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Lettera 322
Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce
Carissimo figliuolo e padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi arso nella fornace della divina carità.
La quale carità consuma l'acqua dell'amore proprio di noi medesimi, fa l'uomo perdere sé medesimo, cioè che non cerca sé per sé, ma sé per Dio, né appetisce le proprie consolazioni; ama il prossimo non per sé ma, per Dio, cercando, quanto gli è possibile, la salute sua; ed ama Dio per Dio, perché conosce ch'egli è somma ed eterna bontà, degno d'essere amato.
Oh quanto è dolce questa madre della carità! ella nutre i figliuoli delle virtù al petto suo; e nessuna virtù può dare a noi vita di Grazia: se ella non è fatta e nutrita dalla carità. Ella è un lume che toglie la tenebra dell’ignoranza, col quale lume più perfettamente si conosce la verità: e, per il conoscimento, più ama.
Ella è un vestimento che ricopre la nostra nudità: cioè, che l'anima che è nuda di virtù (onde le segue vergogna, siccome all'uomo che si vede nudo), ella la ricopre del vestimento delle vere e reali virtù. Ella è un cibo che insieme nutre l'anima, e le dà fame: che altrimenti, non sarebbe cibo dilettevole, se non fosse la fame insieme col cibo.
Onde noi vediamo che l'anima la quale si nutre in questa fornace, sempre vuole mangiare il cibo suo; e quanto più mangia, più ha fame. Quale è il cibo suo? è l'onore di Dio, e la salute dell'anime. Levatasi da cercare l'onore proprio, corre come innamorata alla mensa della Croce a cercare l'onore di Dio.
Ella si sazia d'obbrobri abbracciando scherni e villanie, conformandosi tutta nella dottrina del Verbo, con seguire in verità le vestigia sue. Non gli è duro il portare pena né fatica; anco, gli è diletto, perché con odio santo ha abbandonato sé medesimo, onde riluce in lui la virtù della pazienza, con le sue sorelle, cioè fortezza e lunga perseveranza.
Questi gusta l'arra di vita eterna: siccome quegli che stanno nell'amore proprio, gustano l'arra dell'inferno; perché sono fatti incomportabili a loro medesimi, amando disordinatamente sé e le creature e le cose create. Bene è dunque dolce questa dolce madre. Non è da dormire, ma è da cercarla con perfetta sollecitudine, chi l'avesse smarrita per colpa.
Smarrita, dico; perché la può ritrovare, mentre che ha tempo. E chi l'ha imperfettamente, cerchi d'averla con perfezione. E non si dorma più; che noi siamo chiamati, e invitati a levarci dal sonno. Dormiremo noi nel tempo che i nemici nostri vegliano? No. La necessità ci chiama, e il debito ci stringe; che, come stretti d'amore, ci deve destare.
Or si vide mai tanta necessità, quanta oggi vediamo nella santa Chiesa, di vedere i figliuoli nutriti al petto suo, essersi levati e fare contro a lei, e contro al Padre, con tanta miseria (cioè Cristo in terra, papa Urbano VI, vero sommo Pontefice); e hanno eletto l'antipapa, dimonio incarnato, egli e chi lo segue?
Ben ci deve stringere il debito di sovvenire al Padre nostro in questa necessità; il quale domanda benignamente e con grande umiltà l'aiuto dei servi di Dio, volendoli a lato a sé. Noi dobbiamo rispondere, consumati nella fornace della carità; e non ritirare addietro, ma andare innanzi con una verità schietta, che mai non sia contaminata per verun piacere umano; con un cuore virile entrare in questo campo della battaglia, con vera e cordiale umiltà.
Rispondete dunque al Sommo Pontefice Urbano VI, il quale con grande umiltà vi chiama, non per le nostre giustizie o virtù, ma per la bontà di Dio, e umiltà sua. E però io vi prego per l'amore di Gesù Cristo crocifisso, che voi prontamente compiate la volontà di Dio e sua.
Or m'avvedrò se voi sarete amatori di Dio e della riformazione di santa Chiesa, e se voi non riguarderete alle proprie consolazioni. Son certa che, se voi avrete consumato l'amore proprio in questa fornace, voi non curerete d'abbandonare la cella e le vostre consolazioni; ma piglierete la cella del conoscimento di voi, e con essa verrete a porre la vita, se bisognerà, per la verità dolce. Altrimenti, no.
E però vi dissi ch'io desideravo di vedere consumato ogni amore proprio di voi nella fornace della divina carità. Escano fuori i servi di Dio, e vengano ad annunciare e sostenere per la verità; che ora è il tempo loro. Venite, e non indugiate; con ferma disposizione di volere attendere solo all'onore di Dio, e bene della santa Chiesa; e per questo porre la vita, se bisognerà.
Non dico più qui. Ma di un'altra cosa vi prego e costringo da parte di Cristo crocifisso, che voi andiate a Fiorenza, e dite a quelli che sono vostri amici e che lo possono fare che lor piaccia di sovvenire al Padre loro e d'attenergli quello che essi hanno promesso e non vogliano mostrare tanta ingratitudine delle grazie che essi hanno ricevuto da Dio e dalla Santità sua.
Voi sapete bene che l’ingratitudine dissecca la fonte della pietà. E quante n'hanno ricevute! E delle offese che essi hanno fatte che punizione si hanno ricevuta? Nessuna di lui, ma grazie. Se essi non la conosceranno, la riceveranno dal sommo Giudice e molto più dura senza alcuna comparazione che la disciplina umana.
E però pregateli strettissimamente che faccino il dovere loro e non si lascino ingannare dalle lusinghe dell’antipapa dimonio incarnato.