GLI ARABI IN SICILIA
Gli Arabi cominciarono ad interessarsi della Sicilia, soprattutto per saccheggiarla, già a partire dal 652, quando la loro espansione aveva raggiunto la gran parte delle coste bagnate dal Mediterraneo. In particolare nei territori che un tempo erano compresi nella provincia romana dell’Africa (tra le attuali Tunisia, Algeria, ecc.) si stabilì un governatorato con capitale Kairouan, guidato dalla dinastia degli Aglabiti. Da quel momento incursioni e assalti si susseguirono in varie parti dell’isola, divenendo via via più frequenti.
La dominazione bizantina All’epoca la Sicilia era controllata dai Bizantini da circa tre secoli, ma la disgregazione dell‘Impero bizantino e la sua debolezza si facevano pesantemente sentire, alimentando un certo malcontento nell’isola. I Siciliani infatti accusavano i loro dominatori di esercitare il loro potere con la prepotenza e con gravose imposizioni fiscali, contribuendo a impoverire una popolazione sempre più misera e disperata.
La conquista musulmana La conquista vera e propria ebbe inizio nell’anno 827, e l’occasione fu fornita proprio da un ufficiale bizantino ribelle, Eufemio, che, per ragioni non chiare, si presentò alla corte aglabita chiedendo aiuto per una spedizione contro i Bizantini stessi.
La spedizione araba guidata dal Asab ibn al Furat, approdò presso Mazara del Vallo, dove si svolse un’importante battaglia che vide le truppe arabe vincitrici.
La conquista procedette poi con lentezza da ovest a est: tra l’827 e il 965 caddero successivamente Palermo, Messina, Enna, Siracusa e Taormina. Assedio di Messina da parte delle truppe islamiche
Particolarmente prolungato fu l’assedio di Enna, la più munita piazzaforte dell’isola, che resistette per oltre venticinque anni, capitolando nell’859.
Forti dei successi conseguiti e dei risultati raggiunti, i Saraceni si dettero poi anche a saccheggiare le coste della Calabria, delle Puglie e della Campania, spingendosi fino al monastero di Montecassino. Né si limitarono ad attaccare località più o meno isolate: infatti nell'846 entrarono addirittura a Roma, dove incendiarono e depredarono le chiese di San Pietro e San Paolo.
L’amministrazione araba La Sicilia fu sempre una dipendenza dell’Africa, anche se col tempo il legame si fece via via più lento e l’Ifriqiya fu governata da altre dinastie, dopo la fine di quella aglabita. Il governatore era detto “wali” e riuniva in sé le cariche militare e amministrativa. Era affiancato da un’assemblea di notabili con funzioni ora consultive ora deliberative. Tuttavia tra i conquistatori si manifestarono numerose rivalità e divisioni, che col tempo li indebolirono significativamente.
La popolazione era distinta in indipendente, che conservava i vecchi ordinamenti, tributaria, che pagava la “gezia”, vassalla o "dsimmi“, che viveva soggetta, ed infine i servi della gleba o "memluk". L’atteggiamento generale dei musulmani verso i vassalli cristiani fu in genere ispirato alla tolleranza, anche se furono vietate la propaganda religiosa e la costruzione di nuovi luoghi di culto.
Gli Arabi divisero l'isola in tre grandi distretti amministrativi: il Val di Mazara che comprendeva la parte centro-occidentale, il Val Demone che comprendeva la parte settentrionale-orientale e il Val di Noto, per la parte meridionale.
Palermo (in arabo Balarm) fu scelta come capitale dell’emirato e nei 200 anni che seguirono divenne una delle più belle città d’Europa e del Mediterraneo, popolosa e ricca di monumenti (secondo un cronista vi si contavano più di 300 tra moschee e piccoli luoghi di culto, una grande area commerciale e molti altre costruzioni di interesse pubblico). Degli edifici arabi tuttavia rimangono oggi ben poche tracce architettoniche.
Economia e cultura Durante i 200 anni della dominazione araba le condizioni economiche dell'isola migliorarono sensibilmente. Infatti venne ridotto il fenomeno deleterio del latifondo, la proprietà terriera si frazionò in tanti piccoli fondi e l’agricoltura prosperò, anche grazie all’introduzione di nuove tecniche. In particolare si realizzarono opere di canalizzazione che consentirono l'uso razionale delle risorse idriche. In Sicilia si producevano in particolare il cotone, la canapa, gli ortaggi; gli Arabi introdussero le colture degli agrumi, dei datteri e del papiro.
Nello stesso periodo prosperarono industrie di varia natura, che sfruttavano anche le risorse minerarie dell’isola e i cui prodotti venivano esportati in tutto il Mediterraneo. Si lavoravano in particolare la seta, il lino e la carta di papiro.
Gli Arabi portarono nell'isola la loro cultura, la poesia, le arti, le scienze orientali; in particolare fiorirono scuole di medicina, di matematica, di diritto, di teologia musulmana. Si contavano anche molti storici e poeti, anche se ben poco ci è rimasto della produzione di questi ultimi
Come abbiamo visto non restano molte tracce monumentali della dominazione araba, ma l’intervento di artisti arabi è evidente in alcune costruzioni di epoca normanna. La Cappella Palatina, a Palermo, la più bella delle chiese fatte costruire da Ruggero II di Sicilia, con porte normanne, archi arabi, cupola bizantina, e il tetto ornato con scritte arabe
In effetti ciò che ci manca a livello architettonico è rimpiazzato dai lasciti linguistici e dalla cucina siciliana. Per quanto riguarda il primo ambito va detto che gli arabismi sono numerosi sia nel dialetto siciliano che nella lingua italiana in generale, a causa della forte influenza della civiltà araba su tutto il Mediterraneo. Vediamo alcuni esempi, sia siciliani che italiani, suddivisi secondo aree semantiche
Toponimi Caltanissetta, Caltagirone, ecc, derivano il loro nome da "Kalat", “castello”; Marsala da "Marsha", “porto”; Gibellina, Gibilmanna, Gibilrossa, da "gebel", “monte”; Racalmuto, Regalbuto, da "rahal", “casale” e così via Lessico militare, marinaresco, commerciale “tariffa”, “darsena”, “arsenale” “dogana” Dall’arabo diwan(a), libro dove si segnavano le merci in transito “ragazzo” deriverebbe dalla parola raqqasò, che nel Magreb, significa “corriere che porta le lettere, messaggero, garzone di bottega” ed è un termine molto probabilmente penetrato dalla Sicilia in Italia. Indumenti e lessico del vestiario “caffettano”, “giubba”, “ricamare” “Cremisi”. Dall’aggettivo arabo qirmizī "del colore della cocciniglia", derivato dal vocabolo “qirmiz” ovvero "specie di cocciniglia" “gabbana” Parola derivata dal vocabolo arabo qabā’ "tunica da uomo dalle maniche lunghe".
Alberi da frutto, ortaggi, spezie “Albicocco”, “Carciofo”, “Marzapane”, “Zafferano”, “Zibibbo” Arancio. Dall’arabo na¯rangÍ, di origine persiana. Limone. Dall’arabo e persiano limun, a sua volta derivato probabilmente da una lingua orientale. Arrivò in Occidente insieme al frutto, durante le Crociate.. Zagara. Dall’arabo zahra "fiore" e, in particolare nei dialetti dell’Africa settentrionale, "fiore d’arancio".
Per quanto riguarda invece la gastronomia piatti come il cuscus, la cassata, il sorbetto, gli arancini e altri mostrano una forte impronta araba che si riconosce nell'uso delle spezie, della frutta, dello zucchero e dei profumi.
“cassata” deriva forse dall’arabo “quas’at” che significa “ciotola”, cioé lo stampo che veniva utilizzato per preparare il dolce
La fine della dominazione araba La sovranità araba entrò in crisi quando si estinse la dinastia kalbita e il potere venne assunto da numerosi emirati locali. Così disuniti gli Arabi non riuscirono ad opporsi alla penetrazione normanna che si concluse dopo circa trent’anni, nel 1091, ad opera del conte Ruggero d’Altavilla, chiamato in Sicilia proprio da un emiro arabo che chiedeva il suo aiuto in una contesa con un rivale. Così la dominazione araba si aprì e si chiuse con una vicenda assai simile.