Giosue Carducci.

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Transcript della presentazione:

Giosue Carducci

Contesto storico 1789: rivoluzione francese 1861: proclamazione del Regno d’Italia 1871: Roma diviene la capitale italiana 1892: viene fondato il partito socialista italiano

“Nella lirica, doveva riversarsi la storia: il passato gli parve la sola degna materia, che restasse nei tempi moderni al poeta. Volle, dunque, atteggiare a rappresentazione artistica i ricordi storici della terra italiana, le figure degli eroi e le leggende, e nutrire il verso d’ogni sorta di reminescenze”. Benedetto Croce

CENNI AUTOBIOGRAFICI 1835: Carducci nasce in Versilia 1849: si trasferisce a Firenze dove nasce l’affetto per la “mia Maremma” e l’amore per la natura primitiva e rigogliosa 1857: anno di lutti famigliari; compone e pubblica “Rime” 1860: insegna a Bologna; lo caratterizzano atteggiamenti giacobini, anticlericali e repubblicani 1870: muoiono la madre e il figlio Dante 1880: diventa monarchico e sostenitore di Crispi 1890: viene nominato senatore da Crispi 1906: vince il premio Nobel 1907: morte di Carducci

RACCOLTE POETICHE Primo tempo: fase del poeta pedante o dello scudiero dei classici. “Juvenilia” 1871 Secondo tempo: fase del poeta professore. “Levia gravia” 1868 Terzo tempo: fase del poeta-vate e del poeta intimista. “Giambi ed epodi” 1882, “Rime nuove”1873, “Odi barbare” 1877.

CRITICA: Manzoni ( motivazioni ideologiche e letterarie) MODELLI: Leopardi e Pietro Giordani classici latini e greci influenze europee: Shelley, Goethe, Hugo CRITICA: Manzoni ( motivazioni ideologiche e letterarie) BIPOLARISMO: sentimento di netta connessione fra VITA e MORTE. Lo esprime attraverso colori, suoni e ritmi (valore fonosimbolico delle parole) RIME NUOVE: -tema autobiografico -distanza dal presente a favore del ricordo personale o di una rievocazione storica

PIANTO ANTICO L’albero a cui tendevi La pargoletta mano, Il verde melograno Dà bei vermigli fior, Nel muto orto solingo Rinverdì tutto or ora E giugno lo ristora Di luce e di calor. Tu fior de la mia pianta Percossa e inaridita, Tu de l’inutil vita Estremo unico fior Sei ne la terra fredda, Sei ne la terra negra; Né il sol più ti rallegra Né ti risveglia amor.

“Ed era buono e forte e amoroso, come pochi. Come amava la sua mamma, e che cose gli diceva! E diceva: -Salute. o Satana, o ribellione- con tutta la sua gran voce, picchiando la manina su la tavola o il piede in terra. E io avevo avviticchiate intorno a quel bambino tutte le mie gioie, tutte le mie speranze, tutto il mio avvenire: tutto quel che mi era rimasto di buono nell’anima lo avevo deposto su quella testa, scordavo ogni cosa trista, e l’odio e il mal: mi sentivo allargare il cuore; mi sentivo buono”.

RIMEMBRANZE DI SCUOLA “Era il giugno maturo, era un bel giorno Del vital messidoro, e tutta nozze Ne gli amori del sole ardea la terra” “Non rideva io fanciullo: il nero prete Con voce chiocca bestemmiava Io amo Ed un fastidio era il suo viso” “..pareano Godere eterna gioventù nel sole. Quando, come non so, quasi dal fonte D’essa la vita rampollomi in cuore Il pensier de la morte, e con la morte L’informe niente;” “fuor gli augelli Cantare allegri… E trascorrere i fiumi ed i viventi Ricrearsi nel sol caldo irrigati De la divina luce, io tutto e pieno L’intendimento de la morte accolsi; E sbigottii veracemente. Anch’oggi Quel fanciullesco imaginar risale Ne la memoria mia; quindi; si come Gitto di gelid’acqua, al cor mi piomba.

BALLATA DOLOROSA Una pallida faccia e un velo nero Spesso mi fa pensoso de la morte; Ma non in frotta io cerco le tue porte, Quando piange il novembre; o cimitero. Cimitero m’è il mondo allor che il sole Ne la serenità di maggio splende E l’aura fresca move l’acque e i rami, E un desio dolce spiran le viole E ne le rose un dolce ardor s’accende E gli uccelli tra ‘l verde fan richiami: Quando più par che tutto ‘l mondo s’armi E le fanciulle in danza apron le braccia, Veggo tra ‘l sole e me sola una faccia, Pallida faccia velata di nero.

IL COMUNE RUSTICO O che tra faggi e abeti erma su i campi Smeraldini la fredda orma si stampi Al sole del mattin puro e leggero, o che fosheggi immobile nel giorno Morente su le sperse ville intorno A la chiesa che prega o al cimitero Che tace, o noci de la Carnia, addio! Erra tra i vostri rami il pensier mio Sognando l’ombre d’un tempo che fu. Non paure di morti ed in congreghe Diavoli goffi con bizzarre streghe, Ma del comun la rustica virtù Accampata a l’opaca ampia frescura Veggo ne la stagion de la pastura Dopo la messa il giorni de la festa. Il consol dice, e poste ha pria le mani Sopra i santi segnacoli cristiani; -Ecco, io parto fra voi questa foresta D’abeti e pini ove al confin nereggia. E voi trarrete la mugghiante greggia E la belante a quelle cime là. E voi, se l’unno o se lo slavo invade, Eccovi, figli, l’aste, ecco le spade, Morrete per la nostra libertà.- Un fremito d’orgoglio empieva i petti, Ergea le bionde teste; e de gli eletti In su le fronti il sol grande feriva. Ma le donne piangenti sotto i veli Invocavan la Madre alma dè cieli. Con la man tesa il console seguiva: -Questo, al nome di Cristo e di Maria, Ordino e voglio che nel popol sia -. A man levata il popol dicea Sì. E le rosse giovenche di su ‘l prato Vedean passare il piccolo senato, Brillando su gli abeti di mezzodì

CLASSICISMO Ricerca perfezione dello stile attraverso il “labor limae” Antichità greco latina concepita come modello non solo formale ma anche morale, civile, politico ed ideologico Modello classico si configura come un’utopia. Il classicismo di Carducci è intriso di nostalgia

ODI BARBARE Prime odi barbare vengono pubblicate nel 1877, seguono altre pubblicazioni nel 1882, 1889. Metrica barbara: cercava di riprodurre, attraverso la metrica accentuativa italiana, quella quantitativa della poesia classica. Ad esempio l’esametro latino è ottenuto in “sogno d’estate” con vari accoppiamenti (settenario e novenario). Le odi barbare, riagganciandosi ad esperienze straniere, come quella parnassiana, assumono un respiro europeo. Elementi di fondo: Assorbimento di motivi romantici e parnassiani. Dal romanticismo: sogni e fantasia di evasioni. Dai parnassiani: senso del bello come assoluto e perfezione formale. Si tende ad evadere dai problemi concreti con un percorso a ritroso nel tempo: ripudio del mondo contemporaneo “Davanti alle terme di Caracalla” Insistiti i motivi autobiografici: contrasto tra infanzia libera e felice trascorsa nella Maremma selvaggia e il presente attediato “Sogno d’estate”. Contrasto tra luce, vita e ombra “negra”, morte: “Nevicata”, “Alla stazione in una mattina d’autunno.

Oh quei fanali come s’inseguono accidiosi là dietro gli alberi, tra i rami stillanti di pioggia sbadigliando la luce su ‘l fango! Flebile, acuta, stridula, fischia la vaporiera da presso. Plumbeo il cielo e il mattino d’autunno come un grande fantasma n’è intorno. Dove e a che move questa, che affrettasi a’ carri foschi, ravvolta e tacita gente? a che ignoti dolori o tormenti di speme lontana? Tu pur pensosa, Lidia, la tessera al secco taglio dai de la guardia, e al tempo incalzante i begli anni dai, gl’istanti gioiti e i ricordi. Van lungo il nero convoglio e vengono incappucciati di nero i vigili, com’ombre; una fioca lanterna hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei freni tentati rendono un lugubre rintocco lungo: di fondo e l’anima un’eco di tedio risponde doloroso, che spasimo pare. E gli sportelli sbattuti al chiudere paion oltraggi: scherno par l’ultimo appello che rapido suona: grossa scroscia sù vetri la pioggia. Già il mostro, conscio di sua metallica anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei occhi sbarra; immane pe ’l buio gitta il fischio che sfida lo spazio. Va l’empio mostro; con un traino orribile sbattendo l’ale gli amor miei portasi. Ahi, la bianca faccia e ‘l bel velo salutando scompar ne la tenebra. O viso dolce di pallor roseo, o stellanti occhi di pace, o candida tra floridi ricci inchinata pura fronte con atto soave! Fremea la vita nel tepid’aere, fremea l’estate quando mi arrisero; e il giovine sole di giugno si piacea di baciar luminoso in tra i riflessi del crin castanei la molle guancia: come un’aureola più belli del sole i miei sogni ricingean la persona gentile. Sotto la pioggia, tra la caligine torno ora, e ad esse vorrei confondermi; barcollo com’ebro, e mi tocco, non anch’io fossi dunque un fantasma. Oh qual caduta di foglie, gelida, continua, muta, greve, su l’anima! io credo che solo, che l’eterno, che per tutto nel mondo è novembre. Meglio a chi ‘l senso smarrì de l’essere, meglio quest’ombra, questa caligine: io voglio io voglio adagiarmi in un tedio che duri infinito.

INTERPRETAZIONE CRITICA CARDUCCI “CLASSICO” Enrico Thovez: indica come limiti della sua poesia l’uso ornamentale della cultura e la natura oratoria, scolastica, retorica del suo repertorio classico-mitologico. Benedetto Croce: coglie nella sintesi tra elementi etici, politici, storici, epici e autobiografici la fisionomia del classicismo carducciano. La poesia di Carducci rappresenta la vittoria della virilità sulla femminilità, della sanità contro la malattia romantica, dell’impegno sulla vuota retorica Attilio Momigliano: indica al centro della poesia carducciana la vera poesia en plein air, un senso pieno della vita. CARDUCCI “ROMANTICO” Cesare De Lollis: inquadra il Romanticismo carducciano nel contesto del Romanticismo europeo e identifica in alcune Odi barbare un atteggiamento elegiaco e nostalgico, la contemplazione di un passato remoto propri della sensibilità romantica. Domenico Petrini: vede nello svolgimento della lirica carducciana la dissoluzione del mondo romantico e l’affermazione di forme stilistiche post-romantiche, parnassiane e decadenti. Luigi Russo: definisce la funzione di Carducci di poeta-vate, sottolinea inoltre come elemento caratterizzante il motivo “funebre”. Mario Praz: vede l’affermarsi del Romanticismo carducciano quando il disgusto della realtà presente spinge il poeta a rifugiarsi nella contemplazione del passato. CARDUCCI Più “AUTENTICO” Giovanni Getto: coglie nelle liriche e nelle prose di Carducci la fondamentale vena nostalgica e l’interna dialettica tra un senso vitalistico dell’esistenza e un’angosciosa presenza della morte Walter Binni: afferma della che il centro della percezione carducciana dell’esistenza consiste nell’incontro e contrasto di un sentimento della vita nella sua pienezza e di un sentimento della morte come privazione della vita.

“Il contrasto fra sentimento della vita e sentimento della morte” Walter Binni “a me pare appunto che sotto la varietà dei temi e dei toni del pittore di paesaggio, del creatore di leggende epico- storiche, dell’innografo polemico, viva nel Carducci un fondamentale tema centrale, un modo centrale di atteggiarsi della sua sensibilità, un sentimento più profondo della sua esperienza vitale” “tema centrale è appunto l’essenziale sentimento carducciano dell’esistenza nel radicale incontro e contrasto di un sentimento della vita nella sua pienezza e di un ugualmente energico sentimento della morte come totale e fisica privazione di vita […], il Carducci ha espresso più direttamente questo tema in quelle poesie che, sollecitate da occasioni più intime e dolorose, risolvono più energicamente l’incontro sofferto ed intenso del sentimento della vitalità e della morte , tradotti nei loro simboli più compendiosi e assoluti, realisticamente concreti e fantasticamente suggestivi: luce e buio, sole e ombra, suono e silenzio, calore e freddo, terra verde nel suo rigoglio primaverile e terra nera nel suo significato sepolcrale. Insomma il contrasto tematico e tonale di Pianto antico” “contrasto che si ricollega anche, nelle sue peculiari forme di elementarità incapace di veri chiarimenti e approfondimenti filosofici, ad una crisi del tempo, fra gli ideali e i sistemi dello spiritualismo e storicismo idealistico romantico e i tentativi del positivismo e del naturalismo”