La classe quarta della Scuola primaria Collegio Gallio presenta l’opera di Turandot. Venite con noi?

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Transcript della presentazione:

La classe quarta della Scuola primaria Collegio Gallio presenta l’opera di Turandot. Venite con noi?

La principessa falena, così chiamata perché ha perso la sua umanità. L’ eredità dell’ antenata Lou-Ling rappresenta quasi una crisalide in cui è rimasta invischiata; Turandot è come una farfalla che ha perso i colori che è tornata indietro, rifugiandosi in una maledizione per non affrontare la vita, i colori, la gioia ma anche il dolore che può comportare l’ amore. la paura di confortarsi l’ha ridotta ad essere schiava di se stessa e di una maledizione che ormai è costretta a incarnare, portando con sé tutto il popolo di Pechino, che si trova ridotto al silenzio e alla paura. L’arrivo di Calaf, Liù e Timur risveglia in lei e nel popolo il desiderio di tornare alla vita, rompendo i confini di un mondo che si è sottratto all’umanita. La crudeltà di Turandot si scioglie nel finale con la parola “amore” che fa raffluire la vita in lei e in tutta Pekino. TURANDOT

PING PONG PANG I consiglieri, i tre pavidi clown che seguono Turandot, non approvano le sue scelte ma ne hanno paura e quindi fanno di tutto per compiacerla. Sperano sempre che qualche principe riesca a sciogliere gli enigmi, ma temono per la propria vita e quindi si sottomettono agli ordini crudeli della principessa. Hanno ancora qualche slancio di umanità, ma manca loro la volontà, il coraggio. Sono tre buffi scarafaggi, pronti a nascondere la testa, a rotolare ai piedi della principessa; non sono cattivi, sono deboli ormai ridotti a insetti che ricordano la vita vera, che la desiderano, ma non sanno come ottenerla. Sperano ma non agiscono, un pò come tutti gli abitanti di Pekino.

IMPERATORE U na libellula trasparente, la maledizione della figlia gli ha fatto perdere forza, potere. Il popolo ancora lo ama, ma neppure lui riesce a contrastare perpetuazione della malvagità di Turandot. E relegato nell’ombra, è come un fantasma che si aggira nella città, stanco ma impotente; ama la figlia ma odia quella che è diventata e non riesce a fermarla, è un padre che non ha saputo dire di no. La colpa ricade anche su di lui: ha amato troppo, ha disumanizzato per primo la figlia principessa dandole un potere che non le apparteneva.

IL MANDARINO Il rappresentante dell’ordine, della legge, di ciò che non deve cambiare. Ha un guscio indistruttibile, un gong che si trascina sulla schiena: il suono della principessa, il suono della paura. Anche lui è una vittima, ormai completamente disumanizzato. Si è dimenticato di cosa fosse prima, ripete sempre la stessa formula, è diventato un oggetto, un simbolo, un annuncio.

TIMUR Il padre di Calaf, quello che ha visto tanto, l’uomo stanco di guerre e sfide: il saggio. Colui che vede e riconosce Liù e che un po’ muore insieme a lei. Un sovrano spodestato e, per questo, più consapevole della vita e dei suoi limiti, dell’umanità e delle sue debolezze; per questo vuole bene a Liù, in lei riconosce la purezza, un dono prezioso. Timur ha paura della morte ha già perso molto e non vuole perdere suo figlio; è fragile, in lui si vede un uomo stanco di lottare, desideroso di tranqullità, all’opposto del figlio assetato di vita e di sfide.

LIÙ La portatrice dell’amore. Liù è la serva fedele, è la bontà, rappresenta i buoni sentimenti, la dedizione e l’amore puro, senza compromessi, senza richieste. È lei che fa vacillare Turandot, è lei che le mostra che cosa sia l’amore, non Calaf. La sua morte è il sacrificio che permette all’amore e alla gioia di sbocciare nel cuore della principessa di ghiaccio, che permette al principe di realizzare il suo desiderio. Liù è il personaggio positivo, colei che si sacrifica in nome di un ideale più alto, per un fine nobile, per pura generosità. È l’irrompere dell’umanità, è la cura del vecchio Timur. È talmente irreale nella sua devozione perfetta da diventare un simbolo.

CALAF Il principe guerriero, colui che non si arrende, l’intelligenza maschile che non si ferma davanti alla sfida, che non si ferma nemmeno davanti alle preghiere del padre e della donna che più l’ama. Irruento, coraggioso, incosciente. Ricorda un adolescente che vuole mangiare il mondo, che non ha paura, e si trova davanti a qualcosa che lo cambierà, vede morire una donna per lui e questo gli dà la forza di andare avanti e alla fine conquistare Turandot. È come se vivesse il passaggio dalla pubertà all’età adulta e quello che conquista non è una donna, ma la maturità del sentimento.

La trama

Scena prima – il gong Pechino, al tempo delle favole. L’imperatore della Cina cresce la sua bellissima figlia Turandot che ben presto, con su grande dispiacere, diventa una principessa falena dal cuore di ghiaccio. Tutto il popolo è costretto a vivere un’esistenza in cui sottostare alle sue spietate decisioni e non sorridere mai. Per vendicare l’antenata Lou – Ling, rifiutata da un uomo straniero, la principessa ha promulgato un terribile bando: Il principe che fosse riuscito a risolvere i suoi enigmi sarebbe diventato suo sposo ma, chi avesse perso la sfida, avrebbe pagato la vita. Un giorno, da una terra lontana, Calaf, un valoroso principe, si presenta alla corte di Turandot deciso a risolvere i tre enigmi. A niente valgono le preghiere del vecchio padre Timur e della giovane serva Liù. Il principe, di cui nessuno a corte conosce il nome, decide di suonare il gong e accettare così la terribile sfida.

Scena seconda-sogno di libertà Ping, Pong e Pang sudditi fedeli di Turandot, sognano, intanto, di tornare a vivere in un mondo colorato, di liberarsi dei bozzoli che li imprigionano e di riconquistare la propria identità di uomini felici. La lista dei pretendenti che hanno perso la sfida si fa ogni giorno più lunga e sul regno di Turandot continua a regnare una notte fredda e scura.

Scena terza-gli enigmi La principessa sottopone al principe i tre enigmi, fino ad allora rimasti irrisolti. Con grande stupore di Turandot, il giovane e valoroso principe riesce a risolverli uno dopo l’altro, tra la gioia dei sudditi che vedono avvicinarsi il momento in cui poter essere testimoni d’amore anziché di morte. Ma la principessa di gelo, ferita ed umiliata per la sconfitta, implora suo padre l’imperatore di non concederla in sposa allo straniero. Il principe, allora, decide di concederle una rivincita: se fosse riuscita a scoprire il suo nome prima dell’alba, egli avrebbe perso e pagato con la vita.

Scena quarta – L’amore Il principe è sicuro di riuscire a suscitare l’amore nel freddo cuore della principessa. Liù, per risparmiare la tortura a Timur, confessa di essere l’unica a conoscerlo. Poi, sapendo che se si fosse sacrificata nessuno avrebbe scoperto l’identità del principe e quest’ultimo avrebbe vinto la vita, in un atto di estrema generosità si sacrifica il nome dell’amore incondizionato che porta il cuore. Il principe, toccato da tanto altruismo, è ormai sicuro che anche Turandot non può rimanere indifferente e decide di mettere la sua vita nelle mani della principessa rivelandone il suo nome: Calaf. Una pallida alba fa capolino tra le tenebre del cuore della principessa falena: ora può decidere di rivelare il nome e vincere, o perdere la sfida e abbandonarsi all’amore di Calaf.

I tre indovinelli

“Gelo che ti dà fuoco e dal tuo fuoco più gelo prende! Candida ed oscura! Se libero ti vuol ti fa più servo. Se per servo t’accetta, ti fa RE!”

“Guizza al pari di fiamma, e non è fiamma. E talvolta delirio. E febbre d’impeto e ardore! L’inerzia lo tramuta in un languore. Se sogni la conquista avvampa, avvampa! Ha una voce che trepido tu ascolti, e del tramonto il vivido bagliore!”

“Nella cupa notte vola un fantasma iridescente. Sale e spiega l’ale sulla nera infinita umanità. Tutto il mondo l’invoca e tutto il mondo l’implora. Ma il fantasma sparisce coll’aurora per rinascere nel cuore. Ed ogni notte nasce ed ogni giorno muore!”

Volete sapere le risposte? Continuate a guardare!

“Gelo che ti dà fuoco e dal tuo fuoco più gelo prende! Candida ed oscura! Se libero ti vuol ti fa più servo. Se per servo t’accetta, ti fa RE!” è Turandot! “Guizza al pari di fiamma, e non è fiamma. E talvolta delirio. E febbre d’impeto e ardore! L’inerzia lo tramuta in un languore. E febbre d’impeto e ardore! L’inerzia lo tramuta in un languore. Se sogni la conquista avvampa, avvampa! Ha una voce che trepido tu ascolti, e del tramonto il vivido bagliore!” è sangue! “Nella cupa notte vola un fantasma iridescente. Sale e spiega l’ale sulla nera infinita umanità. Tutto il mondo l’invoca e tutto il mondo l’implora. Ma il fantasma sparisce coll’aurora per rinascere nel cuore. Ed ogni notte nasce ed ogni giorno muore!” è la speranza!

Giacomo aveva cinque anni… viste le condizioni di ristrettezza la famiglia, il giovane musicista fu mandato a studiare presso lo zio materno, Fortunato Magi, che lo considerava un allievo non particolarmente dotato e soprattutto poco disciplinato (un «falento», come giunse a definirlo, ossia un fannullone senza talento).

Giacomo si iscrisse poi all'Istituto Musicale di Lucca dove il padre era stato insegnante. Ottenne buonissimi risultati con il professor Carlo Angeloni, già allievo di Michele Puccini, mostrando un talento destinato a pochi. A quattordici anni Giacomo poté già iniziare a contribuire all'economia familiare suonando l'organo in varie chiese di Lucca. A questo periodo risalgono le prime composizioni note.

Nel 1880 ottiene il diploma presso l'Istituto Pacini Si reca a perfezionarsi presso il Conservatorio di Milano dal 1880 al All'epoca Milano era il centro principale del teatro operistico e non si poteva aver successo nell'opera se non passando per Milano. Durante questi anni divise una camera con l'amico Mascagni. Tra i suoi insegnanti spiccano i nomi di Amilcare Ponchielli e Antonio Bazzini. Il 14 luglio 1883 avviene la prima assoluta del Capriccio sinfonico al Conservatorio.

L’opera Turandot di Giacomo Puccini è ambientata in Cina.

La superficie della Cina è di km², di poco inferiore all'intera Europa, il che ne fa lo Stato più esteso dell'Asia orientale; la popolazione è d'oltre persone, pari a circa il 19,5% della popolazione mondiale: la Cina è il paese più popolato del mondo.

La forma di Stato della Cina è una repubblica socialista governata da un unico partito, il Partito Comunista di Cina; la sua amministrazione è articolata in 22 province, 5 regioni autonome, 4 comuni, e 2 regioni amministrative speciali.

La Cina confina con 14 paesi: a nord con Russia e Mongolia; a est con la Corea del Nord; sud con Vietnam, Myanmar, Laos, Bhutan, Nepal a ovest con India, Pakistan, Tagikistan, Kazakistan, Afgh anistan e Kirghizistan. Si affaccia inoltre a est sul Mar Giallo e sul Mar Cinese Orientale e a sud-est sul Mar Cinese Meridionale.

Turandot è ambientata a Pechino. La Città Proibita fu il palazzo imperiale delle dinastie Ming e Qing. Esso si trova nel centro di Pechino, la capitale cinese. Per quasi 500 anni, è stata l’abitazione degli imperatori e delle loro famiglie, così come centro cerimoniale e politico del governo cinese.

Il vestito di Turandot Rappresenta una falena, il suo copricapo assomiglia alle ali di una bellissima falena, con un mantello nero. Con i suoi colori scuri si mimetizza con la notte.

Il vestito del Principe Calaf Il Principe Calaf indossa una specie di vestito di colore marrone, con sopra una giacca di seta color jeans, porta in vita una fascia blu e indossa dei pantaloni color verde mare. Infine porta una specie di mocassini neri.

Il vestito di Liù Liù indossa una specie di vestaglia bianca con tre bottoni a mandorla, sotto ha un vestito rosa pallido, con dei pantaloni larghi color lilla. Infine indossa delle specie di pantofole nere.

Il vestito di Timur Timur indossa una veste celeste e sopra porta una giacca lunga e marrone. Ha dei pantaloni blu, un cappello cinese e delle scarpe nere.

Il vestito dell’ Imperatore: È una libellula trasparente con anche la capigliatura da libellula.

I vestiti di Ping, Pong, Pang Ping, Pong e Pang sono degli scarafaggi. Hanno dei leggins neri con sopra dei calzettoni verdi a righe.

Il vestito del mandarino Il mandarino è una lucciola, indossa un copricapo con le antenne all’ingiù. Porta il gong sulle spalle.