CULTURA E COMUNICAZIONE di Eleonora Bilotta
Il concetto di cultura Rousseau: – la cultura è un fattore di corruzione che deteriora l’innocenza primigenia dell’individuo; Kant: – la cultura è la capacità umana di porsi dei traguardi arbitrari e costituisce una condizione necessaria per la libertà umana; Hegel: – la cultura è un processo di liberazione del sé naturale; è formazione poiché attribuisce forma all’individuo,
Universalità e omogeneità Il rapporto fra natura e cultura è stato concepito a vantaggio della natura come predominante sulla cultura. L’ipotesi e la ricerca di universali in vari ambiti di studio presuppongono la condivisione di una dotazione filogenetica condivisa dagli esseri umani in quanto specie. L’attenzione è allora posta sull’omogeneità grazie alla comunanza dei medesimi sistemi neurobiologici.
Differenze e specificità La predominanza della cultura sulla natura considera dominante la cultura rispetto alla natura con l’enfasi sui processi di differenziazione. Ogni cultura è concepita come un sistema unico e irripetibile nella sua singolarità, per cui le differenze tra le varie culture sono irriducibili in quanto sono qualitative e non quantitative. Le specificità culturali sono generate da un processo di convenzionalizzazione arbitraria per cui non è possibile considerare la cultura come se fosse una variabile indipendente, poiché non esistono criteri o parametri di confronto che siano immuni da influenze culturali. Da ciò deriva la teoria del costruzionismo sociale: – La realtà non è un dato ma un costrutto, in quanto essa è costantemente interpretata e distorta da parte degli individui.
Interdipendenza «natura-cultura» Il rapporto fra natura e cultura (innato/appreso) va inteso come interdipendenza fra le parti, che prevede forme contemporanee e reciproche di interazione. La cultura dipende dalla natura del medesimo tempo in cui media la natura (da cui dipende) per renderla ottimale alle proprie condizioni di vita senza cadere nel determinismo biologico o culturale.
Lo studio della cultura: due diversi modelli Prospettiva emica (adottata dall’antopologia, dalla socioloinguistica, dalla psicologia culturale): – Si propone di esaminare la condotta e la comunicazione di una data comunità culturale all’interno del sistema stesso, utilizzando il metodo etnografico. Prospettiva etica (adottata dalla psicologia cross-culturale): – Intende studiare la condotta di una data comunità culturale dall’esterno del sistema stesso, analizzando i processi comunicativi indipendentemente dalla cultura stessa. Mira ad individuare dimensioni generali lungo le quali le culture esaminate presentano somiglianze o differenze.
Il sistema di mediazione degli artefatti La condizione degli esseri umani è quella di vivere in un ambiente già trasformato da coloro che li hanno già preceduti. Queste trasformazioni e la capacità di trasferirle e di rinnovarle da una generazione all’altra sono il risultato delle loro abilità e propensioni a creare artefatti: – elementi del mondo materiale assunti nell’azione umana come modo per coordinarsi con con l’ambiente fisico e sociale; – importanti per lo sviluppo del pensiero ed delle abilità umane; – Mezzi per raggiungere i propri scopi.
Triangolo di mediazione Il rapporto fra il soggetto e l’oggetto (ambiente) può essere non solo diretto e immediato (S-O), ma anche contemporaneamente mediato attraverso l’impiego di uno o più artefatti, in tal modo è reso culturale. S (Soggetto) S’ O (Oggetto) O’ M (Artefatto)
Tre categorie di artefatti (Wartofsky, 1979; Cole, 1995) Artefatti primari: – Impiegati direttamente per la produzione e per l’attività umana, costituiscono la cultura materiale; Artefatti secondari: – Sono rappresentazioni mentali degli artefatti primari e dei modi di azioni ad essi associati, costituiscono la dimensione ideale degli artefatti; Artefatti terziari: – Servono a costruire il mondo della fantasia e dell’immaginazione nell’ambito del gioco.
Interdipendenza tra artefatti e comunicazione La mediazione è un processo attivo è contribuisce in modo rilevante a organizzare, a gestire e a controllare la comunicazione degli individui. Gli artefatti giocano un ruolo essenziale nel dare forma alla comunicazione e all’azione anche se non le determinano in modo automatico, svolgono inoltre un controllo sugli artefatti migliorandoli e inventandone di nuovi. Esiste un’interdipendenza costante, sulla quale si fonda il progresso della tecnologia, fra: – le possibilità di una determinata azione e comunicazione umana; – L’impiego appropriato degli strumenti attualmente a disposizione; – Il loro costante miglioramento; – L’invenzione di nuovi strumenti che aumentano le potenzialità della azione
La cultura come sistema di conoscenza La cultura va pensata in termini di conoscenza del mondo: – I membri di una cultura non soltanto conoscono certi fatti, ma devono anche condividere certi modelli di pensiero e modi di interpretare il mondo, di fare inferenze e previsioni. La cultura: – È una realtà simbolica all’interno della mente dell’individuo e all’esterno nell’ambiente; – È un sistema di credenze; – È una frontiera; – È una rete di senso.
La cultura come sistema di pratiche (Bourdieu, 1980) Gli attori sociali non sono né completamente il prodotto delle condizioni materiali (economiche o ecologiche), né attori pienamente consapevoli e intenzionali le cui rappresentazioni mentali siano autosufficienti. La teoria della pratica ritiene che gli oggetti della conoscenza siano elaborati e il principio di questa elaborazione è il sistema delle disposizioni strutturate e strutturanti, da lui chiamato habitus. In quanto habitus, le pratiche culturali oscillano fra i processi di riproduzione e i processi di produzione, all’internodello spazio culturale che esiste fra questi processi, può collocarsi il cambiamento psicologico.
La cultura come sistema di valori Al cuore di una cultura si collocano i valori, ossia ciò che le persone credono bene o male, giusto o sbagliato, desiderabile o indesiderabili, ciò che deve essere fatto e ciò che deve essere evitato. Funzione motivazionale dei valori: – I valori danno origine a un sistema globalmente coerente e unitario, ordinato in modo gerarchico (priorità dei valori) e svolgono la funzione di motivare le persone.
Dimensioni culturali dei valori Dallo studio delle dimensioni culturali dei valori sono emerse le tipologie di: Hofstede (1991) ha individuato quattro fattori: a. Individualismo/collettivismo; b. Distanza dal potere; c. Mascolinità/femminilità; d. Evitamento dell’incertezza. Schwartz (1997) ha proposto una tipologia culturale di valori che prevede tre assi: a. Conservatorismo/autonomia; b. Gerarchia/eguaglianza; c. Padronanza/armonia.
La cultura come sistema di comunicazione La cultura è comunicazione, in quanto ogni cultura è un sistema di segni. Dal punto di vista semiotico la cultura costituisce una rappresentazione del mondo e un modo per attribuire senso e significato alla realtà rendendola interpretabile. Geertz (1973; 1983) evidenzia il processo interpretativo senza fine.
Processo di appropriazione della cultura L’Internazionalizzazione è quel processo di trasmissione della cultura di un popolo da una generazione all’altra che prevede quattro livelli: a. Regolazione esterna; b. Regolazione introiettata; c. Regolazione identificata; d. Regolazione integrata. Per contro, Rogoff (1990) pone in evidenza che i soggetti trasformano la cultura nel momento stesso in cui si appropriano dei suoi sistemi di credenze, di valori e di pratiche, proponendo alla generazione successiva una versione modificata e rinnovata, idonea per adattarsi alle nuove esigenze dell’ambiente. Esiste un rapporto complesso di mutualità fra individuo e cultura. – Appropriazione non significa solo assimilazione ma superamento del confine tra esterno e interno
Gli aspetti universali della comunicazione Riguardano gli aspetti invarianti e comuni dei processi comunicativi, condivisi dalle lingue naturali oggi esistenti. Sono considerati come forme costanti e ricorrenti che riguardano sia il livello grammaticale che quello semantico. Chomsky e i suoi collaboratori si sono proposti di spiegare le differenze fonologiche, morfologiche e sintattiche fra le lingue attualmente esistenti attraverso pochi principi generali, universali e condivisi da tutti i parlanti.
Teoria della grammatica universale o generativa 1.Chomsky ha sviluppato una teoria della grammatica universale o generativa che comprende un insieme di regole e di condizioni in grado di descrivere e di spiegare la grammatica di qualsiasi lingua naturale. 2.Esiste una uniformità della competenza linguistica negli esseri umani indipendentemente dalla lingua che essi parlano; 3.Esiste una proprietà della mente umana che consente ad una persona di acquisire una lingua in condizioni di semplice esperienza. Egli parla di un organo del linguaggio (Language Acquisition Device o LAD)
Gli universali linguistici Ad una analisi superficiale, le lingue naturali come l’inglese e l’italiano, il cinese, il giapponese sembrano lingue molto differenti fra loro. Per molte persone, i suoni di una lingua straniera rappresentano flussi inintellegibili di suoni. Nonostante queste differenze superficiali, tutte le lingue umane hanno delle proprietà comuni (i cosiddetti universali linguistici), tra cui, la più importante è quella della produttività. La produttività linguistica può essere intesa secondo due accezioni. Per prima cosa, in qualunque lingue non esiste limite alla produzione di frasi sempre nuove che ogni parlante può generare.
Proprietà della grammatica generativa a. La lingua è un insieme infinito di frasi. b. La frase è l’unità fondamentale della lingua ed è costruita a partire da un insieme finito di elementi o alfabeto. c. Tale alfabeto è composto da elementi primitivi. d. La grammatica è un sistema astratto di regole. e. La grammatica è indipendente da ogni altro sistema cognitivo. f. La grammatica è indipendente dalla semantica. g. Esistono due livelli di rappresentazione della frase (superficiale-profondo) e una serie di trasformazioni. h. I processi mentali, alla base della grammatica, sono quelli dell’astrazione e del ricorso a modelli ideali. i. L’interpretazione semantica delle frasi è basata unicamente sulla loro struttura superficiale.
I primitivi semantici Sul piano semantico, essi vanno intesi come unità minime e semplici di significato, non ulteriormente definibili, a partire dalle quali sono derivabili tutti gli altri significati. Per Wierzbicka i primitivi semantici sono concetti elementari e semplici che si ritrovano in tutte le lingue del mondo, hanno un carattere universale e costituirebbero una sorta di alfabeto umano e di lingua mentale originaria, di natura innata, condivisa da tutte le culture. In un primo momento questa studiosa avrebbe individuato quattordici primitivi, più recentemente cinquanta concetti.
Ipotesi Sapir – Whorf Secondo questa ipotesi, il linguaggio determina le categorie e anche il contenuto del pensiero. Whorf in LANGUAGE, THOUGHT, AND REALITY (1956) sostiene che: “Noi dissezioniamo la natura lungo linee che giacciono all’interno del nostro linguaggio nativo. Noi non possiamo parlare se non di tutto ciò che l’organizzazione e la classificazione dei dati che la comunità dei parlanti decreta”. Con il termine ipotesi “Sapir-Whorf” ci si riferisce al principio di relatività linguistica, che in ogni caso fu elaborato da Whorf.
Ipotesi Sapir – Whorf L’idea che la struttura della lingua in qualche modo possa influenzare la struttura del pensiero e di conseguenza l’organizzazione della realtà per un determinato gruppo di parlanti prese piede non solo fra i linguisti ma anche fra antropologi, psicologi e scrittori. La forma più accentuata di questa ipotesi sostiene che il sistema concettuale di un linguaggio possa essere spiegato e compreso dai parlanti di altre lingue anche se le categorie grammaticali non spiegano realmente il sistema culturale stesso.
Ipotesi Sapir – Whorf I linguaggi indo-europei hanno una distinzione tra le categorie grammaticali che individuano il genere (maschile, femminile, neutro) e i loro parlanti attualizzano tale distinzione opportunamente. Ma i Turchi o i Cinesi, che non utilizzano tale distinzione in generi e quindi non hanno la relativa categoria grammaticale, non producono tale differenza a livello del parlato. Una forma debole dell’ipotesi Sapir-Whorf è che il linguaggio influenzi senza determinare le nostre categorie del pensiero.
Il problema della traduzione Nel processo di traduzione permangono spesso aree di indeterminatezza e di vaghezza e alcuni significati esprimibili in una lingua non sempre sono perfettamente traducibili in un’altra.