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Storia del bicameralismo
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Epoca classica Il costituzionalismo antico non ha conosciuto veri assetti bicamerali (tali non erano la Bulé ed Ecclesia ad Atene, Gerusia e Apella a Sparta, Senato e Comizi a Roma). L’esperienza classica dà al bicameralismo una prima razionalizzazione teorica: la teoria della costituzione mista (Platone, Aristotele, Polibio, Cicerone). Secondo tale teoria, le società basate sulle tre forme di costituzione pura – monarchia, aristocrazia e democrazia – sono inevitabilmente destinate a vivere in un ciclo di continuo deterioramento sociale e istituzionale. L’unica società in grado di sottrarsi a tale deterioramento è quella fondata su una costituzione che combini gli elementi su cui poggiano le tre forme costituzionali pure. In questo modo, infatti, gli antagonismi vengono a essere reciprocamente neutralizzati e la “costituzione” consegue per un lungo periodo uno stato di equilibrio. In particolare, la combinazione di tali elementi è magistralmente raggiunta dalla “costituzione” di Roma, che prevede al vertice i consoli (elemento monarchico), cui si affiancano il Senato, composto dei “migliori” della repubblica (elemento aristocratico), e i Comizi, che riuniscono il popolo (elemento democratico). È il nucleo sul quale si fonderà la moderna teoria della separazione dei poteri e dei checks and and balances: quest’ultima è teoria compiutamente democratica, che prevede il controllo reciproco delle istituzioni allo scopo di tutelare a rafforzare le libertà dei cittadini; la costituzione mista, invece, è anche democratica, imponendo il controllo reciproco fra gli organi “costituzionali” allo scopo di tutelare la stabilità delle istituzioni. Vi è già la previsione di un ruolo specifico per un’assemblea (quella che diverrà la futura “seconda camera”, di ridotte dimensioni, cui viene conferito il compito di rappresentare l’elemento aristocratico e di operare in funzione stabilizzatrice del sistema.
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Gli stati generali Le origini del bicameralismo s’intrecciano alla nascita del parlamento. Due sono i “percorsi”: 1) gli stati generali,; 2) le alte corti di giustizia (o parlamenti). Solo nelle seconde è individuata l’origine del bicameralismo contemporaneo. L’esperienza degli stati generali non resse all’avvento dell’assolutismo monarchico (Polonia, Francia); anche se numerosi sono i “lasciti” trasmessi agli assetti bicamerali (Diputació del General, commissione permanente accolta dalle Costituzioni spagnole del 1812, 1931 e 1978). Stati generali: evoluzione di uno degli organi che coadiuva il sovrano, principalmente in materia di approvazione e imposizione tributaria. In applicazione del principio quod omnes tangit, ab omnibus comprobari debet («ciò che tutti tocca, da tutti deve essere approvato»: Q.O.T.), serve il consenso dei sudditi. Ma la società era suddivisa in ordini (nobiltà, clero, ecc.) concepiti alla stregua di corporazioni naturali: cosicché era sufficiente acquisirne il consenso per vincolare giuridicamente l’individuo che a uno di tali ordini naturalmente apparteneva. Ciò che più rileva è la circostanza che, nella cultura politica medievale, i singoli stati – separatamente intesi – costituivano i veri corpi naturali, mentre gli stati generali una loro riunione artificialmente disposta. Il che aveva conseguenze di rilievo quanto alle modalità di votazione: a livello di assemblea generale era necessario acquisire il consenso unanime di tutti gli ordini, che si riunivano separatamente in organi specifici (camere, bracci, stati, stamenti) che talora ottenevano un riconoscimento istituzionale autonomo. In definitiva, si era venuta delineando un’assemblea “politica” suddivisa in più organi, ciascuna rappresentativa di uno specifico ordine e (potenzialmente) in grado di deliberare per la cura dei relativi interessi, il cui consenso collettivo era richiesto per approvare delle proposte avanzate dal sovrano. Non si trattava di bicameralismo: 1) fra il XVII e il XVIII secolo, essi subirono una sostanziale involuzione o vengono soppressi. 2) la teoria ordinale era radicalmente antitetica sia allo Stato moderno 3) L’impossibilità di riproporre la formula organizzativa degli stati generali deriva poi dal fatto che nello Stato moderno la seconda camera si pone accanto a un’altra camera che già esprime l’intera rappresentanza nazionale; non si richiede, cioè, più camere, ciascuna rappresentativa di interessi parziali.
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Il parlamento inglese Perché l’esperienza inglese è centrale nella storia del bicameralismo: sul piano politico-istituzionale, la centralità del Parlamento inglese non solo in materia impositiva e fiscale, ma anche giurisdizionale; dal punto di vista giuridico, il Parlamento inglese abbandona molto presto la teoria degli ordini dal punto di vista sociale, il Parlamento inglese si affermò in una società in transizione, dove le divisioni cetuali erano state progressivamente erose. Come negli altri Paesi europei, anche nell’Inghilterra altomedievale abbiamo un organo che coadiuva il Re nell’esercizio delle sue funzioni normative, amministrative e giudiziarie il (Witenagemot). Dopo la conquista normanna (1066), Guglielmo il Conquistatore lo integrò nella Curia regis, che riuniva i grandi magnati del Regno (i “baroni”), ne componeva le dispute, e prestava il consenso all’imposizione regia. Nei secoli XI e XII dalla Curia regis cominciarono lentamente a gemmare le Corti e il Magnum concilium (composta da tutti i feudatari del regno, secolari e religiosi). I feudatari di rango più elevato (barones maiores) ricevevano una convocazione nominale, che nel corso degli anni venne associata di diritto al titolo feudale, per poi esser trasmessa ereditariamente dal padre al figlio primogenito maschio. I feudatari di rango più basso erano convocati in modo collettivo per il tramite dello sceriffo) in ogni contea: a questo principio che si sarebbe ispirato il processo di selezione di cavalieri e borghesi al momento della loro ammissione in Parlamento. Funzioni del Magnum concilium: 1) consenso all’imposizione; 2) amministrazione della giustizia regia. L’unificazione delle funzioni consentì la stabilizzazione e la sopravvivenza dell’istituzione parlamentare: il Magnum concilium divenne sempre più indispensabile per il sovrano, che non poté farne a meno neppure durante i tentativi delle dinastie Tudor e Stuart di “importare” l’assolutismo monarchico in Inghilterra.
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L’evoluzione del Parlamento inglese
XIII secolo: si affermarono due elementi che segnarono il definitivo affrancamento del modello “rappresentativo” inglese da quello continentale europeo: 1) la rappresentanza svincolata dal concetto di ordine e collegata, invece, a quello di territorio; 2) mutamento sociale. Il re associò al governo due nuovi ceti emergenti per ottenerne l’imprescindibile consenso alla tassazione: i “cavalieri” (knights), figli cadetti dell’aristocrazia – e dunque membri dell’ordine nobiliare –; i burgesses, Dal 1254, la convocazione di due cavalieri per ogni contea (knights of the shire) e, dal 1265, quella di due burgesses per ogni città, gli uni e gli altri eletti dalle county courts, le corti della contea, sotto la vigilanza del rappresentante del Re, lo sceriffo. La particolare natura del ceto dei cavalieri: parte dell’ordine nobiliare, costituivano una categoria a sé a causa della loro esclusione dall’asse ereditario. La convocazione dei cavalieri – per così dire, categoria “intermedia” ma contigua sia all’alta nobiltà, sia al terzo stato – scongiurò quella radicale incomunicabilità fra i due ordini che fu caratteristica, invece, degli stati generali, e sulla quale i sovrani continentali fecero leva per esautorare prima, e sterilizzare poi, tali assemblee. La peculiare natura sociale dei cavalieri contribuì così allo sviluppo e al rafforzamento dell’istituzione parlamentare inglese. La selezione di cavalieri e borghesi era stata demandata a un organo assai peculiare dell’ordinamento inglese: le cosiddette county courts, le quali, originariamente chiamate a esercitare l’amministrazione locale della giustizia, erano progressivamente venute ad assumere il ruolo di veri e propri organi rappresentativi della contea come corporazione, come tali, dunque di depositarie della sua volontà. Ciò indebolì completamente il principio della rappresentanza ordinale a favore di forme di rappresentanza di tipo territoriale. Dal Magnum concilium stava derivando il parlamento: nel 1295,Edoardo I convocò quello che sarebbe poi stato definito «Model Parliament», questo era ancora costituito da un’unica assemblea dalla composizione assai variegata: duchi, conti e baroni; arcivescovi, vescovi, abati, priori, prelati; cavalieri; rappresentanti delle città. Del resto, ancora nel XIV secolo, il documento intitolato Modus tenendi Parliamentum, descriveva la presenza nell’organo di sei diversi gradi o ordini, senza menzionare alcuna suddivisione in camere. Due secoli più tardi, tuttavia, sotto il regno di Enrico VIII, l’esistenza di una House of Lords e di una House of Commons era ormai un dato acquisito. Ragioni della suddivisione del Parlamento inglese in due camere: “fiscale” e quella “giurisdizionale”. Secondo l’interpretazione fiscale, il bicameralismo inglese avrebbe un’origine non diversa da quella degli stati generali nel continente: i diversi ordini cominciarono a riunirsi separatamente per prestare l’assenso e determinare la rata delle imposte. Secondo l’impostazione giurisdizionale, ila suddivisione di Lords e Commons in due camere non va individuata nella teoria degli ordini, ma in una crescente istituzionalizzazione del ruolo che cavalieri e borghesi ricoprivano già da decenni di fronte all’Alta Corte, vale a dire il parlamento delle origini: quello cioè di petitioners che rappresentano al sovrano le doglianze e le richieste locali. La nascita del bicameralismo inglese (1377) è funzionale al ruolo del Parlamento: ai Comuni era attribuito il compito di presentare petizioni; ai Lords, congiuntamente al Re, di deliberare su di esse.
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Il “dialogo” con il modello inglese
Stati Uniti d’America: un nuovo “modello” bicamerale. 1) Composizione sociale degli Stati Uniti: non vi sono classi sociali, ma solo il POPOLO. 2) Replica all’interno del potere legislativo del sistema di checks and balances 3) Riflettere il carattere “federale” mediante l’attribuzione a ciascuno degli Stati membri una propria rappresentanza in seno al Congresso. è l’esito del Great Compromise : la rappresentanza paritaria degli Stati a livello federale e l’introduzione di un bicameralismo moderatore. Francia post 1789: alternanza tra monocameralismo e bicameralismo. L’assetto monocamerale è coerente con i principi rappresentativi coltivati dalla rivoluzione: se la sovranità della Nazione è Unica, essa non potrà che manifestarsi attraverso un’unica “Assemblea Nazionale”. L’assetto bicamerale muove dalla Costituzione dell’anno III (1795)).due camere, il Conseil des Anciens e il Conseil des Cinq-Cent. Bicameralismo ottocentesco: mediazione dell’esperienza costituzionale francese che consente di adattare il modello inglese alle esigenze connesse alla formazione e al consolidamento dello stato liberale e borghese. Composizione della prima camera: versione “liberale” del principio democratico affermatosi durante la rivoluzione francese. L’influenza della House of Lords è riscontrabile, invece, nella composizione e nelle funzioni della seconda camera. A ciò si somma la funzione di contenimento e freno nei confronti delle istanze “democratiche” rappresentate dalla prima camera. le del 1921, quella dei senatori “cooptati” dalle due categorie dei senatori eletti.Sul piano funzionale, la ponderazione conservatrice delle seconde camere era conseguita introducendo il bicameralismo paritario quanto all’esercizio della funzione legislativa, l’approvazione delle leggi richiedendo, infatti, la confluenza dei consensi delle due camere sullo stesso testo. Tuttavia, la differente legittimazione delle due Camere porterà presto alla prevalenza della camera bassa.
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L’affermazione del bicameralismo federale
Due modelli: “senatoriale” (che ha come riferimento gli USA) e “ambasciatoriale”(Bundesrat tedesco). Modello “senatoriale”: America latina (senati argentino, brasiliano messicano e venezuelano) ripetono i criteri di selezione, la composizione e le funzioni del Senato degli Stati Uniti d’America; Svizzera (Costituzione del 1848); Austria, condizionata: 1) dalle modalità di formazione dello Stato federale; 2) ruolo dei partiti politici. Ne deriva una seconda camera dove i Länder siedono in ragione della propria consistenza demografica per assicurare un numero di consiglieri sia ai partiti di maggioranza, sia a quelli di opposizione rappresentati nelle diete provinciali. Canada: Conferenza di Québec del Non si guardò al modello degli Stati Uniti d’America, dove si stava chiudendo la guerra di secessione. Prevalse la volontà di collocarsi su una linea di continuità con la tradizionale britannica: bicameralismo moderatore, la camera alta contiene l’“ardore democratico” della House of Commons. Australia. Modello “ambasciatoriale”. Derivazione diretta l’attuale Bundesrat tedesco. Le origini si radicano nell’Assemblea federale permanente (Bundesversammlung o, anche, Bundesrat): un consesso permanente di Stati sovrani – istituito dall’«Atto federativo tedesco» (Deutsche Bundesakte – DBA) stipulato nel 1815 a Vienna dagli Stati membri della Confederazione Tedesca ( ) , nel quale vi è: Composizione intergovernativa; mandato imperativo; “voto ponderato”.
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Seconde strade interrotte
Bicameralismo corporativo: è solitamente associato allo Stato fascista italiano e quello portoghese. 1) Il modello corporativo è del tutto estraneo alla tradizione politico-giuridica dello Stato autoritario. In origine si radica nella tradizione sociale cristiana (v. Senato Irlandese). 2) A influenzare il modello bicamerale corporativo contribuiscono gli organi consultivi basati sulla rappresentanza corporativa (Weimar). 3) Negli ordinamenti autoritari, il bicameralismo s’inscrive in un processo di rifondazione del potere politico che si propone di incorporare il pluralismo economico e sociale nello Stato (la trasformazione nel 1939 della Camera dei Deputati in Camera dei fasci e delle corporazioni (Camera corporativa portoghese). Bicameralismo etnico: deroga al principio dell’unità del potere statale. 1) L’introduzione di un assetto bicamerale “federale” nella Costituzione dell’URSS del 1936 non è assimilabile alle seconde camere degli ordinamenti capitalistico-liberali:. 2) Il bicameralismo etnico si compone con i principi dell’ordinamento sovietico: l’unità del potere statale non poteva ignorare il carattere multinazionale dello Stato, se non a costo di una sua dissoluzione. 3) Cecoslovacchia (1968) e Jugoslavia (1946 e 1974).
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Bicameralismo perfetto e imperfetto
Seconda metà del XX secolo: gli ordinamenti di democrazia liberale riconducono la seconda camera è la sua riconducibilità al principio democratico. E, tuttavia: se una è la Nazione e se uno è il popolo sovrano, com’è possibile duplicare i luoghi ove trova espressione la volontà generale? Se anche ciò fosse possibile, la seconda camera non è un mero doppione della prima? Con la conseguenza – paradossale – di dover predisporre meccanismi di risoluzione dei conflitti in caso di contrasto fra le due camere, entrambe “genuine” rappresentanti della nazione e del popolo sovrani. E così, gli ordinamenti europei sfuggono al dilemma diversificando le seconde camere dalle prime. Il che si è tradotto, a livello scientifico, nell’individuazione di un rinnovato criterio di classificazione dei “bicameralismi”, fondato sul binomio eguaglianza-diversità di funzioni costituzionalmente conferite alle due camere. Si tratta, com’è noto, della distinzione fra bicameralismo paritario (o perfetto) e bicameralismo attenuato (o imperfetto) e coltivato – soprattutto ma non solo – dalla dottrina italiana del secondo dopoguerra. Non sembra, tuttavia, che tale criterio consenta di conseguire, in sede comparatistica, adeguate finalità classificatorie. la distinzione tra bicameralismi perfetti e imperfetti è tracciata sul presupposto che il modello bicamerale vero e proprio quello in cui le due assemblee sono poste in posizione di assoluta parità». Ma se è così, perché differenziare? Sono poco numerose le ipotesi di bicameralismo paritario. Il carattere paritario è desunto non dalla complessiva articolazione organizzativa e funzionale del sistema bicamerale, ma da singole competenze attribuite.
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È il pluralismo che determina le funzioni
Le seconde camere costituiscono istituti di rappresentanza del pluralismo. Di conseguenza, appare preferibile concentrarsi sulle istanze e sugli interessi che l’ordinamento costituzionale ordina nelle seconde camere a integrazione della rappresentanza politica generale. Dopo aver classificato le istanze analizzeremo poteri e competenze; Ciò, perché poteri e competenze non sono rilevanti per determinare un assetto paritario o differenziato (che è uno “stratagemma” volto a evitare duplicazioni nella formazione dell’unica volontà popolare), ma perché detti poteri e competenze realizzano le ragioni e le finalità sottese all’adozione di un assetto bicamerale. Come dire: le funzioni e i poteri realizzano la finalità integrativa della seconda camera.
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Bicameralismi “non federali” e “federali”
Le seconde camere “non federali” manifestano un grado maggiore d’immedesimazione con il pluralismo politico-sociale: si ricollega direttamente agli interessi e alle istanze che esso è chiamato a rappresentare. Lo Stato, infatti, associa direttamente il pluralismo (politico, economico, etnico, territoriale, ecc.) alla formazione della propria volontà, senza mediazione di enti, corpi e soggetti intermedi. I bicameralismi “federali” vedono il rapporto con il pluralismo mediato dall’essere gli interessi e le istanze rappresentati nelle seconde camere imputabili alle entità sub-statali. Dall’applicazione del criterio espositivo adottato conseguono alcuni risultati rilevanti. Il bicameralismo “non federale” e compendia assetti che integrano, arricchendola, la rappresentanza politica generale strutturando la partecipazione del pluralismo non “soggettivato”. Il bicameralismo è istituto del pluralismo che si oppone al principio bicamerale (modalità organizzativa che caratterizza invece il parlamentarismo).Vi sono pertanto seconde camere “non federali” estranee all’organo legislativo, e tuttavia partecipano delle ragioni e delle finalità che giustificano l’organizzazione in forma rappresentativa del pluralismo non “soggettivato”.
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Interessi rappresentanti in seconde camere non federali
Ereditario-feudale Monarchico Tradizionale Territoriale Corporativo Politico
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