Giovanni Pascoli: l’assiuolo

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L’assiuolo di Giovanni Pascoli
Transcript della presentazione:

Giovanni Pascoli: l’assiuolo Lavorare sul testo

Dov’era la luna? Ché il cielo notava in un’alba di perla, ed ergersi il mandorlo e il melo parevano a meglio vederla. Venivano soffi di lampi da un nero di nubi laggiù veniva una voce dai campi: chiù SOGGETTO SUBORDINATA FINALE SINESTESIA ONOMATOPEA

Dov’era la luna? Ché il cielo notava in un’alba di perla, ed ergersi il mandorlo e il melo parevano a meglio vederla. Venivano soffi di lampi da un nero di nubi laggiù veniva una voce dai campi: chiù…

Allitterazione + onomatopea Le stelle lucevano rare tra mezzo alla nebbia di latte: sentivo il cullare del mare, sentivo un fru fru tra le fratte; sentivo nel cuore un sussulto, com’eco di un grido che fu. Sonava lontano un singulto: chiù… Rima interna Allitterazione + onomatopea anafora

Su tutte le lucide vette tremava un sospiro di vento: squassavano le cavallette finissimi sistri d’argento (tintinni a invisibili porte che forse non s’aprono più?...); e c’era quel pianto di morte… chiù… IPALLAGE SOGGETTO PARENTETICA

Analisi dei temi La poesia è una delle più famose di Pascoli e raccoglie gran parte dei temi caratteristici dell’autore: il paesaggio indefinito e sofferto diventa “cifra”, cioè simbolo di un qualcosa di inizialmente vago e poi sempre più presente. Il non riuscire a vedere distintamente e i suoni in sottofondo oppure improvvisi danno al poeta la possibilità di sentire il mondo dei morti presente

Il crescendo dei rumori La prima strofa è immersa nel silenzio dell’alba che appena comincia: alla fine irrompe il verso dell’assiolo, un rapace notturno. Nella seconda si odono i primi rumori di insetti e uccelli nelle siepi che delimitano i campi, la risacca del mare. Ad essi fa eco un sentimento di inquietudine, un “rumore interiore”, che, come il verso dell’assiolo, appare all’improvviso.

Il crescendo dei rumori La terza strofa è la più chiassosa: le cavallette friniscono e sembrano assordare il poeta con tantissimi sonagli d’argento. Nella seconda e nella terza strofa si fa un largo uso di onomatopee e di allitterazioni, per riprodurre il sottofondo di rumori che il poeta ha sentito

Il verso dell’assiolo Significativo è il crescendo del nome che designa il verso “chiù”: dapprima è soltanto “voce” che viene da una campagna indistinta; poi è un singulto, che al poeta ricorda un passato morto nel tempo; alla fine è chiaro cosa simboleggi il verso: è un pianto di morte: il fare del giorno ha progressivamente illuminato anche la coscienza del poeta.

I sistri d’argento Al poeta le cavallette che friniscono sembrano che suonino leggerissimi sistri. Il sistro era uno strumento simile ad un cembalo che veniva usato dai sacerdoti egizi in alcuni riti legati al culto dei morti; serviva a tenere lontane col suo suono gli spiriti del male; Era anche usato nel culto della dea Iside, legata al passaggio dalla morte alla vita.

I sistri d’argento I sistri sembrano perciò suonare per invocare dalla memoria, che è il mondo dei morti, il ritorno di un qualcuno di amato, anche se il poeta dispera di poter varcare questa soglia: la porta di quel mondo interiore sembrava per un attimo, in quelle particolari condizioni, si potesse aprire; ma forse sono chiuse per sempre. Resta solo il canto dell’assiolo, come un pianto sulla morte di qualcuno