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PubblicatoAlberico Lupi Modificato 10 anni fa
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Creato da: Alberto Cerbo Anna Nero Domenico Cusano Federica Ciambrelli Lucrezia Burro Ornella Guarino Roberta de Vizia
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Gli imperatori adottivi
All'interno della storia romana si definisce abitualmente età degli Imperatori adottivi il periodo che va dal 96 (elezione di Nerva) al 180 (morte di Marco Aurelio), caratterizzato da una successione al trono stabilita non per via familiare, ma attraverso l'adozione, da parte dell'imperatore in carica, del proprio successore. Unanimemente considerata una delle età più splendenti della storia romana, l'età degli Imperatori adottivi ha fatto seguito ai travagli degli ultimi anni della Dinastia dei Flavi e ha preceduto il ritorno al principio dinastico con Commodo e la seguente Guerra civile romana ( ). A volte, tre dei cinque "buoni imperatori" del II secolo v engono raccolti in una dinastia degli Antonini, che tuttavia non è una dinastia in senso stretto: gli imperatori infatti salivano al trono non in seguito alla loro parentela, ma in quanto scelti come successori dal loro predecessore, dal quale venivano formalmente adottati. Gli imperatori erano comunque imparentati tra loro più o meno alla lontana e questi legami familiari includono anche le famiglie di Traiano (della gens Ulpia) e di Adriano (della gens Elia). Grande importanza ebbero le figure femminili: ascoltate consigliere di Traiano erano la moglie Plotina, la sorella Marciana (che alla sua morte venne divinizzata) e la figlia di costei, Matidia. Anche i legami familiari passarono spesso per la linea femminile,
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Gli imperatori che salirono al trono per adozione furono:
Traiano (98 – 117) 2. Adriano (117 – 138) 3. Antonino Pio (138 – 161) 4. Marco Aurelio (161 – 180) e Lucio Vero (161 – 169) 5. Commodo (180 – 193)
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TRAIANO Regno 27 gennaio 98 - 7 agosto 117 Successore
Publio Elio Traiano Adriano Predecessore Nerva Morte Selinus in Cilicia, 8 agosto 117 Padre Marco Ulpio Traiano Madre Marcia Coniuge Plotina (dal 90 al 117) Figli nessuno Nome completo Marcus Ulpius Nerva Traianus Altri titoli Germanicus (97) Pater Patriae (98) Dacicus (102) Optimus (114) Parthicus (116) Nascita Italica, 18 settembre 53
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TRAIANO Marco Ulpio Nerva Traiano (latino: Marcus Ulpius Nerva Traianus; Italica, 18 settembre 53– Selinus in Cilicia, 8 agosto 117) è stato un imperatore romano dal 98 al 117. Sotto il suo comando supremo l'Impero raggiunse la sua massima estensione territoriale. Il suo titolo completo era IMPERATOR • CAESAR • DIVI • NERVAE • FILIVS • MARCVS • VLPIVS • NERVA • TRAIANVS • OPTIMVS • AVGVSTVS • FORTISSIMVS • PRINCEPS • GERMANICVS • DACICVS • PARTHICVS • MAXIMVS.
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Origini familiari Traiano era figlio di un importante senatore che portava il suo stesso nome. Apparteneva ad una famiglia, quella degli Ulpi, che, sebbene provinciale, era eminente e di rango senatorio. Gli Ulpi erano una famiglia italica stabilitasi nella provincia iberica di Baetica (odierna Andalusia - Spagna), la quale mantenne però sempre contatti con la terra d'origine, dove aveva interessi economici dovuti a proprietà fondiarie. Traiano nacque il 18 settembre 53 ad Italica (fondata da Scipione l'Africano), odierna Santiponce, non lontano dall'attuale Siviglia. La madre, Marcia, era Iberica, il padre non fu solo senatore, ma aveva ricoperto altre cariche importanti, tra cui: il proconsolato d'Asia, il consolato e nel il governatorato della Siria .La carriera di Traiano cominciò con la sua scelta di prestare servizio tra i ranghi dell'esercito romano. Seguì le varie tappe del cursus honorum ordinario; fu questore, pretore e legato. Questo gli diede la possibilità di acquisire una certa conoscenza sulle frontiere e sulla vita da soldato prima e da ufficiale poi. Fu tribuno militare e poi console, con Manio Acilio Glabrione nel 91, nel 96 divenne Governatore della Germania prestando servizio su quella che era una delle frontiere più turbolente dell’impero lungo le rive del Reno. Prese parte alle guerre dell'imperatore Domiziano contro i popoli della Germania, ed era conosciuto come uno dei migliori comandanti dell'impero quando, nel 96, Domiziano fu ucciso.
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Ascesa La sua notorietà nell’ambito militare gli fu utile sotto il governo del successore di Domiziano, Nerva, anziano senatore, impopolare in questi ambienti e che quindi aveva bisogno di un intermediario per averne l'appoggio. Per questo, oltre che per l'eccellenza della persona, Nerva adottò Traiano come figlio e come successore nella primavera del 97 . La sua rapida ascesa fu dovuta a diversi motivi: il padre era in difficoltà a causa di una rivolta di pretoriani e quindi considerò opportuna l'ascesa di un buon generale, di nobiltà recente, ma solida e popolare. Il secondo motivo fu inoltre probabilmente dato dal fatto che Traiano era a capo delle legioni più prossime all’Italia e che quindi disponeva di un esercito fedele e pronto ad appoggiarlo; infine esso era probabilmente l’unico in grado di riprendere le orme politiche del padre adottivo le quali si basavano su un governo di tipo assistenziale, per questo Traiano fu eletto a capo dello stato nel 98 e vi rimase fino al 117.
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Il principato (98-117) Il popolo di Roma salutò il suo nuovo imperatore con grande entusiasmo, ed egli seppe essere riconoscente e degno di tale onore governando bene e senza i bagni di sangue che avevano caratterizzato il regno di Domiziano. Traiano si trovava a Colonia quando la notizia della sua nomina lo raggiunse, a seguito di una gara di messaggeri vinta da suo cugino e futuro successore Adriano. Diventava Imperatore il 27 gennaio 98, all'età di quarantacinque anni. Fu il primo Imperatore non italico, poiché nato in Hispania. Il dominio romano rivelava così una nuova svolta: la penisola italica stava perdendo il suo ruolo centrale nella politica romana. Una volta divenuto Imperatore non si recò subito nella capitale, ma si limitò a sostituire alcuni uomini infidi, a punire i pretoriani coinvolti nella rivolta contro il predecessore, riducendo della metà il tradizionale donativo per celebrare l'ascesa al trono. Entrò in Roma due anni dopo, dopo aver sistemato le cose sul confine romano. Liberò molta gente che era stata ingiustamente imprigionata da Domiziano e restituì una gran quantità di proprietà private che Domiziano aveva confiscato; procedura già iniziata da Nerva prima della sua morte. La sua popolarità fu tale che il senato gli concesse il titolo onorifico di optimus, "il migliore".
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Il senatore Plinio gli rivolse, durante la cerimonia in senato, un interminabile panegirico in cui chiese inoltre che al Senato fosse concesso un maggior coinvolgimento nella conduzione degli affari dell'amministrazione pubblica dello Stato. Traiano accolse alacremente queste richieste, e chiamò molti dei “padri coscritti” (senatori) a governare le province romane. Tuttavia mantenne saldo su di essi un controllo molto forte, occupandosi scrupolosamente dei bisogni delle varie Provincie ed arrogandosi, per esempio, i permessi per l'edificazione di edifici ad uso pubblico. Questo gli consentì di smascherare e punire molti Senatori rei del reato di concussione, che avevano approfittato della politica indulgente del precedente Imperatore Nerva. Traiano si avvalse di un organo giudicante creato da lui allo scopo di indagare su questi reati, il Consilium Principis, del quale fecero parte tra i migliori giuristi dell'epoca. Numerosi furono gli indagati per casi di malgoverno delle provincie, sebbene il Senato stesso abbia poi emanato sentenze generalmente favorevoli. Lo storico romano Cassio Dione Cocceiano ci ha tramandato la notizia che Traiano fosse aduso ad intrattenere rapporti sessuali sia con donne che con maschi e amasse molto il vino, trovandosi non di rado in stato di ubriachezza.
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D'altra parte fu uno degli imperatori più seri e corretti, caratteristiche che ne facevano un ottimo princpes che sapeva gestire al meglio gli affari della res publica. Non fu mai corrotto dal potere e non usò mai il suo titolo e il suo potere per scavalcare la legge, anzi riconobbe sempre il primato di quest'ultima anche sopra la sua carica. Eliminò tutti quei rituali decadenti tipici di un monarca orientale come l'abbraccio del piede, il baciamano, il palanchino ondeggiante con i battistrada. Seppe farsi amare da tutti, in particolare dalle due parti sociali più importanti: il Senato e l'esercito. Era un conservatore, convinto che il progresso derivasse più da una oculata amministrazione che da imponenti riforme.
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L'impero, che fino a quel momento si era in continuazione ampliato, sotto Traiano finalmente impegnò le sue risorse per il miglioramento delle condizioni di vita piuttosto che sulle nuove conquiste. Traiano rafforzò la viabilità restaurando le principali strade che si diramavano dall'Urbe collegandola al resto dell'Impero. Costruì ex novo il celeberrimo porto di Traiano esagonale nella zona di Fiumicino (i cui resti sono ancor oggi imponenti) che collegava Roma con le regioni occidentali dell'Impero. L'opera fu senz'altro tra le più importanti per la Città, che ovviò così ai suoi problemi di approvvigionamento ormai fuori dalla portata del già esistente "Porto di Claudio". Incaricato al progetto fu l'architetto Apollodoro di Damasco; i lavori durarono dal 100 al 112, con la creazione di un bacino di forma esagonale con lati di 358 metri e profondo 5 metri (al contrario della trascuratezza degli ingegneri di Claudio), con una superficie di 32 ettari e 2000 metri di banchina. Fu costruito un ulteriore canale, ed il collegamento ad Ostia fu assicurato da una strada a due corsie lastricata. Ampliò il porto di Ancona con la costruzione di un molo per facilitare la navigazione verso l'Oriente, molo che fu ornato da un arco; curò un nuovo tragitto per la via Appia verso il porto di Brindisi, che partiva da un altro arco edificato a Benevento. Attuò una serie di bonifiche nell'Agro Pontino nella regione delle Paludi Pontine; vennero così strappati numerosi terreni agli acquitrini.
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A Roma rinnovò il centro cittadino con la costruzione di un immenso foro e di edifici in laterizio ad esso contigui, destinati alla pubblica amministrazione, che si appoggiavano al taglio delle pendici del Quirinale e della sella montuosa tra questo e il Campidoglio. Lo straordinario complesso del foro Traianeo risolse i problemi di congestione e sovraffollamento dell'area nel centro della città antica attorno alla Via Sacra. Le dimensioni straordinarie dell'opera (anche questa supervisionata da Apollodoro di Damasco) erano tali da emulare in grandezza quella di tutti gli altri fori messi insieme. Oltre alla pubblica Basilica Ulpia, la piazza, i colonnati, gli uffici, le biblioteche, e il tempio del divo Traiano, eresse nel suo foro la Colonna Traiana come celebrazione delle sue conquiste militari nella campagna di Dacia, ancor oggi uno dei simboli dell'eternità di Roma. Alta 30 metri circa e larga 4, in origine colorata, all'interno una scala a chiocciola porta sulla cima. All'esterno si avvolge a spirale sulla colonna un fregio di 200 metri largo 1 con scolpite più di 2000 figure in bassorilievo. La colonna era sormontata da una statua dell'imperatore (sostituita nel 1588 da una di san Pietro), e alla base venne collocata l'urna cineraria d'oro contenenti le ceneri del defunto imperatore che ebbe l'onore eccezionale di essere seppellito dentro le mura della città (l'urna d'oro venne trafugata dai Visigoti nel sacco di Roma (410) e se ne persero le tracce).
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A Traiano si deve la costruzione di un altro acquedotto che aumentava ulteriormente la portata dei rifornimenti idrici in Roma, che erano già abbondantemente assicurati dagli acquedotti costruiti in precedenza e soprattutto da quello noto come Anio Novus (costruito sotto Claudio). I lavori iniziarono nel 109, la struttura avrebbe dovuto raccogliere le acque delle sorgenti sui monti Sabatini, presso il lago di Bracciano (lacus Sabatinus). La lunghezza complessiva era di circa 57 km e la portata giornaliera di circa quinarie, pari a poco più di m3. Raggiungeva la città con un percorso in gran parte sotterraneo lungo le vie Clodia e Trionfale e poi su arcate lungo la via Aurelia. Arrivava a Roma sul colle Gianicolo, sulla riva destra del fiume Tevere. L'estensione della rete idrica fu incentivata non solo a Roma, ma anche in Dalmazia, nella natia Spagna e in oriente, cioè laddove i climi aridi richiedevano maggiori approvvigionamenti idrici. A Roma Traiano fece ampliare i canali sotterranei e i cunicoli della Cloaca Massima per il deflusso più efficiente delle acque piovane e delle acque reflue che venivano scaricate nel Tevere. Quest'ultimo poi venne rinforzato con argini e canali lungo tutto il suo perimetro più a rischio in modo da evitare straripamenti da parte del fiume della Città. Per lo svago e il piacere della plebe, Traiano fece eseguire alcuni dei lavori che danno a Roma l'aspetto che grossomodo hanno tutti nell'immaginario comune della Città. Fece ricostruire e ampliare definitivamente il Circo Massimo del quale i primi tre anelli alla base della struttura furono eretti con calcestruzzo e rivestiti da mattoni e marmi, solo l'anello superiore rimase in legno; la struttura divenne sicura e antincendio, favorendo la costruzione di botteghe e negozi ai suoi lati. Sul colle Oppio fece erigere delle grandiose terme sui resti della Domus Aurea di Nerone; si accedeva da un grande propileo che immetteva direttamente alla natatio, la piscina a cielo aperto. Sulla riva destra del Tevere dove sorge l'attuale Castel Sant'Angelo fece realizzare un'area per le naumachie (riproduzione di battaglie navali). Gli sforzi edilizi dell'imperatore non si concentrarono solo sulla Capitale, ma su tutto l'impero.
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In Egitto collegò il Nilo al Mar Rosso con un grande canale (fiume Traiano). Fondò molte colonie qua e là per l'Impero. In Dacia (dopo averla sottomessa) favorì la colonizzazione e la fondazione di nuove colonie che romanizzarono rapidamente la provincia. La Colonia Ulpia Traiana sorse sulle ceneri della barbara Sarmizegetusa Regia. Fece costruire molti ponti, tra i più famosi ricordiamo quello sul Tago nei pressi della città spagnola di Alcantara e, il più lungo, sul Danubio presso Drobeta, costruito in occasione della campagna di Dacia (1.135 m); costruito col duplice intento di garantire una via di rifornimento per le legioni che avanzavano e di terrorizzare e scoraggiare i nemici di fronte ad una simile dimostrazione di superiorità tecnologica, logistica e militare.
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Politica estera Nonostante ciò Traiano è più conosciuto nella storia come conquistatore. Nel 101, lanciò una spedizione verso il regno di Dacia sulla riva settentrionale del Danubio, e, l'anno seguente, costrinse il re Decebalo a sottomettersi a lui dopo essersi accampato a pochi km dalla capitale, Sarmizegetusa Regia. Traiano quindi tornò a Roma in trionfo.Tuttavia, Decebalo iniziò subito a tramare premendo ancora sulle frontiere e cercando di raggiungere i vicini regni sulla riva settentrionale del Danubio per unirsi a loro. Traiano scese di nuovo in campo, e partendo da Ancona arrivò sulle rive del Danubio. Le fonti parlano di 13 legioni mosse per sottomettere definitivamente quella terra ricca d'oro e quel popolo che durante il regno di Domiziano aveva messo la Mesia a ferro e fuoco. L'esercito Romano accampato sul Danubio atterrì l'animo dei Daci facendo costruire un ponte (il ponte di Traiano) sul fiume per spostare le legioni. L'architetto, Apollodoro di Damasco sembra abbia edificato questo mostro dell'architettura di 1070m col duplice scopo di far attraversare il Danubio e scoraggiare i nemici. Nonostante la forza e la veemenza dei Daci l'avanzata dell'esercito di Roma fino alla capitale Sarmizegetusa Regia non subì intoppi grazie alla sua superiorità numerica e logistica, e alle tattiche ormai consolidate da secoli di guerre e assedi. Sarmizegetusa Regia fu distrutta, Decebalo si suicidò, e sul posto dell'antica capitale Traiano fondò una nuova città, Ulpia Traiana Sarmizegetusa, popolò la Dacia con coloni romani e la annetté come provincia all'impero.
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Più tardi, nel 116, mentre era in Cilicia preparando un'altra guerra contro la Partia, Traiano si ammalò. La sua salute declinò durante la primavera e l'estate del 117, finché l’ 8 agosto morì a Selinunte in Cilicia.
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ADRIANO
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Sulla nascita di Adriano le fonti non concordano: alcune sostengono che nacque a Roma dove il padre stava svolgendo importanti funzioni pubbliche, altre che Adriano nacque a Italica, a 7 km da Siviglia, in Hispania Baetica; la sua famiglia era originaria della città picena di Hatria, l'attuale Atri, ma si insediò ad Italica subito dopo la sua fondazione ad opera di Scipione l'africano. Il padre, Publio Elio Adriano Afro, era imparentato con Traiano. La madre, Domizia Paolina, era originaria di Cadice. Adriano aveva una sorella maggiore una nipote (Giulia Serviana Paolina) e un pronipote (Gneo Pedanio Fusco Salinatore). I suoi genitori morirono nel 85/86 quando Adriano aveva solo nove anni. Traiano, non avendo avuto figli, divenne di fatto il tutore del giovane dopo la morte dei suoi genitori. Anche la moglie di Traiano, Plotina, lo aiutò notevolmente nel cursus honorum. Inoltre sembra sia stata lei a spingerlo a sposare Vibia Sabina, anche lei parente di Traiano. Il matrimonio avvicinò ulteriormente il futuro imperatore alle stanze del potere, grazie anche agli ottimi rapporti intrattenuti con la suocera Matidia. Per il resto il matrimonio fu un fallimento.
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Dopo che l'imperatore Nerva ebbe nominato Traiano suo successore, presentandolo in senato nel 97, la carriera di Adriano fu notevolmente agevolata. Le cariche accumulate nel cursus honorum del futuro imperatore furono numerosissime. Per tre volte ricoprì la carica di tribuno militare presso una legione, rispettivamente la II in Pannonia, la XII in Mesia e la XXII in Germania. Fu anche questore, tribuno della plebe e pretore.
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Regno (117/138) Il senato, ricevuto un messaggio dal neo eletto, nel quale quest'ultimo riferiva di non essersi potuto sottrarre alla volontà dell'esercito, si allineò a sua volta. Sia i militari che i senatori trassero notevoli benefici dalla loro acquiescenza: i primi ricevettero il tradizionale donativo in misura più cospicua che in passato ed anche i membri del senato ebbero dei vantaggi. La fulmineità dell'ascesa al potere, accompagnata dall'eliminazione fisica dei principali potenziali dissidenti o concorrenti, portò ad un insediamento rapido, seguito da un continuo rafforzamento che durò per tutto il ventennio in cui Adriano rimase al potere. Fu uno degli imperatori morti naturalmente e non eliminati violentemente in una congiura. Anche la designazione del successore e il suo insediamento, dopo la morte di Adriano, non furono ostacolati.
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Adriano e l ’esercito Per mantenere alto il morale delle truppe e non lasciarle impigrire, Adriano stabilì intensi turni di addestramento, ispezionando personalmente i reparti nel corso dei suoi continui viaggi. Poiché non era incline, già dai tempi delle campagne daciche, a distinguersi per lussi particolari, si spostava a cavallo e condivideva in tutto la vita rude dei legionari. Da un punto di vista della struttura organizzativa non portò grandi innovazioni nell'esercito, salvo creare truppe, basate su leva locale, denominate numeri. Ciò al fine di dare un apporto alle truppe ausiliarie: i cosiddetti auxilia. I motivi erano vari, innanzitutto tecnici, si trattava di mettere in linea truppe molto specializzate, ad esempio lanciatori, o destinate a terreni particolari o equipaggiate in modo non convenzionale. Il tutto a costi nettamente inferiori rispetto a quelli che si sostenevano per i legionari regolari, i quali oltre ad una paga di tutto rispetto, fruivano di donativi saltuari ed una liquidazione finale alla fine del servizio, spesso costituita dal diritto di proprietà di terreni.
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La grande riforma della pubblica amministrazione
Malgrado avesse seguito personalmente più di una campagna militare, la più impegnativa quella dacica al seguito di Traiano, Adriano si dimostrò, oltre che esperto di cose militari, il che era prevedibile, anche un grande riformatore della pubblica amministrazione. Il suo intervento sulle strutture amministrative dell'impero fu molto approfondito e dimostra che era parte di un piano globale che l'imperatore andava applicando, mano a mano, alla struttura dell'esercito, alla difesa dei confini, alla politica estera, alla politica economica. Adriano aveva una sua visione dell'impero e cercava di uniformare le singole parti al suo disegno. La sua filosofia risulta evidente dai suoi atti: il ritiro da territori indifendibili, il controllo dei confini basato su difese stanziali, la politica degli accordi con gli stati cuscinetto che non facevano da interposizione fra il territorio dell'impero e quello dei popoli confinanti.
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Politiche di tolleranza
Altro caposaldo della politica adrianea fu l'idea di ampliare, quando possibile, i livelli di tolleranza. Si fece promotore di una riforma legislativa per alleggerire la posizione degli schiavi i quali si trovavano in situazioni disumane allorché si verificasse un crimine ai danni del dominus. Anche nei confronti dei cristiani mostrò maggiore tolleranza dei suoi predecessori. Di quest'ultima questione rimane testimonianza, intorno all'anno 122, in un rescritto indirizzato a Gaio Minucio Fundano, proconsole della provincia d'Asia. In esso l'imperatore, a cui era stato richiesto come comportarsi nei confronti dei cristiani e delle accuse a loro rivolte, rispose di procedere nei loro confronti solo in ordine ad eventi circostanziati emergenti da un procedimento giudiziario e non sulla base di accuse generiche.
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Riforma dell ’editto pretorio
Un'altra riforma operata da Adriano fu quella dell'editto pretorio. Questo strumento normativo consisteva in una esposizione di principi giuridici generali che il magistrato comunicava al momento dell'insediamento. Con l'andar del tempo, questi principi costituirono un nucleo di norme consolidato al quale ogni pretore aggiungeva le fattispecie che intendeva tutelare. Tecnicamente la finalità dell'editto era quella di concedere tutela processuale anche a rapporti non previsti dallo ius civile. Con la riforma adrianea, che l'imperatore affidò al giurista romano Salvio Giuliano negli anni dal 130 al 134, l'editto venne codificato, approvato da un senatoconsulto e divenne perpetuo. Sempre in campo giuridico Adriano pose fine al sistema ideato da Augusto che, concedendo ad alcuni giuristi lo ius respondendi ex auctoritate principis, aveva consentito che il diritto si espandesse progressivamente attraverso l'opera creatrice di alcuni esperti scelti dall'imperatore stesso. Adriano sostituì al gruppo di giuristi isolati frutto dello schema augusteo un consilium principis che contribuì alla progressiva burocratizzazione di questa figura, togliendole l'indipendenza residuata.
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Apparato amministrativo
L'intervento sulla struttura amministrativa dell'impero fu radicale. In luogo dei liberti cesarei diede spazio ed importanza a nuovi funzionari provenienti dalla classe dei cavalieri. Essi erano preposti alle varie branche amministrative suddivise per materie: finanze, giustizia, patrimonio, contabilità generale e così via. Le carriere furono determinate, così come le retribuzioni e la pubblica amministrazione divenne più stabile essendo meno soggetta ai cambiamenti connessi con l'avvicendarsi degli imperatori. Attento amministratore, Adriano pensò anche a tutelare nel migliore dei modi gli interessi dello stato con l'istituzione dell'advocatus fisciù cioè una sorta di avvocatura dello Stato che si occupasse di difendere in giudizio gli interessi delle finanze pubbliche.
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I viaggi e la visita di tutto l'Impero romano
Appena il suo potere fu sufficientemente consolidato, Adriano intraprese una serie di viaggi in tutto l'Impero: Gallia, Germania, Britannia, Spagna, Mauritania. Ciò per rendersi conto di persona delle esigenze e prendere i provvedimenti necessari per rendere il sistema difensivo efficiente. Nel 123 iniziò il lungo viaggio d'ispezione delle province orientali che lo impegnò per due anni. Nel 128 ispezionò la provincia d'Africa. Nell'anno seguente si recò di nuovo in oriente ove pochi anni dopo morì. Al contrario di altri imperatori, che governarono l'impero senza muoversi praticamente mai, Adriano scelse un metodo di conoscenza diretta derivante dal ritenere ormai in atto un consolidamento della situazione interna, in quanto allontanarsi dalla sede del potere per periodi così prolungati presupponeva una certezza assoluta della tenuta del sistema. Un altro elemento era la curiosità propria del suo carattere e la propensione per i viaggi che lo accompagnò tutta la vita.
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Marco Aurelio Regno: 8 marzo 161 – 180 Predecessore: Antonino Pio
Successore: Commodo Nome completo: (Cesare) Marcus Aurelius Antoninus Augustus Altri titoli: Pater Patriae dal 166 Nascita: Roma, 26 aprile 121 Morte: Vindobona o Sirmio, 17 marzo 180 Dinastia: Antonini Padre: Marco Annio Vero Madre: Domizia Lucilla
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Cesare Marco Aurelio Antonino Augusto è stato un imperatore e filosofo romano. Fu adottato nel 138 dallo zio Antonino Pio che lo nominò erede al trono imperiale. Fu imperatore - assieme a Lucio Vero, suo fratello adottivo essendo stato anch'egli adottato da Antonino Pio - dal 161 sino alla morte, avvenuta per malattia nel 180, a Sirmio. Considerato dalla storiografia tradizionale come un sovrano capace e assennato, il suo regno fu tuttavia funestato da conflitti bellici (guerre partiche e guerre marcomanniche), carestie e pestilenze. Marco Aurelio è ricordato anche come un importante filosofo stoico, autore dei Colloqui con se stesso (Τὰ εἰς ἑαυτόν nell'originale in greco). Alcuni imperatori successivi utilizzarono il nome "Marco Aurelio" per sottolineare un inesistente legame con Marco Aurelio. Tra questi vi furono: Marco Aurelio Probo, Marco Aurelio Mario, Marco Aurelio Caro e Marco Aurelio Carino.
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Il principato Fin dal suo avvento, Marco Aurelio ottenne dal Senato che Lucio Vero gli fosse associato su un piano di parità, con gli stessi titoli, ad eccezione del pontificato massimo che non si poteva dividere. La formula era innovativa: per la prima volta alla testa dell'impero vi era una collegialità. In teoria, i due fratelli avevano gli stessi poteri. In realtà, Marco Aurelio conservò sempre una preminenza che Vero non contestò. Le ragioni di questa collegialità non sono chiare. La successione congiunta potrebbe essere stata motivata da esigenze militari come accadeva in età arcaica nella diarchia spartana.
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Guerra partica (161/2-166) Asia, l'Impero Parto che aveva ripreso vita, rinnovava i suoi attacchi. Marco Aurelio risolse il problema mandando Lucio Vero a comandare le legioni orientali. Egli aveva infatti abbastanza autorità da riscuotere la piena lealtà delle truppe, ma non era abbastanza potente da essere tentato di sopraffare Marco stesso. Il piano ebbe successo, Vero rimase leale fino alla sua morte sul campo nel 169. Questa autorità compartita era molto simile al sistema politico della passata Repubblica che si basava sul principio della collegialità e non permetteva ad una singola persona di impadronirsi del potere supremo. Il governo congiunto sarebbe stato ripristinato dalla struttura del potere inaugurata da Diocleziano: la Tetrarchia nel tardo III secolo.
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Matrimonio, figli e successione
Aurelio sposò Faustina minore nel 145. Durante i trent'anni di matrimonio Faustina mise al mondo tredici figli, dei quali solo un maschio e quattro femmine vissero più a lungo del padre: Annia Aurelia Galeria Faustina (30 novembre 147 – m. post 165) Gemellus Lucillae, fratello gemello di Lucilla (m. circa nel 150) Annia Aurelia Galeria Lucilla (7 marzo 148/150–182), in seguito sposa di Lucio Vero, co-imperatore di Marco Aurelio Tito Elio Antonino (151 – m. ante 7 marzo 161) Tito Elio Aurelio (n. post 150 – m. ante 7 marzo 161) Adriano (152 – m. ante 7 marzo 161) Domizia Faustina (157 – m. ante 7 marzo 161) Fadilla (159 – m. post 192) Annia Cornificia Faustina Minore (160 – morta durante il regno dell'imperatore Caracalla che regnò fra il 211–217) Tito Aurelio Fulvio Antonino (31 agosto 161–166) Commodo (31 agosto 161–192) imperatore Marco Annio Vero Cesare (162–169) Vibia Aurelia Sabina (170 – m. ante 217)
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Titolatura imperiale Ottenne nel corso degli anni:
il titolo di Pater Patriae nel 166; i titoli vittoriosi di Armeniacus nel 164, Medicus e Parthicus Maximus nel 166, Germanicus nel 172 e Sarmaticus nel 175; l'acclamazione ad Imperator per 10 volte: 161, 163, 165, 166, 167, 171, 174, 175, 177 e 179; il consolato per 3 volte nel 140, 145 e 161; la Tribunicia Potestas dal 1º dicembre del 146, rinnovata annualmente al 10 dicembre di ogni anno.
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Commodo Lucio Elio Aurelio Commodo è stato un imperatore romano,
membro della dinastia degli Antonini; regnò dal 180 al 192.
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Il Principato ( ) La sua salita al trono che avvenne a Vindobona ove era assieme al popolare e vittorioso padre Marco Aurelio il giorno della sua morte, fu inizialmente vista dal popolo di Roma come un presagio di fortuna. Tuttavia, per quanto generoso e magnanimo fosse suo padre, Commodo si dimostrò l'opposto. Molti ritengono che Commodo fosse pazzo (in gioventù fece cuocere in un forno un servo colpevole di avergli preparato un bagno troppo caldo), ma comunque fu certamente dedito agli eccessi.
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Politica estera Cominciò il suo regno con un trattato di pace sfavorevole concordato con le tribù dei Marcomanni, Quadi e Buri (tribù dei Germani), che erano state in guerra contro Marco Aurelio. Più tardi egli stesso intraprese guerre contro i Germani, riportando spesso parziali vittorie e inoltre per le quali pretendeva onori dal Senato.
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Caduta e morte Di fronte al crescente malcontento per gli eccessi di Commodo, il prefetto del Pretorio Quinto Emilio Leto ed il maestro di camera Eletto, temendo per la propria vita dopo essersi opposti alle ultime stravaganze dell'Imperatore, organizzarono una congiura con numerosi senatori, anch'essi esasperati dallo stato di cose. Venne ben presto coinvolta la concubina Marcia, favorita di Commodo, cosicché, approfittando della sua prossimità al Principe, si riuscisse ad avvelenarlo. Il tentativo venne messo in atto il 31 dicembre 192, vigilia dell'insediamento dei nuovi consoli, durante un banchetto. L'Imperatore, però, credendo di sentirsi appesantito dal lauto pasto chiese ai domestici di aiutarlo a vomitare, salvandosi così inconsapevolmente la vita. A quel punto, avendo mancato il bersaglio e temendo di poter essere presto scoperti, i congiurati si rivolsero al maestro di gladiatori Narcisso, istruttore personale dell'Imperatore, il quale, spinto dalla promessa di una ricca ricompensa, strangolò quella sera stessa Commodo nel bagno.
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Il giorno successivo, 1º gennaio, i congiurati sparsero la voce dell'improvvisa e provvidenziale morte dell'Imperatore per un colpo apoplettico e di come quel fortuito evento avesse evitato appena in tempo il piano di Commodo per assassinare i consoli designati, Quinto Pompeio Sosio Falco e Gaio Giulio Erucio Claro Vibiano, per poi recarsi in Senato, accompagnato da un gladiatore e vestito egli stesso in abiti da arena, per essere assieme a questi acclamato console per l'ottava volta. Leto ed Eletto si recarono quindi dal Praefectus Urbi Publio Elvio Pertinace, console in carica e collega dell'imperatore defunto, offrendogli la porpora imperiale. Questi, temendo dapprima per la propria vita, si convinse ad accettare solo quando, condotto al Palatino, vide il corpo di Commodo privo di vita. A Roma, la notizia della morte del Principe spinse il Senato ed il popolo a chiedere che il cadavere fosse trascinato con un uncino e precipitato nel Tevere, così come voleva un'antica usanza per i nemici della Patria. Pertinace diede tuttavia incarico affinché Commodo fosse segretamente sepolto nel mausoleo di Adriano. Avutane notizia, il Senato dichiarò allora Commodo hostis publicus e ne decretò la damnatio memoriae: venne ripristinato il nome corretto delle istituzioni, mentre le statue e gli altri monumenti eretti dall'Imperatore defunto venivano abbattuti. Appena due anni dopo tuttavia, nel 195, l'imperatore Settimio Severo, cercando di legittimare il proprio potere ricollegandosi alla dinastia di Marco Aurelio e in aperta contrapposizione con il Senato, riabilitò la memoria di Commodo, ordinando che ne fosse decretata l'apoteosi. Commodo passò quindi dall'essere un nemico dello Stato alla condizione di divus, con un apposito flamine preposto al proprio culto.
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Antenati di Commodo in tre generazioni
Padre: Marco Aurelio Nonno paterno: Marco Annio Vero Bisnonno paterno: Marco Annio Vero Bisnonna paterna: Rupilia Faustina Nonna paterna: Domizia Lucilla Bisnonno paterno: Tullio Domizio Calvisio Bisnonna paterna: Catilia Madre: Faustina Minore Nonno materno: Antonino Pio Bisnonno materno: Tito Aurelio Fulvo Bisnonna materna: Arria Fadilla Nonna materna: Faustina Maggiore Bisnonno materno: Marco Annio Vero Bisnonna materna: Rupilia Faustina
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