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LAND MONITORING THROUGH ELLENBERG ECO-MAPS
Fanelli G., De Sanctis M., Testi A.
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Modelli di bioindicazione
Gli indici di Ellenberg (1974) sono definiti come un utile paradigma che sintetizza le interazioni tra pianta e ambiente, riconoscendo a ciascuna specie il ruolo di “bioindicatore”. Essi raggiungono la massima significatività in studi sintetici-comparativi su ampie scale spazio-temporali (Pignatti et al., 2001). Gli indicatori di Ellenberg esprimono il “requirement” medio di ciascuna specie rispetto a 6 fattori ecologici fondamentali, tre climatici e tre edafici su una scala da 1 a 10. I valori sono desunti da banche dati (Pignatti, 2005; Fanelli, Testi, Pignatti 2006). L= Luminosità F = Umidità del suolo T = Temperatura R = pH del suolo K = Continentalità N = Nutrienti del suolo
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Nella carta della Temperatura è particolarmente evidente un gradiente altitudinale. Come prima evidenza, T distingue la vegetazione sempreverde (in rosso) da quella decidua (in verde), ma sono anche riconoscibili alcune aree termofile più piccole (in rosso) all’interno della vegetazione decidua delle zone interne. Questi spot corrispondono alla vegetazione sinantropica, agli arbusteti appartenenti al “Pruno-Rubion” e a formazioni localizzate a macchia con Erica e Q. ilex. Tutte queste comunità rappresentano aspetti di vegetazione degradata che forma mosaici nel paesaggio.
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Le carte della Temperatura e della Luce non sono così sovrapponibili come ci si aspetta: L aumenta verso la zona centrale, indicando la presenza di spot più eliofili all’interno di un’area ad elevata copertura forestale. Questi spot corrisondono ai prati interni a Dasypyrum e a quelli riferibili al Silybo-Urticion: si tratta di habitat più continentali presenti ai margini o nelle schiarite dei boschi.
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La carta della Continentalità (K) si sovrappone quasi perfettamente con quella della Luce; infatti i prati e la vegetazione disturbata in genere risultano più continentali rispetto alla vegetazione climax a causa della più ampia escursione termica.
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Il pH del suolo (R) corrisponde alle principali associazioni del territorio: in rosso il Quercetum ilicis, in verde chiaro le cerrete e i querceti a rovere (Rubio-Quercetum cerridis e Hieracio-Quercetum petraea), in verde più forte i boschi a farnetto (Mespilo-Quercetum frainetto) e in blu i mosaici arbustivi con potenzialità per le farnete. :
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Gli habitat più xerici sono i mosaici di vegetazione sinantropica (Stellarieteae, Chenopodieteae, “Pruno Rubion”, Cistion ladaniferi, i prati a Dasypyrum più costieri); in breve, l’umidità del suolo (F) si correla con la struttura della vegetazione. Il “Viburno- Quercetum ilicis” costiero e la vegetazione alofila sono risultati habitat con un regime intermedio di umidità edafica.
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La carta dei Nutrienti (N) segue quella della Temperatura
La carta dei Nutrienti (N) segue quella della Temperatura. Le due mappe sono sovrapponibili lungo il gradiente altitudinale: comunità termofile e oligotrofe nelle aree costiere, mentre gli habitat più produttivi sono nella zona centrale dei querceti decidui e delle faggete.
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In tutte le carte ecologiche, osserviamo nella zona centrale (che corrisponde alle quote maggiori dei Monti della Tolfa) un pattern più ordinato in confronto con quelli della zona periferica dove sembra emergere una sorta di “disordine”: evidentemente il disturbo antropico è più intenso alle quote minori e nelle zone costiere e subcostiere. In tutte le eco-mappe, tranne per quella dell’umidità, è possibile riconoscere una singola zona centrale uniforme e un mosaico di differenti “patches” nell’area periferica. In conclusione, le carte ecologiche forniscono una rappresentazione sintetica della distribuzione dei mosaici nel paesaggio e, al tempo stesso, informazioni dettagliate sull’ecologia delle diverse comunità. Inoltre, evidenziano a scala di paesaggio il grado di frammentazione, costituendo un valido strumento di monitoraggio anche in questo senso.
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