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PubblicatoMarcellino Forte Modificato 10 anni fa
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Lettera 342
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Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce
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A voi, reverendo e caro padre, per riverenza di quel dolcissimo Sacramento. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Dio, scrivo, e vi raccomando nel prezioso sangue del Figliuolo suo; con desiderio di vedervi unito e trasformato nel fuoco della divina carità, il quale fuoco unì Dio coll'uomo, e lo tenne confitto e chiavellato in Croce.
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Oh inestimabile e dolcissima carità, quanto è dolce l'unione che hai fatta coll'uomo! Ben ci hai mostrato lineffabile amore tuo per molte grazie e benefici fatti alle creature, e specialmente per il beneficio della incarnazione del Figliuolo tuo; cioè, di vedere la somma altezza venire a tanta bassezza quanta è la nostra umanità.
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Ben si deve vergognare l'umana superbia di vedere Dio tanto umiliato nel ventre della gloriosa Vergine Maria, la quale fu quel campo dolce, dove fu seminato il seme della Parola incarnata del Figliuolo di Dio.
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Veramente, carissimo padre, in questo benedetto e dolce campo di Maria fece questo Verbo, innestato nella carne sua, come il seme che si getta nella terra, che per il caldo del sole germina, e trae fuori il fiore e il frutto e il guscio rimane alla terra: così veramente fece, per il caldo e fuoco della divina carità che Dio ebbe all'umana generazione, gettando il seme della Parola sua nel campo di Maria.
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O beata e dolce Maria, tu ci hai donato il fiore del dolce Gesù. E quando produsse il frutto questo dolce fiore? quando fu innestato in su il legno della santissima Croce; perché allora ricevemmo vita perfetta.
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E perché dicemmo, che il guscio rimane alla terra? quale fu questo guscio? Fu la volontà dell'unigenito Figliuolo di Dio, il quale, in quanto uomo, era vestito del desiderio dell'onore del Padre e della salute nostra: e tanto fu forte questo smisurato desiderio, che corse come innamorato, sostenendo pene e vergogne e vituperio, fino all'obbrobriosa morte della Croce.
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Considerando dunque, venerabile padre, che questo medesimo fu in Maria, cioè che ella non poteva desiderare altro che l'onore di Dio e la salute della creatura; però dicono i Dottori, manifestando la smisurata carità di Maria, che di sé medesima avrebbe fatta scala per porre in croce il Figliuolo suo, se altro modo non avesse avuto. E tutto questo, era, perché la volontà del Figliuolo era rimasta in lei.
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Tenete a mente, padre, e non v'esca mai dal cuore né dalla memoria, né dall'anima vostra, che siete stato offerto e donato a Maria. Pregatela dunque, che ella vi rappresenti e doni al dolce Gesù, Figliuolo suo: ed ella, come dolce madre e benigna madre di misericordia, vi rappresenterà. E non siate ingrato né sconoscente: perché ella non ha schifata la petizione; anco l'accetta graziosamente.
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Siate dunque fedele; non guardando per nessuna illusione di dimonia, né per detto di nessuna creatura; ma virilmente correte, pigliando quellaffetto dolce di Maria; cioè, che sempre cercate l'onore di Dio e la salute dell'anime. E così vi prego. E quanto è possibile a voi, studiate la cella dell'anima e del corpo: ine studiate, per l'amore e per santo desiderio di mangiare e partorire anime nel cospetto di Dio.
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E quando foste richiesto nell'atto delle confessioni, non ci commettete negligenza nessuna; ma con perfetta sollecitudine vi studiate di trarli dalle mani delle dimonia. E questo sarà il segno vero che noi siamo veri figliuoli, perché a questo modo seguiamo le vestigia del Padre.
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Ma sappiate che a questo affetto del grande e smisurato desiderio non possiamo pervenire senza il mezzo della santissima Croce, cioè, del crociato e affettuoso amore del Figliuolo di Dio: perché egli è quel mare pacifico, che dà a bere a tutti quelli che hanno sete e desiderio di Dio, e dà pace a tutti coloro che sono stati in guerra e si vogliono pacificare con lui.
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Questo mare getta fuoco, che riscalda ogni cuore freddo: e tanto lo riscalda fortemente, che ogni amore servile perde, e solo rimane in perfetta carità, e in santo timore di non offendere il Creatore suo. E non teme, né voglio che voi temiate le insidie e le battaglie delle dimonia, che venissero per rubare e togliere la città dell'anima vostra.
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Non temete: ma come cavaliere posto nel campo della battaglia, combattete con l'arme e col coltello della divina carità, perché è quel bastone che flagella il dimonio. E sappiate che, a non volere perdere l'arme, con la quale ci conviene difendere, ce la conviene tenere nascosta nell'anima nostra per vero conoscimento di noi medesimi.
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Perché, quando l'anima conosce, sé medesima non essere, ma sempre operatore di quella cosa che non è, cioè, del vizio e del peccato, subito diventa umiliata a Dio e ad ogni creatura per Dio;
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e conosce ogni grazia e ogni beneficio da lui, e vede in sé traboccare tanta bontà di Dio, che per amore di lui e odio di sé, cresce in tanta giustizia di sé medesimo, che volentieri, che non tanto che voglia fare vendetta, ma egli sempre desidera che tutte le creature, ed eziandio gli animali, ne faccino vendetta di lui. E ogni creatura giudica migliore di sé.
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Onde allora nasce un odore di pazienza; che non è nessun peso sì grande né tanto amaro, che con buona pazienza, per amore e per giustizia egli non lo porti. E non vede sé, come colui che è annegato in questo amore; né vede pene né ingiurie che gli siano fatte; ma solo vede e guarda all'onore di Dio e alla salute delle creature.
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Ed eziandio, non tanto non vede le cose amare, ma le carezze dolci, e le consolazioni di Dio, per odio di sé; reputandosi indegno di tanta visitazione e consolazione quanta riceve da Dio. Per umiltà grida spesse volte nel cospetto suo la parola di san Pietro, cioè «Pàrtiti da me, perché io son peccatore».
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E allora Cristo più perfettamente si congiunge con l'anima: e allora è diventato gustatore e mangiatore dell'anime. Or così vi prego da parte di Cristo crocifisso che facciate voi.
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