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Cristologia.

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Presentazione sul tema: "Cristologia."— Transcript della presentazione:

1 Cristologia

2 Introduzione: il prologo della lettera agli Ebrei
«Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della maestà nell'alto dei cieli, ed è diventato tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato» (1, 1-4).

3 le due dimensioni fondamentali dell’automanifestazione di Dio in Gesù Cristo:
dimensione storico-escatologica (“in questi tempi che sono gli ultimi”) dimensione cosmico/antropologica (“per mezzo del quale ha fatto anche il mondo”) Il cristocentrismo: il dinamismo dell’agire-parlare di Dio è orientato e centrato sul Verbo fatto carne, centro e fine della storia la rivelazione cristiana si gioca in modo particolare sul piano della storia (quale luogo del manifestarsi più autentico di Dio) e nella figura di Gesù Cristo (mediatore della creazione e incarnazione di Dio nella storia), l’uomo che la Chiesa confessa essere Dio

4 La cristologia: una definizione
“cristologia” significa discorso (logos) su Cristo «la cristologia è essenzialmente un discorso di fede su Gesù di Nazaret confessato ed annunciato come Cristo, cioè come salvezza e speranza dell’uomo e del mondo, da parte di una Chiesa che proprio in questa fede ed in questo annuncio missionario trova la sua identità ed il suo scopo di esistere» Alcuni aspetti della definizione rapporto tra storia (Gesù di Nazaret) e fede (il Cristo) La Chiesa quale luogo di questa confessione: non ha senso elaborare una cristologia, cioè un discorso su Gesù di Nazaret, a prescindere dalla Chiesa. Se la cristologia è la confessione della fede della Chiesa di Gesù di Nazaret come Cristo, Dio fatto uomo per la salvezza, l’oggetto di questa disciplina è Gesù e tutto quello che possiamo sapere della sua vita, dall’inizio fino al suo compimento.

5 la decisività di una questione: l’accesso storico alla realtà dell’uomo Gesù di Nazaret
la plausibilità della fede in Gesù richiede una verifica sul piano della ragione storica per assicurare la storicità delle sue parole, dei suoi gesti, dei segni che ha compiuto e dell’evento decisivo della risurrezione questo non vuol dire ridurre il cristianesimo e la figura del rivelatore solo a ciò che è storicamente accertabile in maniera sicura l’accesso autentico alla realtà di Cristo è quello che accade nell’orizzonte della fede che, se da un lato è irriducibile al solo dato della storia, dall’altro non si dà senza il dato acquisito sul piano della storia Perciò: possiamo essere storicamente certi di Gesù? Che cosa possiamo accertare con i criteri della scienza storica su di lui?

6 La ricerca storica su Gesù: la prima fase (Old Quest): 1778-1906
Pubblicazione da parte del filosofo G.E. Lessing nel 1778 dei frammenti di H.S. Reimarus. In particolare nel settimo si afferma che i racconti di risurrezione sarebbero stati invenzioni prodotte dalla fede: i discepoli dopo la crocifissione e morte del loro maestro, dinanzi al crollo di tutte le speranze che egli aveva suscitato, decidono di rubare il cadavere e inventare la storia della risurrezione Inizia la stagione delle Vite di Gesù L’intento: riportare Gesù nel suo vero tempo, liberarlo dalla coltre teologica e dogmatica ricostruendo la sua biografia senza riferirsi ai miracoli da lui compiuti (giudicati non storici) e seguendo un taglio psicologico Il metodo: ci si basava sulla critica letteraria delle fonti; si cercavano fonti neutrali e il più vicino possibile ai fatti riportati, sottoponendo il tutto ad una critica razionalista che anzitutto escludeva i miracoli La particolare fortuna del vangelo di Marco che in quanto più antico (e breve) era considerato meno intriso di teologia e più affidabile sul piano storico

7 La crisi della prima ricerca
Non si giustifica e spiega né il motivo della morte in croce di Gesù come “re dei Giudei”, né la continuazione della sua missione nella chiesa Martin Kähler (1892): i vangeli non “biografie di Gesù” ma “Racconti della passione con una estesa introduzione” William Wrede (1901): partendo dalla considerazione che tutto il racconto marciano è attraversato da alcune tematiche ricorrenti – quali la proibizione di rivelare l’identità di Gesù o di divulgare alcuni miracoli più grandi, l’idea delle parabole come linguaggio oscuro poi spiegato ai discepoli in disparte, o la sconcertante inintelligenza dei discepoli conclude che si tratta di un unico schema di carattere teologico mirante a sottolineare che la vera identità di Gesù non potrà essere compresa durante la sua vita terrena ma solo con la Pasqua. Albert Schweitzer: si può redarre una vita di Gesù solo sullo sfondo di una visione apocalittica di matrice giudaica. Nel tentativo di “modernizzare” Gesù gli studiosi non hanno tenuto conto del fatto che la sua vicenda non è ricostruibile in modo neutro ma solo a partire dal carattere escatologico, sullo sfondo dell’apocalittica giudaica

8 La seconda fase (New Quest)
Rudolf Bultmann ( ) con la sua teologia kerigmatica, la critica delle forme e il progetto della demitizzazione tutto il materiale evangelico è permeato dalla fede cristiana prima di essere messo per iscritto è stato utilizzato oralmente non per esigenze di tipo storiografico ma per le molteplici esigenze della fede e della vita delle comunità cristiane Questa destinazione “non storica” del materiale rendeva impossibile raggiungere la vera storia di Gesù o il ricostruire la sua personalità in senso psicologico Sbarrato l’accesso al Gesù storico, si proclama la sua irrilevanza per la teologia cristiana Il Gesù storico non può essere oggetto della fede cristologica: mentre il primo parla di regno di Dio, nella fede ci si riferisce al valore salvifico della morte di Gesù e alla sua risurrezione

9 La prospettiva di Bultmann
“Quello che Bultmann nega recisamente è che il Gesù prepasquale possa avere una qualsiasi rilevanza in ordine alla fede. Questa è suscitata in noi unicamente dal kerigma pasquale, dalla predicazione apostolica. Vero è che il kerygma […] continua pur sempre a presupporre un riferimento a Gesù crocifisso: riferimento che però, secondo Bultmann, sarebbe solo al nudo fatto della (esistenza e) morte di croce, il Dass: il che, non il chi o il come, non la maniera in cui Gesù l’ha vissuta o il senso che le ha attribuito” La prospettiva di Bultmann in positivo ha avuto il merito di sottolineare la natura dei vangeli come raccolta delle tradizioni su Gesù e una più piena inserzione di Gesù nell’ambiente ebraico, ma la discontinuità assoluta di Gesù con la comunità cristiana e lo scetticismo storico di origine luterano restano i due grandi limiti di Bultmann

10 La conferenza di Ernst Käsemann, discepolo di Bultmann, dal titolo Il problema del Gesù storico (1953). Käsemann denunciava il pericolo di ridurre il Cristo della fede ad un mito, sradicato dalla storia e di scavare un fossato fra il kerygma e il Gesù storico il problema lasciato irrisolto da Bultmann: se ciò che contava era solo il Cristo della fede, che bisogno c’era di scrivere i vangeli? poiché già il kerygma conteneva il ricordo del Gesù terreno, occorreva rilevare la continuità e il rapporto fra Gesù della storia e Cristo della fede riconoscendo la cristologia implicita delle parole e dei gesti di Gesù Senza il riferimento alla vicenda terrena di Gesù è il kerygma stesso a svuotarsi e vanificarsi, in quanto il Signore glorioso non ha più volto, mentre invece il suo volto è quello del Nazareno.

11 La terza ricerca sul Gesù Storico (Third Quest): dal 1975 ad oggi
Muove da tre critiche alla New Quest l’eccessiva importanza data alla storia delle forme con la conseguente enfatizzazione dell’analisi di “storia della tradizione” dei detti di Gesù l’esagerata dissomiglianza fra ambiente giudaico e quello della chiesa primitiva conseguente ad un Gesù isolato se non contrapposto al suo ambiente di origine l’enfasi posta sulla teologia kerygmatica come criterio per il recupero del Gesù storico. - Complessità della terza ricerca

12 I guadagni storico-teologici apportati dalla versione “moderata” della third quest
l’interesse al contesto storico-sociale da cui emergerebbe la possibilità di scorgere la continuità fra il circolo pre-pasquale dei discepoli e il cristianesimo post-pasquale l’insistenza sull’ebraicità di Gesù, la cui predicazione consisterebbe nella creazione di un movimento di rinnovamento interno al giudaismo, il che contribuirebbe, nella luce della continuità fra storia e kerygma, a giustificare la connotazione giudeo-cristiana della Chiesa nascente la collocazione dei fatti e detti di Gesù in un quadro storico più ampio sia della vicenda gesuana che dell’ambiente storico in cui visse, piuttosto che discutere singolarmente la loro autenticità una maggiore fiducia nell’affidabilità storica dei vangeli canonici, delle fonti non canoniche e delle fonti extrabibliche e quindi un certo ottimismo nel ricostruire un resoconto plausibile del ministero di Gesù e della sua persona l’attenzione all’ambito culturale ellenistico-pagano

13 Testimonianze extra-bibliche su Gesù
dal punto di vista strettamente storico, le testimonianze su Gesù sono poche e se fugano del tutto l’idea di un Gesù figura mitica o leggendaria (al pari di un Gilgames o di un Prometeo), non ci dicono tuttavia un gran che di essenziale «quando cerchiamo affermazioni su Gesù in scritti non canonici del I o del II sec. d.C., restiamo quanto meno sconcertati per la mancanza di riferimenti. […] Questo semplicemente ci rammenta che Gesù fu un ebreo marginale, che guidò un movimento marginale di un immenso impero romano» (Meier)

14 Testimonianze extra bibliche giudaiche
Il Testimonium Flavianum: la testimonianza di Flavio Giuseppe (37-100) «In quel tempo apparve Gesù, un uomo saggio, se pure si può chiamarlo uomo. Infatti fu operatore di fatti sorprendenti, un maestro di persone che accoglievano la verità con piacere. E si guadagnò un seguito tra molti giudei e tra molti di origine greca. Egli era il Messia. E quando Pilato, per un’accusa portata dai nostri capi, lo condannò alla croce, quelli che lo avevano amato precedentemente non smisero di farlo. Infatti, apparve loro il terzo giorno nuovamente vivo, proprio come i divini profeti avevano detto su di lui queste e innumerevoli altre cose prodigiose. E fino ad oggi, la tribù dei cristiani, che da lui prende il nome, non è scomparsa» (Le antichità giudaiche) le attestazioni della tradizione rabbinica e della Toledot Jeshu (Libro delle genealogie di Gesù) che rappresenta una rinarrazione ebraica di epoca medievale della storia di Gesù

15 Le testimonianze romane: Tacito (56/57-118)
Nel libro XV degli Annali, descrivendo l’incendio di Roma appiccato da Nerone nel 64, Tacito in poche parole offre precise coordinate cronologiche e spaziali della morte di Gesù I cristiani un gruppo «odiato per i suoi abominevoli crimini (flagitia). Il loro nome viene da Cristo, il quale durante il regno di Tiberio, era stato giustiziato dal procuratore Ponzio Pilato. Repressa per breve tempo, la rovinosa superstizione riprese di nuovo forza, non solo in Giudea, il paese in cui ebbe origine questo male, ma anche nella città di Roma, in cui converge da ogni parte del mondo ed è ferventemente coltivata ogni sorta di pratica orrenda e vergognosa» Tacito compie Tre affermazioni fondamentali su Gesù: fissa il tempo della morte di Cristo: durante il regno dell’imperatore Tiberio (14-37 dC) e il governatorato di Ponzio Pilato (26-36 dC); afferma che la morte di Cristo fu dovuta ad un’esecuzione decisa dal governatore romano della Giudea, lasciando intendere che sia stata una crocifissione, trattandosi di un ebreo giustiziato in Giudea da un governatore romano; l’uccisione di questo Cristo soppresse il pericoloso movimento religioso dei cristiani per un breve periodo, ma esso rapidamente riprese forza dapprima in Giudea quindi fino a Roma.

16 Le testimonianze romane: Plinio e Svetonio
Plinio il Giovane, governatore del Ponto-Bitinia ( d.C), parla all’imperatore Traiano dei cristiani Nella lettera 96 del libro X delle Lettere. Riguardo ai processi che coinvolgevano i cristiani, Plinio si chiede quale condotta tenere e raccontando il suo modo di trattare le questioni riferisce quanto si diceva dei cristiani «la loro colpa o il loro errore si riduceva essenzialmente alla consuetudine di riunirsi in un giorno determinato prima dell’alba per cantare alternativamente fra loro un inno in onore di Cristo come se fosse un Dio e di impegnarsi con solenne giuramento non già a compiere qualche misfatto, ma a non commettere furti, rapine, adulteri, a non tradire la parola data, a non rifiutare di restituire, se richiesti, una cosa ricevuta in custodia» Svetonio nella vita dell’imperatore Claudio riferisce che l’imperatore «espulse da Roma gli ebrei che con Chrestus come istigatore provocavano continui tumulti (Judaeos impulsore Chresto assidue tumultuantes Roma expulit)» Plinio e Svetonio, però, non ci danno nessuna informazione sul Gesù storico

17 I vangeli apocrifi Nei vangeli apocrifi (quei documenti antichi cristiani che riportano le parole e/o le azioni di Gesù ma che non furono accolti nel canone, cioè nella lista dei libri considerati scrittura ispirata) incontriamo – si tratta di frammenti sparsi prodotto in larga misura dalle immaginazioni pie e sfrenate di alcuni cristiani del II sec. I “vangeli dell’infanzia”, soprattutto il Protovangelo di Giacomo e Il vangelo dell’infanzia di Tommaso il primo è nulla più di un divertente guazzabuglio dei racconti dell’infanzia di Matteo e Luca con una grande dose di folklore novellistico che tradisce l’ignoranza delle istituzioni giudaiche ivi descritte il secondo presenta Gesù come un monello ostinato e un sinistro superbambino una sorta di Thomas Marvolo Riddle ante litteram

18 la scarsità dei riferimenti impedisce che questi brevi testi possano costituire materia sufficiente per ricostruire la figura e l’opera di Gesù di Nazaret Pertanto le fonti che ci parlano di più e più a lungo restano gli scritti del NT e tra questi, di fatto, i soli vangeli, poiché negli altri libri del NT – anche negli scritti di Paolo – non si aggiunge molto sui fatti e i detti di Gesù Dunque i vangeli sono le uniche e più importanti testimonianze sul Gesù storico ma i Vangeli non sono libri storici nel senso moderno e stretto del termine Nei Vangeli sono stati riuniti, trasmessi e fissati per iscritto le notizie che si possedevano su Gesù e questo al fine di rispondere alle esigenze della comunità, cioè per liturgie, catechesi, predicazione missionaria, ordinamento comunitario, esortazione ed edificazione (parenesi) dei credenti La loro presentazione, dall’inizio alla fine, è modellata dalla loro fede che il crocifisso Gesù fu risuscitato da morte e tornerà nella gloria per giudicare il mondo. Inoltre, i vangeli non intendono né pretendono offrire qualcosa di simile ad una narrazione completa, e neanche sommaria, della vita di Gesù

19 Se dunque i Vangeli non sono libri storici (come genere letterario) ma kerygma, cioè annuncio di fede, non possiamo pensare che essi vogliano descrivere con dovizia, quasi a mo’ di cronaca, quanto Gesù ha detto e fatto i Vangeli hanno una storia complessa; ad esempio i nuclei originari sono costituiti dai racconti della passione morte e risurrezione ai quali successivamente venne aggiunto il resto. Il mistero pasquale, anche in termini di ampiezza, resta il centro del Vangelo, fulcro attorno al quale si strutturano le altre parti Vi è inoltre l’opera redazionale degli evangelisti e la diversa provenienza delle comunità a cui è legato ciascun vangelo. Sono alcuni elementi che rendono ragione anche della oggettiva diversità fra i quattro vangeli, non solo tra i tre sinottici (Matteo, Marco e Luca) e Giovanni, ma anche all’interno degli stessi sinottici.

20 Incongruenze e contraddizioni
secondo i sinottici l’attività pubblica di Gesù dura solo un anno; per Giovanni invece gli anni di ministero sono due o forse tre, dal momento che nel vangelo si ricordano tre festività pasquali che Gesù trascorre a Gerusalemme (cf 2,13; 6,4; 11,55) e quattro viaggi tra la Galilea e Gerusalemme (cf 2,13; 5,1; 7,10; 12,12). In Marco lo scontro con i farisei è posto all’inizio, visto che i farisei decidono con gli erodiani di far morire Gesù dopo la guarigione dell’uomo dalla mano inaridita (cf 3,6), in Giovanni è lo scontro è crescente e solo dopo la risurrezione di Lazzaro viene decisa la sua condanna (cf Gv 11) Nei sinottici Gesù inizia la sua attività pubblica dopo l’imprigionamento del Battista (cf Mc 1,14), mentre in Giovanni egli ha operato avanti a Giovanni nel medesimo periodo di tempo Mentre per i sinottici Gesù celebra come ultima cena una cena pasquale ebraica e muore il 15 di Nisan, per Giovanni Gesù non celebra una cena pasquale ma una semplice cena d’addio e viene ucciso nella parasceve (cf Gv 19,14), quando nel tempio si sgozzava l’agnello pasquale, dunque il 14 Nisan

21 Evitare “concordismo” e negazione della storicità
Il concordismo: un esagerato storicismo che attribuisce certezza storica ad ogni dettaglio narrato La svalutazione o addirittura negazione della dimensione storica Occorre sempre tenere unite fede e storia L’esempio di Agostino: nel De consensu evangelistarum per eliminare la divergenza fra Mt 5,1ss e Lc 6,17 si sostiene che il discorso delle beatitudini iniziò sulla montagna e poi continuò mentre Gesù scendeva verso la pianura, oppure che episodi raccontanti in maniera diversa accaddero più volte. Allo stesso tempo Agostino a volte precorse i moderni, come quando esortava a distinguere fra le parole e l’intenzione di Gesù oppure a non confondere l’ordine con cui le cose erano ricordate con l’ordine in cui accaddero

22 I “criteri di storicità”
Quanto possiamo conoscere riguardo a Gesù è strettamente legato alla fonte evangelica i vangeli non sono propriamente un’opera di storia, secondo i criteri del genere letterario “storico”, poiché essi retti da un’intenzionalità kerigmatica (senza negare loro valore storico) ci chiediamo come distinguere nei vangeli: ciò che proviene da Gesù, quanto lui ha detto e fatto (primo stadio) da ciò che gli apostoli dopo Pasqua trasmisero, cioè la tradizione orale della chiesa delle origini (secondo stadio) e da ciò che fu prodotto dal lavoro redazionale degli evangelisti che, a seconda delle situazioni delle chiese sceglievano alcune cose, altre le sintetizzavano, conservando il carattere di predicazione (terzo stadio) I “criteri di storicità”: le norme che ci permettono di determinare con sufficiente margine di certezza quale materiale provenga dal Gesù terreno n.b.: si è certi della storicità di qualcosa quando non è ragionevole ammettere il contrario

23 I 5 criteri di storicità di J.P. Meier
Il criterio dell’imbarazzo o contraddizione: sarebbero sicuramente riconducibili a Gesù tutte quelle parole o gesti o comportamenti che creavano imbarazzo o difficoltà alla chiesa primitiva. Es: battesimo, il detto sulla fine del mondo Il criterio della discontinuità. Esso «si concentra su parole o fatti di Gesù che non possono derivare né dal giudaismo del tempo di Gesù né dalla chiesa primitiva dopo di lui. Esempi proposti spesso sono la sua radicale proibizione di ogni giuramento (Mt 5, 34.37, ma anche Gc 5,12), il suo rigetto del digiuno volontario per i suoi discepoli (Mc 2, e par.) e forse la sua totale proibizione del divorzio (Mc 10, 2-12 e par; Lc 16, 18 e par.)» Il criterio della molteplice attestazione. Esso si concentra su quei detti o fatti di Gesù che sono attestati in più di una fonte letteraria indipendente (Marco, fonte Q, Paolo, Giovanni) e/o in più di una forma o genere letterario (parabola, racconto, miracolo, aforisma). Più un motivo o un tema è presente in diverse fonti letterarie o forme (generi) letterarie, più si può stabilire con certezza che esso si riferisce al Gesù storico Il criterio della coerenza: sostiene che gli altri detti e fatti di Gesù che sono congruenti con questo materiale, guadagnato con i primi tre criteri, è da ascriversi al Gesù storico Il criterio del rifiuto e dell’esecuzione: ci aiuta a comprendere che cosa storicamente nei comportamenti o nelle parole di Gesù fu la ragione della forma della sua morte


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