Docente: prof. Cecilia Chiumenti Università della Terza Età e del Tempo Disponibile- - San Martino Buon Albergo Docente: prof. Cecilia Chiumenti a.a. 2015-2016 Grazia Deledda
La vita Nacque a Nuoro il 27 Settembre 1871 e morì a Roma nel 1936. Il padre, benestante, la fece studiare privatamente dopo la scuola elementare. La sua formazione è quindi quella di un’autodidatta, che si nutrì di letture personali, come i romanzieri russi dell’Ottocento. Cominciò a scrivere giovanissima, a 15 anni. Dopo il matrimonio si trasferì a Roma in un ambiente meno marginale di quello sardo. In lei confluiscono sia gli influssi del Verismo italiano di fine Ottocento, sia le prime innovazioni del romanzo moderno (Decadentismo) nonché le influenze di D’Annunzio. Tra le sue opere maggiori: Elias Portolu (1903); Cenere (1904); Canne al vento (1913); Marianna Sirca (1915), La madre (1920). Incompiuta, a causa della morte dell’autrice, è Cosima, una sorta di autobiografia. La critica non fu tenera con lei, pochi furono i suoi ammiratori. Nonostante questo nel 1926 venne premiata con il Nobel per la letteratura, con la seguente motivazione: Per la sua ispirazione idealistica, scritta con raffigurazioni di plastica chiarezza della vita della sua isola nativa, con profonda comprensione degli umani problemi. E’ l’unica scrittrice italiana ad averlo ricevuto.
Elias Portolu, 1903 Elias Portolu è un giovane pastore nuorese, che dopo aver scontato un breve periodo in prigione, in «continente» rientra in paese. Il carattere del giovane è poco virile secondo la mentalità del suo contesto di origine. «Uomo di cacio fresco» lo chiama il padre. Il giovane s’innamora di Maddalena, la promessa sposa del fratello Pietro. Perseguitato dal senso di colpa e lacerato dalla passione da un lato e dall’altro dal desiderio di redimersi e farsi prete, Elias fa costantemente le scelte sbagliate. Alla fine, pur nel dramma, Elias ritrova la pace con se stesso e con Dio, accanto al figlioletto morto. La figura di Elias ci ricorda altri personaggi «inetti» della letteratura dei primi del Novecento, ma ci ricorda anche il Raskolnikov di Delitto e castigo di Dostoevskij, e il dramma di queste coscienze lacerate dal dubbio e dal rimorso. Temi: la passione e la fragilità umana – l’inettitudine - La disgregazione della famiglia Letture: Incipit – p 36 – p.63/66 – p. 73/75 – p.97 - 109
Canne al vento, 1913 L’urto tra il vecchio e il nuovo è la traccia su cui si sviluppa la vicenda. Efix, il servo delle sorelle Pintor, incarna la cultura primitiva ma ancora presente in Sardegna. Giacinto, il nipote, rappresenta invece la gioventù che si ribella. La vecchia casa nobiliare delle Pintor era in rovina : il passato arcaico e pastorale non reggeva il confronto con la modernità. L’equilibrio è rotto dall’arrivo del nipote Giacinto, figlio di Lia (la sorella fuggita in cerca di libertà). Il giovane – fragile e insicuro – porta alla rovina economica e morale la famiglia. Tutto ruota intorno al servo, colpevole e santo, Efix che ha accidentalmente ucciso il padre delle Pintor, un uomo aggressivo, mentre stava per bloccare il viaggio verso la libertà di Lia. Il percorso salvifico ci sarà. Una delle Pintor sposa il cugino. E il servo può morire quando nella casa arriva un altro uomo a proteggere le donne. La sua funzione, e il percorso di espiazione sono finiti. Temi: la disgregazione della famiglia – la decadenza di certe classi sociali – la passione amorosa – la fragilità umana Letture: incipit – p.9/10/11 – p. 34 – p. 65/68 – p. 81 – p.89 p.76-77-78
La madre, 1920 La protagonista è la madre di Paulo, il parroco di Aar (nome immaginario), un paesino sui monti sardi. Paulo si è innamorato della giovane Agnese, che vive sola, e fra i due è in corso una relazione amorosa. La madre scopre la relazione e inizia a tormentarsi. Ad un certo punto Paulo, spinto da sensi di colpa, decide di lasciare Agnese, la quale in un primo momento vorrebbe vendicarsi rendendo nota la vicenda all'intera comunità. Ma la donna infine rinuncia al suo proposito: ciò nonostante la madre di Paulo, profondamente provata dal dolore e dall'angoscia, muore all'improvviso in chiesa, lasciando nel prete un grande rimorso.
Marianna Sirca, 1915 I fatti narrati da Grazia Deledda in Marianna Sirca sono ambientati nella Sardegna barbaricina. Nuoro, il centro abitato dove Marianna vive; la serra nuorese, sede della casa colonica e dei terreni ereditati da Marianna; i monti, i boschi e la caverna in cui si nascondono i banditi che spadroneggiano nella regione. La narrazione si svolge in un periodo storico imprecisato, ma si può intuire che non sia distante da quello in cui è stata scritta l'opera (1900-1915). Il racconto vede come protagonisti Marianna Sirca, una giovane di origini modeste, arricchitasi dopo aver ereditato il patrimonio di un suo zio prete, e Simone Sole, un giovane bandito nuorese povero, ma di gran carattere. I due s’innamorano e decidono di sposarsi in gran segreto. Marianna chiede però a Simone di costituirsi alla giustizia e di scontare la sua pena. Quando il segreto trapela, trova tutti contrari. La casa della giovane é posta sotto sorveglianza da parte dei carabinieri, che inutilmente aspettano l’arrivo di Simone. Marianna, delusa, lo accusa pubblicamente di viltà e quando Simone ritorna per chiederle di ritirare l’offesa, gli oppone un ostinato silenzio. Contrariato e offeso, Simone si allontana di nuovo ma viene ucciso la sera stessa.