IL COMMERCIO NELL’ECONOMIA GLOBALE

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IL COMMERCIO NELL’ECONOMIA GLOBALE 1 1 Il commercio internazionale 2 Le migrazioni e gli investimenti diretti esteri 3 Conclusioni IL COMMERCIO NELL’ECONOMIA GLOBALE

Sommario Il commercio internazionale I fondamenti del commercio mondiale La mappa del commercio mondiale Il rapporto tra commercio internazionale e PIL Le barriere al commercio internazionale Le migrazioni e gli investimenti diretti esteri La mappa delle migrazioni La mappa degli investimenti diretti esteri Conclusioni Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Obiettivi didattici Comprendere i termini e i concetti fondamentali relativi al commercio internazionale. Comprendere le motivazioni fondamentali del commercio tra Paesi. Capire l’andamento del commercio nel tempo e i motivi che ne stanno alla base. Comprendere i diversi tipi di scambio: beni, servizi, migrazioni e investimenti diretti esteri. Comprendere come e perché si realizzano tra Paesi diversi differenti tipi di commercio. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Introduzione Globalizzazione Flussi internazionali di beni e servizi Flussi di persone e imprese Diffusione della cultura e delle idee tra Paesi Stretta integrazione dei mercati finanziari Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Introduzione Già prima della prima guerra mondiale il commercio internazionale era molto sviluppato e i mercati finanziari molto integrati. Nel tempo molti fattori hanno interrotto questi flussi, positivamente e negativamente. Le migrazioni internazionali non sono libere come i flussi di beni e servizi a causa di diverse restrizioni. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Introduzione Gli investimenti diretti esteri sono essenzialmente non soggetti a restrizioni nei Paesi industriali, ma non necessariamente nei Paesi in via di sviluppo. Gli investimenti, sia nei Paesi in via di sviluppo che in quelli industrializzati, sono per le imprese un modo di espandere le proprie attività e conoscenze a livello internazionale. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Il commercio nell’economia globale Le importazioni sono l’acquisto di beni o servizi da un altro Paese. Le esportazioni sono la vendita di beni o servizi ad altri Paesi. La Germania nel 2005 presentava le esportazioni di beni più elevate, mentre Cina e Stati Uniti erano rispettivamente al secondo e al terzo posto. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Il commercio nell’economia globale Merci: comprendono i prodotti manifatturieri, minerari e agricoli. Esportazioni di servizi: comprendono servizi commerciali come eBay, viaggi, assicurazioni e trasporti. Considerando tutti i beni e i servizi, gli Stati Uniti sono il maggior Paese esportatore del mondo, seguiti dalla Germania e dalla Cina. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Il commercio nell’economia globale Le migrazioni sono i flussi internazionali di persone che si realizzano quando le persone si trasferiscono da un Paese all’altro. Gli investimenti diretti esteri sono i flussi internazionali di capitale che si realizzano quando un’impresa possiede un’altra impresa in un altro Paese. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Il commercio nell’economia globale Perché i Paesi commerciano? Possono ottenere dai Paesi esteri prodotti più economici o di maggiore qualità rispetto a quelli prodotti internamente. Il fatto che la Germania fosse il maggiore esportatore di beni nel 2005 mostra la superiorità della sua tecnologia nella produzione di beni manufatti di alta qualità. La Cina produce beni a costo inferiore rispetto alla maggior parte dei Paesi industrializzati. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Il commercio nell’economia globale Nel libro, si analizzano alcuni modelli per aiutarci a spiegare le ragioni del commercio. Inoltre, si studiano le migrazioni e gli investimenti diretti esteri. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Le domande a cui rispondere Perché questi flussi internazionali sono così comuni? Quali sono le conseguenze di questi flussi per i Paesi coinvolti? Quali azioni intraprendono i governi per rendere i Paesi più o meno aperti al commercio, alle migrazioni e agli investimenti diretti esteri? Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Il commercio internazionale I fondamenti del commercio mondiale Non tutto il commercio riguarda beni spediti da un Paese all’altro. Riguarda anche i servizi – Servizi come i viaggi e il turismo si realizzano nel Paese domestico per i consumatori esteri. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

I fondamenti del commercio mondiale La bilancia commerciale di un Paese è la differenza tra il valore totale delle esportazioni e il valore totale delle importazioni. Normalmente si considerano sia i beni che i servizi Non ci preoccuperemo del saldo della bilancia commerciale: ipotizzeremo che le importazioni siano pari alle esportazioni. Si ha un avanzo (surplus) commerciale quando un Paese esporta più di quanto importa. Si ha un disavanzo (deficit) commerciale quando un Paese importa più di quanto esporta. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

I fondamenti del commercio mondiale Quali sono i problemi dei dati di commercio bilaterale? Se alcuni input sono importati nel Paese, allora il valore aggiunto è inferiore al valore delle esportazioni. La bambola Barbie è prodotta con petrolio proveniente dall’Arabia Saudita, con plastica proveniente da Taiwan, capelli provenienti dal Giappone ed è assemblata in Cina. La bambola vale 2$ quando lascia la Cina, ma il valore aggiunto dalla forza lavoro cinese è di soli 35 centesimi. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La Barbie nel commercio mondiale Figura 1.1 La bambola Barbie Figura 1.1: La bambola Barbie. Nella figura si mostrano i prodotti forniti da vari Paesi per la produzione di una Barbie venduta negli Stati Uniti. La Cina fornisce lavoro, cotone e abiti per la bambola. L’Arabia Saudita fornisce il petrolio che, attraverso la raffinazione, produce etilene. Taiwan usa l’etilene per produrre pellet di plastica vinile per il corpo della Barbie, mentre il Giappone fornisce i capelli di nylon. Gli Stati Uniti forniscono le vernici e i materiali della confezione per la vendita al dettaglio. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

I fondamenti del commercio mondiale Quali sono i problemi dei dati di commercio bilaterale? L’intero importo di 2$ è considerato un’esportazione della Cina verso gli Stati Uniti anche se solo 35 centesimi riflettono il valore del lavoro cinese impiegato. Questo esempio ci mostra che il concetto di disavanzo o avanzo commerciale bilaterale non è così chiaro come si potrebbe pensare. Questo è un difetto delle statistiche ufficiali. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

I fondamenti del commercio mondiale Ma perché è una questione importante? Nel1995, le importazioni di giocattoli dalla Cina verso gli Stati Uniti sono state di 5,4 miliardi di dollari. Poiché il commercio con la Cina continua a crescere, l’apparente vantaggio della Cina comincia a preoccupare molti negli Stati Uniti. Quando le statistiche commerciali sono fuorvianti possono causare controversie ingiuste. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa del commercio mondiale Nel 2000, hanno attraversato i confini nazionali circa 6.600 miliardi di dollari di beni. Nella figura 1.2, lo spessore delle linee misura il commercio: più spessa è la retta, maggiore è il commercio. Discutiamo dei maggiori gruppi di Paesi che commerciano e di come il commercio influenza tali aree. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa del commercio mondiale Figura 1.2 Il commercio mondiale di beni nel 2000 (in miliardi di $) Figura 1.2: Il commercio mondiale di beni nel 2000 (in miliardi). Questa figura mostra il commercio di beni tra alcuni Paesi e regioni del mondo in miliardi di dollari per l’anno 2000. Il valore del commercio di beni è illustrato dallo spessore della retta: i flussi di commercio più consistenti hanno una linea più spessa, mentre i flussi più contenuti rette tratteggiate. Fonte: Dati di commercio internazionale delle Nazioni Unite. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa del commercio mondiale Il commercio europeo e statunitense Il maggior flusso commerciale è il commercio interno all’Europa, circa il 28% del commercio mondiale. Molti Paesi È semplice spedire i beni tra i Paesi, grazie a dazi bassi I Paesi dell’Unione Europea hanno tra loro dazi sulle importazioni pari a zero. L’UE ha 27 membri. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa del commercio mondiale Il commercio europeo e statunitense Europa e Stati Uniti insieme rappresentano il 35% del commercio mondiale. Le differenze tra questi Paesi spiegano parte del commercio che tra essi si genera. Nonostante questo, Paesi industrializzati come il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno molti aspetti simili. Nel capitolo 6 analizzeremo perché Paesi “simili” commerciano così tanto. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa del commercio mondiale Il commercio nelle Americhe Il commercio tra America Settentrionale, Centrale, Meridionale e Caraibi rappresenta in totale il 13% del commercio mondiale. La maggior parte di questo commercio avviene all’interno dell’Accordo nord-americano per il libero scambio (NAFTA) che comprende Canada, Stati Uniti e Messico. A differenza dell’UE, è improbabile un allargamento del NAFTA ad altri Paesi nel prossimo futuro. Il commercio tra i Paesi del NAFTA e l’America Centrale e Meridionale è relativamente contenuto e la distanza è consistente. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa del commercio mondiale Il commercio con l’Asia Tutte le esportazioni dall’Asia rappresentano il 28% del commercio mondiale. Le esportazioni dalla sola Cina sono raddoppiate tra il 2000 e il 2005. Ci sono molte ragioni che spiegano perché l’Asia commercia così tanto Il lavoro cinese è economico. Il Giappone può produrre in modo efficiente beni di alta qualità. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa del commercio mondiale Altre regioni Dal Medio Oriente e dalla Russia si esportano petrolio e gas naturale. Le esportazioni da queste due aree rappresentano un altro 10% del commercio mondiale. L’Africa rappresenta solo il 2,5% del commercio mondiale. Una quota molto piccola se si considerano le sue dimensioni e la popolazione. Molti ritengono che per far uscire l’Africa dalla povertà siano necessari migliori legami con il mondo attraverso il commercio internazionale. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa del commercio mondiale Tabella 1.1: Quota di commercio mondiale di alcune regioni nel 2000 Tabella 1.1: Quota di commercio mondiale di alcune regioni nel 2000. Questa tabella mostra la quota di commercio all’interno di ogni regione o la quota di esportazioni da ogni regione in rapporto al commercio mondiale totale nel 2000. L’Europa e l’America rappresentano insieme più di metà delle esportazioni mondiali, mentre l’Asia ricopre un altro quarto delle esportazioni mondiali. Nota: Le quote di commercio mondiale sono calcolate a partire dalla figura 1.2, come spiegato nel testo. L’America comprende America Settentrionale, Centrale, Meridionale e Caraibi. Le esportazioni di Medio Oriente e Russia includono anche le esportazioni della Comunità di Stati Indipendenti, che è formata da Azerbaigian, Armenia, Bielorussia, Georgia, Kazakhstan, Kirghizistan, Moldavia, Russia, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan e Ucraina. Fonte: dati di commercio internazionale delle Nazioni Unite. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Il rapporto tra commercio internazionale e PIL Un altro modo per misurare il commercio è guardare al rapporto tra commercio e PIL. Nel 2005 il rapporto tra commercio e PIL per gli Stati Uniti era del 13%. La maggior parte dei Paesi ha un coefficiente maggiore. Gli importanti centri di smistamento e di lavorazione hanno coefficienti molto più elevati. Hong Kong, Malesia e Singapore Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Il rapporto tra commercio internazionale e PIL Come abbiamo visto nell’esempio della bambola Barbie, il valore aggiunto può essere molto inferiore rispetto al valore totale delle esportazioni. Questo spiega perché il commercio può essere maggiore del PIL. I Paesi con i coefficienti più bassi sono quelli economicamente più grandi o che hanno appena iniziato a commerciare. Nonostante nel 2005 gli Stati Uniti fossero il Paese con il più alto valore di commercio, avevano il coefficiente commercio/PIL più basso. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Il rapporto tra commercio internazionale e PIL Tabella 1.2 Rapporto commercio/PIL nel 2005 Tabella 1.2: Rapporto commercio/PIL nel 2005. Questa tabella mostra per ogni Paese il rapporto tra commercio totale e PIL. IL commercio internazionale è calcolato come (importazioni + esportazioni)/2, considerando sia il commercio di beni sia di servizi. I Paesi con i coefficienti commercio/PIL più elevati tendono a essere piccoli in termini economici e sono spesso importanti centri di smistamento, come Hong Kong (Cina) e la Malesia. I Paesi con un rapporto commercio/PIL più basso sono in genere molto grandi dal punto di vista economico, come Giappone e Stati Uniti, e non sono molto aperti al commercio internazionale a causa delle barriere commerciali o della distanza dagli altri Paesi. Fonte: World Bank Development Indicators, Banca Mondiale. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Le barriere al commercio internazionale La tabella 1.2 mostra differenze nella quantità di commercio. Perché? Dazi alle importazioni – le tasse che i Paesi impongono sui beni importati Costi di trasporto per spedire i beni tra Paesi Altri eventi (guerre etc.) Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Le barriere al commercio internazionale Per barriere commerciali si intendono tutti i fattori che influenzano la quantità di beni e servizi trasportati oltre i confini nazionali. Le barriere al commercio si modificano nel tempo al variare delle politiche, della tecnologia, etc. La figura 1.3 mostra l’evoluzione nel tempo del rapporto tra commercio di beni e servizi e PIL per alcuni Paesi. Si possono osservare eventi importanti che hanno influenzato il commercio. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Le barriere al commercio internazionale La prima “età dell’oro” del commercio internazionale 1890–1913 Finisce allo scoppio della prima guerra mondiale Significativi miglioramenti nei trasporti Navi a vapore e ferrovie Il Regno Unito ha registrato il più alto rapporto commercio/PIL, pari al 30% Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Le barriere al commercio internazionale Il periodo tra le guerre 1913–1920: diminuzione del commercio per l’Europa e l’Australia a causa della prima guerra mondiale e del dopoguerra. Dopo il 1920 il coefficiente si ridusse in altri Paesi e l’effetto fu accentuato dalla Grande depressione, iniziata nel 1929. Gli USA imposero dazi elevati, i dazi Smoot-Hawley, a giugno 1930, ad un livello pari a circa il 60%. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Le barriere al commercio internazionale Il periodo tra le guerre I dazi si ritorsero contro gli USA perché altri Paesi ricambiarono: il dazio medio mondiale aumentò al 25% nel 1933. Si introdussero in questo periodo anche contingentamenti alle importazioni — limiti sulla quantità importata di un bene. I dazi elevati e le elevate restrizioni provocarono una drastica riduzione del commercio mondiale, imponendo costi enormi agli Stati Uniti e all’economia mondiale. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Le barriere al commercio internazionale Il periodo tra le guerre Il declino nell’economia mondiale spinse gli Alleati ad incontrarsi dopo la seconda guerra mondiale per sviluppare delle politiche volte a mantenere bassi i dazi. Accordo Generale sui Dazi e sul Commercio (GATT), poi divenuto Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) I capitoli 8-11 trattano le politiche commerciali e le istituzioni commerciali che ne governano l’uso. Conclusione — dazi elevati riducono la quantità di commercio e impongono costi consistenti ai Paesi coinvolti. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Le barriere al commercio internazionale La seconda “età dell’oro” del commercio internazionale Dopo la seconda guerra mondiale, alcuni Paesi riuscirono a riportare rapidamente il commercio ai livelli raggiunti prima del conflitto. La fine della seconda guerra mondiale, la riduzione dei dazi da parte del GATT e il miglioramento dei trasporti contribuirono all’aumento del commercio. Nel 1956 è stata inventata la tecnica della containerizzazione Il commercio mondiale crebbe costantemente dopo il 1950 e molti Paesi hanno superato i livelli massimi raggiunti prima della prima guerra mondiale. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Le barriere al commercio internazionale Figura 1.3 Commercio di beni e servizi in rapporto al PIL Figura 1.3: Commercio di beni e servizi in rapporto al PIL. Il diagramma mostra il commercio totale di beni e servizi per ogni Paese (cioè la media di importazioni ed esportazioni) diviso per il prodotto interno lordo (PIL). Si è verificato un aumento considerevole di questo rapporto tra il 1890 e il 1913. La tendenza si è arrestata con la prima guerra mondiale e la Grande depressione e ci sono voluti molti anni per riguadagnare lo stesso livello di commercio. La maggior parte dei Paesi industrializzati mostrati nel grafico non ha raggiunto il livello di commercio che aveva nel 1913 fino agli anni Settanta. Alcuni Stati – come l’Australia e il Regno Unito – non hanno raggiunto i livelli precedenti fino alla fine del secolo. Fonte: aggiornato da Robert C. Feenstra, “Integration of Trade and Disintegration of Production in the Global Economy,” Journal of Economic Perspectives, Fall 1998, 31–50. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Le barriere al commercio internazionale Figura 1.4 Dazi mondiali medi, 1860 - 2000 Figura 1.4: Dazi mondiali medi, 1860–2000 Il grafico mostra il dazio medio mondiale per 35 Paesi dal 1860 al 2000. Il dazio medio è oscillato attorno al 15% dal 1860 al 1913. Tuttavia, dopo la prima guerra mondiale, il dazio medio è aumentato rapidamente a causa dello Smoot-Hawley Act negli Stati Uniti e della reazione degli altri Paesi, raggiungendo il 25% nel 1933. Dalla fine della seconda guerra mondiale i dazi si sono ridotti. Fonte: Michael A. Clemens e Jeffrey G. Williamson, 2004, “Why did the Tariff-Growth Correlation Change after 1950?” Journal of Economic Growth, 9(1), 5–46. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

50 anni fa la profonda trasformazione delle spedizioni Nel 1956 un imprenditore della Carolina del Nord, Malcolm McLean, caricò una nave con 58 container di circa 11 metri e li spedì da Newark, nel New Jersey, a Houston, Texas. Fu il primo a ideare un sistema di trasporto centrato sul confezionamento del carico in enormi scatole di metallo che potevano essere caricate e scaricate attraverso delle gru. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

50 anni fa la profonda trasformazione delle spedizioni Il trasporto mediante container ha alla fine rimpiazzato il metodo tradizionale “alla rinfusa” con il quale si caricava il carico nella stiva senza ordine. Questa invenzione ha drasticamente ridotto i costi di spedizione rendendo più semplice e più efficiente dal punto di vista dei costi spedire le merci in tutto il mondo. Ha permesso una crescita significativa del commercio internazionale. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Le migrazioni e gli investimenti diretti esteri Il commercio internazionale, le migrazioni e gli investimenti diretti esteri (IDE) influenzano l’economia di un Paese che apre le proprie frontiere per interagire con altri Paesi. Dopo aver introdotto il commercio internazionale, dobbiamo introdurre le migrazioni e gli IDE. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa delle migrazioni La figura 1.5 mostra una mappa del numero di migranti nel mondo. I valori mostrati sono il numero di persone che nel 2000 vivevano (legalmente o illegalmente) in un Paese diverso da quello di nascita. Si usano due fonti di informazione Più spessa è la linea, maggiore il numero dei migranti Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa delle migrazioni Figura 1.5 Migranti nati all’estero nel 2000 (in milioni) Figura 1.5 Migranti nati all’estero nel 2000 (in milioni). Questa figura mostra il numero di immigrati, in milioni di persone, che vivevano in alcuni Paesi e in alcune regioni del mondo nel 2000. Il livello di migrazione è illustrato dallo spessore delle linee: le linee più spesse indicano i flussi migratori maggiori mentre quelle tratteggiate i flussi minori. Fonte: Dati dell’OCSE e dell’ONU sulle migrazioni. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa delle migrazioni Diversamente dal commercio, la maggior parte delle migrazioni avviene fuori dai Paesi OCSE, tra Paesi meno ricchi. Molti immigrati provengono dallo stesso continente, ma cambiano Paese per motivi occupazionali o di altro genere. Se potessero scegliere i migranti si trasferirebbero in un Paese con un salario più elevato. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa delle migrazioni Diversamente dal commercio, ci sono molte più regole sulle migrazioni. I flussi internazionali di persone sono molto meno liberi dei flussi di beni. Le autorità di politica economica temono che gli immigrati provenienti da Paesi a basso salario possano spingere al ribasso i salari per i lavoratori meno qualificati del Paese ricevente. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa delle migrazioni Tuttavia, il commercio internazionale può agire come sostituto dei movimenti internazionali di capitale e di lavoro. Il commercio può migliorare gli standard di vita dei lavoratori esattamente come potrebbe fare la migrazione verso un Paese a salario maggiore. Con l’aumento del commercio globale, più lavoratori sono in grado di lavorare nei settori esportatori. Ciò permette loro di trarre beneficio dal commercio internazionale senza migrare. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa delle migrazioni L’immigrazione europea e statunitense I Paesi più ricchi tipicamente hanno anche maggiori restrizioni al’immigrazione. L’UE, fino al 2004, adottava una politica di libera migrazione tra i Paesi membri. Nel 2004 si sono aggiunti altri 10 Paesi. Questi Paesi avevano un reddito significativamente inferiore dei membri esistenti. Il timore di un afflusso di lavoratori portò a scontri politici. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa delle migrazioni L’immigrazione europea e statunitense Nel gennaio 2007 si sono aggiunti altri due Paesi. Tale allargamento ha spinto la Gran Bretagna a non accettare immediatamente quei lavoratori. Poiché aderiscono all’UE Paesi meno ricchi, nei Paesi più ricchi la libera migrazione fa sorgere molte più problematiche. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Non si assumono balcanici La Gran Bretagna è stato uno dei tre Paesi dell’UE che avevano aperto il proprio mercato del lavoro a tutti i cittadini dei 10 Paesi dell’allargamento del 2004. Alla luce di quella politica, la Gran Bretagna stabilì che non avrebbe aperto completamente il suo mercato del lavoro a romeni e bulgari, che si sarebbero uniti nel gennaio 2007. La Bulgaria minacciò “misure reciproche” ritenendo ingiusta la decisione. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa delle migrazioni L’immigrazione europea e statunitense Si stima che nel 2005 12 milioni di messicani vivevano negli Stati Uniti. Pari a più del 10% della popolazione del Messico. La preoccupazione per una spinta al ribasso sul salario è amplificata dal numero eccezionalmente elevato di immigrati illegali. Le autorità di politica economica negli Stati Uniti sembrano ritenere che l’attuale sistema di immigrazione non funzioni adeguatamente. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

I lavoratori messicani a basso costo dominano l’ultima grande ondata migratoria Fin dagli anni 90 gli Stati Uniti hanno assistito alla più grande ondata migratoria della loro storia. Dei 300 milioni di residenti negli Stati Uniti, circa 37 milioni sono nati in un altro Paese. L’attuale ondata migratoria è stata ampiamente dominata dai migranti provenienti dal Messico: un terzo di questi stranieri è infatti messicano. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

I lavoratori messicani a basso costo dominano l’ultima grande ondata migratoria Entrambi i partiti politici hanno presentato diverse proposte per migliorare un sistema che viene ritenuto inadeguato. Il segno principale di malfunzionamento è che il numero di immigrati illegali è superiore a quello degli immigrati legali e circa il 56% di questi proviene dal Messico. Il sistema è stato progettato per favorire i legami familiari e non sulla base della domanda di lavoro. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

I lavoratori messicani a basso costo dominano l’ultima grande ondata migratoria Un immigrato legale potrebbe richiedere il ricongiungimento con un familiare, ma le categorie di visto hanno un tetto massimo di ingressi. L’arretrato delle domande è diventato così elevato da non permettere il funzionamento del sistema. Un cittadino americano che volesse far entrare un fratello o una sorella dal Messico ha un tempo di attesa di 13 anni. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa degli investimenti diretti esteri Si verifica un IDE quando un’impresa di un Paese possiede un’impresa in un altro Paese. La figura 1.6 mostra i principali flussi di IDE nel 2000. Anche qui, le linee più spesse indicano i livelli maggiori di IDE. Nel 2000 vi sono stati flussi di IDE in entrata e in uscita dai Paesi OCSE pari a 1.300 miliardi di dollari. Questo valore è pari a più del 90% degli IDE mondiali totali. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa degli investimenti diretti esteri Figura 1.6 I flussi di investimenti diretti esteri nel 2000 (in miliardi) Figura 1.6 I flussi di investimenti diretti esteri nel 2000 (in miliardi). La figura mostra i flussi di investimenti diretti esteri in miliardi di dollari tra alcuni Paesi e regioni del mondo nell’anno 2000. Il flusso di investimenti è illustrato dallo spessore delle linee: le linee più spesse rappresentano i flussi più grandi e quelle tratteggiate i flussi più contenuti. Fonte: Dati OCSE e ONU sugli investimenti diretti esteri. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa degli investimenti diretti esteri Diversamente dalle migrazioni, la maggior parte degli IDE avviene tra Paesi OCSE. Gli IDE possono essere descritti in due modi: Si hanno IDE orizzontali quando un’impresa di un Paese possiede un’impresa in un altro Paese industrializzato. L’acquisto da parte del Rockefeller Center a New York da parte di un investitore giapponese. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa degli investimenti diretti esteri Determinanti degli IDE orizzontali L’impianto estero permette all’impresa madre di evitare dazi e contingentamenti in cui incorrerebbe in caso di esportazione verso un mercato estero, dato che produce localmente. Una filiale estera permette anche un migliore accesso a quell’economia perché le imprese locali hanno infrastrutture migliori e migliori informazioni per il marketing dei prodotti. L’alleanza tra le divisioni produttive delle imprese permette la condivisione dell’esperienza tecnica. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa degli investimenti diretti esteri Si realizzano IDE verticali quando un’impresa di un Paese industrializzato possiede un impianto in un Paese in via di sviluppo. Solitamente si realizzano per trarre vantaggio dai salari più bassi nel Paese in via di sviluppo. Le imprese si sono trasferite in Cina per evitare dazi e acquisire partner locali per vendere in loco. La Cina è entrata nell’OMC nel 2001 e ha ridotto i dazi, ma le imprese estere sono rimaste e ora si iniziano a esportare automobili da questo Paese. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa degli investimenti diretti esteri Gli IDE europei e statunitensi I maggiori flussi di IDE si verificano in Europa: nel 2000 ammontavano a circa 450 miliardi di dollari. Fusione Daimler-Benz I flussi interni all’Europa e tra Europa e Stati Uniti rappresentano il 55% del totale mondiale. La maggior parte degli IDE avviene tra Paesi industrializzati e per la maggior parte si tratta di IDE orizzontali. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa degli investimenti diretti esteri Gli IDE nelle Americhe Brasile e Messico sono due dei maggiori Paesi riceventi di IDE tra i Paesi in via di sviluppo dopo la Cina. I flussi in entrata in Brasile e Messico rappresentano circa metà dei flussi di IDE in entrata verso l’America Latina. Si tratta in questi esempi di IDE verticali stimolati dall’opportunità di pagare salari inferiori. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa degli investimenti diretti esteri Gli IDE con l’Asia Gli IDE tra Stati Uniti e Giappone e tra Europa e Giappone sono di tipo orizzontale. Il resto dell’Asia mostra flussi di IDE abbastanza consistenti, in gran parte esempi di IDE verticali con l’obiettivo di trarre vantaggio dai bassi salari. La Cina è il maggior Paese ricevente di IDE in Asia, il terzo nel mondo. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa degli investimenti diretti esteri Gli IDE con l’Asia Tra la Cina e Hong Kong si ha una specie di “doppio conteggio”. Accade perché Hong Kong ha investimenti diretti nella Cina continentale in parte finanziati da imprese della Cina stessa. Il flusso di capitale dalla Cina a Hong Kong e di nuovo verso la Cina è chiamato “round tripping”. Tra un quarto e metà dei flussi di IDE verso la Cina sono finanziati in questo modo. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

La mappa degli investimenti diretti esteri Gli IDE con l’Asia Si parla di IDE verticali di ritorno per riferirsi al caso di imprese di Paesi in via di sviluppo che acquistano imprese nei Paesi industrializzati. Acquisiscono le conoscenze tecnologiche di quelle imprese e le combinano con i bassi salari del Paese di origine. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

L’acquirente cinese dell’unità PC si trasferisce nella sede della IBM La Lenovo ha acquisito l’attività dei personal computer della IBM nel processo di trasformazione in una multinazionale. Trasferirà il suo quartier generale a New York dove ha sede la IBM e trasferirà la gestione a un gruppo di alti dirigenti IBM. La Lenovo è consapevole di non avere l’esperienza globale necessaria per gestire la nuova impresa e investe nell’esperienza IBM. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Conclusioni Sebbene la globalizzazione sembri un fenomeno nuovo, il commercio internazionale e l’integrazione dei mercati finanziari erano già molto sviluppati prima della prima guerra mondiale. Dopo la seconda guerra mondiale, il commercio mondiale è cresciuto di nuovo rapidamente e il rapporto tra commercio e PIL mondiale è aumentato costantemente. Le migrazioni internazionali non sono libere come il commercio internazionale e i Paesi temono l’effetto delle migrazioni sui mercati del lavoro. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Conclusioni Gli IDE sono per la maggior parte non limitati nei Paesi industrializzati, ma subiscono alcune limitazioni nei Paesi in via di sviluppo. Le imprese tipicamente investono nei Paesi in via di sviluppo per trarre vantaggio dai bassi salari. Gli investimenti sia nei Paesi in via di sviluppo sia in quelli industrializzati permettono all’impresa di diffondere la propria attività e conoscenza dei processi di produzione a livello internazionale. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Concetti chiave La bilancia commerciale di un Paese (esportazioni meno importazioni) è determinata dalle condizioni macroeconomiche. Gran parte del commercio internazionale si realizza tra Paesi industrializzati. È possibile spiegare il commercio sia tra Paesi simili sia tra Paesi differenti. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor

Concetti chiave I Paesi grandi tendono ad avere quote di commercio su PIL minori poiché buona parte del loro commercio avviene internamente. La maggioranza delle migrazioni mondiali avviene nei Paesi in via di sviluppo. Il commercio internazionale di beni e servizi agisce come sostituto della migrazione. La maggior parte dei flussi mondiali di IDE si verifica tra i Paesi industrializzati. Copyright © 2008 Worth Publishers ▪ International Trade ▪ Feenstra/Taylor