Era già successo … Progetto presentato dalle classi 1AL e 2C dell’Istituto di istruzione secondaria superiore “Galileo Galilei” di Firenze.

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Transcript della presentazione:

Era già successo … Progetto presentato dalle classi 1AL e 2C dell’Istituto di istruzione secondaria superiore “Galileo Galilei” di Firenze

I fatti avvenuti in Ruanda dall’aprile al luglio 1994 rappresentano una delle pagine più nere nella storia dell’umanità, a mezzo secolo di distanza dalla tristemente più nota Shoah. Il massacro dell’etnia tutsi, che ha sterminato quasi un milione di uomini in circa 100 giorni, non è altro che la ripetizione di antiche, assurde e violentissime discriminazioni in nome del pregiudizio di una “razza pura”. Abbiamo deciso così di tentare un confronto fra le due vicende, tracciando un percorso storico del Ruanda, in cui si legge amaramente il riflesso di quello della Shoah, e al tempo stesso di analizzare, dietro entrambi, le possibili dinamiche psicologiche e sociali che si sono scatenate, con le loro conseguenze disumane. Era già successo…può succedere ancora? Presentazione

La questione: presupposto minimo Il nostro studio presuppone un qualche tipo di confrontabilità fra la Shoah e la tragedia del Rwanda. La Shoah è volutamente evocata da immagini per sottolineare che si tratta non di una tesi, ma di un problema. Il confronto viene proposto come impegno critico, luogo di esercizio autonomo della ragione morale, civile, politica di ognuno, in vista della formazione.

Perché il confronto possa sensatamente avere luogo occorre almeno un vocabolario condiviso e sufficientemente univoco. In questo senso, può essere decisivo il contributo delle scienze umane, cioè di quel campo teorico in cui confluiscono le discipline che hanno per oggetto l'uomo e i diversi aspetti del mondo culturale e spirituale in cui egli si esprime. La questione: vocabolario condiviso

La questione: uomo? Grava su questa impresa da parte delle scienze umane un'ipoteca tragica: questo è l'uomo? E' l'interrogativo posto in termini poetici altissimi da Primo Levi. Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo che lavora nel fango che non conosce pace che lotta per mezzo pane che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, senza capelli e senza nome senza più forza di ricordare vuoti gli occhi e freddo il grembo come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore stando in casa andando per via, coricandovi alzandovi; ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso da voi.

Tutsi: Sono alti, magri e di carnagione chiara. Erano dediti esclusivamente alla pastorizia. Hutu: Sono bassi, tarchiati e di carnagione scura. La loro attività era l'agricoltura e l'allevamento di bestiame. Twa: Sono di bassa statura e di carnagione scura. Provengono da paesi esterni e vivevano di pesca e raccolta nelle regioni paludose. La storia: tre etnie

Nel 1885 il territorio del Ruanda fu attribuito all'impero tedesco dopo il congresso di Berlino. Successivamente, nel 1933, i Belgi introducono per la prima volta la carta d'identità che riporta l'etnia e suddivide la popolazione in Hutu, Tutsi o Twa. La storia: imperialismo

Uno dei pregiudizi più radicali e nefasti è quello razziale. Per razza si intende l'insieme degli individui di una specie animale o vegetale che si differenziano da altri gruppi della stessa specie per uno o più caratteri costanti trasmissibili ai discendenti. Il pregiudizio legato alla razza è il razzismo, che consiste nella convinzione dell'esistenza effettiva di razze umane ad una delle quali vengono riconosciute qualità speciali che ne richiedono la preservazione dalla contaminazione con altre razze, giudicate inferiori per qualità. La questione: pregiudizio e razza

La componente cognitiva del pregiudizio è lo stereotipo, cioè la credenza condivisa secondo cui i componenti di un gruppo presentano necessariamente determinate caratteristiche. Il pregiudizio è, per sua natura, fondato su ragioni insufficienti, perché si riferisce a una globalità, a tutti i casi, cioè proprio a ciò di cui non possiamo evidentemente avere esperienza. E' una generalizzazione, ossia una tendenza umana volta a semplificare la complessità del mondo, per potersi orientare con minore fatica in esso. La questione: pregiudizio, stereotipo e generalizzazione

Il pregiudizio è selettivo, cioè accoglie solo ciò che lo conferma e tratta i casi contrari come eccezioni: “Certo la famiglia di ebrei che vive accanto a me è fatta di brave persone, ma...” Il pregiudizio è cognitivamente selettivo, cioè opera come un filtro che lascia passare solo ciò che lo conferma, determinando un'accentuazione nella percezione delle differenze fra gruppi e delle somiglianze all'interno dei gruppi, quest'ultima più accentuata rispetto alle somiglianze all'interno dei gruppi cui non si appartiene. Gli eventi infrequenti attraggono l'attenzione più di quelli frequenti. Quando eventi infrequenti sono simultanei (per esempio una minoranza e gli atti devianti), il pregiudizio li mette in correlazione senza effettiva cognizione di causa. La questione: pregiudizio, filtro, selezione, gruppo e correlazione illusoria

La questione: pregiudizio, atteggiamento, esperienza In termini psicologici, il pregiudizio non è un comportamento, ma un atteggiamento, cioè una disposizione favorevole o sfavorevole verso qualcosa che si manifesta in un giudizio concepito o espresso indipendentemente dall'esperienza. Il pregiudizio è cognitivo, cioè pretende di esprimere contenuti di conoscenza, e affettivo, cioè collega a quei contenuti emozioni e valori, configurandosi come un'emozione sociale. Il pregiudizio è prevalentemente, anche se non necessariamente, negativo cioè contiene disprezzo, disgusto, paura, avversione, antipatia.

La storia: indipendenza 1959: alla morte del re gli hutu si ribellano alla monarchia tutsi 1961: il Ruanda ottiene il Referendum per la repubblica 1962: il Ruanda conquista l’indipendenza Questo periodo di “decolonizzazione” viene accompagnato dallo sterminio di numerosi tutsi e dalla fuga di molti superstiti verso Uganda, Tanzania, Zaire.

La storia: rovesciamento di potere 1973: dopo varie stragi di tutsi, epurati anche nelle università, e dopo vari tentativi di compi di stato, il capo di stato maggiore dell’esercito generale Habyarimana prende il potere con il pretesto di riportare l’ordine. Con lui sale a potere l’etnia hutu del Nord del paese, che si spartisce i posti di potere lasciando una percentuale minima (9%) del pubblico impiego ai tutsi.

Dal 1990 i tutsi in fuga in Uganda, costituitisi nel Ruandan Patriotic Front (RFP), intraprendono manovre per rientrare nei territori di origine. A questi tentativi si oppone duramente il partito hutu di Habyarimana, il Mouvement Révolutionnaire National pour le Développement (MRND), che approfitta per addossare ai tutsi anche la responsabilità della crisi economica ruandese (dal 1989 il crollo dei prezzi del caffè provoca il crollo dell’esportazione e la povertà di migliaia di agricoltori). Braccio armato dell’MRND diventeranno le milizie di Interhamwe (“combattiamo insieme”), ritenute poi il vero responsabile del genocidio del La storia: fronti opposti

L’ONU interviene per trovare una soluzione diplomatica alle tensioni ruandesi. I negoziati internazionali che si svolgono dal 1993 ad Arusha, in Tanzania, vedono come principali interlocutori il governo di Habyarimana (e l’MRND che lo sostiene) e l’RFP; i cinque accordi che ne scaturiscono prevedono il rimpatrio dei rifugiati, l’unificazione dei due eserciti e la costituzione di un governo di larga base. Questi aspetti provocano dissensi da varie parti; lo stesso Habyarimana temporeggia per mesi nell’attuazione di un governo di larghe intese. La storia: accordi di Arusha

La storia: attentato al presidente Di ritorno in patria dai negoziati di Arusha, la notte del 6 Aprile l’aereo privato con a bordo il presidente Habyarimana viene abbattuto. I responsabili sono tuttora ignoti, ma sono state fatte molte ipotesi: -Le guardie presidenziali (per punire il presidente del “compromesso” di Arusha) -I soldati o i mercenari al soldo della Francia (contraria all’ accordo con l’RFP) -La moglie del presidente (sospettata di aver partecipato alla congiura che dopo la morte del marito decide di non salire a bordo dell’ aereo) I resti dell’aereo dove ha avuto luogo l’attentato ad Habyarimana.

La storia: missione Unamir 5 ottobre 1993: il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite vota la risoluzione 872 che promuove la missione UNAMIR (United Nations Assistence Mission for Rwanda), con l’obiettivo di supportare l’applicazione degli accordi di Arusha. Vengono inviati 2548 soldati in Rwanda, per la maggior parte dal Belgio, per evitare conflitti civili e proteggere le minoranze Tutsi.

La storia: genocidio Nei 100 giorni del massacro le Nazioni Unite, che pure mantengono i presidi di sicurezza a Kigali, non riconoscono la gravità della situazione, considerata come degenerazioni di scontri civili e di “odi tribali”. La parola “genocidio” viene a lungo omessa nelle risoluzioni ONU, ritardando gli interventi che sarebbero stati obbligatori in tal caso. Solo il 22 giugno 1994 viene autorizzato l’intervento di forze di pace francesi (dopo lunghe dispute con gli Stati Uniti sui conti da pagare e i mezzi da fornire).

Dal 2000, a più riprese, le elezioni presidenziali hanno visto trionfare Paul Kagame, membro dell’RFP. Varie organizzazioni umanitarie manifestano dubbi sull’attendibilità delle elezioni, soprattutto del 2010, per via delle libertà sempre minori concesse ai partiti di opposizione. Dal 1997 sono stati avviati i primi processi per crimini contro l’umanità: gravi sono le responsabilità di autorità civili e religiose che hanno collaborato al massacro o hanno dato tacito assenso; alcuni di loro restano tuttora impuniti. Nel frattempo sono stati istituiti i Gacaca, tribunali di comunità, in cui a giudicare i criminali sono le stesse vittime o testimoni di queste. Le tensioni restano, ma è più forte la necessità di tornare a convivere; come in origine, twa, hutu e tutsi, membri di una unica popolazione. Conclusioni: oggi?