Il monopolio Nella lezione precedente abbiamo introdotto la struttura di mercato per analizzare le caratteristiche della concorrenza perfetta. Adesso estendiamo.

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Il monopolio Nella lezione precedente abbiamo introdotto la struttura di mercato per analizzare le caratteristiche della concorrenza perfetta. Adesso estendiamo l’analisi al monopolio, il caso in cui barriere all’entrata proteggono un unico venditore dalla concorrenza. Queste barriere all’entrata permettono ai monopolisti di guadagnare un profitto economico nel lungo periodo.

L’impresa concorrenziale è price-taker Il monopolio è price-maker Vedremo anche i limiti del monopolio – non è per il monopolista possibile imporre qualsiasi prezzo

PERCHE’ ESISTONO I MONOPOLI Un monopolista è l’unico venditore di un prodotto senza sostituti prossimi. I monopolisti possono continuare a guadagnare un profitto nel lungo periodo grazie all’esistenza di barriere all’entrata, che impediscono a nuovi concorrenti di entrare nel mercato e spingere giù il prezzo e il profitto.

Tali barriere all’entrata possono sorgere per tre motivi: Controllo di una risorsa chiave Pochi monopoli nella realtà nascono per questo motivo Diritti esclusivi concessi dall’autorità pubblica, come i brevetti Esempi: brevetto delle società farmaceutiche per il diritto esclusivo sulla formula di un medicinale/diritti d’autore su un libro – prezzi più elevati, ma il brevetto incentiva la ricerca Costi medi totali decrescenti, che rendono un unico produttore più efficiente di tante piccole imprese come nel caso della produzione d’energia – il caso del monopolio naturale

Si ha un monopolio naturale quando una sola impresa può produrre un bene a costi più bassi di numerose imprese – quindi Questa impresa ha economie di scala per un grande intervallo di quantità prodotta ovvero Costi medi totali decrescenti Costo di produzione fisso e alto e Costo marginale molto basso CT/Q diminuisce all’aumentare di Q

COME SI COMPORTA UN MONOPOLIO Le imprese massimizzano il profitto producendo fino e non oltre al punto in cui CM=RM. Per le imprese concorrenziali ogni unità aggiuntiva di output aggiunge al ricavo totale un ammontare identico al suo prezzo, in modo che P=RM, e la regola di massimizzazione del profitto diventa P=CM.

La differenza principale tra monopolio e concorrenza è il controllo sul prezzo. I monopolisti fissano il prezzo, e possono modificarlo nei limiti fissati dalla curva di domanda, ma le imprese concorrenziali non hanno controllo sul prezzo, e lo considerano come dato.

Questa differenza fondamentale che distingue monopolio e concorrenza si riflette sul tipo di domanda che l’impresa si trova di fronte L’impresa concorrenziale può vendere al prezzo di mercato qualsiasi quantità (la determina fissando P=CM….) La curva di domanda che si trova davanti è una retta orizzontale, al livello del p di mercato e A quel prezzo l’impresa vende qualsiasi quantità

Il monopolio si trova davanti tutta la curva di mercato (è il solo venditore!) Quindi ha la solita relazione prezzo-quantità Se p aumenta, vende di meno, ovvero Se vende di meno può vendere ad un prezzo maggiore Decide sia la quantità che il prezzo

Tuttavia, la curva di domanda rappresenta un vincolo per il monopolista: Non può vendere qualsiasi quantità a qualsiasi prezzo, Deve stare sulla curva di domanda Il punto cruciale è: dove? Il monopolista - come l’impresa concorrenziale - massimizza il profitto e applica quindi la regola generale di produrre al CM=RM In concorrenza RM = P = (CM)

Ma: Il RICAVO MARGINALE di un monopolista è sempre INFERIORE al prezzo. Questo perché l’effetto PRODUZIONE che aumenta il ricavo totale quando aumenta l’output è in parte controbilanciato da un effetto PREZZO che fa diminuire il ricavo totale a causa della riduzione del prezzo necessaria a vendere l’output addizionale

La ragione di questo risiede nel fatto che il monopolista ha di fronte una curva di domanda negativamente inclinata: Se aumenta la quantità deve diminuire il prezzo, quindi deve diminuire il prezzo su TUTTE le unità vendute, non solo sulle unità addizionali. Al contrario, la concorrenza perfetta non ha effetto prezzo: vende tutta la quantità allo stesso prezzo.

Esempio di RM < P P = 5Q = 20 Per vendere di più deve diminuire il prezzo, esempio P’=4.80Q = 21 Ma il suo RM sulla 21esima unità è <P! Infatti RM = 4.80 – (.20 x 20) = Effetto produzioneeffetto prezzo = 4.80 – 4 = 0.80 RM < P

Oppure RT per Q=20 = 5 x 20 = 100 RT per Q=21 = 4.80 x 21 = RM = RT 21 – RT 20 = = < 4.80 RM < P

Notiamo che D = P = RMe P è sempre =ricavo medio=PQ/Q=P La curva di domanda è la curva del prezzo e del ricavo medio La curva del RM è sempre sotto quella di Domanda (del prezzo) Il RM può essere negativo <0 Quando l’effetto prezzo è maggiore dell’effetto produzione, l’aumento di Q non compensa la dim di P e il ricavo totale diminuisce RM P Q

Quale sarà la quantità che massimizza il profitto per il monopolista? La condizione che deve essere rispettata è la stessa per monopolio e concorrenza: CM=RM Conosciamo: La curva di domanda La curva del RM La curva del CM

D = P = RMe Troviamo il punto in cui CM e RM si incontrano La Q che corrisponde a quel punto è la Q che max il profitto – Q*m RM CM Q*m

D = P = RMe Se produce Q1 < Q*m RM > CM e Può aumentare il profitto aumentando Q RM CM Q*m Q1

D = P = RMe Se produce Q2 > Q*m CM > RM e Può aumentare il profitto diminuendo Q RM CM Q*m Q2

D = P = RMe Qual è il P che max il profitto? È il prezzo che si legge sulla curva di domanda per quella stessa quantità – P*m Può vendere quella Q al massimo prezzo permesso dalla curva di domanda RM CM Q*m P*m

Notiamo che: La regola che determina max profitto è la stessa della concorrenza perfetta: CM=RM Tuttavia, per l’impresa concorrenziale RM=P Mentre per il monopolio questo non vale: Il P è sempre maggiore del RM Questa è la fondamentale differenza tra monopolio e concorrenza perfetta: P = RMe = RM = CM P = RMe > RM = CM

La curva d’offerta E’ necessario notare che il monopolista NON HA una curva d’offerta. Una curva d’offerta mostra la quantità che il venditore offre per ogni prezzo, indipendentemente dalla domanda. Tuttavia, il monopolista fissa il prezzo e la quantità guardando al ricavo marginale e alla domanda. Per il monopolista la quantità offerta dipende dalla domanda

Quando si parla di curva d’offerta si determina la quantità per ogni dato livello del prezzo, ma questo Ha senso in concorrenza dove il prezzo è dato Non ha senso in monopolio dove il prezzo è determinato simultaneamente alla quantità offerta L’“offerta” del monopolista è diversa per ogni domanda e curva del ricavo marginale. Quindi, non esiste una distinta curva di offerta per il monopolista.

L’area del profitto Come per la concorrenza: PROFITTO = RT – CT (RT/Q – CT/Q) x Q (RMe – CMeT) x Q (P – CMeT) x Q  =(differenza tra ricavo per 1 unità e costo unitario) x quantità venduta

D = P = RMe Il profitto è pari all’area data dal rettangolo che ha per base la Q e per altezza la differenza tra prezzo e CMeT RM CM Q*m P*m CMeT

D = P = RMe Il profitto è pari all’area data data dal rettangolo che ha per base la Q e per altezza la differenza tra prezzo e CMeT RM CM Q*m P*m CMeT

IL COSTO DEL MONOPOLIO IN TERMINI DI BENESSERE SOCIALE Il monopolio impone dei costi sociali in quanto genera una PERDITA SECCA causata dalla sottoproduzione del bene. Abbiamo visto che il benessere sociale è massimizzato quando la produzione si espande fino al punto in cui il beneficio marginale è pari al costo marginale. Questo massimizza la somma del surplus del consumatore e del produttore, o il valore del bene per il consumatore meno il costo di produrre il bene.

Producendo l’output a cui CM=P, l’impresa concorrenziale produce il livello efficiente di output. Producendo al punto in cui CM=RM<P, il monopolista produce meno del livello efficiente di output. La perdita secca è il surplus perduto sulla quantità non prodotta. Ovvero, il monopolista non produce una parte di output che la società valuta di più di quanto costi produrre quell’output.

La logica è la stessa di quella che si applica al divario che l’imposta applica tra disponibilità a pagare del consumatore e costo marginale del venditore. L’inefficienza del monopolio risulta da sottoproduzione, allo stesso modo di un’imposta.

C’è perdita secca?

D Il consumatore acquista ad un P più elevato che in concorrenza Il venditore vende ad un P più alto Il beneficio del monopolista è maggiore o minore dello svantaggio del consumatore? C’è perdita secca di benessere? CM Q*m P*m Qc Pc

D La Q socialmente ottima si ha nel punto in cui la domanda incontra il costo marginale D=CM=P=RM Qui la disponibilità a pagare è uguale al costo marginale Valore del consumatore=costo CM Q*m P*m Qc Pc

D,P,RMe Si dovrebbe produrre fino al punto in cui il prezzo è uguale alla intersezione di D e CM La concorrenza produce questa quantità Qc (P=CM)! Nel monopolio RM=CM ma P>RM, quindi P>CM Il monopolista produce MENO della quantità socialmente ottima: VIENE PRODOTTA UNA Q TROPPO BASSA AD UN P TROPPO ALTO CM Q*m P*m Qc Pc

D,P,RMe A QUESTO PREZZO alcuni consumatori valutano il bene più del costo marginale di produzione, ma meno del prezzo di monopolio e non acquistano CM Q*m P*m Qc Pc

D,P,RMe Si può misurare la perdita di benessere con la perdita secca come per l’imposta Il triangolo tra costo marginale - quantità e domanda è la perdita secca DI BENESSERE Per l’imposta c’è un aumento di gettito Per il monopolio c’è un aumento del profitto del monopolista CM Q*m P*m Qc Pc

Dal punto di vista sociale la perdita secca è dovuta alla più bassa quantità prodotta, non al profitto del monopolista in sé…. ….Che è l’aumento del benessere di una parte del benessere sociale La perdita di quantità per il prezzo troppo alto è ciò che causa una perdita irrecuperabile

D,P,RMe Area triangolo = area trapezio + triangolo –area rettangolo (area aumento profitto monopolista) CM Q*m P*m Qc Pc

POLITICHE ECONOMICHE E MONOPOLIO Le politiche che tendono a limitare l’inefficienza del monopolio includono: Incentivare la concorrenza Regolamentare i prezzi e altri comportamenti Convertire i monopoli in imprese pubbliche Non fare nulla

Per rendere i monopoli più competitivi, il governo approva una serie di leggi antitrust, che tendono a controllare il potere di monopolio e promuovere la concorrenza. In forza di queste leggi, il governo può prevenire le fusioni che porterebbero a un monopolio, prevenire la fissazione del prezzo e altre pratiche anticoncorrenziali, e anche dividere grandi imprese in casi estremi.

La regolamentazione è un’altra alternativa che regola la fissazione dei prezzi e altri comportamenti. E’ comune per il governo regolamentare i prezzi determinati da MONOPOLI NATURALI come le compagnie che forniscono energia. Tuttavia, non è possibile obbligarle a fissare prezzi uguali al costo marginale senza costringerle a uscire dal mercato.

I monopoli naturali hanno un COSTO MEDIO TOTALE DECRESCENTE, e ciò significa che il costo marginale deve essere sotto il costo medio totale. Forzarli a produrre dove CM=P significa P<CMeT, perché CM<CMeT. Ma questo significherebbe per l’impresa incorrere in perdite economiche, ed essere costretta nel lungo periodo a uscire dal mercato.

graficamente P CMeT P<CMeT Se P=CM, Perdite economiche

Quindi, tipicamente i regolamentatori permettono all’impresa di fissare il prezzo al livello del costo medio totale, con profitto nullo, ma profitto contabile positivo. Questo garantisce un tasso di rendimento ragionevole pari al costo opportunità di utilizzare le risorse dell’impresa per usi alternativi.

La terza opzione, imprese pubbliche, è comune con i monopoli naturali in alcuni paesi (non negli Stati Uniti). Sebbene possa eliminare il problema di sottoproduzione se i contribuenti sono disposti a compensare la differenza tra prezzo e costo medio totale, si perderebbe il vantaggio della spinta del profitto per tenere bassi i costi.

L’alternativa del non fare nulla è la scelta di chi pensa che l’inefficienza della sottoproduzione del monopolio è minore dell’inefficienza che risulta da politiche economiche politicamente stabilite, o che il benessere della società in genere non è il criterio appropriato per determinare politiche economiche.

LA DISCRIMINAZIONE DEL PREZZO Molte imprese praticano una discriminazione dei prezzi, ovvero applicano prezzi diversi per lo stesso bene a consumatori diversi. Le tariffe aeree sono un esempio. Prezzi scontati sono offerti a clienti che prenotano in anticipo e stanno un sabato notte, che viaggiano per piacere ed hanno una domanda molto elastica, mentre tariffe alte vengono fatte pagare ai clienti che viaggiano per lavoro, che hanno una domanda anelastica e non vogliono stare via il fine settimana.

Le imprese discriminano per ottenere l’effetto produzione SENZA subire l’effetto prezzo che risulterebbe se abbassassero il prezzo a tutti. Nell’esempio precedente Se il monopolista avesse potuto diminuire il prezzo a 4.80 solo per la 21esima unità e continuare a vendere le 20 precedenti a p=5, Il ricavo marginale sarebbe stato uguale =4.80=P Non ci sarebbe stata la diminuzione di ricavo totale pari a (20 x.20)=4 (effetto prezzo).

Per poter discriminare sul prezzo le imprese devono poter dividere i consumatori in gruppi sulla base della loro disponibilità a pagare (turisti, business; due paesi diversi; giovani, meno giovani….) Considera i gruppi come due o più mercati distinti, e aumenta il profitto vendendo a prezzi diversi in ogni mercato (costi di produzione uguali)

Discriminazione e benessere E’ interessante notare che la discriminazione del prezzo può aumentare il benessere economico. Infatti, il monopolista sottoproduce a causa dell’effetto prezzo

Se ognuno paga un prezzo differente, non c’è effetto prezzo, e RM=P Il monopolista produrrà quindi al livello socialmente efficiente CM=P, che sarà lo stesso di RM=P. Tanto più efficacemente il monopolista può discriminare, tanto più vicino sarà il suo output a CM=P.

Tutti i consumatori disposti ad acquistare il bene lo acquistano, ma L’aumento di benessere si compone di aumento del profitto del monopolista ma non di surplus del consumatore Se c’è discriminazione perfetta del prezzo, cosa capita al surplus del consumatore?

Si annulla: tutti pagano l’esatta disponibilità a pagare Tutto l’aumento di benessere è aumento del profitto Non c’è perdita secca