1 Sociologia economica del welfare Piera Rella -9 marzo corso di laurea in Programmazione Gestione e Valutazione dei Servizi Sociali PROSS- I anno 12 crediti formativi (inclusi 6 Accorinti sul welfare locale) – gruppo disciplinare SPS/09 Dal 2 marzo al 26 maggio Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche Ricevimento stanza B12 dopo la lezione di giovedì
SETTIMANA SCORSA Definizioni disciplinari Processo di modernizzazione / industrializzazione Le onde lunghe dello sviluppo capitalistico Taylorismo,fordismo, post-fordismo Che significa sviluppo Dialettica locale globale (da completare, con un accenno all’urbanizzazione)
Distinzione tra territorio e spazio, urbs, polis e civitas (Sebastiani) La città nasce dando forma allo spazio fisico (urbs) e poi diventa dominio sul territorio Territorio realtà bidimensionale → statica Spazio tridimensionale in cui ci sono volumi che lo definiscono e i corpi che lo abitano → dinamico Polis= città stato greca → etimo di politica Civitas = comunità dei cittadini → etimo di cittadinanza, civiltà
Sistemi locali parti con relativa autonomia Città,regioni, aree metropolitane sono parti della società: un microcosmo in cui si riproducono interazioni tra soggetti, gruppi, imprese e istituzioni e anche conflitti politici Ma anche distretti industriali, incubatori di imprese, start-up che caratterizzano lo sviluppo economico locale Reti di Asl, distretti scolastici etc. caratterizzano il welfare locale
Analisi dei sistemi locali È vicina alla sociologia generale e a quella economica: invece che il sistema mondo o uno stato, analizza un sistema sociale più piccolo che può avere una relativa autonomia politica (comune, area metropolitana, regione) Analizza l’economia e/o il welfare locale Si guarda alle interrelazioni con altri sistemi territoriali e con l’eco-sistema in generale →geografia, ecologia si appiglia alla dimensione spazio temporale: fenomeni collocati nello spazio e nel tempo condizionati da risorse e vincoli sociali e ambientali Ma così fa tutta la ricerca sociale sul campo che ha un pregio: il confronto interdisciplinare Manca un quadro teorico interpretativo specifico se non quello della sociologia urbana
I fuochi d’interesse della Sociologia Urbana 4 Campi problematici della SU e non compartimenti chiusi a)Dimensione economica della città con interazioni interne ed esterne (rete di città ossatura dei paesi sviluppati) b)Dimensione politica e struttura sociale (classi strati, partiti,associazioni, gruppi c)Dimensione culturale ↓→confronto tra culture elaborazione di simboli e nuove culture d)Dimensione ecologica Cfr fig.Mela Sociologia delle cittàp.38
Nel ‘900 l’urbanesimo diventa fenomeno planetario L’eccezione diventa il rurale la crescita urbana non è legata sempre allo sviluppo, ma anche alla crescita del sotto-sviluppo: ad es. nell’Africa sub- sahariana dove guerre e siccità hanno destrutturato il territorio Per i demografi si tratta di fenomeni di espulsione, più che di attrazione → oggi le principali città sono megalopoli piene di favelas
Nel 2014 il 54 per cento della popolazione mondiale vive in aree urbane secondo il rapporto Onu The World Population Situation 2014, una percentuale che dovrebbe aumentare al 66 per cento entro il Alcune proiezioni mostrano che l'urbanizzazione combinata con la crescita complessiva della popolazione mondiale potrebbe aggiungere un altro 2,5 miliardi di persone a popolazioni urbane entro il 2050, con quasi il 90 per cento dell'aumento concentrato in Asia e in Africa
Slum e megalopoli Circa un terzo della popolazione urbana mondiale vive negli slum (in Africa 60%), dove si concentrano povertà, emarginazione e discriminazione. Entro il 2020 quasi 1,4 miliardi di persone vivranno in insediamenti non ufficiali e negli slum. Quasi il 10% della popolazione urbana vive in megalopoli, città con oltre 10 milioni di abitanti che si sono moltiplicate in tutto il pianeta. A New York e a Tokyo, che rientrano in questa lista già dagli anni Cinquanta, si sono aggiunte altre 19 megalopoli, tutte (tranne 3) ubicate in Asia, America latina e Africa.
Le popolazioni dell’Europa occidentale e delle Americhe sono già quasi completamente urbane alcuni degli Stati che registrano un tasso di popolazione urbana superiore al 75%: Belgio 97% Argentina 92% Brasile 87% Francia 85% USA 82% Arabia Saudita 82% Messico 78%
Paesi con tasso di urbanizzazione compreso tra 25 e 50% Indonesia 44% Egitto 43% India 30% Stati in cui il tasso di urbanizzazione è inferiore al 25%: Etiopia 17% Afghanistan 7,1%
A ogni versione di capitalismo corrisponde un tipo di città Nella prima età industriale (XIX sec.) case fatiscenti intorno a fabbriche e botteghe Con la produzione di massa zone distinte per colletti bianche e blu Col post-fordismo le nuove tecnologie informatiche cambiano la produzione con un ruolo attivo delle città: crogiolo del nuovo ordine economico basato sulla cultura e la conoscenza Nodi centrali dell’era globale sono le grandi città regione
Il modo di vita metropolitano Si propaga già alla fine del XIX sec con il telefono, la radio e la circolazione rapida delle merci, oltre che con le migrazioni x lavoro anche al di fuori delle aree urbane Nel ‘ 900 il fenomeno accelera e i confini tra urbano e non sfumano ancor più a partire dagli anni’90 con la II globalizzazione ↙ ↓ ↘↘ economica politica culturale vita quotidiana + espansione insediativa nelle aree esterne alla metropoli ≠ ritorno alla campagna
le città rinascono con la nuova economia della cultura e della conoscenza La crisi delle grandi metropoli legate all’ industrializ- zazione negli anni ’70 si risolve negli anni ’90 con produzioni ad elevata intensità tecnologica: informatica e comunicazione, servizi finanziari e alle imprese, industria culturale (media cinema, musica), turismo, produzioni neoartigianali di qualità (dall’alta moda ai prodotti enogastronomici) Attività differenti che hanno in comune la piccola scala e la de-standardizzazione Logica organizzativa basata su collaborazione intra e inter-aziendale (reti di scambio che richiedono un contatto interpersonale continuo) Ma cresce anche il lavoro di servizio non qualificato
Definizioni di welfare e di regime di protezione sociale +Qualche informazione per seguire la presentazione del libro Il lavoro in crisi
19 XX secolo è il secolo del welfare = benessere e progresso sociale che si affianca alla crescita economica con le politiche Keynesiane dopo la crisi del 1929 «l’obiettivo dello Stato è il benessere dei cittadini. Il progresso materiale e la prosperità della nazione sono desiderabili nella misura in cui conducono al benessere morale e materiale di tutti i cittadini » (T. D. Roosevelt,‘Portland Speech’, 21 settembre 1932) Roosevelt con il Social Security Act (1935) introduce un sistema previdenziale per tutti i lavoratori statunitensi; tra il 1945 e 1949, il Regno Unito istituisce il Welfare State, traducendo in legge le proposte del Beveridge Report.
I precedenti del welfare Poor lows tra ‘500 e ‘600 di Elisabetta I d’ Inghilterra Stati illuminati del ‘700 che sostituiscono all’intervento della Chiesa quello dello Stato Per rispondere a nuove povertà create dal capitalismo Rivoluzione francese- riconoscimento diritti del cittadino ( per le cittadine solo diritti patrimoniali- De Gouge che afferma quelli della cittadina viene ghigliottinata) Fine’800 cancelliere prussiano von Bismarck prime misure di stato sociale di tipo assicurativo, più consistenti dal 1920 (pensioni e assegni familiari) Dopo la crisi del 1929 applicazioni teorie keynesiane per la ripresa economica e lancio del welfare con Roosevelt e lord Beveridge
La protezione dalla culla alla tomba di Beveridge Piano del 1942 attuato nel dopo- guerra che prevede il diritto del cittadino ad avere buone condizioni di vita → riforma sanitaria nel 1948, pagata con la fiscalità generale oltre che con i contributi Il piano Beveridge, che voleva eliminare l’emarginazione si diffonde per 40 anni in particolare nei paesi scandinavi
Il welfare oscilla tra Modello universalistico Paesi anglo scandinavi – protezione per tutti i cittadini indipendentemente dalla loro posizione lavorativa Modello occupazionale Paesi continentali – protezione per i lavoratori con differenze specifiche determinate dalle differenti Occupazioni Si basa su 3 assicurazioni obbligatorie ↙ ↓ ↘ Malattia e maternità- vecchiaia e invalidità disoccupazione
Primo tentativo di classificazione del Welfare State TITMUSS (1974) 3 modelli o funzioni della politica sociale : 1. MODELLO RESIDUALE lo Stato si impegna al minimo, limitandosi a fornire interventi di tipo temporaneo in risposta a bisogni individuali e solo quando gli altri canali di intervento (famiglia e mercato) non riescono ad attivarsi → assistenza 2.MODELLO REMUNERATIVO Lo stato fornisce protezione “completando” quella fornita dal sistema economico generale e che deriva all’individuo dalla sua posizione occupazionale → assicurazione 3.MODELLO ISTITUZIONALE-REDISTRIBUTIVO La protezione sociale pubblica costituisce il cardine di questo modello. Lo stato fornisce prestazioni di tipo universale → sicurezza sociale
Secondo Esping Andersen (1990) durante il lungo periodo espansivo del capitalismo keynesiano si sono consolidati 3 specifici regimi di welfare: Regime liberale Regime conservatore-corporativo Regime social democratico Con Regime di Welfare Esping-Andersen fa riferimento non solo alle politiche sociali dello Stato ma all’intero sistema in interconnessioni tra queste e il mercato del lavoro da un lato e la famiglia dall’altro.
Le funzioni dei regimi di welfare Gli esiti (outcomes) di un regime di welfare si possono valutare in base a tre dimensioni: DEMERCIFICAZIONE: grado in cui la conformazione delle prestazioni sociali riesce ad attenuare la dipendenza dal mercato,consentendo agli individui di disporre di risorse e opportunità anche senza avere un reddito da lavoro (in quanto soggetti inattivi come casalinghe, bambini, anziani, malati, disoccupati); DESTRATIFICAZIONE: grado in cui la conformazione delle prestazioni sociali riesce a contrastare e ridurre le disuguaglianze basate sullo status occupazionale o sulla classe sociale; DEFAMILIZAZIONE: indica il grado in cui la conformazione delle prestazioni sociali riesce ad attenuare la dipendenza dalla famiglia,consentendo agli individui di disporre di risorse e opportunità anche a prescindere dalla solidarietà e dagli obblighi familiari e parentali.
Regime Liberale – caratteristiche secondo Esping Andersen Predominanza di misure di assistenza basate sulla prova dei mezzi (means test). Riconoscimento ai cittadini di diritti minimi in termini di protezione sociale, prestazioni sociali limitate e poco generose. Individuazione ristretta dei destinatari (bisognosi, poveri, individui ad alto rischio di esclusione). Riduzione minima dei compiti dello Stato (promozione e incoraggiamento del ricorso al mercato, individualizzazione dei rischi).
Regime Liberale - esiti Demercificazione bassa: forte dipendenza degli individui dal mercato (redditi, retribuzioni, rendite). Destratificazione bassa: dualismo tra il “welfare dei poveri” (pubblico) e il “welfare dei ricchi” (privato). Defamilizzazione media: dipendenza dal sostegno e dall’aiuto familiare per le fasce sociali deboli.
Regime Socialdemocratico- caratteristiche Predominanza di misure a carattere universalistico basate sulla cittadinanza Riconoscimento del diritto alle prestazioni dello stato a tutti i cittadini; prestazioni sociali ampie, diffuse e generose ( prevalentemente uguali per tutti ) Individuazione particolarmente ampia dei destinatari: tutti i cittadini a prescindere dal bisogno, dalla prova dei mezzi, dalla posizione lavorativa Massima estensione del ruolo dello Stato, massima socializzazione dei rischi Politica sociale e occupazionale inclusiva e “produttivista”, cioè volta a massimizzare le capacità produttive dei cittadini
Regime socialdemocratico - esiti Demercificazione alta: la dipendenza degli individui dal mercato è molto attenuata Destratificazione alta: eguaglianza di trattamento per tutti i cittadini, “tutti beneficiano, tutti si sentono in dovere di contribuire” Defamilizzazione alta: la dipendenza dal sostegno e dall’aiuto familiare è minima
Regime conservatore/corporativo - caratteristiche Predominanza di schemi assicurativi pubblici collegati alla posizione occupazionale. Formule di computo delle prestazioni legate ai contributi e/o alle retribuzioni. Individuazione dei destinatari in base alla posizione occupazionale (destinazione prioritaria degli interventi ai “capofamiglia”); riconoscimento di prestazioni differenziate su base corporativa. Ampia estensione del ruolo dello Stato, enfasi sulla “sussidiarietà” dell’intervento pubblico in alcuni ambiti: lo Stato interviene solo se i bisogni non trovano risposta a livello individuale, familiare e di associazioni intermedie. Politica sociale e occupazionale che tende a scoraggiare ridurre la partecipazione al mercato del lavoro.
La quarta Europa sociale (Ferrera): Spagna, Portogallo, Grecia e Italia I paesi dell’Europa meridionale rappresentano una variante del modello conservatore-corporativo che fa caso a sé in ragione di alcune marcate peculiarità Sulla base delle specificità territoriali sociali ed economiche si può ipotizzare anche l’esistenza di una quinta Europa sociale formata dai paesi neo comunitari dell’Europa dell’est.
La Costituzione italiana alla base del welfare Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
La distorsione funzionale del modello italiano La principale peculiarità italiana sta nella composizione interna della spesa pubblica: fortemente squilibrata a vantaggio della funzione di protezione sociale rivolta a “vecchiaia e superstiti” (assorbe circa il 62% delle spesa totale contro il 46% della media europea), cioè del sistema pensionistico. Si tratta dunque di una distorsione di tipo funzionale, che non si riscontra in nessun altro paese europeo Va detto però che nel sistema pensionistico finiscono funzioni di assistenza come le integrazioni delle pensioni al minimo e la CIG straordinaria
La distorsione distributiva Un’altra peculiarità italiana è che all’interno delle varie funzioni di spesa, compresa quella pensionistica,vi è un netto divario di protezione fra diverse categorie occupazionali (accesso alle prestazioni e loro entità): gruppi sociali garantiti (lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione e delle grandi imprese) gruppi sociali semi-garantiti (lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti delle piccole imprese e dei settori tradizionali) gruppi sociali non garantiti (lavoratori instabili e irregolari )
Il lavoro in crisi. Trasformazioni del capitalismo e ruolo dei soggetti Useremo questo libro per aggiornare i dati su le trasformazioni del lavoro che nel testo di Ascoli si fermano a prima della crisi La breve presentazione sarà utile per la discussione che ci sarà qui il 10 marzo
Il filo rosso del libro Si parte dalla crisi del capitalismo industriale in Occidente in conseguenza della globalizzazione (cap.1), Si analizza le specificità di tale crisi in Italia (cap.2), E le conseguenze in termini di trasformazione sociale (cap.3) per arrivare ad analizzare la crisi del lavoro: il lavoro che manca, si precarizza ed è sempre di minor qualità (cap.4 e 5)
Nuova strategia delle classi politiche di subordinazione al mercato 1981 Reagan reprime lo sciopero dei controllori di volo, licenziando chi non si piega 1985 Thatcher sconfigge il sindacato dei minatori,nonostante uno sciopero di 11 mesi 9-10 giugno 1985 sconfitta del Pci al referendum per abolire la norma che tagliava i punti di scala mobile (strumento per adeguare il salario all’inflazione)
Svolta nel capitalismo negli anni ‘80 Nuovo Capitalismo 1.Post-industriale 2.Post fordista 3.Qualità totale 4.Della conoscenza Effetti sul mercato del lavoro 1.La classe operaia non è più centrale 2.Vacilla la mediazione tra capitale e lavoro dello stato sociale 3.La qualità del lavoro migliora per una parte di operai ma si indebolisce il sindacato 4.Nuove professionalità? nuovo lavoro indipendente?
Le specificità italiane del lavoro precario prima della crisi 1984 contratto d’inserimento per i giovani e contratto di solidarietà 1997 Pacchetto Treu: part time verticale e ciclico oltre a quello orizzontale; lavoro interinale; contratto di formazione lavoro Legge 30 del 2003 va oltre il Libro bianco di Biagi, che voleva modificare alcune storture: Co.co.pro al posto dei co.co.co, contratto di somministrazione al posto di lavoro interinale. La legge delega “Maroni” prevede un eccessivo numero di tipologie contrattuali, poco utilizzate e non dà coperture assistenziali al lavoro parasubordinato, poi introdotte col protocollo del welfare di Prodi 2007
Le trasformazioni del mercato del lavoro in Italia Prima della crisi l’introduzione di forme di lavoro atipico avevano fatto aumentare i tassi di occupazione, ma non avevano scalfito gli aspetti strutturali della disoccupazione e dell’inattività più presenti al Sud, tra i giovani e le donne, né le caratteristiche di un eccesso di lavoro autonomo tradizionale, mentre aumenta il lavoro parasubordinato, un altro modo per pagare meno il lavoro dipendente Con la crisi i precari sono i primi ad essere licenziati ed aumenta il part time
Il tempo determinato è l’unico contratto atipico in crescita In teoria il migliore (offre le stesse tutele previdenziali, ferie, malattia etc dell’indeterminato) In pratica no se si tratta per il 63% di contratti inferiori ai 3 mesi Di part time non scelto Mentre l’apprendistato non riesce a decollare come forma di inserimento nel lavoro
dalla trappola della precarietà a quella della disoccupazione? Gli unici lavori che aumentano anche se di poco durante la crisi a livello globale sono temporanei e/o part time (ILO, 2012). → Al contrario del part time il lavoro temporaneo non può essere scelto e rinvia la transizione dei giovani ad un lavoro dignitoso Nel 2014 l’ILO indica il rischio di una ripresa economica senza lavoro → mancano 42 mln di posti di lavoro. Che fare? riforma del sistema finanziario che faciliti gli investimenti, retribuzioni almeno corrispondenti agli aumenti di produttività, riduzione della povertà e della vulnerabilità del lavoro informale o sommerso
Attenzione alle definizioni di disoccupato La definizione Ocse ufficiale è molto restrittiva Disoccupato è chi ha fatto almeno una azione di ricerca di lavoro nel mese precedente l’intervista Altrove si chiede la disponibilità a lavorare o a passare la part time al full time che comunque indica che c’è uno spreco di risorse umane
Disoccupati aumentano in ogni classe d’età statistiche raffinate permettono di misurare la disoccupazione in più modi In ogni caso essa è aumentata dal 2010 al 2013