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LOGICA E FILOSOFIA DELLA SCIENZA a.a. 2013-2014
Orari: Mercoledì U6-5 Giovedì U6-5 Venerdì U6-5 Ricevimento: Scrivere a
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FREQUENZA E MODALITÀ DI ESAME
Si considera frequentante lo studente che abbia frequentato almeno il 70% delle lezioni (con apposito foglio presenze). Al termine del corso è prevista una prova scritta, che dedica particolare attenzione agli argomenti trattati nelle lezioni. La prova scritta al termine del corso è riservata esclusivamente agli studenti frequentanti. La prova scritta per gli studenti non frequentanti sarà incentrata sulla totalità dei temi generali del programma ed è diversa da quella per gli studenti frequentanti.
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Bibliografia per la parte generale
Struttura del corso Parte generale Introduzione alla filosofia della scienza La rivoluzione scientifica della modernità e il suo impatto culturale Elementi di logica: introduzione alle forme del ragionamento deduttivo Bibliografia per la parte generale F. Laudisa, E. Datteri, La natura e i suoi modelli. Introduzione alla filosofia della scienza, Archetipo, 2011. F. Berto, Logica da zero a Gödel, Laterza, 2011 (solo i capitoli 1 e 2).
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Parte monografica Il problema della natura del linguaggio, nel quadro delle moderne scienze cognitive. Saranno quindi affrontati temi come i seguenti: La nascita e lo sviluppo delle scienze cognitive e la costruzione di una teoria scientifica della mente Il rapporto mente/cervello e il il problema scientifico del linguaggio Il ruolo del linguaggio tra biologia e cultura, alla luce delle moderne acquisizioni della linguistica teorica il ruolo del linguaggio nella pragmatica della comunicazione
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Bibliografia per la parte monografica D
Bibliografia per la parte monografica D. Marconi, Filosofia e scienza cognitiva, Laterza 2001 E. Datteri, Filosofia delle scienze cognitive, Carocci 2012 S. Pinker, L’istinto del linguaggio, Mondadori 1998 C. Bianchi, Pragmatica del linguaggio, Laterza 2006
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Perché la logica e la filosofia della scienza in un corso di laurea in comunicazione?
Il linguaggio come specifico oggetto di ricerca è di grande interesse per gli studi sulla comunicazione e la logica è uno strumento fondamentale nell’analisi dei linguaggi e della struttura dell’informazione. La filosofia della scienza – talvolta indicata con il termine epistemologia, dal greco logos+episteme [discorso sulla scienza] – si occupa dei fondamenti della conoscenza scientifica. Ma, più in generale, essa indaga i ‘fondamenti del sapere’: una prospettiva epistemologica può rendere più critici e consapevoli nei confronti delle basi della cultura umana e questo è di estrema importanza anche in un’ottica interculturale.
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Uno sguardo alla natura della filosofia (Thomas Nagel, Una brevissima introduzione alla filosofia, Il Saggiatore 1989) «La filosofia è diversa dalla scienza e dalla matematica. Diversamente dalla scienza non fa assegnamento sugli esperimenti o l’osservazione, ma solo sul pensiero. E diversamente dalla matematica non ha un metodo formale di dimostrazione. La si fa solo ponendo questioni, argomentando, elaborando idee e pensando ad argomenti possibili per confutarle, e chiedendosi come davvero funzionano i nostri concetti.» È una circostanza simbolica che la filosofia occidentale, intesa in questo senso usuale, nasca di fatto in forma dialogica con l’opera filosofica di Platone (IV sec. a. C.)
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«Il principale interesse della filosofia è mettere in questione e comprendere idee assolutamente comuni che noi tutti impieghiamo ogni giorno senza pensarci sopra. Uno storico può chiedere cosa è accaduto in un certo tempo del passato, ma un filosofo chiederà Cosa è il tempo? Un matematico può studiare le relazioni tra numeri, ma un filosofo chiederà Cos’è un numero? Un fisico chiederà di cosa sono fatti gli atomi o cosa spiega la gravità, ma un filosofo chiederà Come possiamo sapere che vi è qualcosa al di fuori delle nostre menti?
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Uno psicologo può studiare come i bambini imparano un linguaggio, ma un filosofo chiederà Cosa fa in modo che una parola significhi qualcosa? Chiunque può chiedersi se è sbagliato entrare in un cinema senza pagare, ma un filosofo chiederà Cosa rende un’azione giusta o sbagliata? Non potremmo farcela a tirare avanti nella vita senza prendere per scontate le idee di tempo, numero, conoscenza, linguaggio, giusto e sbagliato; ma in filosofia ci occupiamo proprio di queste cose.»
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Che cos’è la scienza? Ecco una domanda alla quale sembra facile rispondere: tutti sanno che discipline come la fisica, la chimica e la biologia fanno parte della scienza, mentre arti, musica e teologia ne sono escluse. Quando però ci chiediamo in quanto filosofi che cosa sia la scienza, non è questo il tipo di risposta che cerchiamo. Non chiediamo una mera lista delle attività che sono di solito chiamate «scienza». Piuttosto ci stiamo interrogando sulla caratteristica comune condivisa da tutte le attività della lista. Ovvero su ciò che rende qualcosa una scienza. Intesa in questo modo, non si tratta di una domanda banale. S. Okasha, Il primo libro di filosofia della scienza
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La domanda è in realtà molto antica e risale alle origini stesse del pensiero filosofico: il problema di cosa sia la scienza è al centro di uno dei più importanti dialoghi di Platone, il Teeteto. “È proprio questo ciò che mi fa problema, e che non riesco da me stesso a comprendere a sufficienza: che cosa è mai scienza? [...] Ma quello che ti è stato chiesto, Teeteto, non era questo, ossia di quali oggetti sia la scienza, né quante siano le scienze. Ponendo la domanda, infatti, non volevamo enumerare le scienze, bensì sapere che cosa è mai la scienza in sé.”
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Platone utilizzava il termine “scienza” nel senso generale di “conoscenza autentica” e non distingueva in modo netto tra ciò che oggi intendiamo con “scienza” e ciò che oggi intendiamo con “filosofia” (torneremo dopo sull’importanza di questa distinzione). Nel nostro tempo, supponendo di sapere esattamente come e perché scienza e filosofia siano distinte, notiamo subito come esista un’implicazione reciproca tra filosofia e scienza: da una parte, la scienza ha ricadute sui modi di vedere il mondo (dalla scienza alla filosofia), ma dall’altro la filosofia influenza la scienza (dalla filosofia alla scienza).
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I assunzione fondamentale della filosofia della scienza: Esistono questioni che nascono dalle scienze ma che non si esauriscono nelle scienze e che non possono fare a meno di un’analisi filosofica. Che particolare tipo di conoscenza è la conoscenza scientifica? Quali sono i limiti della conoscenza scientifica? Perché larga parte della conoscenza scientifica è dimostrativa? Cosa rende certa la conoscenza dimostrativa? Cos’è una dimostrazione?
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II assunzione fondamentale della filosofia della scienza: I tentativi di rispondere a queste domande sono importanti in generale non soltanto per la filosofia ma spesso si sono dimostrati importanti anche per la scienza. Esempi (recenti): Cos’è una dimostrazione? LOGICA FORMALE Cos’è un calcolo? INFORMATICA TEORICA Cos’è la mente? Il pensiero è un calcolo? SCIENZE COGNITIVE Mente/linguaggio?
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Per motivi non banali, la scienza è ritenuta una fonte di conoscenza “certa”, “oggettiva”, “affidabile”, ecc. Nel senso comune, l’aggettivo “scientifico” denota affermazioni che supportano una forma solida di conoscenza, idealmente non soggetta a quei ‘punti di vista’ e a quelle ‘interpretazioni’ che sembrano caratterizzare il mondo della cultura non strettamente scientifica. Quali sono i fondamenti di questa intuizione del senso comune? In che termini essa può essere considerata plausibile?
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In prima approssimazione, potremmo fornire la seguente definizione:
La filosofia della scienza prova a rispondere a domande come queste, che assumono grande importanza alla luce del ruolo che, in un senso o nell’altro, la scienza svolge nelle moderne società avanzate. In prima approssimazione, potremmo fornire la seguente definizione: FILOSOFIA DELLA SCIENZA Analisi dei metodi, dei contenuti concettuali e delle implicazioni filosofiche delle scienze
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Una dimensione epistemica (da episteme)
Due dimensioni fondamentali della filosofia della scienza, che spesso interagiscono: Una dimensione epistemica (da episteme) Quali sono le possibili giustificazioni della conoscenza scientifica? Quali sono i metodi utilizzati dalle teorie scientifiche per ottenere i loro risultati e come si giustificano tali metodi? Una dimensione ontologica (da onto-logia) Quali sono le rappresentazioni del mondo fornite dalle teorie scientifiche? Quali sono il significato di queste rappresentazioni e il loro impatto su nozioni filosofiche tradizionali?
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La filosofia della scienza si configura dunque come indagine filosofica sulla natura della conoscenza scientifica. La filosofia si è sempre interrogata sulla natura della conoscenza in generale: dunque un problema ancora più urgente è stato quello di interrogarsi sulla natura di quella particolare forma di conoscenza rappresentata dalla conoscenza scientifica.
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Si pongono allora questioni come:
Cosa rende ‘speciale’ la conoscenza scientifica? Perché riteniamo che la conoscenza scientifica sia più ‘certa’ delle altre forme di conoscenza? La conoscenza scientifica è realmente più ‘certa’? E in che senso? Come è possibile distinguere la conoscenza scientifica dalla ‘pseudoscienza’?
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Quando parliamo di filosofia, di scienza e di filosofia della scienza, assumiamo
di sapere che la scienza e la filosofia sono discipline ben distinte; di essere in grado - con un buon grado di approssimazione - di tracciare la linea di demarcazione tra esse. Ma è sempre stato così?
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L’immagine moderna di scienza come indagine sistematica dei fenomeni naturali e ad alto contenuto matematico-formale emerge in modo decisivo con la cosiddetta Rivoluzione scientifica (tra la seconda metà del XVI secolo e la fine del XVII secolo), a partire dalla quale diventa sempre più netta la distinzione tra scienze e altre forme di cultura.
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Il carattere rivoluzionario di questa epoca della cultura europea si deve all’introduzione di un modo radicalmente nuovo di analizzare i fenomeni naturali, che non deriva soltanto dall’accumulazione di fatti ed esperienze precedenti (né tantomeno dalla scoperta di un presunto ‘metodo scientifico’) ma che si configura piuttosto come un autentico rovesciamento di prospettiva.
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Un segnale culturalmente significativo della Rivoluzione scientifica è la ricorrenza dell’aggettivo nuovo in centinaia di testi filosofici e scientifici del XVII: il Nuovo organo di Bacone, la Nuova astronomia di Keplero, i Discorsi e Dimostrazioni intorno a due nuove scienze di Galileo, ......
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Aspetti di interesse epistemologico della Rivoluzione scientifica
Superamento dell’immagine aristotelica del cosmo (un’immagine qualitativa e gerarchicamente differenziata al suo interno). Un elemento fondamentale di questo superamento è la nuova centralità della modellizzazione e dell’idealizzazione dei fenomeni (esempio importante tra molti: il principio galileiano di relatività).
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“Sì come a voler che i calcoli tornino sopra i zuccheri, le sete e le lane, bisogna che il computista faccia le sue tare di casse, involgie ed altre bagaglie, così quando il filosofo geometra vuol riconoscere in concreto gli effetti dimostrati in astratto, bisogna che difalchi gli impedimenti della materia; che se ciò saprà fare, io vi assicuro che le cose si riscontreranno non meno aggiustatamente che i computi aritmetici. Gli errori dunque non consistono né nell’astratto né nel concreto, né nella geometria o nella fisica, ma nel calcolatore, che non sa fare i conti giusti.” Galileo Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632)
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CONSEGUENZE: Applicazione crescente della matematica ai fenomeni naturali. Centralità del concetto di esperimento, inteso come costruzione artificiale - sia essa puramente mentale o concretamente realizzabile - e mirato a indagini specifiche.
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Elemento centrale di larga parte della Rivoluzione scientifica è stata dunque la matematizzazione del mondo naturale, conseguenza di una nuova capacità di modellizzare i fenomeni. “La scomparsa - o distruzione - del cosmos indica che il mondo della scienza, il mondo reale, non è più visto o concepito come un tutto finito e ordinato gerarchicamente, cioè qualitativamente e ontologicamente differenziato, bensì come un universo aperto, indefinito e anche infinito, tenuto insieme non dalla sua struttura immanente, ma soltanto dall’identità dei suoi contenuti e leggi fondamentali. Un universo nel quale la fisica celeste e la fisica terrestre vengono identificate e unificate, nel quale astronomia e fisica diventano interdipendenti e strettamente connesse a motivo della loro comune subordinazione alla geometria.” A. Koyré, Il significato della sintesi newtoniana
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ESEMPIO: I MODELLI COSMOLOGICI
“Ogni mutazione locale apparente deriva o dal movimento della cosa guardata, o da quello di chi guarda, o da mutazione certamente ineguale di entrambi. Perché fra cose mosse in modo eguale nello stesso senso non si percepisce movimento, intendo dire tra l’oggetto veduto e colui che lo vede. Ora è proprio la Terra quella da cui è visto quel circuito celeste e offerto alla nostra vista. Se dunque si ipotizza qualche movimento della Terra, esso apparirà in tutte le cose che gli sono esterne come di egual velocità, ma in senso opposto, come se quelle cose passassero via, quale è innanzitutto la rivoluzione diurna. Questa, infatti, sembra trascinare l’intero mondo, fuorché la Terra e quelle cose che sono intorno ad essa.
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Ma se si ammettesse che il cielo non ha nulla di questo movimento, e invece la Terra ruota da occidente a oriente, se qualcuno esaminasse seriamente quanto riguarda l’apparente sorgere e tramontare del Sole, della Luna e delle altre stelle, troverebbe che proprio così avviene. E poiché è il cielo quello che contiene e abbraccia tutto, il luogo comune di tutte le cose, apparirà subito perché si debba attribuire un movimento piuttosto al contenuto che al contenente, a ciò che è collocato piuttosto che a ciò che colloca.” N. Copernico, Le rivoluzioni dei corpi celesti (1543)
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Il principio di relatività galileiana
e la nascita della cinematica moderna Dialogo sopra i due massimi sistemi dell’universo (1632), giornata seconda “Rinserratevi con qualche amico nella maggior stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi fate d’aver mosche, farfalle, e simili animaletti volanti; siavi anco un gran vaso d’acqua e dentrovi de’ pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vadia versando dell’acqua in un altro vaso di angusta bocca che sia posto a basso. [...]
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e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quegli animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza; i pesci si vedranno andar notando indifferentemente per tutti i versi; le stille cadenti entreranno tutte nel vaso sottoposto; e voi, gettando all’amico alcuna cosa, non più gagliardamente la dovrete gettare verso quella parte che verso questa, quando le lontananze sieno uguali; e saltando voi, come si dice, a pie’ giunti, eguali spazii passerete verso tutte le parti. [...]
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Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia che mentre il vascello sta fermo non debbano succedere così, fate muovere la nave co quanta si voglia velocità; ché (pur che il moto sia uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti, né da alcuno di quelli potrete comprender se la nave cammina o pure sta ferma: voi saltando passerete nel tavolato i medesimi spazii che prima, né, perché la nave si muova velocissimamente, farete maggior salti verso la poppa che verso la prua, benché, nel tempo che voi state in aria, il tavolato sottosaltopostovi scorra verso la parte contraria al vostro salto. [...]
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e gettando alcuna cosa al compagno, non con più forza bisognerà tirarla, per arrivarlo, se egli sarà verso la prua e voi verso poppa, che se voi fuste situati per l’opposito; le gocciole cadranno come prima nel vaso inferiore, sensa caderne pur una verso poppa, benché, mentre la gocciola è in aria, la nave scorra molti palmi; i pesci nella lor acqua non con più fatica noteranno verso la precedente che verso la susseguente parte del vaso, ma con pari agevolezza verranno al cibo posto su qualsivoglia luogo dell’orlo del vaso; e finalmente le farfalle e le mosche continueranno i lor voli indifferentemente verso tutte le parti.”
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Conclusione: I fenomeni avvengono nello stesso modo come se la nave fosse in quiete rispetto alla terraferma. Se dalla stiva non possiamo vedere l’esterno, non c’è niente nei fenomeni osservati che ci permetta di accertare se la nave è ancorata nel porto o se sta navigando in mare aperto. In altri termini “La meccanica di Galileo e Newton soddisfa il seguente postulato: se un sistema di coordinate è scelto in modo tale che le leggi fisiche siano soddisfatte nella loro forma più semplice, le stesse leggi devono essere soddisfatte se riferite ad ogni altro sistema di coordinate K che si muova di moto traslatorio rettilineo uniforme rispetto al sistema K.” A. Einstein, I fondamenti della teoria della relatività generale
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Conseguenza per la difesa galileiana dell’astronomia copernicana:
è impossibile stabilire se la Terra, assunta come sistema di coordinate, sia in uno stato di quiete o di moto mediante osservazioni sul moto di corpi effettuate sulla Terra stessa.
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