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PubblicatoArrigo Lazzari Modificato 10 anni fa
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La vita indipendente: presente e strategie future Piergiorgio Maggiorotti – presidente della Fish Piemonte La Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap riunisce in tutta Italia un numero consistente di associazioni costituite da persone con disabilità e loro famiglie/amici/sostenitori, con lo scopo di sensibilizzare e promuovere iniziative finalizzate al superamento delle condizioni che determinano l’handicap. La Fish Piemonte, costituita nel marzo 2001, ne è l’espressione regionale. Attualmente aderiscono alla Fish Piemonte 19 associazioni attive a livello regionale La sede legale è in via Padova 27/a in Torino. La Fish Piemonte è stata individuata dall’assessorato regionale alle politiche sociali, assieme con l’associazione Consequor, come rappresentanza delle persone con disabilità nella definizione degli indirizzi delle iniziative per l’attuazione del disposto della legge 162/98 e per la valutazione di tali iniziative. La FISH Piemonte (federazione che aggrega a livello regionale 19 associazioni di persone con disabilità e loro famigliari) era stata individuata dall’assessorato alle politiche sociali come “realtà di rappresentanza di associazioni di persone con disabilità”, assieme con l’Associazione Consequor, e come tale invitata ad incontri nel corso dei quali veniva richiesto di esprimere un parere su documenti, delibere, atti diversi inerenti il tema della ‘vita indipendente’.
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PREMESSA La sperimentazione recentemente conclusa ha permesso di osservare che: L’autogestione della propria assistenza personale consente alla persona di soddisfare in modo più efficace ed efficiente i propri bisogni assistenziali senza dover dipendere dall’organizzazione di servizi spesso ingessata da orari e vincoli di mansionario. La personalizzazione e la flessibilità degli interventi rappresentano per le persone con disabilità una risposta efficace ed efficiente. Questa esperienza di ‘rappresentanza’, pur se espletata con limiti anche importanti, di cui in questa sede non vogliamo parlare (se non accennando alla constatazione che non si è trattato di un ‘tavolo di concertazione’, come auspicato dalle associazioni) ed il contatto diretto con gruppi/associazioni a livello regionale e nazionale che da tempo trattano la tematica dell Vita Indipendente, ci consente di affermare che: la sperimentazione ha evidenziato come l’autogestione della propria assistenza personale può consentire alla persona con disabilità di soddisfare in modo più efficace ed efficiente i propri bisogni assistenziali senza dover dipendere dall’organizzazione di servizi spesso ingessata da orari e vincoli di mansionario. La personalizzazione e la flessibilità degli interventi rappresentano per le persone con disabilità una risposta efficace ed efficiente. Le Linee Guida recentemente approvate favoriranno alcuni passi avanti, coerenti con le considerazioni espresse prima. Abbiamo apprezzato che la DGR di approvazione delle Linee Guida abbia citato, in via preliminare la Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità (13 dicembre 2006 – Assemblea), che tratta anche del tema della Vita Indipendente, prevista come diritto di tali persone. Tale Convenzione, approvata nel mese di dicembre 2007 dal Governo Italiano, deve ancora essere ratificata dall’attuale Parlamento, impegno assunto verbalmente in clima preelettorale da tutte le forze politiche. Abbiamo preso atto (Determinazione n. 225 della Direzione Politiche Sociali) del fatto che sono stati destinati finanziamenti sufficienti a consentire la copertura dei costi di 174 progetti. Torniamo alle Linee Guida (DGR n del 21 luglio 2008)
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Con le recenti Linee Guida sono stati fatti alcuni passi avanti: 1
Con le recenti Linee Guida sono stati fatti alcuni passi avanti: 1. Ampliamento della platea dei possibili destinatari: * persone impegnate in ‘attività di volontariato attivo’ (pur con i limiti di cui di dirà dopo) *genitori disabili, * persone con + di 65 anni ‘(permanendo le condizioni ed i requisiti’). 2. L’assistente personale può essere anche un familiare convivente. Abbiamo apprezzato la scelta di ampliare la platea di possibili destinatari dell’intervento essendo state inserite persone impegnate in ‘attività di volontariato attivo’ (pur con i limiti che più avanti preciseremo) ‘genitori disabili’, ed essendo stata prevista la possibilità di proseguire nella fruizione delle risorse da parte di ‘persone con + di 65 anni’ ‘permanendo le condizioni ed i requisiti’. Abbiamo pure apprezzato che si sia previsto che l’assistente personale possa essere un familiare. A questo proposito vorremmo evidenziare le seguenti criticità che concernono la scelta, spesso difficile, dell’assistente personale: + la scelta di un familiare non raramente è il segnale della difficoltà a reperire un valido assistente + attualmente il ‘mercato’ delle/dei assistenti familiari non è regolamentato, se non per l’indicazione che viene fatta dell’obbligo di rispettare le regole dettate dalla normativa vigente sulle assunzioni e sulla determinazione del livello contrattuale + l’opportunità o meno di individuare un profilo professionale e un percorso formativo delle /dei assistenti e l’utilità , o meno, di prevedere una sorta di ‘albo’ regionale è materia di un dibattito ancora aperto + sarebbe utile/necessario sostenere iniziative per la formazione di base di tale personale + comunque la scelta dell’assistente deve essere prioritariamente espressa dalla persona destinataria degli interventi
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interventi ‘anche della durata di 24 ore’
3. Ammesse le situazioni di coabitazionee con i propri familiari od altre persone, oppure in residenze comunitarie (comunità alloggio, case famiglia, ecc.) 4. Il contributo è previsto per interventi ‘anche della durata di 24 ore’ Possibilità di assunzione di più di un solo assistente personale 5. Possibilità di sostituire un progetto di vita indipendente o con un progetto di sostegno all’autonomia o con interventi diretti quando il progetto ‘perda le connotazioni di vita indipendente’ Sono garantiti agli Enti gestori finanziamenti aggiuntivi con i fondi della legge 162. Condividiamo il fatto che non si sia posto come condizione per l’avvio di un progetto di VI la disponibilità di una abitazione autonoma, interpretando questa scelta come possibilità di proporre progetti anche da parte di chi si trovi in situazioni di coabitazionee con i propri familiari od altre persone, oppure in residenze comunitarie (comunità alloggio, case famiglia, ecc.). Abbiamo apprezzato il fatto che il contributo sia previsto per interventi ‘anche della durata di 24 ore’ (interpretando tale indicazione come apertura alla possibilità di assunzione di più di un solo assistente personale, pur consapevoli del fatto che il limite massimo di finanziamento concedibile - € ,00 - non può, al momento, consentire di per sé, stanti i vincoli contrattuali da rispettare nel rapporto con gli assistenti personali, la copertura di 24 ore di attività assistenziale utilizzando unicamente tale finanziamento; conseguentemente, avviene che le persone in condizioni di gravità si trovano costrette a pagare di tasca propria il servizio aggiuntivo che è necessario, fatta salva la possibilità di avvalersi di servizi per la domiciliarità socioassistenziale messi in campo dai Consorzi). Condividiamo il fatto che si preveda la possibilità che un progetto di vita indipendente possa essere sostituito o con un progetto di sostegno all’autonomia o con interventi diretti, in tutti i casi in cui il progetto ‘perda le connotazioni di vita indipendente’, essendo comunque garantiti finanziamenti aggiuntivi con i fondi della legge 162 (in tal modo si offre una via di uscita a quegli enti gestori che si sono trovati a dover assumere decisioni spiacevoli per alcuni assistiti, dovendo negare continuità agli interventi avviati e non potendo garantire con i fondi della 162/98 non dedicati ai progetti di VI, già impegnati per altre attività, la copertura dei costi assistenziali).
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e sono state individuate
6. Si è dichiarata conclusa la sperimentazione avviata nel 2003, e sono state individuate Linee di indirizzo omogenee per tutto il territorio regionale cui gli Enti gestori debbono attenersi. A nostro parere, è stato definito un livello di intervento sociale ‘esigibile’ da parte di tutti i cittadini che rientrino nei requisiti indicati. Infine, abbiamo apprezzato che con la dgr di approvazione delle linee guida si sia dichiarata conclusa la sperimentazione avviata nel 2003, e si siano individuate Linee di indirizzo omogene per tutto il territorio regionale cui gli enti gestori sono tenuti attenersi. Noi abbiamo interpretato tale indicazione come definizione di un livello di intervento sociale da intendere come ‘esigibile’ da parte di tutti i cittadini che rientrino nei requisiti indicati.
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se non viene aiutato a superarli
Quali invece gli aspetti non condivisibili del documento regionale? *Non è facilmente discriminabile chi ha una capacità di autodeterminazione e chiara volontà di gestire in modo autonomo la propria esistenza e le proprie scelte’ da chi non si trovi in tali condizioni. Si potrebbe così determinare una selezione a monte od una autoesclusione esercitata da parte del possibile candidato al progetto, se indotto a rinunciarvi dalla difficile superabilità di ostacoli, quali gravi limitazioni nella possibilità di spostarsi, difficoltà ad avviare una attività produttiva autonoma od ad essere assunti in realtà produttive o presso realtà di servizi, carenze od insufficienze nell’assistenza sanitaria, ecc. se non viene aiutato a superarli Quali invece gli aspetti per noi non condivisibili del documento regionale? Nell’individuare i destinatari si incorre ancora nell’errore di ritenere che sia facilmente discriminabile chi ha ‘una capacità di autodeterminazione e chiara volontà di gestire in modo autonomo la propria esistenza e le proprie scelte’ da chi non si trovi in tali condizioni. Il rischio evidente che si corre è che in mancanza di criteri che non siano concretamente individuati, e non lasciati alla sola capacità di discriminazione dell’operatore sociale, si determini una selezione a monte; selezione, in realtà, autoesclusione, potrebbe anche essere esercitata da parte del possibile candidato al progetto, se indotto a rinunciarvi dalla difficile superabilità di ostacoli, non aiutato a pensarli come superabili da parte chi potrebbe operare in tal senso. Ostacoli quali gravi limitazioni nella possibilità di spostarsi, difficoltà ad avviare una attività produttiva autonoma od ad essere assunti in realtà produttive o presso realtà di servizi, carenze od insufficienze nell’assistenza sanitaria, ecc.
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A nostro parere, si corre il rischio di assumere un atteggiamento di falso moralismo nell’escludere da tale opportunità coloro che non siano inseriti in contesti lavorativi o formativi o sociali con rilevanza a favore di terzi, vale a dire coloro, e forse sono la maggioranza dei potenziali candidati, che non abbiano ancora esercitato tale tipo di opzione, o non intendano esercitarla. Ci domandiamo: perché escludere dal progetto coloro che non prevedono (perché non vogliono od oggettivamente non possono) di ‘lavorare’, ‘studiare’ oppure ‘fare volontariato attivo’ ma semplicemente vogliono ‘vivere’ in autonomia? Inoltre: perché escludere dal progetto coloro che per la gravità / cronicità/ progressività della malattia determinante la loro non autosufficienza non sono in grado di gestire il complesso dei compiti propri ad un ‘datore di lavoro’ ? (tra l’altro, in questi casi, va considerata la disponibilità di un parente od un altro care giver, o di un amministratore di sostegno, e se così non fosse, sarebbe utile/necessario prevederne la presenza).
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Vero, ci verrà detto, c’è comunque il limite determinato dall’ammontare delle risorse attualmente disponibili. Noi rispondiamo che la limitatezza delle risorse, anche in questo caso, è ‘politicamente determinata’. A nostro parere, per rendere possibile la realizzazione del personale percorso di vita indipendente anche da parte di chi non è esplicitamente ricompreso nella descrizione formulata nelle linee guida, occorre assumere alcune decisioni che vanno condivise. E’ vero, le risorse messe a disposizione per progetti di VI indipendente sono di fatto severamente ‘contingentati’ dalla DGR recentemente approvata. Non sono, di fatto, aperte concrete possibilità di aumentare il numero di possibili beneficiari, rientranti nei criteri di accesso fissati dalle linee guida ( ferme restando le nostre critiche alle limitazioni di cui abbiamo parlato) oltre a quelli che vi sono previsti (174). Pur dovendo le risorse deliberate essere destinate prioritariamente all’attivazione di progetti presentati da persone con disabilità motoria più grave (SCELTA CHE NOI CONDIVIDIAMO), osserviamo che questi vengono messi IN ATTESA da parte della maggioranza degli enti gestori (tutto ciò a fronte del fatto, contradditorio, della assenza di alcuni Consorzi dal novero di chi attivato progetti). Se di diritto esigibile si può/deve parlare, occorrerebbe che si conoscesse il dimensionamento della platea dei potenziali fruitori di questa opportunità (INDAGINE EPIDEMIOLOGICA E SOCIALE E SISTEMA DI SORVEGLIANZA DELLE NON AUTOSUFFICIENZE), cui riferire l’insieme dei fondi da impegnare). La conoscenza della dimensione potenziale della domanda è sicuramente utile ai Consorzi per programmare l’entità delle risorse, adeguandole a tale domanda, ed implementandole, se necessario, qualora non fosse sufficiente il contributo regionale. D’altra parte, tale integrazione è concreta esperienza messa in atto in alcuni (pochi) Consorzi: perché non diventa una pratica diffusa? Noi siamo convinti che attivando un progetto di VI ci sia un ‘risparmio’ per la collettività nel suo complesso. L’affermazione potrebbe essere contestabile, perché probabilmente gli Enti gestori, stanti i vincoli reddituali attualmente previsti, difficilmente avrebbero erogato interventi di tipo economico o assistenziale (assistenza domiciliare) in un’entità equivalente al contributo previsto per i progetti di Vita Indipendente. Siamo convinti che la collettività abbia avuto un beneficio dal mantenimento in attività di persone che per le loro condizioni di grave disabilità avrebbero probabilmente smesso di essere produttive, o non sarebbero state sostenute nella loro scelta di svolgere attività di volontariato. Quello che è certo è che si tratta di un investimento sul futuro della società oltre che della persona che può diventare produttiva seppur con i suoi limiti o acquisire competenze tali per cui i suoi bisogni assistenziali si riducono. Oltre a ciò non si può non considerare il valore che ha per ogni persona la sua autonomia: NON HA PREZZO!!
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Altra osservazione: ci sembra alquanto ambigua
la formulazione del criterio relativo la determinazione dell’impatto del reddito personale e della disponibilità di un non meglio precisato complesso di risorse sull’entità del contributo. Dalla lettura si capisce che non si tratta di un vincolo escludente dalla possibilità di attivare un progetto, ma non si dice molto di più lasciando agli enti gestori, ci pare, la facoltà di determinare criteri di calcolo dell’impatto del ‘reddito personale’ e descrivere nel dettaglio il ‘complesso delle risorse a disposizione’. Alcuni di noi si sono domandati, ad esempio, se la disponibilità di un servizio di trasporto gestito dal / dai Comune/i rientri nel calcolo di tale ‘complesso di risorse disponibili’. Ci preoccupa il fatto a che in Regione alcuni enti gestori utilizzino l’ISEE come criterio di riferimento, altri no (come avviene a Torino: ma in questo caso, verranno applicati i criteri di calcolo del reddito personale previsti dalla delibera comunale relativa i servizi di assistenza domiciliare?). La questione dell’impatto del parametro ‘reddito’ a nostro parere non verrà risolta in modo soddisfacente fintatochè non si preciserà la natura del contributo per l’attivazione di un progetto per la vita indipendente: che si tratti di una questione da ricomprendere nell’ambito delle decisioni organizzative /gestionali che dovranno assumere gli enti gestori dei servizi sociali, sembra indiscutibile. Che però la materia non debba essere gestita come se si trattasse semplicemente di una diversa tipologia di servizio di domiciliarità indiretta, pare altrettanto indiscutibile. Osserviamo che nelle linee guida (par.’valutazione dei piani progettuali’) si afferma: ..’tali progetti non devono essere confusi con progetti di sostegno alla disabilità che possono essere garantiti anche con assegni di cura o con altre forme di intervento indiretto ex legge 162/98’. A nostro parere, le linee guida non chiariscono a sufficienza tale questione, anche se ci sembra che il riferimento che si fa alla dgr del (in relazione alle modalità di ricorso) faccia pensare che i progetti di vita indipendente siano da ricomprendere tra le attività di tipo sociosanitario (domiciliarità a carattere progettuale). Una decisione di tale tipo potrebbe aprire le porte ad una decisione che fino ad oggi non si è voluta assumere: quella relativa il concorso del SSR ai costi dei progetti. Sollecitiamo dunque gli uffici regionali ad attivarsi in questa direzione, pur consapevoli delle difficoltà in cui navigano un buon numero di aziende sanitarie locali. Ma anche in questo caso, ci si trova di fronte ad una decisione che non può che essere ‘politicamente determinata’.
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Le riflessioni che in quanto FISHP abbiamo fatto, assolutamente non conclusive né esaustive, ma aperte ad ogni ulteriore contributo, non possono concludersi qui, senza ribadire un concetto per noi irrinunciabile, che è il seguente: I progetti di Vita Indipendente non debbono diventare privilegio di pochi, ma debbono rappresentare una modalità diversa di intendere e gestire gli interventi a favore delle persone con disabilità. Tutto ciò in relazione ad una considerazione, che vorremmo condivisa: l’attuale sistema dei servizi è troppo rigido e non risponde alle specifiche esigenze di ogni persona con disabilità; inoltre, non c’è una presa in carico globale ma parcellizzata a causa di competenze diverse, capitoli di bilancio differenti, personale dipendente da organizzazioni differenti. E’ la persona che deve adattarsi alle esigenze delle organizzazioni che sono deputate a dare servizi e non il servizio che si adatta alle esigenze della persona.
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Come tradurre in pratica questa indicazione?
LA NORMATIVA Il Piano SSR al capitolo 4, paragrafo ‘Le persone con disabilità’, fornisce alcune indicazioni sulle strategie di sviluppo degli interventi sanitari e sociali nel campo del superamento delle condizioni che favoriscono/determinano esclusione sociale alle pcd. Si prevedono: 1. La programmazione integrata a livello regionale e locale degli interventi. 2. L’attivazione in tutti i distretti sociosanitari di équipes multidisciplinari-multiprofessionali per la presa in carico delle persone con disabilità, tra i compiti delle quali, attivate nel contesto delle competenze delle unità valutative multidisciplinari dei distretti, c’è quella fondamentale di ‘proporre e condividere, coinvolgendo la persona interessata o chi la rappresenta,il progetto individuale’. 3. L’avvio di interventi di assistenza domiciliare integrata sanitaria e socioassistenziale: in particolare nel Piano si afferma che ‘percorsi di lungo periodo devono essere compresi nel piano individuale (es.: progetti di vita indipendente ed autonoma)’.
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Dunque, il PSSR vigente afferma che i progetti di vita indipendente costituiscono un aspetto del piano individuale. Quali sono le conseguenze di questa affermazione? Secondo noi, le seguenti: 1. Non si può più pensare ad un progetto di VI al di fuori del percorso che porta alla definizione del piano individuale, del quale la risorsa Vita Indipendente è un aspetto. Quindi: nessun progetto di vita indipendente può esere assunto al di fuori di una progettualità complessiva (piano individuale) concertata e condivisa con la persona o con chi la rappresenta. Al momento attuale in stragrande maggioranza i ‘progetti di VI’ si limitano ad essere un mero intervento economico finalizzato a favorire la vita indipendente, ma non di per sé un vero ‘progetto’ di vita. 2. Conseguentemente , le Unità di Valutazione Multidisciplinari distrettuali (le attuali UVH o commissioni miste sociosanitarie indicate nelle linee guida) non debbono limitarsi ad approvare progetti di Vita Indipendente preconfezionati e non ricompresi in una progettualità più complessiva, ma debbono sforzarsi di assolvere al loro ruolo primario che è quello di garantire la definizione dei progetti individuali, validarli e monitorarli, prevedendo l’attivazione di progetti di vita indipendente ed autonoma qualora ciò risponda alle aspettative e necessità della persona. 3. I progetti di VI vanno assunti ed approvati contestualmente alla definizione ed attivazione delle risorse (sostegno alla mobilità, alla individuazione di un contesto abitativo autonomo, alla definizione di percorsi di inserimento formativo – anche universitario – e lavorativo, attivazione di interventi di domiciliarità sanitaria, ecc.) individuate come necessarie per far sì che il destinatario del piano individuale possa giovarsi positivamente di un intervento per la vita indipendente.
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L’OPERATIVITA’ NEI CONSORZI
E’ necessario prima di tutto che le politiche e le organizzazioni tenute ad attuarle abbiano come obiettivo primario l’autonomia della persona e la sua emancipazione, che deve essere guardata nella sua unitarietà non frammentata in parti differenti a seconda dell’ufficio a cui ci si rivolge. Occorre che i servizi unifichino interventi differenti come parte di un tutto che ha come unico scopo il ben-essere della persona ed il raggiungimento del livello massimo di autonomia possibile. Il progetto individuale così come previsto dall’art. 14 della legge 328/00 può essere lo strumento, se non diventa l’ennesima trappola burocratica in cui restano prigioniere le persone che chiedono aiuto ai servizi. Si tratta di costruire dei percorsi flessibili, trasparenti e individualizzati che vadano incontro alle persone adattandosi alle loro esigenze e non costringendo le persone ad adattarsi a procedure spesso prive di senso. La costruzione di un modello nuovo di presa in carico e di progetto individualizzato è la scommessa dei prossimi anni che, come associazioni, dobbiamo proporre alle istituzioni.
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Ultima (non per importanza) affermazione: a nostro parere,
i progetti di vita indipendente debbono rappresentare opportunità offerte a persone con diverse tipologie di disabilità, e quindi occorre non escludere dalla possibilità di attivare un progetto di VI persone con disabilità diversa dalla ‘grave disabilità motoria’ indicata dalle linee guida. In questo documento abbiamo sempre parlato di ‘disabilità’ senza specificarne la natura, proprio perché siamo convinti, per quanto abbiamo affermato in precedenza, del diritto di persone con altre disabilità, ad esempio sensoriale, che non dispongano già di analoghe opportunità, ad attivare un progetto di vita indipendente, finalizzato al superamento delle barriere che impediscono la realizzazione della propria autonomia. Progetti da ricomprendere anche in questo caso nel contesto del piano individuale. Siamo pure convinti che si debbono favorire con finanziamenti ad hoc (ex legge 162/98) progetti di vita autonoma messi in atto da persone con disabilità intellettiva, sostenuti da un adulto di riferimento in funzione di care giver od amministratore di sostegno. Siamo consapevoli che con questa affermazione allarghiamo i confini all’interno dei quali si è sviluppato finora il nostro ragionamento. Ma perché non promuovere interventi finalizzati a favorire progressivamente percorsi di autonomia da parte di persone con disabilità intellettiva, garantendo il diritto a fruire delle necessarie risorse da destinare alla realizzazione dei progetti? E’ chiaro che offrire questa opportunità è alternativo all’interdizione della persona ed ha il fine di favorire l’emergere delle potenzialità possibili. Ciò che conta è l’idea di una opportunità esigibile.
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Ci verrà detto: ma cosa c’entra quanto avete detto circa le disabilità intellettive con ciò su cui abbiamo finora ragionato, parlando di progetti di vita indipendente da destinare a persone concapacità di autodeterminazione? Rispondiamo che può c’entrare se si è disponibili a far saltare le divisioni tra ‘capitoli di bilancio’ ed interpretare la legge 162/98, nei suoi diversi aspetti, come norma che garantisce risposte non settoriali, favorendo una progettualità più complessiva sui temi della vita indipendente ed autonoma. La FISHP, federazione di associazioni di persone e famiglie con disabilità diverse (fisiche, intellettive e sensoriali) vuole ragionare a tutto campo sul tema dell’autonomia, favorendo il superamento di barriere e categorie.
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A nostro parere, occorre che le associazioni non si limitino a cercare di ottenere qualcosa su questioni molto specifiche: vita indipendente, integrazione scolastica, lavoro, ecc. ma comincino ad esigere che si inizi ad investire con modalità diverse le risorse con l’obiettivo di offrire veramente delle soluzioni individualizzate, rispondenti ai bisogni delle persone e al loro diritto di autonomia. Senza un cambiamento culturale di tutti si perderà la scommessa e non possiamo permettercelo!
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