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Le assemblee popolari Comitia curiata
Assemblea dei discendenti delle antiche gentes patrizie ordinate in 30 curiae. Da una certa epoca in poi i membri delle comunità gentilizie primitive presero a riunirsi per motivi religiosi, guerreschi e poi amministrativi, in gruppi più o meno ristretti, le curiae (co-viriae). E' da escludere un intervento attivo del "popolo" riunito nei comitia curiata per manifestare la sua approvazione nella scelta del re (suffragium), o, secondo alcuni, per giurargli in tale sede fedeltà votando una lex de imperio. Si tratta di anticipazioni causate dall'ignoranza di quanto poteva avvenire nei tempi più antichi. Vediamo i c.c. agire sin dalla prima repubblica, certo in età post liciniana (a. 367), per il compimento di pochi e determinati atti solenni, tutti di tipo arcaico e con forte valenza sacrale.
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Convocati dai magistrati maggiori o dal pontefice massimo (comitia calata ) in essi si procedeva alla: adrogatio, l'assunzione di un pater e della sua famiglia nella podestà di un altro pater con la conseguente cessazione dell'autonomia della famiglia del primo e l'estinzione dei suoi sacra; gentis enuptio, trasferimento di un filius o di una filia da una familia all'altra per scopi matrimoniali; inauguratio del pontifex maximus e dei flamini maggiori (Dialis, Martialis, Quirinalis); pronuncia della lex de imperio con cui si confermava l'imperium conferito ai magistrati maggiori eletti nei comitia centuriata.
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I c.c. si riunivano intra pomerium, nel comitium o davanti alla sede del collegio pontificale sul Campidoglio, 2 volte l'anno, in giorni fissi, il 24 marzo e il 24 maggio, contraddistinti nel calendario dalla formula "Quando rex comitiavit fas". Prima della riunione si prendevano gli auspici e, se fausti, si procedeva alla convocazione vera e propria (trinundinum). Ogni curia era presieduta da un curio e tutte da un curio maximus. Si votava individualmente (viritim) nell'ambito di ogni curia; tutte le curie votavano contemporaneamente. Il voto era determinato per ogni curia dalla maggioranza nel suo ambito: si sommavano non i voti individuali, ma quelli delle curie (il voto era annunciato da un littore nell'ambito di ciascuna curia). I c.c. vennero esautorati nelle loro funzioni a poco a poco dai comitia centuriata e già agli inizi del II sec. a.C. si riunivano solo i littori in rappresentanza delle rispettive curie.
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Comitia centuriata I più importanti tra i c. repubblicani, derivati dalla trasformazione in forme politiche dell'antica assemblea del popolo riunito nell'esercito centuriato. Lo schema a noi noto attraverso Livio e Dionigi subì delle modifiche fra il 241 e il 225 a.C. E' il sistema timocratico di partecipazione al voto da parte dei cives nell'assemblea cittadina. La riforma è attribuita a Servio Tullio: i cives distribuiti esclusivamente in base alla ricchezza immobiliare in classi. Ma la riforma fu invece attuata in momenti plurimi e cronologicamente distinti, nata per gli ordinamenti militari e poi trasformatasi in un ordinamento nuovo dello Stato-città. Le centurie erano prima unità organiche dell' esercito, poi unità di voto nelle assemblee.
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Livio parla già per l'età serviana di un sistema basato su 5 classi di censo e 193 centurie, ordinamento complesso, attuatosi progressivamente e rimasto in tali forme fino al III secolo. Fanteria. I classe assi 80 centurie (seniores e iuniores) aggregate 2 centurie di fabri addetti alle macchine da guerra II classe assi centurie (iuniores e seniores) III classe assi 20 centurie IV classe assi 20 centurie (con asta, giavellotto) V classe assi 30 centurie (con fionde e pietre) aggregate 2 centurie di suonatori di corno e tuba capite censi 1 centuria, immuni da compiti militari Cavalleria: 12 centurie di cavalieri tra i primores 6 centurie con gli stessi nomi dati da Romolo, Titii, Ramnes, Luceres primi et secundi
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Nel corso del V secolo si sono attuate trasformazioni, conclusesi con la struttura manipolare dell'esercito. La struttura indicata da Livio, Polibio e Dionigi si colloca tra il 269 e il 217 a.C. In precedenza la ripartizione nelle classi doveva avvenire ad arbitrio del magistrato. Valore politico della riforma: Livio (I 43,9): tutti gli oneri e tutti gli onori furono trasferiti dai poveri agli abbienti. Quando l'assemblea si trasformò dall'insieme dei cittadini alle armi in istituzione politica? Le prime determinazioni politiche votate sono le leges de bello indicendo (la prima sicura nel 427 contro Veio) e le leges de potestate censoria (la censura ebbe inizio forse nel 443). Competenze dell’assemblea: * Elezione dei magistrati * Approvazione o meno delle leggi (attività legislativa) *Attività giudiziaria (provocatio ad populum)
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Venivano convocati da parte di magistrati cum imperio, ovvero consoli, dittatori, pretori; se mancavano consoli e dittatori erano covocati dall'interrex, ma solo per la funzione legislativa. Editto di convocazione: data, luogo, ordine del giorno … Se si dovevano approvare proposte di legge (rogationes) se ne pubblicava contemporaneamente il testo (promulgatio) con annuncio verbale, ed esposizone su tavolette albate. Doveva trascorrere il trinundinum (16 o 24 giorni) prima della riunione. Dal 336 la rogatio del magistrato doveva essere munita dell'approvazione del senato. Il popolo poteva solo approvare o respingere, non portare emendamenti. Il magistrato convocante era il solo a poter proporre, ottenuta l'approvazione del senato, le candidature dei magistrati. Anche quando si affermò il principio che ogni cittadino potesse avanzare la propria candidatura, il nome era proposto all'assemblea dal magistrato. Egli poteva anche rifiutare il voto favorevole per candidati sgraditi, interrompere le votazioni, farle ripetere, non procedere alla proclamazione (renuntiatio).
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Durante il trinundinum si tenevano contiones, durante le quali qualsiasi magistrato pronunciava discorsi o appelli a favore o contro una proposta di legge (suasiones/dissuasiones) e il magistrato rogante poteva tener conto di tali suggerimenti. Ma se decideva di mutare il testo della legge, doveva procedere da capo. La notte precedente l'assemblea, tenuta sempre in un dies comitialis, il magistrato si recava nel templum, precedentemente delimitato e inaugurato, a prendere gli auspicia. Se favorevoli, un accensus (praeco) per suo incarico ne dava l'annuncio, facendo il giro delle mura e chiamando a raccolta il popolo extra pomerium (in armi), di solito nel campo Marzio. L'ordine veniva ripetuto con il suono di una tuba (tromba di guerra) e si presidiava il Gianicolo, issando su di esso e sul Campidoglio un vessillo rosso, al cui ammainare la sera si sospendeva il comizio.
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Il magistrato, celebrato un sacrificio e pronunciata una preghiera, faceva ripetere da un banditore la sua proposta. I cives per centuria entravano nei septa, realizzati in numero inferiore rispetto alle centurie, che non votavano contemporaneamente: votavano prima i cavalieri, poi la I classe e le 2 centurie dei fabri poi la II classe ... I cives votavano singolarmente, uscendo dai septa attraverso stretti passaggi (pontes), su cui erano gli scrutatori (rogatores) ed esprimevano il loro voto (uti rogas /antiquior per l’approvazione delle leggi) ( condemno/absolvo nei c. giudiziari) oralmente Denario di L. Cassius Longinus, triumviro monetale del 63 a.C. Votante a sinistra, mentre depone nell’urna la tavoletta con l’iniziale di V[TI ROGAS], ovvero il voto favorevole ad una proposta di legge; sulla destra LONGIN.III.V(ir)
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Denario di Q. Cassius, triumviro del 55 a.C.
con raffigurazione del tempio di Vesta, sedia curule, urna e tavoletta con iniziali di a(bsolvo) /c(ondemno) Dalla fine del II sec. si introdusse l'obbligo della votazione segreta: si deponeva in urne (cistae) poste accanto agli scrutatori sui pontes una tessera preventivamente distribuita con le scritte opportune (anche non liquet per l'astensione) o annotate con i nomi .dei candidati.
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Denario di P. Licinius Nerva , triumviro monetale nel 113/112 a. C.
Scena di voto: un votante a sinistra del pons riceve una tavoletta da un attendente e un altro votante sulla destra depone la sua tavoletta nella cista
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Al termine delle operazioni di voto di una centuria il rogator procedeva al conteggio, alla diribitio dei voti espressi viritim e quindi alla ricognizione del voto unitario della centuria. Lo comunicava al praeco, che su invito del presidente lo proclamava. Intanto le altre centurie votavano, anche influenzate dalle precedenti. Quando si raggiungeva una maggioranza dei voti unitari dell'assemblea, le operazioni erano interrotte e il magistrato, tramite il praeco, procedeva alla renuntiatio del risultato. Come è evidente tutto veniva deciso dalle prime 98 centurie di locupletiores, che avevano da sole la maggioranza nell' assemblea, ed in particolare dai seniores nel loro ambito.
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Concilia plebis tributa
A Servio Tullio viene attribuita la ripartizione del territorio cittadino in 4 regioni o circoscrizioni dette tribù, per il reclutamento degli armati e l'imposizione delle tasse. Alle prime 4, Suburana, Esquilina, Collina, Palatina, si aggiunsero progressivamente altre tribù rustiche comprendenti il territorio extraurbano, prima l'ager Romanus antiquus (8 miglia da Roma), poi altri territori conquistati. Era la proprietà terrriera che determinava l'iscrizione nelle tribù rustiche, per cui i nullatenenti si trovavano tutti nelle 4 urbane. Alla fine del V sec. le tribù erano 20, cui si aggiunsero progressivamente altre, fino al 241, quando divennero 35. I territori che venivano conquistati erano aggregati alle preesistenti tribù rustiche.
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La plebe si riuniva nei concilia plebis tributa in quanto dal 471 vi si riuniva e votava tributim.
Forse prima di allora i plebei si riunivano curiatim, agevolando così le interferenze dei patrizi, che, tramite plebei poveri da loro dipendenti, avevano tentato di influenzare dall'interno tali assemblee. Perciò nel 471 il tribuno Publilio Volerone propose che i tribuni da allora venissero eletti dai plebei riuniti in assemblea sulla base delle tribù territoriali. Si ottenne così di sottrarre ai plebei più poveri, azionati dai patrizi, di scegliere i capi della lotta, trasferendo la direzione politica dell'assemblea a quei plebei che avevano proprietà in quanto iscritti in una tribù, e quindi una certa autonomia economica, che li svincolava dal rapporto subordinato con i patrizi. Le conquiste della plebe in ambito istituzionale, entrando nelle magistrature e nel senato, placarono la valenza rivoluzionaria dei concilia, ma ne favorirono anche l'inserimento nella costituzione repubblicana, non essendo più percepiti come organi politici di "classe".
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Continueranno tuttavia a portare i segni della loro genesi:
denominazione di concilia (cum calare =convocare), parziale, in contrapposizione con quella onnicomprensiva di comitia; ius agendi cum plebe, e quindi la possibilità di essere convocati solo dai tribuni o dagli edili della plebe; permanente estraneità religiosa, segno dell'emarginazione antica della plebe dalle istituzioni quiritarie, per cui si riunivano regolarmente (durante la repubblica entro un miglio dal pomerio cittadino), anche quando non necessario e senza prendere auspici, per cui non vi erano remore di carattere sacrale. Le deliberazioni adottate nei c.p. vennero a lungo considerate ben diversamente che le decisioni prese dal popolo nei comitia. Le decisioni del popolo infatti erano vincolanti, mentre la plebe riunita nei concilia poteva solo sciscere=stabilire, ma non vincolare e solo nella tarda repubblica invalse l'abitudine di chiamare leggi anche gli scita plebis.
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Inizialmente, dunque nessuna valenza giuridica ebbero tali decisioni, che venivano imposte solo attraverso strumenti rivoluzionari, minacce di secessione, rifiuti di ottemperare alla leva, raggiungendo accordi episodici con i patres, che talvolta accoglievano le proposte come rogationes da sottoporre all'approvazione dei comitia centuriata. Così dovette accadere per la lex Icilia de Aventino publicando del 456, che concedeva terreni ai plebei su quel colle per costruirvi case: porta il nome di un tribuno e doveva essere nata come plebiscito, pur essendo definita dalle fonti come lex. Al riconoscimento dell'efficacia vincolante per tutti i cittadini si giunse in seguito, quando venne a scomparire l'antitesi originaria tra patrizi e plebei, sostituita da quella tra possidenti o meno. Ma la decisione di equiparare i plebisciti alle leges dovette essere presa nei comitia centuriata, al più tardi nel 287, a seguito di una nuova secessione della plebe sul Gianicolo (lex Hortensia). I dati delle fonti lasciano tuttavia supporre che l'autorità preventiva dei patres sia stata necessaria ancora per tutto il terzo secolo. Realizzata tale equiparazione gran parte della produzione normativa corrente si trasferì nei concilia plebis proprio per la maggiore semplicità del loro modo di riunirsi e deliberare, per la mancanza di impedimenti religiosi, per la frequente assenza dei consoli che dovevano convocare i comitia, e invece per la presenza assidua dei tribuni nell'Urbe durante la loro carica. Eleggevano tribuni ed edili plebei.
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Comitia tributa Nei comitia tributa si riunivano i cittadini divisi per tribù; anche in queste assemblee valeva il voto finale di ogni tribù, per cui la maggioranza era di 18, essendo le tribù 35 (dall’anno 241 a.C.) Anche i comitia tributa avevano una triplice competenza: -elettorale, poiché eleggevano i magistrati minori (questori, edili curuli); -giudiziaria, poiché esaminavano reati che prevedevano multe; -legislativa, in particolare dalla fine del III secolo a.C. Non sappiamo quando vennero a costituirsi per la prima volta ed è difficile stabilire anche il loro rapporto con i concilia plebis tributa. Infatti, quando dopo il 287, con la legge Ortensia, i plebisciti vennero equiparati alle leggi (votate nei comitia centuriata), venne meno anche una chiara distinzione. Alla fine della repubblica concili della plebe e comizi tributi quasi si confondono nell’opinione popolare. Era certamente più semplice convocare i comitia tributa che i comitia centuriata, poiché non era richiesto per quelli tutta la complessa struttura di convocazione e la presa degli auspicia. Particolari comitia tributa, che prevedevano la convocazione di solo 17 tribù, erano destinate alla inauguratio dei sacerdoti.
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