IL DIARIO DI ANNA FRANK Alessandra “Spero che ti potrò confidare tutto, come non ho mai potuto fare con nessuno, e spero che sarai per me un gran sostegno”

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IL DIARIO DI ANNA FRANK Alessandra “Spero che ti potrò confidare tutto, come non ho mai potuto fare con nessuno, e spero che sarai per me un gran sostegno” Simone Anna Frank nacque il 12 giugno 1929 a Francoforte sul Meno, in Germania. A 13 anni, rinchiusa in un nascondiglio segreto per sfuggire alle persecuzioni naziste, cominciò a scrivere il Diario, in cui raccontò gli ultimi anni della sua vita, dal 1942 al 1943. Il diario è una delle più dirette, commoventi e drammatiche testimonianze della Shoa, cioè dello sterminio del popolo ebraico. Le pagine che Anna scrive testimoniano la sua prigionia, gli spazi limitati, le difficoltà quotidiane, ma anche la consapevolezza della situazione. Alessandra “Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto – confida la giovane scrittrice al suo diario – Odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà anche noi”. Simone Questa realtà terribile però non la scoraggia, anzi in lei c’è una speranza per un futuro diverso, per un mondo nuovo e migliore: Alessandra “Quando guardo il cielo penso che tutto si svolgerà nuovamente al bene, anche questa spietata durezza finirà, ritorneranno all’ordine la pace, la serenità”. Simone Anna come trova la forza di credere che il mondo torni a essere migliore? Dalla radio apprende che questa speranza esiste, qualcuno dice che gli scritti sulle sofferenze patite dagli ebrei (Shoa) verranno pubblicati dopo la guerra. Anna narra allora con maggiore energia, convinta che i suoi scritti saranno utili, se non a se stessa, almeno agli altri. Le sue pagine si fanno più belle sotto la spinta di questa convinzione. Alessandra Nell’agosto del 1944, dopo circa due anni di reclusione dal mondo, i nazisti scoprono il rifugio segreto e tutti vengono arrestati. Anna e le sorelle furono deportate ad Aushwitz e poi a Bergen-Belsen dove morirà di tifo e di stenti. Simone Il padre di Anna, Otto Frank, è l’unico sopravvissuto allo sterminio. Miep Gries, la donna che aveva aiutato e nutrito la famiglia Frank mentre era nascosta, troverà il diario e lo consegnerà al padre. L’uomo deciderà di esaudire il desidero della figlia e di pubblicare l’opera tagliando alcune parti. Alessandra Sapete perché gli ebrei non mettono i fiori sulle tombe ma mettono delle pietre? Simone È un’usanza che risale al tempo in cui gli ebrei erano un popolo nomade, quando vivevano nel deserto. Essi deponevano pietre sulle tombe per evitare che la sabbia volasse via scoprendo i corpi sepolti.

AUSHWITZ Jacopo Quando Francesco Guccini scrisse questa canzone, non era ancora autore SIAE (Società Italiana Autori ed Editori) e per questo motivo “finsero” che la canzone fosse di Lunero (pseudonimo del maestro Iller Pattacini. Valentino Fecero questo perché nell’ anno 1966 fu venduto un disco 45 giri di un gruppo famoso, l’Equipe 84. Nel lato A di questo disco, dove si trovava la canzone più popolare, si poteva ascoltare il brano “Bang bang”. Vandelli ebbe il coraggio di aggiungere nel lato B, dove i cantanti volevano trasmettere il loro pensiero al mondo, il brano di Guccini “Aushwitz” che trattava di un argomento molto meno seguito all’epoca: “LA SHOA”. Jacopo Molti anni dopo, al giornalista Top Jop, Guccini raccontò da dove era scaturita l’idea della canzone. Disse che da ragazzo leggeva molti libri su questi argomenti. Raccontò anche di Vandelli e dell’aggiunta della sua strofa “Io non credo che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare”, più aggressiva rispetto al suo testo “Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare”, aperto alla speranza. Valentino La sua strofa gli ricordava le parole di Anna Frank quando nel suo diario scrisse: Jacopo “È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’ intima bontà dell’uomo”. Valentino La versione di Guccini verrà pubblicata l’anno seguente, il 1967, nel suo primo album, Francesco, Folk Beat n.1.   Continua

Ancora tuona il cannone ancora non è contento di sangue la belva umana e ancora ci porta il vento. Io chiedo quando sarà che l'uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare e il vento si poserà. Son morto con altri cento son morto ch'ero bambino passato per il camino e adesso sono nel vento. Ad Auschwitz c'era la neve il fumo saliva lento nel freddo giorno d'inverno Ad Auschwitz tante persone ma un solo grande silenzio è strano non riesco ancora a sorridere qui nel vento. Io chiedo come può l'uomo uccidere un suo fratello eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento.

Disegna il divertimento puntata speciale Disegna il divertimento puntata speciale. “Per la giornata della memoria” Emanuele Oggi parleremo del libro ispirato ai disegni trovati nel diario di Thomas Geve. Thomas era un bambino ebreo nato nel 1929 a Stettino, una città della Polonia situata sulle rive del Baltico. Una comunità di ebrei. A cinque anni si trasferisce con la madre a Berlino, mentre il padre è costretto ad emigrare in Inghilterra. Nel 1943, a poco più di tredici anni, vennero deportati ad AUSHWITZ uno dei più grandi campi di concentramento. Elisa Thomas disegnava sul suo diario, costruito con fogli di documenti sottratti alle guardie, tutte le brutture che avvenivano nel campo di concentramento. Tra i tanti disegni, ne abbiamo trovato uno che ci ha causato molta tristezza e per questo abbiamo deciso di descriverlo. Mauro In questo disegno vengono descritte quattro torture: Il Crematorio, le Epidemie, la Bastonatura e il Bunker. Il crematorio è raffigurato come un’enorme fabbrica stermina ebrei; dalla fabbrica esce un fumo giallastro. Tutto intorno è nero. Le epidemie sono raffigurate da un uomo sdraiato su un letto in una stanza verde. In alto, proprio sul soffitto della stanza si nota un teschio . Elena La bastonatura è raffigurata da un uomo sdraiato su un tavolino sporco di sangue. Accanto c’è un uomo, armato di un bastone, che lo picchia violentemente. Il bunker è rappresentato in una stanzetta bianca con un uomo seduto…solo…nel nulla... continua

Emanuele Nell’ultimo disegno scelto, sono riprodotti gli ebrei che escono dal campo. In particolare è raffigurato Thomas che esce con le sue poche cose in mano. Davanti a lui c’è un autobus arancione che andava di campo in campo per salvare gli ebrei prigionieri. Elisa Dietro l’autobus sono raffigurati degli uomini con delle mini valigie. Questo sicuramente è il disegno più bello! Mauro Quando Thomas usci dal campo non rivide più la madre… Elena Perché celebriamo la giornata della memoria? La celebriamo per non dimenticare tutte le torture, le angosce e le paure subite da gente innocente. Emanuele Vorrei leggervi una poesia scritta da Peter, un bambino ebreo ucciso dai nazisti del ghetto di Terezin. Questa poesia è intitolata “Filo Spinato”. FILO SPINATO Su un acceso rosso tramonto, sotto gl’ippocastani fioriti, sul piazzale giallo di sabbia, ieri i giorni sono tutti uguali, belli come gli alberi fioriti. E’ il mondo che sorride e io vorrei volare. Ma dove? Un filo spinato impedisce che qui dentro sboccino fiori. Non posso volare. Non voglio morire.

LA DEPORTAZIONE DEGLI EBREI Sofia A causa della deportazione, cioè il trasferimento obbligatorio e forzato di un gruppo di individui verso un luogo diverso dalla propria casa, milioni di ebrei sono morti nei campi di concentramento. Ci arrivavano grazie a terribili mezzi di trasporto e la crudeltà dei nazisti. Giulia La crudeltà degli uomini, infatti, non li risparmiò neanche su questo: li trasportarono sui treni merci, mezzi di trasporto molto scomodi perché non avevano posti a sedere. Le persone dovevano stringersi per far posto a tutti. Leonardo Il libro “La storia di Erika”, di Ruth Vander Zee e Roberto Innocenti, edizioni La Margherita, si ispira proprio a questo, alla deportazione. Erika era una bambina di pochi mesi quando è stata portata via insieme alla sua famiglia Adriano Fu portata alla stazione ferroviaria, poi messa su un treno merci. La sua famiglia non sapeva cosa sarebbe successo in quel momento, ma fortunatamente la madre e il padre ebbero un gran coraggio e presero una decisione. Sofia Gettarono Erika dal finestrino del treno per metterla in salvo. Non fu un’ impresa facile, però il suo vero padre riuscì ad allargare la rete spinosa che si trovava sul finestrino del treno e buttarla fuori. continua

Adriano. Delle persone raccolsero la bambina e la portarono in salvo Adriano Delle persone raccolsero la bambina e la portarono in salvo. L’affidarono ad una signora che le volle bene e l ’accudì finche non diventò grande. Giulia Passarono gli anni ed Erika incontro l’uomo della sua vita. Ebbe dei figli dei nipoti. Visse per sempre con felicità e ci ha lasciato questo suo pensiero … Leonardo “Al mondo ci sono tanti ebrei, quante stelle in cielo. Sei milioni di quelle stelle caddero tra il 1933 e il 1945. Ognuna di quelle stelle era una parte di me. Ognuna di quelle stelle era un essere umano la cui esistenza fu vilmente profanata, il cui albero genealogico venne abbattuto. Oggi la mia genia ha messo nuove radici”.

LE LEGGI RAZZIALI Valerio Salve a tutti! Sono Valerio e questa è una puntata speciale per “La giornata della memoria”. Vi presento i miei colleghi di lavoro: Said, Luca e Lorenzo. Buon ascolto Said Le leggi razziali fasciste sono un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi (leggi, ordinanze, circolari, ecc.) applicati in Italia fra il 1938 e il 1945, al principio dal regime fascista e poi dalla Repubblica Sociale Italiana. Valerio Per la legislazione fascista era ebreo chi era nato da genitori entrambi ebrei, da un ebreo e da una straniera, da una madre ebrea in condizioni di paternità ignota oppure chi, pur avendo un genitore ariano, professasse la religione ebraica. Luca Furono rivolte per la maggior parte contro le persone di religione ebraica. Furono lette per la prima volta l’11 novembre 1938, a Trieste in Piazza dell’Unità d’Italia, da Benito Mussolini. Notizia ripresa dalla testata del Corriere della Sera dell’epoca. Lorenzo Dall'autunno del 1938 gli studenti di fede ebraica furono allontanati dalle scuole pubbliche italiane. inoltre, con il Decreto Legge del 17 novembre 1938, nell’articolo 13, si vietava alle persone di confessione ebraica di lavorare alle dipendenze di enti pubblici, aziende statali e parastatali. continua

Said Nonostante alcuni sostengano che Mussolini non fosse antisemita, Galeazzo Ciano riporta nel suo diario per la giornata del 14 luglio 1938: «Il Duce mi annuncia la pubblicazione da parte del Giornale d'Italia di uno statement (dichiarazione) sulle questioni della razza. Figura scritto da un gruppo di studiosi, sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare. Mi dice che in realtà l'ha quasi completamente redatto lui». Luca Queste sono alcuni esempi di legislazione antiebraica in Italia tratti dal libro “Papà Weidt” di Inge Deutschkron e Lukas Ruegenberg, edizioni ISTORECO: Lorenzo 5 settembre 1938, espulsione degli studenti ebrei dalle scuole di qualsiasi ordine o grado 15 novembre 1938, espulsione dalle accademie dagli istituti e dalle associazioni di scienza, lettera e arti Luca 17 novembre 1938, licenziamento di tutti i dipendenti pubblici ebrei 3 marzo 1941, divieto del possesso di un apparecchio radio 19 aprile 1942, divieto di ogni attività nel settore dello spettacolo Valerio Grazie per aver ascoltato la nostra puntata straordinaria. A presto.

LA PORTINAIA APOLLONIA Sara La Portinaia Apollonia, di Lia Levi. Edizioni Orecchio Acerbo. Premio Andersen libro dell’anno 2005 e miglior libro 6/9 anni. “Questa è la storia di un bambino che si chiamava Daniel e di una portinaia di nome Apollonia. La portinaia Apollonia portava gli occhiali con i vetri grossi. I suoi occhi sembravano pesci grigi in un acquario”. Così inizia questo libro che, anche se raccontato in maniera semplice, racchiude sentimenti forti e profondi. Nel libro il bambino racconta di una portinaia terribile, una vera strega che si rivelerà un vero angelo: gli salverà la vita. Michela Leggendo questo libro molte emozioni si sono manifestate in noi: agitazione nel momento in cui il bambino credeva di essere rapito; felicità quando ritorna sano e salvo dalla mamma. Per una come me, che va matta per i “lieto fine”, è stato magnifico. “La portinaia Apollonia” ha una conclusione davvero intensa. “Ma allora le fiabe raccontano sempre la verità. Forse anche una strega certe volte può salvare anche un bambino”.