni le ha torto la collana intorno al collo. Entrambi i genitori riferivano che tutto questo avveniva in presenza di Marco, che secondo loro “troppo piccolo” per capire ciò che stava succedendo. La madre si è mostrata da subito spaventata, confusa e smarrita (data anche la giovanissima età (23 anni) e non si ritiene in grado di gestire la condizione di sofferenza emotiva del bambino.
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Il piano di trattamento ha previsto:
Per Marco: 1. cura del corpo (ricoveri e stretta collaborazione tra la pediatra di base e i pediatri del reparto). 2. Ripristino della funzione alfa della madre, cioè la capacità della donna di dare un significato e risposte alle paure del bambino e di rassicurarlo e consolarlo. Ciò ha previsto una fase di trattamento specifico di elaborazione dei ricordi traumatici con la procedura EMDR (tapping sui piedi di Marco in braccio alla madre). Per Madre e bambino: la ricostruzione della loro storia condivisa attraverso il gioco simbolico e la rappresentazione con plastici e oggetti.
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Per la Madre: 1. lavoro sulla costruzione dell'io: incoraggiamento a perseguire la procedure per il divorzio e per l'affidamento esclusivo del bambino (successivamente ottenuto) 2. il sostegno alla madre nella nuova relazione sentimentale con Francesco, che diverrà via via un punto di riferimento e un “vero papà” per Marco. Al Follow up a due anni, la coppia annuncia la nascita di un figlio, Matteo, per il quale Marco, che sta bene e frequenta la seconda elementare, ha assunto con gioia il ruolo di fratello maggiore. Marco alla conclusione del percorso ha regalato alla terapeuta una collana mettendogliela anche al collo(!).
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IL CASD CENTRO ASCOLTO SOCCORSO DONNA «MAURO BUSCAGLIA»
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Qualcuno un giorno ha detto: «Un fatto vale cento parole»
L’Azienda Ospedaliera San Carlo Borromeo di Milano fa proprio questo motto e risponde a una pluralità di bisogni sociali, costituendo il CENTRO DI ASCOLTO E SOCCORSO DONNA (già Soccorso Rosa) La struttura organizzativa è attiva dal 23 Marzo 2015.
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BREVE STORIA DEL CENTRO
Il Centro di Ascolto e Soccorso Donna nasce dalle esperienze sin qui maturate dalle Unità Organizzative Soccorso Rosa e Ascolto Salute Donne Immigrate, entrambe nate dalla volontà del Dott. Buscaglia Mauro, direttore dell’UOC di Ostetricia e Ginecologia, che in collaborazione con l’UOC di Psicologia Clinica, l’UOC di Pediatria e l’UOC di Chirurgia aveva con lungimiranza da una parte previsto le difficoltà assistenziali a cui le donne straniere andavano incontro e dall’altra la necessità di avviare una realtà ambulatoriale di presa in carico delle donne maltrattate che afferivano alla struttura ospedaliera attraverso il Pronto Soccorso, rappresentate in buona percentuale da donne straniere.
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Integrare i due servizi pur mantenendo separate le singole competenze, significa per l’Azienda esaltare le esperienze di ciascuno e finalizzarle alla mission aziendale: La tutela della salute in ogni suo aspetto; La messa a disposizione per la comunità tutta del bagaglio culturale e informativo acquisito dall’azienda; La risposta adeguata al dinamico e progressivo cambiamento nel contesto in cui si generano le domande di benessere.
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VUOL DIRE ANCHE: Garantire la legalità dei comportamenti agiti e il rispetto delle scelte istituzionali; recepire le indicazioni legislative (legge 119/203 «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere»; DPCM 24/7/2014; Intesa Stato Regioni del 27/11/2914; la legge regionale 11/2012 che prevede la presenza nella Rete Regionale antiviolenza dei servizi che si occupano di contrasto alla violenza già presenti nelle strutture di PS delle AA.OO.) Garantire nei fatti un percorso di aggregazione reale tra tuti i soggetti titolari di diritti presenti su territorio nazionale (viene eliminata la separazione fisica tra donne italiane e donne straniere, molto spesso portatrici di bisogni comuni e collaterali tra loro)
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Garantire la riqualificazione della spesa rispetto alle risorse impiegate
Garantire una vision non miope rispetto gli orientamenti scio demografici, monitorando e agendo sulla costante trasformazione della nostra realtà nazionale Garantire un osservatorio privilegiato, per tutti gli organi istituzionali interessati, attraverso una costante e puntuale reportistica statistica dei casi trattati e di quelli in essere Garantire il rispetto della mission aziendale erogando una assistenza completa e integrata sino all’accompagnamento della persona ad interloquire con altre realtà istituzionali adeguate alle necessità espresse.
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LA RETE Il CASD fa parte di una rete di servizi che comprende anche:
CADMI: Casa di accoglienza delle donne maltrattate di Milano; CeAS: centro Ambrosiano di Solidarietà; Cerchi d’acqua ONLUS; Fondazione Somaschi ONLUS; SeD: Servizio Disagio Donne Caritas Ambrosiana; SVS Donna Aiuta Donna ONLUS; SVSeD: Soccorso Violenza Sessuale e Domestica presso Clinica Mangiagalli, Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico; Telefono Donna; Forze dell’Ordine e Commissariati di Polizia La Rete Antiviolenza è coordinata dalla Direzione Politiche Sociali e Cultura della Salute del Comune di Milano
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La rete prevede di offrire alle vittime di violenza e ai loro figli un percorso individualizzato completo, che restituisca loro benessere e autonomia e che metta al centro la donna e la sua scelta consapevole di intraprendere un percorso di uscita dalla relazione violenta. L’obiettivo è quello di accompagnare le vittime in un percorso di empowerment e di riprogettazione del proprio futuro mediante la riscoperta e valorizzazione di se stesse e delle proprie risorse, il rinforzo delle proprie capacità decisionali e l’accompagnamento verso l’autonomia. Alla base di tale approccio c’è una concezione della donna, che non è oggetto passivo della violenza, ma un soggetto attivo i grado di interagire, opporsi ad essa e metterle fine.
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L’ascolto delle donne che hanno subito violenza è un primo momento di contatto, l’inizio di una relazione che potrà diventare significativa e riparativa. Spesso le donne non hanno mai raccontato a nessuno le violenze subite. L’operatrice di accoglienza saprà ascoltare quanto è successo, saprà porre le domande in modo corretto affinché la donna possa iniziare a percepire una possibilità di cambiamento e recuperare la fiducia in se stessa I presupposti di un ascolto competente sono l’empatia, la sospensione del giudizio, la condivisione con la donna dei suoi bisogni
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L’INTERVENTO INTEGRATO NELL’AREA DELLA VIOLENZA DI GENERE DEL CASD DELL’AO SAN CARLO BORROMEO DI MILANO È attivato, in caso di violenza dichiarata o anche solo presunta, da tutti gli operatori sanitari, principalmente del Pronto Soccorso, che costituisce il primo livello di protezione, ascolto e accoglienza della donna. Si fa carico della donna utilizzando metodologie atte a favorire una relazione di fiducia con la stessa così da poterne decifrare i bisogni e aspettative per poi proporre le possibili azioni successive.
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PROTOCOLLO «VIOLENZA DI GENERE: LINEE DI INTERVENTO A TUTELA DELLA DONNA E DEI MINORI CHE HANNO SUBITO VIOLENZA Scopo: definire il processo di presa in carico e di attivazione della rete territoriale di supporto della donna e dei minori che hanno subito violenza. Ambito di applicazione: la procedura si applica a tutte le donne e i minori che accolti al Pronto Soccorso dichiarano una subita violenza o che attraverso la clinica evidenziano di aver subito una possibile violenza Contatto con l’AO San Carlo Borromeo: il primo contatto avviene di norma attraverso il PS. Qualora nel corso di una qualsiasi attività sanitaria (ambulatoriale o di diagnostica) si venga a conoscenza di paziente maltrattata o presunta tale, la stessa, se consenziente, deve essere accompagnata al PS al fine della presa in cura e avvio dell’iter di tutela
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MODALITÀ OPERATIVE Accoglimento al Triage: la paziente che giunta al PS dichiara di essere stata maltrattata o che attraverso la raccolta anamnestica di triage si presume abbia subito un maltrattamento, viene classificata codice giallo e accompagnata in sala dedicata. L’infermiere registra su apposito registro la segnalazione di dichiarazione di subita violenza o che dal dato clinico si sospetti una possibile violenza.
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Colloquio/visita medica: il medico visitante esegue una anamnesi approfondita compilando anche, oltre al verbale di PS, la scheda anamnestica; Successivamente attiva, con il consenso della donna, il CASD attraverso contatto diretto e con presa in carico immediata del caso da parte del medesimo, o se non attivo (per esempio nelle ore notturne o nei fine settimana), lo allerta attraverso inoltro fax o segnalazione messaggistica/mail per una presa in carico differita. E’ prevista comunque per le vittime, se necessario, la possibilità di un immediato ricovero di protezione osservazione presso i reparti del dipartimento materno infantile
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Ha i seguenti obiettivi:
LA SCHEDA ANAMNESTICA DEL PRONTO SOCCORSO Ha i seguenti obiettivi: Supportare e orientare meglio la donna; Raccogliere informazioni più complete sia al fine statistico che da inviare eventualmente alle Forze dell’Ordine quale informativa dell’evento; Raccogliere materiale utile alle indagini con valenza in ambito processuale; Dare la possibilità alla donna di verbalizzare la violenza e di prendere coscienza, così da riconoscerla come tale e, nel contempo, sentirsi accolta e ascoltata; Valutare in maniera collegiale il rischio personale della donna
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Inoltre serve per: Conoscere se la paziente è sola o accompagnata specificando chi l’accompagna; Conoscere l’identità dell’aggressore specificando il tipo di relazione con la donna (fidanzato, convivente, marito, ex…) Conoscere la dinamica dell’evento riportano puntuale descrizione delle lesioni; Conoscere la ricorrenza dell’evento (se è la prima volta o ci sono già stati episodi passati); Conoscere la tipologia di violenza subita (psicologica, fisica, sessuale, stalking…); Conoscere l’eventuale presenza di testimoni (vicini, parenti, amici, minori …) Conoscere se la violenza è stata commessa anche su altri, in particolare sui minori;
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Conoscere le eventuali lesioni riportate o inflitte ai minori coinvolti;
Conoscere se ci sono state minacce di morte ; Conoscere se ci sono armi in casa; Conoscere la composizione del nucleo familiare; Conoscere se la donna ha già presentato richieste di aiuto a qualcuno e in particolare se si è rivolta già a qualche servizio/ente del territorio; Conoscere se l’aggressore ha attuato anche altri comportamenti violenti anche in altre occasioni (rotture di cose, lancio di oggetti, risse, ferimenti di altre persone…)
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LA SCHEDA DI PRESA IN CARICO DEL CASD
E’ utilizzata dagli operatori del CASD durante l’accesso della donna. Ha i seguenti obiettivi: Supportare e orientare meglio la donna nelle sue decisioni sia dal punto di vista sociale che psicologico; Valutare il rischio personale della donna; Informare dei servizi presenti nel territorio e delle possibili soluzioni; Raccordarsi con tutti gli operatori della rete per una progettazione comune del percorso di cura
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GRUPPO MULTIDISCIPLINARE DELL’UOS C.A.S.D. - AREA VIOLENZA DI GENERE
L’Equipe dedicata all’attività di gestione dei casi è multidisciplinare e comprende: Psicologi Assistente Sociale Infermiere (con funzioni di addetta all’accoglienza) Medico Chirurgo - Referente Chirurgo del Pronto Soccorso Medico Ginecologo - Referente U.O.C. di Ginecologia Medico Pediatra - Referente U.O.C Pediatria Mediatore Culturale (se necessario)
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ENRICA, GABRIELE E IL NONNO MARIO
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Enrica è una ragazza di 22 anni
Enrica è una ragazza di 22 anni. In un giorno di fine estate si presenta presso l’Ufficio di Polizia per proporre una denuncia nei confronti del suo compagno. I genitori di Enrica sono divorziati da circa 10 anni; il padre, militare, vive presso la caserma in cui presta servizio, mentre la madre abita presso l’abitazione fornita in uso ai familiari insieme a Erica, la sorella maggiore, il fratello minore (15 anni) e la sorella minore (10 anni). Dopo la nascita dell’ultima sorella la madre di Erica ha sofferto di depressione post partum e il padre ha iniziato a dormire in caserma anziché in casa; per questo lei si è trovata, all’età di 12 anni, a dover gestire la madre e i propri fratelli e sorelle.
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All’età di circa 16 anni Erica ha sofferto per un certo periodo di un disturbo dell’umore, per il quale è stata curata con antidepressivo e seguita presso la UONPIA. Enrica riporta un vissuto di forte solitudine affettiva. Racconta di aver conosciuto il compagno nel 2009 e di aver iniziato dopo poco una relazione con lui, relazione in cui Enrica ha potuto sperimentare per la prima volta la sensazione di essere importante per qualcuno. Ha smesso di frequentare la scuola superiore, dove otteneva comunque buoni risultati, e il compagno non le ha più permesso di tornarci.
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Enrica è poi rimasta incinta e nel 2011 è nato il loro figlio Gabriele.
Già durante la gravidanza la ragazza aveva subito violenze sia fisiche che psicologiche da parte del compagno, violenze che non aveva mai denunciato per paura di essere uccisa e subire ritorsioni anche nei confronti della sua famiglia di origine. I timori di Enrica erano accresciuti dal fatto che il compagno faceva uso abituale di stupefacenti e appartiene ad una famiglia di malfattori (il padre è in carcere).
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Dopo la nascita del figlio Enrica, pur contro la sua volontà, si era trasferita a casa del compagno, costretta da lui per poter usufruire di sussidi statali previsti per le coppie di genitori conviventi e senza occupazione e per non essere sfrattato dal suo appartamento. Con la convivenza gli episodi di violenza erano diventati costanti, e scaturivano da futili pretesti. Gli agiti violenti erano spesso accompagnati da minacce di morte e insulti ei il tutto avveniva spesso in presenza del figlio.
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L’ultimo atto di violenza su Enrica alla presenza del figlio agito dal compagno, che da sempre esercita un controllo totale su di lei, fino a limitarne la libertà per ogni azione della vita quotidiana, è esitato finalmente in un percorso di fuoriuscita di Erica dalla “zona d’ombra” del tunnel della violenza subita. Enrica con l’aiuto del padre Mario, è giunta al PS dell’Ospedale San Carlo Borromeo, dove ha ricevuto le cure mediche immediate per i danni fisici subiti, è stata in grado per la prima volta di sporgere denuncia in una condizione di sicurezza e di aderire quindi ad un progetto individualizzato e integrato di uscita dalla relazione violenta, finalmente come soggetto attivo in grado di interagire, opporsi alla violenza e mettervi fine.
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Durante il percorso di sostegno e valutazione psicologica con la ragazza, che presentava disturbi e sintomi ascrivibili ad una sindrome post- traumatica, che affondava le radici in una storia infantile dolorosa e segnata da un legame di attaccamento insicuro, è emerso come Enrica, all’interno di una complessa dinamica familiare, sia stata precocemente adultizzata e privata di una base sicura. Tutto ciò pare aver costituito le precondizioni del processo di rivittimizzazione nella relazione con l’ex compagno.
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In questo momento Enrica e Gabriele stanno sperimentando un percorso di elaborazione del trauma subito da entrambi, grazie anche al supporto del nonno Mario, che via via è diventato per il bambino una figura di riferimento maschile positiva, ed alla collaborazione sinergica dei servizi della rete, che ha compreso anche l’assistenza legale per Enrica. Il bambino ha ora la possibilità di dare voce alla sua sofferenza e di avere una madre sempre più capace, competente e protettiva.
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Considerazioni conclusive: “Prevenire è meglio che curare”
La violenza assistita è un fenomeno ancora poco riconosciuto ed è quindi necessario attivare programmi di sensibilizzazione per la popolazione e percorsi formativi specifici per gli operatori educativi e socio-sanitari. 55 55
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Programmi di sensibilizzazione per contrastare:
La sottovalutazione della diffusione di atti violenti all’interno della famiglia; La sottovalutazione del rischio di escalation; La sottovalutazione del danno sulle competenze genitoriali e quindi sulla relazione genitori- figli; La scarsa conoscenza del fenomeno e dei relativi indicatori; I meccanismi di negazione, minimizzazione, razionalizzazione e soprattutto di stigmatizzazione delle vittime di violenza assistita. 56 56
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Programmi di formazione specifici su:
Riconoscimento della violenza assistita come forma di maltrattamento; La violenza di genere come fattore di rischio di maltrattamento sui figli; Gli interventi riparativi da attivare precocemente; Riconoscimento degli effetti iatrogeni che possono derivare dall'attuazione di interventi scorretti e non coordinati. 57 57
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Il volo
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Il volo a colori
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E una volta che l’avremo trovato lo ameremo e cureremo teneramente.
Risaliamo indietro. Attraverso le sedimentazioni della paura, della vergogna, della rabbia, delle ferite, degli incantesimi negativi. Finchè non scopriremo l’esuberante, spensierato, delizioso amoroso bambino che era ed è ancora in noi E una volta che l’avremo trovato lo ameremo e cureremo teneramente. Non lo lasceremo più andare via. Melody Beattle Poetessa inglese
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GRAZIE PER L’ATTENZIONE!
Note bibliografiche Bastianoni e altri (2010) Il colloquio psicologico, Ed. Carocci Bastianoni e altri (2008) Scenari famigliari in trasformazione, Ed. Aracne Bastianoni, P., Pedrocco Biancardi T. «I diritti dei minori. Percorsi di tutela e protezione. Ed Spiaggiari. Bastianoni-Frugeri (2005) Processi di sviluppo e relazioni famigliari, Ed. Unicopli Bowlby J (1988), Una base sicura, Ed. Cortina, Milano. CISMAI (2005), Requisiti minimi degli interventi nei casi di violenza assistita da maltrattamento sulle madri A A ,(2003), Prevenzione del disagio L'approcio integrato medico psicologico “Prima che accada. “, Atti del Convegno,Ospedale San Carlo Borromeo, Milano. A A ,(2005), Disturbi alimentari in età evolutiva: integrazione tra pediatria e psicologia Atti del Convegno,Ospedale San Carlo Borromeo,Milano A A (2004), Progetto Sintonie Per una banca dei valori de tempo familiare, Regione Lombardia, Ospedale San Carlo Borromeo, Milano Malacrea M (1998) Trauma e riparazione, Ed. Cortina Vite in bilico. Indagine retrospettiva su maltrattamenti e abusi in età infantile. Quaderno 40 Romito, P. (2011)La violenza di genere su donne e minori. Un’introduzione Franco Angeli Editore
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