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PubblicatoRomano Coppola Modificato 9 anni fa
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Lettera 96
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Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce
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Carissimo padre e figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondato in vero e perfettissimo amore, acciò che siate vestito del vestimento nuziale della perfetta carità.
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Senza il quale vestimento non possiamo entrare a nozze della vita durabile, alle quali siamo invitati; ma saremo scacciati, e sbanditi di vita eterna con grandissima vergogna. Oh quanta confusione sarà a quell'anima, che nell'ultima estremità della morte, quand'ella è per entrare alle nozze della patria sua, ella per sua colpa se ne trovi privata e sbandita, trovandosi terminata la vita sua senza questo dolce e grazioso vestimento.
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Confusione trova nel cospetto di Dio, nell'aspetto degli angeli e degli uomini, e nella coscienza sua, la quale è un verme che sempre rode, e nella visione delle dimonia, delle quali ella si fece serva, servendo loro, al mondo e alla propria sensualità. E il merito che ella ne riceve, si è confusione e rimprovero, con molto supplizio e tormento. Riceve da loro quello che hanno in sé. Questo gli avviene, perch'ella va al convito senza vestimento nuziale.
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Chi ne l'ha privato? L'amore proprio di sé medesimo. Perché colui ch'ama sé di proprio amore sensitivo, non può amare Dio né sé d'amore ragionevole; perché l'uno amore è contrario all'altro, in tanto che nessuna conformità hanno insieme. O carissimo padre, guardate quanto essi sono differenti; e quanto è pericoloso e penoso l'amore sensitivo, e quanto è dolce il divino amore!
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La differenza è questa: che colui ch'ha posto l'affetto suo nel mondo, ama e cerca tutte quelle cose nelle quali si possa dilettare sensitivamente. Egli cerca onori, stati e ricchezze del mondo: dove il servo di Dio li fugge come veleno, perché n'ha levato l'affetto e l'amore, e trattone il cuor suo, e postolo solamente nel suo Creatore, reputandosi a gloria d'essere privato dei suoi stati e ricchezze, diletti e piaceri, e ricevere grandi persecuzioni e rimprovero dal mondo e dai suoi seguaci.
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Ogni cosa porta con vera e santa pazienza perché tutto ha conculcato coi piedi dell'affetto suo. Fatto è signore del mondo, perché pienamente l'ha lasciato, non a mezzo, ma in tutto; e se non attualmente, almeno col santo e vero desiderio; apprezzando il mondo per quello che vale, e non per più, e spregiando la propria fragilità, tenendola per serva sottoposta alla donna della ragione.
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Dove l'amatore di sé medesimo si fa Dio del mondo, dei suoi piaceri, e di sé: cioè, che quel tempo che egli deve spendere in servire il suo Creatore, egli lo spende in opere vane e transitorie, e nel corpo suo fragile che oggi è, domani non è, però ch'egli è cibo dei vermi e cibo di morte, ed è un sacco pieno di sterco.
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Egli ama la superbia, e Dio l'umiltà; egli è impaziente, e Dio vuole la pazienza; egli ha il cuore stretto, che non vi cape Dio né il prossimo per amore, Dio è largo e liberale.
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E però i servi di Dio seguitatori della divina Carità, che in verità vanno per la dottrina di Cristo crocifisso, si dispongono a dare la vita per l'onore di Dio e in salute del prossimo e il misero uomo servo del mondo lo rode coi denti dell'invidia e dell'odio, e con ira e dispiacere divora le carni sue con appetito di vendetta; Questi si diletta nel loto dell'immundizia; e il servo di Dio nell'odore della purità e continenza.
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Eziandio stando allo stato legittimo del matrimonio, egli s'ingegna, per amore della virtù, di sentire e gustare l'odore della continenza. In tutte quante le cose troviamo ch'egli è contrario l'uno all'altro; e però non possono stare insieme, ma l'uno caccia l'altro.
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Onde vediamo che quando l'uomo si volta a conoscere la miseria sua, e la poca fermezza e stabilità del mondo e la sua incostanza, subito l'odia, e con l'odio caccia l'amore.
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E perché senza l'amore non può l'anima vivere, subito ama quello che col lume dell'intelletto ha veduto e conosciuto nell'affetto della divina Carità, trovando in sé la gran bontà di Dio, la fermezza e stabilità che riceve da lui, vedendosi ricreato a Grazia nel sangue dell'umile e immacolato Agnello, che per amore ha lavata la faccia dell'anima sua col proprio sangue.
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Onde, vedendosi tanto amare, non può fare che non ami. E però ci è molto necessario il lume per conoscere l'amore che Dio ci ha, e le grazie e doni che riceviamo continuamente da lui. Questo amore fa l'uomo grato e conoscente a Dio e al prossimo suo; siccome l'amore proprio lo fa ingrato e sconoscente, perché attribuisce al suo proprio sapere quello ch'egli ha.
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E chi mostra che egli è così? La ingratitudine sua: la quale ingratitudine si mostra per le colpe che tutto dì egli commette; come la gratitudine dimostra che l'anima retribuisce solo a Dio ciò ch'ella ha, eccetto il peccato, che non è: e la virtù dimostra la gratitudine. Bene è dunque vero che in ogni cosa sono differenti.
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Dico che il servo del mondo, amatore di sé, porta grandissime e intollerabili fatiche; perché, come dice sant’Agostino, il Signore ha permesso che l'uomo il quale disordinatamente ama, sia incomportabile a sé medesimo. Questi porta la croce del dimonio; perché, s'egli acquista diletti, egli li acquista con pena; e avendoli, li tiene con fatica, per timore di non perderli; e se egli li perde, ne è crucciato con grandissima impazienza; e se non li può avere, ha pena, perché li vorrebbe.
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Tanto è cieco che perde la libertà sua, facendosi servo e schiavo del peccato, e del mondo con le sue delizie, e della propria fragilità. Queste sono pene generali agli amatori del mondo: ma quante sono le particolari, tutto dì lo vediamo, le fatiche che portano gli uomini in servizio del dimonio. Oimè! Per acquistare l'inferno, essi non curano la morte corporale, né rifiutano veruna fatica.
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E io (misera me!) per avere Dio, e per acquistare Dio, non sostenni mai una piccola cosa. L'ombra mia mi ha fatto paura. Veramente io confesso che i figliuoli delle tenebre fanno vergogna e confusione ai figliuoli della luce, perché vanno con più sollecitudine ed esercizio, e con maggiore fatica all'inferno, che i figliuoli della luce a vita eterna.
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Sicché la fatica è grande, e l'amaritudine è molta, che dà questo perverso e miserabile amore. Ma il vero e perfettissimo amore è di tanto diletto, dolcezza e soavità, che nessuna amaritudine gli può togliere la dolcezza sua; né l'amaritudine lo può conturbare; ma molto più fortifica la mente, perché accosta più l'anima al suo Creatore; e in lui gusta la dolcezza della sua carità, tenendo con fede viva, che ciò che Dio gli dà e permette, lo fa per suo bene e per sua santificazione.
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Chi gliel'ha mostrato? Il sangue di Cristo, nel quale vide col lume della fede; che se egli avesse voluto altro che il nostro bene, non ci avrebbe Dio dato siffatto ricompratore, quanto fu il Verbo del suo Figliuolo, e il Figliuolo non avrebbe data la vita la quale diede con tanto fuoco d'amore, fabbricando le nostre iniquità sopra il corpo suo.
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Egli riempie l'anima di fortezza e di lunga perseveranza; non volgendo il capo addietro a mirare l'arato. Egli non si scandalizza né in sé né nel prossimo suo; ma con benevolenza e carità fraterna porta e sopporta i suoi difetti. Non ha pena per privazione di stato: né, se egli l'ha la possiede con pena; e se egli non l'ha, non la cerca, né ha fatica per averlo; perché l'affetto suo è ordinato e drizzato secondo la volontà di Dio, nella quale ha uccisa la volontà sua propria, la quale volontà è quella cosa che ci dà pena e fatica.
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Questo amore lo taglia dal mondo, e lo unisce in Dio per affetto d'amore; ordina la memoria a ritenere i benefici suoi, illumina l'occhio dell'intelletto in conoscere la verità nella dottrina di Cristo crocifisso, e drizza l'affetto ad amarlo con tutto il cuore con ansietato e grande desiderio: Ordina ancora gl'istrumenti del corpo, cioè che tutti i suoi esercizi corporali e spirituali sono drizzati in onore di Dio e in amore della virtù.
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Allora si trova in verità avere risposto a Dio, che l'ha invitata alle nozze di vita eterna dal principio della sua creazione fino all'ultimo. Questa, come grata, s'ha messo il vestimento nuziale dell'affetto della Carità, perché s'è spogliata dell'amore sensitivo, odiandolo; e ama Dio e sé in amore ragionevole. E così si trova vestita di Carità; che in altro modo non poteva giungere al termine suo.
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Onde, considerando me, che altra via non ci è, dissi che io desideravo di vedervi fondato in vero e perfettissimo amore. E così voglio che facciate in questo punto del tempo che Dio ci ha serbato per misericordia; che ora di nuovo cominciate a spogliarvi di voi e vestirvi di Cristo crocifisso. Lasciate oggimai i morti seppellire i morti, e voi seguite lui con ogni verità.
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Lasciate oggimai gli affanni del mondo; lasciate la sollecitudine in cui ella deve essere, e voi furate il tempo nei santi esercizi con le vere e reali virtù: e non aspettate il tempo; però che non siamo sicuri di averlo. Amate, amate; che ineffabilmente siete amato. Pigliate diletto e spasso con i servi di Dio, avendo la loro conversazione.
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Confessatevi molto spesso (bench'io non credo che bisogni dire); e la Comunione ricevete per tutte le pasque solenni, acciò che più perfettamente possiate acquistare questo dolce vestimento. E studiate che la famiglia s'allevi col timore santo di Dio. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.
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