Introduzione
Le Beatitudini sono le grandi sconosciute dei cristiani. Come mai quello che è il tema centrale dei vangeli è sconosciuto alle persone? Non solo: proprio il contenuto delle beatitudini fu tra i principali imputati nell’accusa fatta al cristianesimo di essere “oppio dei popoli.
Un po’ ovunque, se si chiede ai partecipanti alle conferenze quanti sono i comandamenti di Mosè, tutti sanno che sono 10. Quando si chiede di enunciarli, si fa un po’ di confusione, ma tutti e 10 vengono fuori. Ma queste sono le leggi che Mosè ha dato al popolo di Israele, non la proposta che Gesù ha fatto alla comunità cristiana.
Ebbene, a malapena si trovano persone che sanno quante sono le beatitudini, e quando si chiede di enumerarle, enunciarle, non si riesce ad arrivarci. La prima la conoscono tutti perché è la più antipatica, poi viene fuori una confusione. Le beatitudini non sono un qualcosa di appetibile, un qualcosa che attiri l’aspirazione degli uomini.
Chi si trova nella condizione di povertà, nella condizione di afflizione, nella situazione di fame, appena gli si offre anche una minima occasione di uscire anche solo un po’ da questa situazione di povertà, ne viene fuori. “Ma guarda che se non sei più povero non sei beato! Ah, guarda, la lascio tutta a te la beatitudine!”.
E, d’altro canto, coloro che non sono poveri né afflitti si guardano bene dal diventare poveri, afflitti e affamati, per essere beati. E questo è stato il fallimento del messaggio di Gesù ed ha portato alla non conoscenza di questo messaggio. Ma è possibile che Gesù abbia proposto un messaggio così alienante? È possibile che Gesù sia il principale imputato per cui la religione è l’oppio dei popoli? In realtà non è così.
Vedremo leggendo queste beatitudini, che esse sono tutte quante legate, ed in particolar modo con la prima, vedremo che il messaggio di Gesù non è oppio dei popoli, ma è adrenalina per i popoli, è quello che mette in circolo energie, forze vitali capaci di cambiare la società; ecco perché l’ultima beatitudine parla della persecuzione.
Vedremo almeno le linee principali di questo testo che per i credenti, se conosciuto bene, può rafforzare le ricchezze della propria fede; ma anche per il non credente è la conoscenza di un testo di grande valore letterario. Troviamo le Beatitudini in Mt 5,1-11 e Lc 6,20-26: esamineremo il testo di Matteo.
Caravaggio, Ispirazione di Matteo
Fino a circa tre secoli fa si riteneva che questo vangelo fosse il primo ad essere stato scritto; da tempo è noto che è stato scritto raccogliendo la tradizione di Marco e quella proveniente da una raccolta di detti di Gesù che gli studiosi chiamano "Fonte Q”.
Matteo ha scritto il Vangelo in un periodo sicuramente posteriore agli anni 70 (dopo la distruzione del Tempio); si rivolge ad una comunità di ebrei che hanno riconosciuto in Gesù il Messia atteso, ma dando alla qualifica Messia il senso che la tradizione ebraica ha presentato loro, cioè un fedele interprete della legge di Mosè e un riformatore delle istituzioni che si erano corrotte.
Tale interpretazione della qualifica di Messia è però lontana da quanto Gesù ha dimostrato di essere. Matteo, per modificare questo convincimento, fa una sapientissima opera diplomatica e teologica, mostrando a questi ebrei che Gesù non è un profeta uguale a Mosè, ma superiore. Per far questo, nel suo vangelo ricalca l'insegnamento e le opere di Mosè.
A quell'epoca Mosè veniva ritenuto l'autore dei primi cinque libri della Bibbia, noti come il Pentateuco, che contengono la Legge (Toràh): Matteo presenta l'azione e l'insegnamento di Gesù suddivisi in cinque parti che sostituiscono questa Legge.
Poi comincia a ricalcare la vita di Mosè: questi è stato salvato dalla strage di tutti i maschi ebrei voluta dal faraone, per cui Matteo inizia il suo vangelo raccontando la strage dei bambini ebrei ordinata da Erode, episodio che viene ignorato dagli altri evangelisti.
Giotto, Erode ordina la strage degli inoocenti, Cappella degli Scrovegni
Mosè, per liberare il suo popolo, compie dieci azioni distruttrici, le dieci piaghe d'Egitto, che terminano con la morte del figlio del faraone; Matteo, ancora una volta unico tra gli evangelisti, ci presenta una serie di dieci azioni di Gesù che, anziché comunicare morte, comunicano vita, e terminano con la risurrezione della figlia del capo della sinagoga.
Ilya Repin, Risurrezione della figlia di Iairo
Per stipulare l'alleanza tra Dio e il suo popolo, Mosè sale sul monte Sinai, dopo essere rimasto quaranta giorni e quaranta notti senza mangiare pane e senza bere acqua. Anche Gesù, nel deserto, resta quaranta giorni senza mangiare e senza bere.
Il libro del Deuteronomio si conclude sul monte Nebo, con una scena di morte: Mosè arriva su questo monte, vede la terra promessa, ma non ci può entrare e ha la necessità di eleggere il suo successore, Giosuè. Matteo, invece, ancora solo lui tra gli evangelisti, termina il suo vangelo su un monte con una scena di vita indistruttibile: è la presenza di Gesù risuscitato che non ha bisogno di successori o di rappresentanti.
Il momento più importante per Mosè è stato quando, sul Sinai, ha ricevuto da Dio la Legge per il suo popolo, con la quale culmina l'Alleanza, ed è formulata nei dieci comandamenti. Nel vangelo secondo Matteo, anche Gesù sale su un monte, un monte senza nome, ma importantissimo, dove proclama (quindi non riceve da Dio), il codice della nuova alleanza, che viene formulato attraverso le otto beatitudini.
Il numero otto è legato all'esperienza di Gesù risuscitato, che è possibile il primo giorno dopo il sabato; il sabato è il numero sette, il numero otto (nei vangeli e nel cristianesimo primitivo) indicò la resurrezione, la vita eterna. Nell'architettura antica i battisteri avevano tutti quanti la forma ottagonale, perché mediante il rito del battesimo si indicava un cambiamento di vita che conteneva in sé la vita eterna.
Le beatitudini sono otto; il significato è chiaro: la pratica di queste beatitudini produce nell'individuo una qualità di vita che la morte non potrà distruggere. La Legge era un'alleanza esclusiva fra Dio e Israele e la sua osservanza concedeva lunga vita sulla terra: l’Alleanza nuova produce lunga vita indistruttibile non solo sulla terra.
Nel mondo giudaico la vita eterna era un premio futuro da conseguire in conseguenza della buona condotta nel presente. Chi accoglie il messaggio di Gesù e lo traduce in pratica sentirà liberare dentro di sé certe energie, certe capacità, certe forze vitali d’amore che lo portano già ora in una dimensione che è quella definitiva.
La Legge di Mosè era tra Dio e Israele, questa è per tutta l'umanità. Da un'analisi del testo si vede che l'evangelista inserisce una particella, che di per se non era necessaria grammaticalmente, per arrivare al numero 72, come il numero delle nazioni pagane conosciute a quel tempo. Questo messaggio che produce una vita indistruttibile, non è più limitato ad un popolo, ma è valido per tutta l'umanità.
Il decalogo veniva presentato con due tavole. Nella prima tavola vi erano il primo, il secondo e il terzo comandamento, che riguardavano gli obblighi verso Dio; nella seconda tavola, dal quarto al decimo, gli obblighi nei confronti degli uomini, i doveri nei confronti degli uomini. Anche l'evangelista struttura le beatitudini su due tavole:
nella prima tavola (le prime 4 beatitudini), sostituisce i doveri verso Dio con situazioni negative dell'umanità che Dio, con la collaborazione dell'uomo, vuole eliminare: non c'è più un obbligo, un dovere nei confronti di Dio, ma Gesù che è il Dio con noi, chiede di essere accolto e con lui e come lui andare verso l'umanità.
Vengono poi le altre 4 beatitudini, che riguardano i comportamenti all'interno della comunità e gli effetti positivi che ne scaturiscono; come i comandamenti si chiudevano con una promessa di felicità, l'ultima beatitudine è la garanzia che, anche nella persecuzione, i credenti hanno Dio come loro re.
Dopo che Mosè ebbe dato i dieci comandamenti, gli ebrei come formula d’accettazione, cantarono “Shemà Israel", preghiera che recitano ancora oggi. La formula d’accettazione per i cristiani è il Padre Nostro. Quando recitiamo questa preghiera noi accettiamo le beatitudini. Il Padre Nostro lo troviamo solo nel Vangelo di Matteo, perché più che una preghiera, essa è un programma di vita, è una forma d’accettazione delle beatitudini.
Gesù inizia la Buona Notizia del regno con la parola beati, ( l'invito di Gesù non è un imperativo come nei comandamenti, fai questo, non fare quest'altro. I comandamenti erano un'imposizione, quella di Gesù non è una imposizione, è una proposta di pienezza di vita.
Usa il termine beato che indica tutto quello che concorre a rendere l'uomo felice; beato lo possiamo tradurre benissimo con felice. Dio non è nemico della felicità, Dio è l’autore della felicità, e desidera che questa felicità sia la condizione di ogni uomo. Volete essere pienamente felici?
Materiale rielaborato a partire da: Conferenza di p. Alberto Maggi presso l’associazione “I beati costruttori di pace.” Conversazioni bibliche di don Claudio Doglio