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Linguistica Generale – CLI Mirko Grimaldi

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Presentazione sul tema: "Linguistica Generale – CLI Mirko Grimaldi"— Transcript della presentazione:

1 Linguistica Generale 2005-2006 – CLI Mirko Grimaldi
La comunicazione Segnali, mezzi, veicoli, canali, supporti e modalità comunicative. Scritto e parlato. Modelli che descrivono la comunicazione: Shannon e Weaver; Jakobson; Sperber e Wilson; Eco.

2 Argomenti della lezione
Saranno oggetto di riflessione: il concetto di segnale, mezzo, veicolo, canale; le differenze tra scrittura ed oralità; alcuni modelli che descrivono la comunicazione, ed in particolare: quello di Shannon e Weaver; quello di Jakobson; quello di Sperber e Wilson; quello di Eco e gli altri modelli post-strutturalisti.

3 Il senso della questione
I mezzi (media) influenzano profondamente, anche in quanto sollecitatori di attese, la percezione, la decodifica e l’interpretazione di un messaggio (sia orale che scritto). La conoscenza delle caratteristiche fondamentali di ciascun medium aiuta ad un suo impiego ragionato chi comunica e chi ascolta. La conoscenza generale del processo della comunicazione è funzionale alla produzione di messaggi più efficienti/efficaci.

4 Segni Canali Supporti Media

5 Segni… La comunicazione si concretizza attraverso l’uso di segni.
E’ segno ogni cosa che possa essere assunto come sostituto significante di qualcosa d’altro (il segno “albero” viene assunto come sostituto significante del concetto “albero”, ma è segno un gesto della mano, il fischio del treno alla stazione, ecc., ecc.). L’uso dei segni prevede la presenza di un canale, l’uso di un mezzo/medium, lo sfruttamento di un veicolo e la disponibilità di un supporto.

6 Canali, mezzi, veicoli, supporti
Il canale è la porta percettiva attivata dal segno; abbiamo quindi cinque canali, quanto sono i sensi: il canale visivo, uditivo, olfattivo, tattile e gustativo. Il mezzo/medium è lo strumento tecnico che rende possibile la diffusione del segnale (carta, radiodiffusione, diffusione telematica via cavo, ecc.). Il veicolo è il supporto fisico impiegato dal medium per la dispersione del segnale (aria, antenna…) Il supporto è il mezzo fisico che rende possibile la conservazione del segnale (carta, ostrakon, memorie di massa…).

7 Canali, mezzi, veicoli, supporti
Canali, mezzi, veicoli, supporti, in maniera diversa, influenzano l’andamento dell’interazione comunicativa e possono rendere facili o complesse determinate funzioni comunicative. La produzione di un messaggio funzionale richiede la scelta oculata dei canali, mezzi, veicoli, supporti a disposizione.

8 Canali La maggior parte delle interazioni comunicative che percepiamo come più comuni sfruttano uno o al più due canali (per lo più quello visivo e quello uditivo). Vi sono però casi in cui, interazioni particolarmente ricche, utilizzano tutti i canali. È evidente che interazioni di questo tipo possono essere messe in opera solo raramente.

9 Modalità comunicative
Il complesso di scelte relative a canali, mezzi, veicoli e supporti costituisce quella che si chiama modalità comunicativa. Riconosciamo tre modalità comunicative fondamentali: Quella scritta. Quella parlata. Quella trasmessa.

10 Scrittura/oralità I messaggi prodotti in modalità scritta sono molto diversi da quelli prodotti in modalità orale, e consentono di raggiungere risultati comunicativi differenti. Differenziano i testi scritti da quelli orali: quella della persistenza e della “spazialità”; quella della contestualità (condivisione del contesto); quella della risoluzione; quella della portata; quella della ricchezza (o plurimedialità); quella della relazionalità tra emittente e destinatario.

11 I modelli della comunicazione

12 Modelli che descrivono la comunicazione
Tecnici, studiosi e semiologi hanno proposto diversi modelli che descrivono la comunicazione. I primi sono molto semplici, ed inadeguati a rendere conto di ciò che accade nel corso di un’interazione comunicativa tra umani. Altri, che da questi derivano, ne recuperano la complessità inerente introducendovi suggestioni di tipo psicologico, cognitivo e filosofico.

13 Shannon e Weaver Il modello di Shannon e Weaver risale a due tecnici americani, che lo concepirono negli anni ‘40 del secolo scorso. Il modello è lineare e considera la comunicazione come passaggio di dati da una sorgente ad una destinazione attraverso un elemento codificatore, un canale ed un elemento decodificatore. In una sua versione include anche un’istanza di feedback o retroazione.

14 Shannon e Weaver: lo schema
La comunicazione secondo Shannon e Weaver è un processo lineare, che può includere una semplice istanza di feedback.

15 Shannon e Weaver: dettagli
Il modello di S. e W. è più un modello avanzato di teoria dell’informazione che di teoria della comunicazione, perché: si occupa soprattutto di transito di dati e della sua ottimizzazione. Non attribuisce alcuna importanza a fattori pragmatici e cognitivi (ignora il problema dell’interpretazione e si sofferma alla decodifica). Ignora l’importanza del contesto e si sofferma solo su problemi di ordine situazionale (l’ambiente è considerato solo in quanto fonte di rumore). Informazione, ridondanza, entropia Da un punto di vista tecnico, la quantità di informazione è una funzione della predicibilità dell’oggetto o dell’evento da rappresentare: tanto più alta, dunque, quanto più numerose sono le scelte binarie necessarie a selezionarlo in un insieme di altri equiprobabili o – ciò che è lo stesso – quanto più numerose siano le opzioni disponibili in un determinato contesto a chi ne debba selezionare una, in assenza di vincoli di qualche tipo che rendano alcune delle scelte meno probabili di altre. L'informazione è nulla nel caso un evento sia completamente predicibile. L’unità di misura dell’informazione è il bit (dall'inglese binary digit 'cifra binaria'); ciascuna delle alternative disponibili nel per­cor­so che porta all'identificazione dell'oggetto o dell'even­to prescelto tra gli altri circostanti vale un bit; così, l’informazione fornita da un elemento selezionato tra 16 altri equiprobabili è pari a 4 bit. Quando tutte le opzioni disponibili sono equivalenti, ciascuna di esse è egualmente importante ed egualmente critica: se, per e­sem­pio, tutti gli elementi di una stringa di segnali hanno la stessa probabilità la perdita di uno solo di essi, per esempio a causa di rumore che incide sullo scambio di dati tra due sistemi si risolve nell’im­pos­sibilità di ricostruirlo senza ricorso alla fonte. Si dice che, in questo caso, ci si trova in una condizione di massima entropia; entropica, infatti, è la condizione in cui si trovi un sistema impredicibile; uno in cui tutti gli eventi siano perfettamente equiprobabili. In condizioni normali – quando si debba, cioè, fare transitare informazione sotto forma di segnali attraverso un canale non esente da rumore – la gestione di sistemi di dati entropici è difficile ed onerosa; vi si rimedia, in genere, introducendo, alla fonte, alcuni elementi di ridondanza, che riducono, sostanzialmente, la probabilità di alcune delle scelte in gioco e rendono meno grande il loro apporto informativo. Si può aumentare la ridondanza di un insieme di elementi tramite una serie di norme che disciplinino, ad esempio, la loro distribuzione; così, l’informazione veicolata da una vocale che segua le tre lettere str nel codice lingua italiana è molto più bassa di quella veicolata dalla stessa vocale che segua la lettera c, perché il codice stabilisce che dopo il nesso di tre consonanti str deve seguire una vocale e che, invece, dopo la consonante c possano trovarsi sia consonanti che vocali. In questo modo, un parlante italiano che non oda il suono che segue immediatamente il nesso /str/ nella parola /astr. . . zione/ potrà scegliere cinque "oggetti", e non tra più di venti; e se avrà una sufficiente conoscenza del lessico della lingua potrà fare aggio su ulteriori vincoli (altre norme che aumenteranno la ridondanza) e ridursi alla scelta tra due soli elementi vocalici, la /i/ e la /a/.

16 Jakobson Il modello di Jakobson è dovuto alla speculazione di un celebre linguista e studioso, fra le altre cose, di questioni di teoria letteraria, Roman Jakobson ( ), ed ha impostazione strutturalista (vedi lezioni su Saussure). Recupera il modello di Shannon e Weaver ma ne supera i limiti più vistosi. Il modello contempla sei elementi: mittente, contesto, messaggio, canale, codice e destinatario.

17 Principi tutto può comunicare qualcosa, ogni fatto culturale – e quindi anche i fatti di natura in quanto filtrati dall’esperienza umana – è suscettibile di essere interpretato da qualcuno e quindi di dare (veicolare) qualche informazione. In senso lato, dunque, informazione equivale a ‘passaggio di informazione si ha comunicazione quando c’è l’intenzionalità, quando cioè vi è un comportamento prodotto da un mittente al fine di far passare dell’informazione e che viene percepito da un destinatario come tale; altrimenti si ha semplice passaggio di informazione.

18 Jakobson: lo schema La comunicazione secondo Jakobson è un processo lineare; in esso, però, viene riconosciuta l’importanza del contesto.

19 Jakobson: i dettagli Il modello di J. incorpora quello di Shannon e Weaver, ma a differenza di quello: rappresenta, entro certi limiti, gli aspetti cognitivi e pragmatici della comunicazione, e non si limita a considerarla mero transito di informazione; tiene conto dell’importanza del contesto in quanto elemento determinante al successo comunicativo, e non in quanto semplice ambiente fisico che può ostacolare il passaggio dei dati; muta la prospettiva tradizionale introducendo una teoria delle funzioni linguistiche.

20 Schema della comunicazione di Jakobson e delle funzioni connesse ai 6 elementi.

21 Jakobson: le funzioni Emotiva: messaggio linguistico volto specificamente ad esprimere sensazioni del parlante (es.: che bella sorpresa); Referenziale: messaggio volto a fornire informazioni sulla specifica realtà esterna (l’intercity per Milano Centrale delle quindici e venti è in partenza dal binario due); Poetica: quando un messaggio volto a mettere in rilievo e sfruttare le potenzialità insite nel messaggio stesso e i caratteri interni del significante e del significato (Un murmure, un rombo... // son solo: ho la testa / confusa di tetri / pensieri. Mi desta / quel murmure ai vetri. / Che brontoli, o bombo? [...]. Pascoli). Fàtica: messaggio volto a verificare e sottolineare il canale di comunicazione e/o il contatto fisico o psicologico fra i parlanti (pronto, chi parla?; ciao, Gianni); Metalinguistica: messaggio volto a specificare aspetti del codice o a calibrare il messaggio sul codice (ho detto “pollo” con due elle ed “o” chiusa, e non “polo”); Conativa: messaggio volto a far agire in qualche modo il destinatario, ottenendo da lui un certo comportamento (chiudi la porta!).

22 Jakobson: altro schema delle funzioni
Funzione fàtica

23 Eco Il modello di Eco prende il nome dal semiologo alessandrino, che coniuga suggestioni strutturalistiche con altre, proprie della riflessione filosofica di Peirce, Morris e Lotman. Il modello epistemologico che sostiene la riflessione di Eco abbandona il rigido internalismo dello strutturalismo “classico” e sostiene l’importanza di concetti quali quelli di enciclopedia ed inferenza, nella descrizione della comunicazione. Attraverso la mediazione della cultura, il modello di Eco recupera anche il reale.

24 Eco: i dettagli Nel modello di Eco la comunicazione ha carattere processuale, interattivo, proiettivo e strategico; vi sono implicati fattori cognitivi. processuale: la comunicazione prevede istituzionalmente aggiustamenti e negoziazioni; interattivo: in essa l’attività del destinatario non è meno importante di quella del mittente; proiettivo e strategico: la felicità dell’atto comunicativo è legata all’abilità progettuale del mittente nel suo prefigurarsi le caratteristiche del destinatario; vi sono implicati fattori cognitivi: la felicità dell’atto comunicativo è legata alla capacità inferenziale del destinatario.

25 Eco: lo schema La comunicazione secondo Eco è un processo in qualche modo circolare; in esso ha grande importanza l’attività interpretativa del destinatario.

26 Sperber e Wilson Il modello di Sperber e Wilson prende il nome dal sociologo e dalla linguista che l’hanno proposto. Prende il nome di ostensivo-inferenziale perché ha una duplice forte connotazione: pragmatica e cognitiva. È detto ostensivo perché il circuito comunicativo viene avviato dal mittente mediante la presentazione intenzionale di uno stimolo. È detto inferenziale perché la costruzione del senso, nell’ambito dello scambio comunicativo avviene tramite inferenze. Inferenza Si chiama i., il processo mentale con cui si ricavano conseguenze da una o più premesse; esso può avere forma deduttiva, induttiva ed abduttiva. La teoria dell'inferenza deduttiva (che prende corpo nel sillogismo) risale ad Aristotele, mentre quella dell'inferenza induttiva venne formalizzata da Francis Bacon nel XVII secolo; di abduzione, invece, parla il filosofo statunitense Charles Sanders Peirce nel nostro secolo. La deduzione è un procedimento inferenziale che porta da premesse la cui validità è ritenuta universale a conclusioni che hanno validità particolare. La forma tipica del ragionamento deduttivo è quella del sillogismo, il concatenamento di tre proposizioni in cui le prime due fungono da premessa (e sono dette premessa maggiore e premessa minore) per una terza (detta conclusione), che ne consegue necessariamente. L'induzione è il procedimento inferenziale per cui, data una certa quantità di fatti particolari, che fungono da premesse, è possibile formulare, a partire da essi e sulla base di osservazioni precedenti condotte su fatti simili, alcune conclusioni che non hanno carattere di certezza, ma che sono dotate di un grado variabile di probabilità. L'induzione è un procedimento logico che produce asserti in maniera creativa, nel senso che le conclusioni che genera affermano qualcosa che non è contenuto nelle premesse. L'abduzione è il procedimento inferenziale che porta da una premessa maggiore la cui validità è ritenuta universale e da una premessa minore che è solo probabile ad una conclusione che, evidentemente, è solo possibile. Come l'induzione, anche l'abduzione ha carattere innovativo.

27 Sperber e Wilson: i dettagli
La teoria che origina il modello si basa su due principi fondamentali: quello della rilevanza e quello dell’economia. Principio della rilevanza: entrano in un circuito comunicativo solo gli elementi che sono rilevanti per il destinatario, in un determinato contesto ed in una precisa circostanza. È rilevante ciò che, in un determinato contesto, provoca effetti cognitivamente significativi.

28 Sperber e Wilson: i dettagli
Principio dell’economia: nella comunicazione, vige una tendenza a minimizzare gli sforzi cognitivi. A parità di vantaggio, appaiono, di conseguenza, più rilevanti (e quindi più ammissibili nel circuito cognitivo) i messaggi la cui comprensione richiede minore attivazione di risorse. Anche il modello di S. e W. appare dunque orientato a riconoscere gli aspetti extralinguistici, relazionali ed ambientali della comunicazione.


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