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PubblicatoGaetano Conti Modificato 9 anni fa
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Creato da Zhang Yumin 2A
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Era venerdì sera, pioveva. I miei erano usciti a cena con i loro colleghi e mi avevano lasciata a casa da sola. Mi misi sul divano con una coperta a vedere dei film horror e,all’improvviso, qualcuno bussò alla porta. Un intenso temporale impediva di distinguere con chiarezza le figure e i suoni sotto i colpi dei tuoni, eppure ero sicura di aver udito tre colpi dalla porta dell’ingresso. Stanca e indebolita dalla dura giornata di scuola, feci finta di non avere sentito nulla e continuai a guardare il film. Pochi secondi dopo i colpi alla porta tornarono a farsi sentire, più forti di prima. Guardai per un attimo la sveglia: erano le 23:30. "Chi diavolo può mai essere a quest'ora della notte?" pensai. Quindi decisi di alzarmi e vedere chi fosse, maledicendo chiunque avesse bussato. Indossai la vestaglia e le pantofole. Mentre mi dirigevo verso la porta, mi vennero in mente alcuni fatti di cronaca. Negli ultimi mesi, in questo stesso quartiere, si erano registrati furti e danneggiamenti di proprietà nelle ore notturne. Questo pensiero mi mise in agitazione, vista l'ora tarda, ma cercai di non farmi prendere da una paura insensata.
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La mia mano, avvicinandosi alla maniglia della porta d’ingresso, tremava. Aprii con uno scatto deciso la porta. "P-Per favore...". L'uomo di fronte a me barcollava. Era probabilmente un vagabondo e i vestiti che indossava, stracci completamente bagnati dalla pioggia e rotti in più punti, ne erano la conferma. Sembrava non mangiasse da giorni, il suo viso era scavato, i suoi occhi erano stanchi e vitrei, pareva quasi svuotato della sua essenza vitale. "Per favore... mi aiuti..." furono le sue ultime parole, prima di cadere a terra. Non riusciva a reggersi in piedi, le forze lo avevano abbandonato. Lo sollevai di peso e, sorreggendolo per un fianco, lo stesi sul mio divano. "È vecchio e malato. Non ho nulla da temere da quest'uomo" dissi tra me e me, ripensando ai turbamenti che mi avevano messo in agitazione pochi istanti prima. Era solo un uomo infreddolito in cerca di un riparo, l'ultimo dei modi in cui descriverei un delinquente.
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Lo coprii con una coperta e andai in cucina a preparare qualcosa di caldo. Purtroppo, non avevo nulla che potesse farlo stare meglio, ma sicuramente una tisana lo avrebbe aiutato a riprendersi dal freddo. L'acqua che bolliva era il segnale che la bevanda era ormai pronta. Presi alcuni biscotti e li appoggiai su un piattino preso dalla dispensa. Tornai in salotto e porsi all'uomo il vassoio con la tisana. "Tieni, è caldo almeno ti riscalderai". L'uomo non si mosse. Sembrava come se la sua mente fosse da tutt'altra parte o fosse spenta. Le sue mani tremavano ancora, ma tutt'ora non saprei dire se per paura di qualcosa o per il freddo. Provai a rendere meno rigida l'atmosfera, ma non vi fu nessuna risposta. I secondi sembravano infiniti e il silenzio che avvolgeva quel salotto non rese più agevole la situazione. Il mio cuore batteva sempre più forte, potevo sentire i battiti che oscuravano i miei pensieri.
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"Si nascondono nella pioggia..." sussurrò il vagabondo. Una strana espressione appariva sul suo volto, quasi di sconforto e rassegnazione. I suoi occhi celavano una luce di follia, ma non sembrava un pazzo. Cercavo di apparire tranquilla, ma quella situazione stava prendendo una strana piega. Ci mancava solo questo vecchio per mettermi ancora più in agitazione. Davanti a me l'uomo sembrava sul punto di delirare. "Non c'è scampo... ormai non possiamo fare più nulla". Iniziai a essere seriamente preoccupata per la stabilità mentale di quell‘uomo e pensai fosse arrivato il momento di chiamare l’ambulanza. Loro sapevano sicuramente meglio di me come comportarsi. Mentre mi alzavo dal divano udii l'uomo proferire ancora qualche parola: "La nostra fine è vicina. Guarda cosa mi hanno fatto!". Alzò flebilmente la testa e mi fissò negli occhi per qualche istante. Mi sentii debole, fragile, triste; i miei occhi quasi si gonfiarono per le lacrime. Era come se tutte le emozioni brutte di questo mondo si fossero condensate dentro di me, tutte di colpo, e mi avessero pervaso la mente.
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Accelerai il passo, presi il telefono e composi il 118. Mi rispose una calda voce maschile. "Salve 118, come posso esserle utile?". La voce amichevole mi tranquillizzò, ma ero ancora un po' scossa. "Sì, salve. In casa mia c'è un uomo visibilmente affaticato. Ha il volto scavato, è molto magro e probabilmente ha la febbre alta. Ha iniziato a dire strane frasi, penso stia delirando". "Mi può dire il suo indirizzo?" rispose l'addetto al pronto soccorso. Non potevo rispondere. Un enorme oggetto metallico mi aveva perforato lo stomaco,faticavo a respirare. Mi voltai di scatto alla mia destra. Un'abominevole creatura alta circa due metri si stagliava di fronte a me. Aveva la pelle verde e a scaglie marroni, due orecchie appena accennate e le braccia erano due grosse sciabole affilate. I lembi degli abiti sul suo corpo erano gli stessi che avevo visto addosso al vagabondo pochi istanti prima.
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Fui assalita dal terrore. Non potevo credere che una cosa del genere stesse accadendo realmente. Sapevo che nessuno mi avrebbe mai udita, ma tentai invano di chiedere aiuto. Non feci neanche in tempo a proferire parola che sentii i denti aguzzi della bestia perforarmi il cranio e il sapore caldo del sangue nella bocca. Mi svegliai. Ero sul divano, con una coperta in un lago di sudore. Di getto mi toccai lo stomaco, ma non c'era nessuna ferita. Nella mia bocca solo saliva, niente sangue. "Soltanto un maledetto incubo" pensai. Guardai la sveglia, segnava le 23:30. Qualcuno bussò alla porta.
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Tutti i diritti e guadagni vanno a Zhang Yumin AND ENJOY
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