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Fratelli di Gesù Libri Storici
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Libri storici La seconda grande unità va comunemente sotto il nome di "libri storici", perché contiene la storia che va dalla conquista della terra promessa fin quasi alle soglie del Nuovo Testamento. In pratica copre un arco di tempo di circa dodici secoli. I libri di Giosuè, Giudici e 1 e 2 Samuele, 1 e 2 Re sono detti "storia deuteronomista", perché ispirati alla teologia del Deuteronomio e quindi al mondo dei profeti; 1 e 2 Cronache, Esdra e Neemia sono invece chiamati "opera del cronista" e sono legati alla lettura della storia tipica degli ambienti sacerdotali.
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Storicità della Rivelazione
E’ utile leggere oggi i libri "Storici" della Bibbia, cercando un parallelo tra di essi e le conoscenze che ci vengono dall'archeologia e dalla storiografia extrabiblica. Il concetto fondamentale che la Bibbia vuole esprimere, secondo diversi esegeti, è questo: Dio non si rivela solo attraverso la Creazione, ma anche nella storia umana. Egli ha salvato Noè, ha chiamato Abramo, ha liberato un intero popolo con il quale stringe un'Alleanza, estesa poi da Gesù Cristo all'intera umanità. Questo discorso fonda quella che oggi viene chiamata « teologia della rivelazione ».
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Storicità della Rivelazione
In realtà, però, nessuno di questi testi può essere definito "storico" nel senso moderno, perché non raccontano fatti realmente avvenuti, bensì vicende di personaggi esemplari (e, quindi, pressoché romanzeschi) descritti su un preciso fondale storico, più o meno conosciuto dall'autore. Per questo oggi si catalogano questi testi come "narrativa edificante".
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Giosuè Denominazione del libro Il libro di Giosuè apre tradizionalmente i Libri Storici dell'Antico Testamento, seguendo immediatamente il Pentateuco. Il suo nome deriva da quello del protagonista principale, appunto Giosuè, figlio di Nun della tribù di Efraim, presentato già nell'Esodo come aiutante di Mosè (Esodo 24, 13 e 33, 11). In Numeri 11, 28 dice che era al servizio di Mosè fin dalla giovinezza. Numeri 13, 8 lo presenta come uno degli esploratori della Terra Promessa; in quell'occasione Mosè gli cambiò nome da Osea in Giosuè. In Numeri 27, è scritto: « Il Signore disse a Mosè: «Prenditi Giosuè, figlio di Nun, uomo in cui è lo spirito; porrai la mano su di lui, lo farai comparire davanti al sacerdote Eleazaro e davanti a tutta la comunità, gli darai i tuoi ordini in loro presenza e lo farai partecipe della tua autorità, perché tutta la comunità degli Israeliti gli obbedisca. ». La Bibbia lo presenta dunque come il successore di Mosè designato direttamente da Dio, e contemporaneamente come il capo ideale, perché conforma ogni suo atto al Volere di Dio. Mosè è il traghettatore che ha fatto uscire gli israeliti dalla schiavitù dell'Egitto e dalla condizione di peccato verso la libertà e la grazia (Pasqua deriva proprio da "pesach", passaggio), conducendoli attraverso le difficoltà di un quarantennio nel deserto; ma Giosuè è colui che ha salvato il suo popolo, guidandolo alla conquista e alla spartizione della Terra Promessa. Non certo a caso il suo nome (una variante di Gesù) significa "Dio salva".
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Suddivisione del testo
Il libro di Giosuè risulta chiaramente ripartito in tre sezioni: la conquista della Palestina (capitoli 1-12) la suddivisione delle terre conquistate (capitoli 13-21) ultimi discorsi e morte di Giosuè (capitoli 22-24)
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L'assemblea di Sichem Chi è entrato in Canaan è un popolo nuovo, circonciso di recente e che celebra la pasqua per la prima volta. Tale è l'ansia di completo rinnovamento, che a Sichem il popolo ripete l'Alleanza con Dio, affinché si senta impegnato in prima persona alla fedeltà alla Legge. Ecco, dunque, l'assemblea di Sichem voluta da un anziano Giosuè (Gs 24), in cui Dio sciorina davanti al popolo tutta la storia e le sue imprese a favore del popolo (Gs.24,2-13). È una sorta di memoriale, che costituisce per il nuovo Israele un punto di partenza; in esso il popolo di Dio affonda le proprie radici. A fronte di tutti i i prodigi che lo hanno portato a diventare un popolo libero, Israele è chiamato ad operare una scelta: o con Dio o contro di Lui. Qui, pertanto, si costituisce il nuovo Israele che rinnova i patto del Sinai: « In quel giorno Giosuè concluse un'alleanza per il popolo e gli diede una legge e uno statuto in Sichem » (Gs.24,25)
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Significato Il libro di Giosuè va letto attraverso gli occhi del redattore deuteronomistico vissuto al tempo dell'esilio ( a.C.) e del postesilio ( a.C.), dal quale la figura di Giosuè è certamente idealizzata come quella di Mosè; la Terra è vista come un dono di Dio che compie fedelmente le sue promesse, e il permanere in essa è legato all'osservanza della Legge. Quindi, la conquista di Canaan è avvenuta per un gratuito dono di Dio e non per la bravura di Israele e dei suoi baldi guerrieri. Il tema teologico di fondo di tutto il Libro può riassumersi in quest'epilogo (Gs 21, 43-45): « Il Signore diede dunque a Israele tutto il paese che aveva giurato ai padri di dar loro, e gli Israeliti ne presero possesso e vi si stabilirono. Il Signore diede loro tranquillità intorno, come aveva giurato ai loro padri; nessuno di tutti i loro nemici poté resistere loro; il Signore mise in loro potere tutti quei nemici. Di tutte le belle promesse che il Signore aveva fatte alla casa d'Israele, non una andò a vuoto: tutto giunse a compimento. »
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Giudici Denominazione del libro Il libro dei Giudici copre un arco di storia di circa duecento anni che va dal XIII secolo a.C. al 1030 a.C., data d'inizio della monarchia. Lasciate alle spalle le gloriose epopee della conquista della Terra Promessa, inizia l'esistenza di Israele in Terrasanta, circondata da nemici esterni ed interni di ogni genere. La conquista non era stata definitiva, come detto, e le popolazioni indigene cananee attendevano solo il momento della rivincita. Per questo, racconta la Bibbia, le singole tribù d'Israele elessero, spesso indipendentemente l'una dall'altra, dei capi detti Giudici (Shofetim), i quali riunivano in sé il potere politico, quello militare e quello giudiziario, da cui il nome.
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Struttura del libro Il Libro è composto da racconti arcaici, da episodi storici fedelmente tramandati e da costruzioni mitologiche e da stupendi passi poetici. L'introduzione è duplice: una storico-geografica e una di tipo dottrinale, cui segue una lunga serie di smacchi e di umiliazioni subite dal popolo d'Israele nei lunghi decenni durante i quali Israele non è ancora una nazione, ma solo una blanda federazione di tribù, spesso in aspra contesa tra di loro. L'autore dà una spiegazione religiosa agli insuccessi degli Ebrei: è l'infedeltà a Dio che provoca l'abbandono di Israele nelle mani dei nemici. È proprio in questi momenti di crisi che sorgono delle figure carismatiche, destinate a far fronte agli assalti dei nemici dando compattezza ai vari clan e tribù.
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Struttura del libro Il Libro presenta tredici di queste figure, di cui cinque sono definite Giudici Maggiori, e otto Giudici Minori, per l'ampiezza della trattazione delle loro gesta. Con Barak, braccio armato di Debora, il numero totale arriva alla cifra simbolica di quattordici. Naturalmente le figure ricordate nel libro, siano esse grandi condottieri o semplici capiclan appena nominati, non esauriscono certamente la lista di tutte le figure storiche che giudicarono le tribù tra il XIII e l'XI secolo a.C.; l'autore riporta solo i principali, o quelli di cui ha avuto notizie, cercando così di colmare il vuoto tra Mosè e Samuele. I Giudici Maggiori sono: Debora Gedeone Abimelec Iefte Sansone Invece i giudici minori sono Otniel, Ehud, Samgar, Tola, Iair, Ibsan, Elon e Abdon. Ad essi poi andranno aggiunti Eli e Samuele, citati nel Primo Libro di Samuele.
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Storicità Da un punto di vista storico è difficile stabilire cosa sia successo esattamente in quell'epoca, visto che il libro dei Giudici fu messo per iscritto secoli e secoli dopo gli eventi che narra. Certamente il quadro della conquista presentatoci dal Libro dei Giudici fin dal suo primo capitolo è completamente diverso da quello incontrato nel libro di Giosuè. Infatti qui si presentano azioni militari sparse, compiute dalle singole tribù indipendentemente le une dalle altre, a cominciare da Giuda, la tribù predominante nel sud, mentre nel libro precedente si accreditava l'idea che tutte le tribù si fossero mosse all'unisono sotto il comando unitario del successore di Mosè. Inoltre, questo libro afferma che le conquiste degli Israeliti furono inizialmente limitate: « Giuda non riuscì a vincere gli abitanti della pianura, perché essi avevano carri di ferro » (Gdc 1, 19) Anche se ricostruire la cronologia esatta degli eventi è oggi impossibile, verosimilmente Israele nel primo secolo dopo l'ingresso in Canaan ha conquistato solo le zone montagnose della Palestina e alcuni territori della Transgiordania, dove meno densa era la presenza dei ben attrezzati cananei.
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Storicità Lungi dall'essere un'entità politica ed etnica compatta, Israele nell'era dei Giudici è soltanto una federazione di tribù alla ricerca di una propria identità e unità: la stessa adunanza di Sichem (Gs 24) dimostra la presenza in Terrasanta di clan e tribù eterogenee che già vi dimoravano e che avevano adottato culti cananei. Israele dunque cerca ancora una sua identità come popolo, che verrà solo nel 1030, con l'avvento della monarchia. Quanto poi alla storicità dei singoli giudici, essa è per noi irraggiungibile, se si fa eccezione per Debora, Barak e Samuele. Ma esemplare è, ancora una volta, il caso di Sansone. Che le sue imprese siano state esagerate non c'è alcun dubbio; tuttavia, come accade per altre figure semimitiche (ricordate Gilgamesh), noi non possiamo provare la sua storicità né negarla del tutto. In lui sopravvivono ricordi di epoche ancestrali, in cui la scrittura non era in uso ed era facile amplificare le leggende, lasciando campo libero alla fantasia.
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Significato Una cosa occorre tenere assolutamente presente: pur rientrando tra i libri storici della Bibbia, l'intento del Libro dei Giudici non è affatto storiografico, ma teologico, come ben evidenziato in Gdc 10,6-16: « (I) Gli Israeliti continuarono a fare ciò che è male agli occhi del Signore e servirono i Baal, le Astarti, gli dèi di Aram, gli dèi di Sidòne, gli dèi di Moab, gli dèi degli Ammoniti e gli dèi dei Filistei; abbandonarono il Signore e non lo servirono più. (II) L'ira del Signore si accese contro Israele e li mise nelle mani dei Filistei e nelle mani degli Ammoniti. Questi afflissero e oppressero per diciotto anni gli Israeliti, tutti i figli d'Israele che erano oltre il Giordano, nel paese degli Amorrei in Gàlaad. Poi gli Ammoniti passarono il Giordano per combattere anche contro Giuda, contro Beniamino e contro la casa d'Efraim e Israele fu in grande angoscia. (III) Allora gli Israeliti gridarono al Signore: "Abbiamo peccato contro di te, perché abbiamo abbandonato il nostro Dio e abbiamo servito i Baal." Il Signore disse agli Israeliti: "Non vi ho io liberati dagli Egiziani, dagli Amorrei, dagli Ammoniti e dai Filistei? Quando quelli di Sidòne, gli Amaleciti e i Madianiti vi opprimevano e voi gridavate a me, non vi ho forse liberati dalle loro mani? Eppure, mi avete abbandonato e avete servito altri dèi; perciò io non vi salverò più. Andate a gridare agli dèi che avete scelto; vi salvino essi nel tempo della vostra angoscia!" Gli Israeliti dissero al Signore: "Abbiamo peccato; fa' di noi ciò che ti piace; soltanto, liberaci in questo giorno." (IV) Eliminarono gli dèi stranieri e servirono il Signore, il quale non tollerò più a lungo la tribolazione di Israele. »
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Significato Questo schema si ripete innumerevoli volte nel libro. Si tratta essenzialmente di uno schema quadripartito, indicato nel brano soprastante dai quattro numeri romani rossi: Il peccato, l'infedeltà all'Alleanza con il quale il popolo si allontana da Dio: "Gli Israeliti facevano ciò che è male agli occhi del Signore"; oppure "Prestavano culto a Baal allontanandosi dal Signore". Questo peccato è abbastanza naturale, a contatto con popoli pagani che spesso praticano la prostituzione sacra. Si noti come il peccato è presentato come prostituzione e adulterio, poiché il rapporto tra Dio e il suo popolo è spesso descritto attraverso l'immagine dell'unione sponsale. Il castigo, considerato una reazione divina al cattivo comportamento del popolo. Esso si concretizza sempre nell'abbandono di Israele ai suoi nemici da parte di Dio. Il pentimento: sotto la sferza del castigo, gli Ebrei si ravvedono e tornano al culto del solo Dio. La liberazione, conseguenza del ritorno a Dio. Il Signore mostra la sua misericordia inviando un "salvatore", cioè un giudice. L'espressione comunemente ripetuta è: "Il Signore suscitò un liberatore..." Ancora una volta, è all'opera la teoria della retribuzione, teoria che incontreremo ancora varie volte in questo nostro lungo percorso.
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Samuele I due Libri di Samuele costituiscono, con i successivi due libri dei Re, un'opera continua. Sia i libri di Samuele che quelli dei Re sono da ricondurre ad un unico progetto, quello di tratteggiare la vicenda storica di Storia di Israele dalla fine dell'epoca dei Giudici fino alla fine della monarchia con l'invasione babilonese di Nabucodonosor: un arco di tempo che copre la bellezza di sei secoli. La redazione definitiva risale al VI secolo a.C. L'autore di questo ciclo letterario appartiene allo stesso ambito culturale e religioso in cui è fiorito il Deuteronomio, per cui si parla di autore ''Deuteronomista''. Per ricostruire le vicende dei due regni di Israele, egli attinge a materiali d'archivio oggi non più in nostro possesso, alle tradizioni orali e alla memoria storica del suo popolo. Una delle caratteristiche dell'autore Deuteronomista è una descrizione molto appassionata e ricca di riflessioni, che non si preoccupa di riportare solo freddi dati storici, ma soprattutto la sua interpretazione religiosa di una vicenda, quella del popolo eletto, collegata a doppio filo con un ben preciso progetto divino.
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Suddivisione del testo
Il primo libro di Samuele comprende 31 capitoli che si possono suddividere in diverse parti: Nascita miracolosa di Samuele (1 Sam 1-2); Vocazione di Samuele (1 Sam 3); Giudicatura di Samuele (1 Sam 3-7); Elezione a re di Saul (1 Sam 8-10); Regno di Saul e sue continue disobbedienze ad JHWH (1 Sam 11-15); Unzione regale di Davide e sue imprese giovanili (1 Sam 16-18); Peregrinazioni di Davide fuggiasco (1 Sam 19-26); Morte di Saul in battaglia contro i Filistei (1 Sam 27-31).
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Suddivisione del testo
Il secondo libro di Samuele è dominato interamente dalla grandiosa figura di re Davide, nella sua grandezza di sovrano e di guerriero così come nelle sue bassezze di uomo e di amante. Esso abbraccia dunque un arco di tempo pari a quello dell'intero regno di Davide sulle dodici tribù, che tradizionalmente va dal 1010 fino al 970 a.C. In tutto comprende 24 capitoli che si possono suddividere in diverse parti: Consacrazione di Davide a re e conquista di Gerusalemme (2 Sam 1-6); Imprese guerresche di Davide (2 Sam 7-10); Davide commette adulterio con la moglie di Uria e lo fa uccidere (2 Sam 11-12); Amnon, figlio di Davide, oltraggia la sorella Tamar, Assalonne la vendica (2 Sam 13-14); Ribellione di Assalonne contro il padre e sua sconfitta (2 Sam 15-19); Altri eventi del regno di Davide (2 Sam 20-24).
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Contenuti e personaggi
Nel primo libro sono già presenti tutti i tre principali personaggi: Samuele, Saul e Davide. Di tutti e tre sono descritte le grandiose imprese, proprio come in un poema guerresco.
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Contenuti e personaggi
I due libri di Samuele segnano il passaggio dalla condizione di unità delle dodici tribù fondata esclusivamente sulla fede in JHWH, a un'unità più istituzionalizzata mediante la monarchia. Samuele, che è insieme giudice, profeta e sacerdote, unge re Saul, che non riesce però ad imporre la propria autorità sul paese, schiacciato dalla potenza militare dei Filistei (cf. 1 Sam 8-15). In seguito consacra Davide, il cui regno si afferma nell'intero paese e trova continuità nel figlio Salomone (cf. 1 Sam Re 2). Israele, popolo di JHWH, accoglie il re come luogotenente di Dio: unto da un profeta di JHWH, egli regna nel nome di JHWH.
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Contenuti e personaggi
A Davide Dio assicura la sua protezione nel presente e in futuro (cf. 2 Sam 7); la certezza di un regno eterno attraverso i discendenti verrà considerata in seguito come un'alleanza di JHWH con Davide (cf. Sal 89,28-38). Nell'importantissimo capitolo 7 del secondo libro, Davide progetta di elevare un Tempio in Gerusalemme come dimora dell'Arca, e propone al suo consigliere, il profeta Natan (2 Sam 7,2): « Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l'arca di Dio sta sotto una tenda. » A questo punto, Dio risponde a Davide per mezzo di Natan facendogli una promessa davvero epocale: « Non tu farai una casa a me, ma io darò una casa a te », gioco di parole con cui il Signore promette a Davide una casata che regnerà per sempre. È questa la promessa di un regno eterno, che viene ripresa nel Nuovo Testamento al momento dell'Annunciazione (Luca 1,31-33): « Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine. »
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Storicità La storicità della maggior parte degli eventi narrati nel Primo Libro di Samuele è problematica, trattandosi non di una storia nel senso moderno del termine, bensì di una saga epico-cavalleresca. È un dato di fatto però che molte località menzionate sono storicamente accertabili. '''Bet-Semes''', la località dove i Filistei restituirono agli Ebrei l'Arca dell'Alleanza secondo 1 Sam 6,13, esiste davvero sul confine di Giuda, a circa 30 Km dalla costa mediterranea, e significa "casa del sole" dal nome di Semes, divinità solare Cananea. Anche la successiva dimora dell'Arca, '''Kiriat-Iearim''' ("città dei boschi") è stata rintracciata a 20 Km da Bet-Semes. La '''piscina di Gabaon''', la località dell'incontro tra gli uomini di Davide e quelli di Isbaal secondo 2 Sam 2,13, si trova effettivamente circa 15 Km a nord di Gerusalemme, ed è stata riportata alla luce nel 1956 grazie agli studi dell'archeologo americano J.Pritchard. È un enorme pozzo cilindrico, profondo 10 metri, con una scala che permetteva di scendere fin sul fondo. Probabilmente faceva parte di un complesso sistema idrico per rifornire d'acqua Gabaon (la città su cui Giosuè avrebbe fermato il sole) in caso di siccità o di assedio.
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Davide e Golia Uno degli episodi più fantasiosi del Libro, e cioè il duello tra Davide e Golia (1 Sam 17, 1-54), nasconde inaspettati semi di storicità, nonostante il racconto ci appaia iperbolico, dato che Golia è detto essere alto sei cubiti, cioè tre metri. In effetti la sfida tra due campioni era uno dei mezzi più spicci e meno cruenti usati nell'antichità per dirimere le controversie. Uno dei termini usati per descrivere l'armatura di Golia, "corazza a scaglie", appare anche nelle tavolette ritrovate ad Ugarit in Siria, ed è incredibilmente confermato da reperti archeologici ritrovati a Gaza, costituiti da scaglie di ferro con fori per essere cucite assieme.
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I Re Il Primo e il Secondo libro dei Re originariamente formavano un unico libro. La redazione finale è collocata dalla maggior parte degli studiosi intorno al VI secolo a.C.. L'autore biblico è lo stesso del Primo e del Secondo libro di Samuele, ed appartiene all'ambito religioso che ha prodotto il libro del Deuteronomio; per questo lo si definisce autore Deuternomista.
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Contenuti e Personaggi
I due libri dei Re contengono le vicende della monarchia in Israele tra la fine del X e gli inizi del VI sec. a.C. La partenza è gloriosa: Salomone costruisce in Gerusalemme, capitale del regno unito, il tempio a JHWH (cf. 1 Re 3-11). La sua condotta religiosa ed economica è però disastrosa. Alla sua morte (932 a.C.) il regno si divide (cf. 1 Re 12). Dieci tribù passano a Geroboamo e costituiscono il "regno d'Israele", che avrà in seguito come capitale Samaria. Conterà più dinastie, sarà spesso in guerra con il regno fratello e cadrà sotto l'occupazione assira (721 a.C.), al termine di una storia durata due secoli (cf. 2 Re 17). Due tribù restano al figlio di Salomone, Roboamo; formano il "regno di Giuda", con capitale Gerusalemme, governato sempre da discendenti di Davide. Finirà poco più di un secolo dopo il regno d'Israele, con l'occupazione babilonese (597 e 587 a.C.) (cf. 2 Re 24-25). Le deportazioni che accompagnano queste disfatte portano il popolo d'Israele fuori della propria terra. In seguito ciò verrà letto come la logica conseguenza dell'infedeltà a JHWH. A più riprese il popolo eletto aveva preferito gli dèi dei popoli cananei al suo Dio, rendendo vano l'impegno assunto al Sinai: con la sua condotta aveva annullato l'alleanza di JHWH.
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Contenuti e Personaggi
Le vicende dei Re, narrate parallelamente da 1 Re 14 fino a 2 Re 25, sono interrotte da quelle che un biblista ha definito delle « oasi letterarie », cioè inserti narrativi di particolare bellezza, tra cui spicca il grande ciclo del profeta Elia. Nel capitolo 14 si parla di Roboamo re di Giuda, per affermare che anch'egli commise peccati non meno gravi di quelli del suo omologo del Nord, visto che addirittura introdusse in Giuda i "prostituti sacri", uomini entrando in contatto sessuale con i quali si riteneva di poter entrare in contatto diretto con la divinità: un'abominazione condannata più volte con veemenza dal profetismo biblico.
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Fioretti di Elia E così, siccome il male straripa e l'idolatria dilaga come mai prima di allora in Israele, JHWH suscita il più grande profeta dai tempi di Mosè: Elia (non a caso, durante la Trasfigurazione, accanto a Gesù compariranno proprio Mosè ed Elia, in rappresentanza della Torah e del Profetismo). Nativo di Tisbe del Galaad, in Transgiordania, il suo nome è tutto un programma: «JHWH è Dio ». Nel capitolo 17 prima annuncia senza paura ad Acab una gravissima siccità come punizione per i suoi peccati, quindi si nasconde presso il torrente Cherit dove viene nutrito dai corvi che gli portano pane e carne. La sua vita, come quella di san Francesco e di molti altri santi di ogni epoca e di ogni fede, è descritta attraverso tutta una serie di "fioretti" popolari. Così, quando la siccità raggiunge la regione dove egli si è rifugiato, egli raggiunge la Fenicia e va ad abitare presso una vedova di Zarepta, l'attuale Sarafand, 15 Km a sud della città-stato di Sidone, tuttora esistente. Siccome la vedova è poverissima, Elia compie un miracolo stupefacente: la giara della farina e la brocca dell'olio non si esauriscono mai. Ma non basta: il figlio della vedova si ammala e muore, ma Elia invoca il Signore ed il ragazzo resuscita, tanto che la madre, una cananea pagana, riconosce in lui l'Uomo di Dio. Gesù rievocherà quest'episodio nel Nuovo Testamento: « Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Zarepta di Sidone » (Luca 4, 25-26)
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Nabucodonosor Nabucodonosor Questo sovrano è ben documentato al di fuori della Bibbia, e fu certamente uno dei più grandi sovrani che regnarono sulla Mesopotamia: in 43 anni di regno compì una serie di spedizioni militari, dall'Iran fino ai confini dell'Egitto, accompagnate spesso da grandi gesti di crudeltà, testimoniati nel Secondo Libro dei Re dalla profanazione del Tempio e dal supplizio di re Sedecia. Egli è ricordato anche per le notevoli opere architettoniche che innalzò a Babilonia, una città così magnifica ed importante che gli Ebrei ivi deportati vi sentivano parlare praticamente tutte le lingue del mondo conosciuto. Forse questo fatto, unitamente all'osservazione della Ziggurat di Babilonia, generò il racconto eziologico della Torre di Babele (Genesi 12), del quale ho parlato in un altro ipertesto.
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Baal-Zebub Non tutti conoscono l'etimologia del nome Belzebù, attribuito al Principe delle Tenebre. Si pensa che esso provenga da Baal-Zebul, dio nazionale della città fenicia di Accaron. Di solito il nome del dio Baal ("signore", parente dell'ebraico El) è associato ad un attributo che ne designa le caratteristiche o il luogo di culto. In Numeri 25, 3 si nomina Baal-Por e in Giudici 9, 4 si cita Baal-Berit ("Baal dell'Alleanza"). Baal-Zebul significa "Baal il Principe". Ma questo libro in 2 Re 1, 2 riporta il nome di Baal-Zebub, letteralmente "il Signore delle Mosche". Si tratta certamente di una storpiatura operata dal copista, che con un gioco di parole si sottrasse all'incombenza di trascrivere il nome di un'aborrita divinità cananea. Ma secondo alcuni Baal-Zebub era una storpiatura usuale in Israele, perché a Baal si sacrificavano animali le cui carogne erano circondate dalle mosche. Lo scrittore americano William Golding scrisse nel 1954 un romanzo intitolato appunto "Il Signore delle Mosche", in cui si dimostra che dei ragazzi, naufragati su un'isola deserta, se cercano di ricostruire una società simile a quella dei "grandi", ricadono in tutti i loro più clamorosi errori. Come dire: il diavolo è il padrone di tutti i regni di questo mondo...
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Storicità Proprio quella che a prima vista parrebbe la parte più propriamente "storica" del libro, cioè la successione dei re giudaici ed israelitici, è quella che più si allontana dalla "storiografia" nel senso moderno del termine. Infatti qui l'autore Deuteronomista interviene di continuo a ''ripensare'' la storia del suo popolo, ordinando ed interpretando gli eventi in chiave religiosa. Un sovrano è giudicato positivamente in base a tre criteri: la lotta all'idolatria Cananea; la fedeltà alla purezza del monoteismo biblico; la promessa divina alla dinastia davidica, e quindi il confronto con i propri antenati più nobili. La storia raccontata dal Deuteronomista, fatta eccezione per il racconto della successione al Trono di Davide, è sempre una storia riletta alla luce della Fede monoteistica. Così, Samaria e Gerusalemme non cadono per colpa dell'espansionismo assiro prima e babilonese poi, a cui avevano cercato scioccamente di sottrarsi, ma per colpa dei peccati commessi dal popolo e dal re, secondo l'ormai ben nota "teoria della retribuzione". Le tre dinastie principali del regno d'Israele (quella di Gereoboamo, quella di Acab e quella di Ieu) cadono tutte per essersi rifiutate di prestare il debito culto a JHWH, lasciandosi andare al culto dei vitelli d'oro o degli idoli fenici, ed anche nel regno meridionale, quando Giosia mette in atto la sua grande riforma religiosa, è troppo tardi agli occhi di Dio per scongiurare la rovina della Città Santa.
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Cronache I due Libri delle Cronache (letteralmente in ebraico ''Parole dei Giorni'') ripropongono molte delle vicende già narrate nei due Libri di Samuele e nei due Libri dei Re. Ma non si tratta di una pura e semplice riedizione, come potrebbe apparire a prima vista. Quei libri appartengono infatti alla Tradizione Deuteronomistica, mentre l'autore di questi due libri, definito il '''Cronista''', appartiene alla cosiddetta ''Tradizione Sacerdotale'', la stessa del primo capitolo della Genesi. Tale tradizione sorge a Babilonia durante l'Esilio; a differenza del Deuteronomista, essa ha chiaro alla mente un preciso progetto che non è solo storico, ma anche e soprattutto religioso. Infatti il Cronista non si limita ad esporre fatti, come fa il Deuteronomista nella famosa "Successione al Trono di Davide". Egli seleziona e rielabora i dati allo scopo di esaltare principalmente il Tempio ed il Culto in Gerusalemme, intesa come il cuore stesso della fede e dell'identità di Israele come popolo. Non a caso, sui 19 capitoli dedicati dal Primo Libro al Regno di Davide, ben 10 sono dedicati al trasporto dell'Arca dell'Alleanza in Gerusalemme ed alle disposizioni del re a proposito della costruzione del Tempio, come se a suo figlio Salomone non fosse rimasto che mettere in atto le disposizioni paterne. Altri 8 capitoli del Secondo Libro sono poi dedicati all'effettiva costruzione di quella che fu definita l'ottava meraviglia del mondo antico. La storia narrata dal Cronista è dunque in realtà una Storia Sacra, una storia che ruota attorno al Tempio.
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Fonti Il Cronista attinge spesso dai Libri di Samuele e dei Re (ciò dimostra che essi sono antecedenti al suo lavoro), talvolta riprendendo alcuni passi quasi alla lettera, ma in 1Cr 29,29 sono citate presunte altre fonti da lui utilizzate per redigere il suo primo libro: gli ''Atti del Veggente Samuele'', gli ''Atti del Profeta Natan'' e gli ''Atti del Veggente Gad''. Bisogna far notare che i Profeti d'Israele si dividono in due gruppi, i "profeti scrittori" e i "non scrittori". Dei primi ci sono pervenuti lunghi testi: è il caso di Isaia, Geremia ed Ezechiele. Dei secondi invece non ci è pervenuto nulla: Samuele, Natan, Elia ed Eliseo sono tra questi.
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Contenuto I due libri delle Cronache ripropongono in prospettiva diversa la storia già narrata dai libri dei Re, a cui premettono un proemio genealogico che va da Adamo alle dodici tribù d'Israele (cf. 1 Cr 1-10). Al centro dell'attenzione di questi libri è il tempio di Gerusalemme: dalle sue origini, attraverso la preparazione che ne fa Davide, alla sua costruzione da parte di Salomone (cf. 1 Cr Cr 9), alle vicende dell'epoca dei regni divisi (cf. 2 Cr 10-36), cui fa seguito la ricostruzione dopo l'esilio (cf. Esd 7-10; Ne 8-13). All'attività di due grandi personaggi del ritorno dall'esilio babilonese sono dedicati i libri di Esdra e Neemia, da leggere in continuità con quelli delle Cronache. Da questi quattro libri emerge l'importanza che l'Israele del dopo esilio attribuisce alla presenza di JHWH in mezzo al suo popolo, di cui il tempio è segno e in qualche modo dimora, nonché al culto che in esso si svolge ogni giorno e con particolare solennità nelle grandi feste.
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L'esilio come "anno sabbatico"
Il capitolo 36 del Secondo Libro delle Cronache parla, come il capitolo 25 del Secondo Libro dei Re, della caduta di Gerusalemme in mani babilonesi; ma, a differenza di quello, conosce la predicazione di Geremia, che rappresentò un vero e proprio punto di riferimento per i Giudei in esilio a Babilonia: « Il re deportò in Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all'avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore, predetta per bocca di Geremia: "Finché il paese non abbia scontato i suoi sabati, esso riposerà per tutto il tempo nella desolazione fino al compiersi di settanta anni." » (36, 20-21). Quasi sicuramente la durata di settant'anni non ha valore cronologico, visto che in effetti la deportazione durò 49 anni (dal 587 al 539 a.C.) Ne ha invece uno simbolico, rappresentando tipicamente un tempo compiuto, perfetto, essendo il risultato del prodotto di due numeri perfetti: 7 x 10. Ma perché perfetto, se Israele era in esilio e privo del Tempio? Normalmente si ritiene che questo periodo di sofferenza e lontananza dalla patria fosse voluto da Dio per fortificare Israele e riportarlo alla fedeltà a Lui. Ciò è sostenuto dall'interpretazione di un passo del Levitico (26, 34-35), evidentemente posteriore alla deportazione a Babilonia: « Allora la terra godrà i suoi sabati per tutto il tempo in cui rimarrà desolata e voi sarete nel paese dei vostri nemici; allora la terra si riposerà e si compenserà dei suoi sabati. Finché rimarrà desolata, avrà il riposo che non le fu concesso da voi con i sabati, quando l'abitavate. » L'anno sabbatico era quello durante il quale si lasciava riposare la terra, prima di procedere ad una nuova semina. Allo stesso modo, l'esilio del Popolo Eletto permette alla Terra d'Israele di godere del riposo sabbatico che i suoi abitanti le hanno negato, contraddicendo la volontà di Dio. Una vera interpretazione teologica della storia, lontana dal concetto che noi oggi abbiamo di storiografia.
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Rut Quello di Rut è uno dei libri più brevi dell'Antico Testamento (appena 4 capitoli), eppure brilla per la sua prosa agile ed efficace, e soprattutto per il messaggio di tolleranza e speranza che consegna all'antico Israele. Non a caso Rut è stato inserito dagli Ebrei tra le "Meghillot", i cinque "rotoli" particolarmente cari alla liturgia della Sinagoga, perché vengono letti per intero in occasione di particolari feste: oltre a Rut sono il Cantico dei Cantici, le Lamentazioni, Ester e il Qoelet. Rut è letto nella festa di Pentecoste, forse per lo sfondo naturale che evoca, quello della mietitura, il tempo in cui si celebrava questa solennità. Nulla esso ha di storico, trattandosi di un tipico "racconto esemplare" costruito intessendo una vicenda d'amore sullo sfondo della grande genealogia che da Giuda, figlio di Giacobbe/Israele, conduce sino al re Davide. Ma la Bibbia cattolica lo pone tra il libro dei Giudici e il Primo Libro di Samuele, perché esso può colmare u vuoto tra di essi, spiegando da quale umile radice è uscito il più glorioso tra i sovrani d'Israele, fatto oggetto da Dio della promessa addirittura di un regno eterno.
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Tradizioni Il riscattatore
Il termine "riscattatore", in ebraico "goel", indica il fratello del marito defunto, o un altro parente stretto, che si impegna a sposarne la vedova per assicurare al morto una discendenza, e quindi il perdurare del suo nome. È questa la celebre "legge del levirato" (dal latino levir, "cognato"), presentata in Deuteronomio 25, 5-6 ma già applicata fin dall'epoca dei patriarchi, come dimostra la celebre vicenda di Er, Onan e Tamar in Gen 38. Tutto il libro di Rut gioca su questa norma per presentare l'idilliaca e quasi bucolica storia d'amore tra Booz e Rut.
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Tradizioni Il sandalo Il libro di Rut si presenta quasi come un "legal thriller dell'antichità", poiché per applicare la legge del levirato occorre che Booz scavalchi un parente più prossimo di lui ad Elimelec. Per farlo occorre giocare con le sottigliezze delle usanze giudaiche; ed il trapasso tra l'anonimo pretendente e Booz avviene attraverso una cerimonia assai arcaica. Il rituale prevede la consegna di un sandalo, probabilmente da spiegare con il fatto che il sandalo calpesta la terra, e quindi è simbolo di possesso: chi mette il suo sandalo su un terreno ne deve essere considerato il padrone. Quest'usanza è attestata altrove nella Bibbia. Ad esempio, nel salmo 60, 10 il Signore afferma: « Moab è il bacino per lavarmi, sull'Idumea getterò i miei sandali, sulla Filistea canterò vittoria! » Anche in questo caso il gesto di "gettare i sandali" indica la rivendicazione di un dominio. Invece in Deuteronomio 25, 9-10 il gesto di togliersi il sandalo aveva un significato infamante; ciò ci porta a pensare che il libro di Rut non è nato in ambiente deuteronomistico, ma in uno assai più tardo.
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La genealogia Il libro di Rut si conclude con un’arida genealogia(4, 18-22): « Questa è la discendenza di Perez: Perez generò Esron; Esron generò Aram; Aram generò Aminadab; Aminadab generò Naasson; Naasson generò Salmon; Salmon generò Booz; Booz generò Obed; Obed generò Iesse e Iesse generò Davide. » Le genealogie erano un genere letterario molto in voga in Israele, poiché i membri di ogni singola tribù ci tenevano ad accertare la loro origine e quindi la loro appartenenza a questo o a quel potente clan. Questo valeva in particolare per il re Davide, che iniziò la sua brillante carriera come re della sola tribù di Giuda. E siccome Perez era il figlio primogenito che Giuda ebbe dalla nuora Tamar (Gen 38, 6-30), esibendo questa genealogia Davide poteva ben vantare il diritto alla corona. Naturalmente sono riportati solo alcuni anelli della genealogia, perché fra Giuda e Davide intercorrono oltre 500 anni, e dunque i rappresentanti della dinastia non possono certo essere solo dieci.
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conclusione Il libro si chiude con la nonna Noemi che stringe felice tra le braccia il nipotino Obed. In realtà è proprio a questi che l'autore vuole arrivare, più che narrare la casta storia d'amore tra Booz e la sua sposa straniera, vista la sua illustre discendenza, che coincide con la stirpe dei re davidici, e in seguito addirittura con Giuseppe il falegname e con il Messia atteso. Si comprende così come il nostro libro va al di là del semplice quadretto d'amore paesano, per diventare un testo profondamente religioso, pervaso dall'orgoglio della dinastia davidica e dalla speranza dell'avvento messianico. Ciò giustifica la sua inclusione sia nella Bibbia ed anche la frequenza con cui questo libro viene letto durante la celebrazione religiosa del matrimonio cristiano. Del resto, come tutti sappiamo, nella sua genealogia di Gesù Cristo l'evangelista Matteo cita solo quattro donne (l'evangelista Luca non ne cita nessuna), due delle quali sono straniere (Raab e Rut), e tutte venivano biasimate dai benpensanti farisei della sua epoca: Tamar, che si traveste da prostituta e giace con il suocero Giuda per assicurargli una discendenza; Raab, che a sua volta è presentata come la prostituta di Gerico che consegna la città nelle mani di Giosuè (secondo Matteo è anche la madre di Booz, anche se la distanza cronologica tra i due è in realtà di quasi due secoli); Betsabea, la moglie di Uria che pecca assieme a Davide e per questo perde il primo figlio; ed infine proprio Rut, una straniera pagana disprezzata da tutti. Qui siamo davvero di fronte alla realizzazione delle parole del Salmo 116: « La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d'angolo »!
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Racconti edificanti Racconti edificanti ("midrashim"), e quindi non propriamente storici, sono poi i tre libretti di Tobia, Giuditta ed Ester, che, trattando con grande libertà i dati della storia e della geografia, illustrano la vita di Israele nel tempo dell'esilio e della diaspora. In essi si insegna la fiducia nella presenza provvidenziale e liberante di JHWH per il suo popolo nel bisogno.
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I Maccabei Infine, i due libri dei Maccabei contengono l'eco della lotta di quanti tra gli Ebrei vogliono difendere la propria identità di popolo di JHWH al tempo dei tentativi di forzata ellenizzazione da parte dei Seleucidi, i re siriani di Antiochia (II sec. a.C.). È un momento di libertà che dura alcuni decenni, finché anche la Palestina diviene dominio romano (63 a.C.). Si è alla vigilia della nascita di Gesù, che nasce dunque suddito di Roma, probabilmente tra gli anni 7 e 5 prima della nostra era.
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Fratelli di Gesù Grazie a tutti alla prossima
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