Giovanni Pascoli A cura della Prof.ssa Maria Isaura Piredda.

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Transcript della presentazione:

Giovanni Pascoli A cura della Prof.ssa Maria Isaura Piredda

L'assiuolo

L'assiuolo Giovanni Pascoli Dov’era la luna? chè il cielo notava in un’alba di perla, ed ergersi il mandorlo e il melo parevano a meglio vederla. Venivano soffi di lampi Da un nero di nubi laggiù; veniva una voce dai campi: chiù... Giovanni Pascoli Le stelle lucevano rare Tra mezzo alla nebbia di latte: sentivo il cullare del mare sentivo un fru fru tra le fratte; sentivo nel cuore un sussulto, com’eco d’un grido che fu. Sonava lontano il singulto: chiù… Su tutte le lucide vette Tremava un sospiro di vento: squassavano le cavallette finissimi sistri d’argento (tintinni a invisibili porte che forse non s’aprono più?…); e c’era quel pianto di morte … chiù....

Analisi del testo Il titolo Le caratteristiche formali Le figure retoriche La parafrasi Il riassunto Problematica affrontata Intenzione comunicativa Collegamenti con la poetica dell’autore La biografia di Pascoli Le opere di Pascoli

Il titolo L'assiuolo è un rapace notturno ( in Toscana detto popolarmente "chiù" per il verso che emette) spesso presente nella poesia di Pascoli e generalmente sentito, come d'altra parte nella tradizione popolare, quale simbolo di tristezza e di morte. Il suo verso inquietante scandisce la lirica e via via si carica di valenze simboliche: dall'iniziale "voce dai campi" diventa "singulto" e infine "pianto di morte".

Caratteristiche formali La poesia è formata da tre strofe di sette novenari seguiti da un monosillabo che chiude ogni strofa e che rima sempre col sesto verso di ogni strofa. Il suono onomatopeico è formato da una sola sillaba tronca. Il componimento poetico è formato dal seguente schema ritmico: ab ab cd cd, ovvero è composto da rime alternate. Nel terzo verso, della seconda strofa, troviamo una rima interna: “cullare del mare”.

Le figure retoriche presenti ne L’assiuolo Allitterazione Anafora Anastrofe Ipallage Iperbato Metafora Onomatopea Similitudine Sinestesia

Le figure retoriche metafora iperbato anastrofe sinestesia ipallage Dov’era la luna? chè il cielo notava in un’alba di perla, ed ergersi il mandorlo e il melo parevano a meglio vederla. Venivano soffi di lampi Da un nero di nubi laggiù; veniva una voce dai campi: chiù... iperbato Le figure retoriche anastrofe sinestesia ipallage metafora onomatopea Le stelle lucevano rare Tra mezzo alla nebbia di latte: sentivo il cullare del mare sentivo un fru fru tra le fratte; sentivo nel cuore un sussulto, com’eco d’un grido che fu. Sonava lontano il singulto: chiù.. Allitterazione fr anafora onomatopea onomatopea similitudine metafora onomatopea Su tutte le lucide vette Tremava un sospiro di vento: squassavano le cavallette finissimi sistri d’argento (tintinni a invisibili porte che forse non s’aprono più?…); e c’era quel pianto di morte … chiù.... Allitterazione s metafora onomatopea onomatopea

Allitterazione E’ una figura retorica del suono che consiste nella ripetizione degli stessi suoni (lettere o sillabe) all'inizio o all'interno di due o più parole vicine. L'effetto fonico prodotto dall'allitterazione (dal latino adlitterare, 'allineare le lettere') si riflette sui significati, perché attraverso di essa si stabiliscono rapporti privilegiati tra le parole. “fru fru tra le fratte” “squassavano…finissimi sistri”

Anafora E’ una figura retorica che consiste nella ripetizione (questo il significato della parola greca anaphorá) di una parola o di un gruppo di parole all'inizio di più versi o di più frasi successive. Serve a sottolineare la parola o il concetto ripetuti in posizione retoricamente forte. “sentivo” ripetuto in tre versi consecutivi

Anastrofe E’ una figura retorica di tipo sintattico, che consiste nell'inversione dell'ordine normale di due parole in una frase. Serve a dare risalto a un termine. “ed ergersi il mandorlo e il melo parevano” per “parevano ergersi”

Ipallage L'ipallage (dal greco ypallaghé, 'scambio collocato sotto') è una figura retorica che consiste nel cambiare il normale rapporto sintattico e semantico tra le parole. “nero di nubi” (per “nere nubi”)

Iperbato E’ una figura retorica di tipo sintattico che consiste nel separare elementi costituenti un unico sintagma, inserendone altri che producono un andamento irregolare della frase rispetto all'ordine previsto (il termine deriva dal greco hypér, 'sopra', e báino, 'sposto'). “ed ergersi il mandorlo e il melo parevano” (per “il mandorlo e il melo ergersi parevano ”)

Metafora E’ una figura retorica di tipo semantico che consiste nello spostamento di significato da un ambito proprio a uno non proprio in base a un rapporto di somiglianza (il termine deriva dal greco metà, 'oltre', e phéro, 'porto'). La metafora può essere considerata una similitudine abbreviata. “un’alba di perla” “nebbia di latte” “sospiro di vento” “finissimi sistri d’argento”

Onomatopea Figura retorica del suono che consiste nel riprodurre e nell'imitare, mediante i suoni della lingua, suoni naturali e rumori reali. (Dal greco onomatopoìa,"creazione di un nome"). “tintinni” (onomatopea impropria perché è un nome dotato di significato proprio) “chiù” (riproduce il suono naturale dell’assiuolo, perciò forma un onomatopea pura) “fru fru” (riprende il rumore proveniente dai cespugli).

Similitudine E’ una figura retorica che agisce sul piano dei significati e rende più chiaro un concetto o più evidente un’immagine, stabilendo un confronto con altro concetto o altra immagine attraverso connettivi quali “come”, “così... come”, “simile a”, oppure verbi quali “pare”, “sembra”. “com’eco d’un grido che fu”

Sinestesia E’ una forma particolare di metafora, che consiste nell'associare in stretto rapporto due termini appartenenti a sfere sensoriali diverse. Con la sinestesia (dal greco synáisthesis, 'percezione congiunta') si rende più incisivo o suadente il messaggio, perché si mobilitano contemporaneamente sensi diversi. “soffi di lampi”

La parafrasi Mi domando dove fosse la luna, visto che il cielo aveva un colore chiaro e il mandorlo e il melo sembravano sollevarsi per vederla meglio. Da nuvole nere in lontananza venivano dei lampi mentre una voce nei campi ripeteva: chiù. Solo poche stelle brillavano nella nebbia bianca. Sentivo il rumore delle onde del mare, sentivo un rumore tra i cespugli, sentivo un’agitazione nel cuore al ricordo di una voce che evocava un dolore antico. Si sentiva un singhiozzo lontano: chiù. Sulle vette dei monti illuminate dalla luna, soffia un vento leggero mentre il canto delle cavallette sembra il suono dei sistri funebri che bussano alle porte della morte che forse non si aprono più?… e continua insistentemente un pianto funebre … chiù

Riassunto La poesia si può riassumere in questo modo: La notte in cui l'io poetico immagina di essere è cupa e nebbiosa (... la nebbia di latte), tanto che non si vede la luna (Dov'era la luna?), bensì soltanto poche stelle (le stelle lucevano rare...); tuttavia ci sono parecchi suoni, come quelli dei tuoni (venivano soffi di lampi), il verso dell'assiuolo tra i campi (chiù) e un pianto di morte, e c'era quel pianto di morte...); il rumore del mare (sentivo il cullare del mare), gli animali tra i cespugli (sentivo un fru fru tra le fratte) e le cavallette che sembrano suonare dei  (squassavano le cavallette finissimi sistri d'argento). Al poeta viene un sussulto a causa di questi rumori (sentivo nel cuore un sussulto), e si domanda se le porte della morte si potranno sempre aprire (tintinni a invisibili porte che forse non si aprono più).

Problematica affrontata I principali problemi che il poeta affronta sono il mistero e l’angoscia della morte. Contribuiscono a creare un’atmosfera di mistero il contrasto tra immagini minacciose e serene. Questo tema è caratterizzato dalla domanda che il poeta fa: “tintinni a invisibili porte che forse non si aprono più?”. L’interrogazione che Pascoli pone mette in rapporto il dato fisico, cioè il suono delle cavallette, con una realtà metaforica, ovvero le invisibili porte che, aprendosi, potrebbero spiegare il mistero della vita. Il passaggio dal suono reale alla sua interpretazione metaforica è molto importante perché apre una riflessione sulla morte e sull’impossibilità per l’uomo di affidarsi alla speranza di un'altra vita dopo la fine dell’esistenza. Questa sensazione negativa è data dalla voce dell’uccello notturno, che per le credenze popolari di allora è considerato un annuncio di disgrazia e di morte.

Intenzione comunicativa Con questa poesia Pascoli descrive un paesaggio notturno dove all’inizio prevale il sentimento dell’estasi, difatti dice che la notte è meravigliosa, il cielo è chiaro come l’alba e perfino gli alberi sembrano sporgersi per vedere meglio la luna che è nascosta tra le nubi. Il paesaggio descrittivo è reso ancora più incantevole dalla melodia del mare e dai fruscii dei cespugli che sembrano quasi rasserenare l’anima. Tutto quest’ambiente è disturbato non dai lampi, dalle nubi e dalla nebbia, ma solamente da una voce triste che si leva nei campi: il chiù. Una voce che all’apparenza sembra di passaggio, ma di strofa in strofa diventa più angoscioso, fino ad arrivare ad un pianto di morte. Questo suono, per il poeta, è come un sussulto, una scossa al cuore che gli fa emergere ricordi tristi e pensieri tormentati.  La voce dell’uccello notturno pare quasi la voce stessa del suo cuore angosciato. Con tutto il suo componimento poetico, Pascoli vuole esprimere l’incombere dei ricordi e della morte, che impedisce al poeta di godere pienamente la magia di una notte di luna perché è avvolto dal mistero e dall’angoscia della morte

Collegamento con la poetica dell’autore Il tema dominante in questo componimento, oltre al mistero, è la morte. Questo tema ricorre spesso nelle liriche di Pascoli, non solo come riflesso dei numerosi lutti familiari supportati nell’infanzia, ma anche dal desiderio d’evasione dalla minacciosa realtà contemporanea e dall’oppressione della società. La sua precoce esperienza di dolore e di morte aveva influito sulla sua visione pessimista e malinconica della vita e del mondo. Il nostro poeta, molto spesso, per allontanarsi da questa sofferenza cerca di rinchiudersi nel piccolo mondo degli affetti familiari, ovvero il “nido familiare”. Ogni singolo elemento della natura, descritto ne L’assiuolo, è osservato con gli occhi ingenui del fanciullino. “Il fanciullino” è un famoso saggio scritto da Pascoli dove lui stesso, espone la sua concezione poetica. Egli afferma che il poeta è chi riesce a vedere le cose con la stessa ingenuità di un bambino. Il poeta quindi non si dovrà inventare la poesia, ma la scoprirà attraverso la sua capacità di cogliere le piccole cose con l’intuizione e non sulla ragione, avendo in questo modo una concezione del mondo che si ha durante l’infanzia. Pascoli, quindi, cerca rifugio nell’infanzia perché è l’unico momento possibile di felicità.

Biografia di Giovanni Pascoli Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna nel 1855. Il padre, che è amministratore di una tenuta agricola, viene ucciso in un agguato lasciando orfani i suoi otto figli. Pascoli ha allora dodici anni e sta seguendo gli studi in un collegio di Urbino. Negli anni seguenti la sua giovinezza è ancora sconvolto da gravi lutti : muoiono la madre e tre fratelli. La sua famiglia conosce anche difficoltà economiche ma egli ottiene una borsa di studio per l'università di Bologna dove diventa allievo di Carducci e, nel 1882, si laurea in lettere. In quel tempo aderisce al movimento socialista e viene condannato anche ad alcuni mesi di carcere; segue un periodo di grave crisi, durante il quale si accentua il pessimismo riguardo alla possibilità che gli uomini possano incidere sulla storia, ed abbandona la politica attiva. Dopo aver insegnato latino e greco in diversi licei e università italiane, nel 1906 succede al Carducci come professore di letteratura italiana all'università di Bologna. Nel frattempo trova il suo rifugio ideale dagli affanni della vita nella casa di Castel Vecchio di Barga in provincia di Lucca dove vive anche la sorella Maria. Muore a Bologna nel 1912.

Le opere di Pascoli Per il Pascoli l'uomo e il mondo sono avvolti nel mistero, sono minacciati dal male, dall'ingiustizia e dalla morte; né la ragione ( dopo tante sventure familiari egli si è allontanato dalla fede cristiana e non crede nella provvidenza ), né la scienza sono in grado di conoscere e spiegare la realtà. Solo i poeti possono intuire il significato della vita e scorgere nel mistero del destino umano la verità che sfugge alla maggioranza degli uomini. Nel poeta, infatti, c'è una parte dell'anima che rimane fanciulla ed è quell'anima di "fanciullino" che sa capire il segreto delle cose. La poesia di Pascoli è la poesia delle piccole cose, dei fiori, dei bambini, della casa, degli oggetti e degli affetti familiari… piccole cose che nel loro significato più profondo possono rivelare frammenti di verità. La poesia di Pascoli è una poesia nuova che si allontana da quella romantica per aderire alla cultura del Decadentismo. Pascoli rifiuta gli schemi metrici della poesia tradizionale, crea strofe di diversa misura, utilizza un linguaggio nuovo fatto di vocaboli tratti dalla vita quotidiana e dal dialetto accostati a termini letterari, mira ad ottenere un'intensa musicalità dei versi, anche con l'uso frequente di onomatopee: la sua attenzione per la sonorità delle parole dà inizio alla tendenza poetica di valorizzare gli effetti musicali del verso, tendenza che perdura fino ai nostri giorni.

L'assiuolo Giovanni Pascoli metafora sinestesia metafora onomatopea Dov’era la luna? chè il cielo notava in un’alba di perla, ed ergersi il mandorlo e il melo parevano a meglio vederla. Venivano soffi di lampi Da un nero di nubi laggiù; veniva una voce dai campi: chiù... Giovanni Pascoli sinestesia metafora onomatopea Le stelle lucevano rare Tra mezzo alla nebbia di latte: sentivo il cullare del mare sentivo un fru fru tra le fratte; sentivo nel cuore un sussulto, com’eco d’un grido che fu. Sonava lontano il singulto: chiù.. Allitterazione fr anafora onomatopea onomatopea similitudine metafora onomatopea Su tutte le lucide vette Tremava un sospiro di vento: squassavano le cavallette finissimi sistri d’argento (tintinni a invisibili porte che forse non s’aprono più?…); e c’era quel pianto di morte … chiù.... Allitterazione s metafora onomatopea onomatopea