Roma: la conquista dell’Italia e la Repubblica
Dal Lazio al Mediterraneo Nel corso del V secolo, Roma riuscì ad imporre il suo controllo sulle popolazioni del Lazio (Equi, Volsci, Sabini). Nel 390 a.C., un gruppo di Galli (abitanti della pianura Padana), giunse fino a Roma e la liberò solo dopo il pagamento di un enorme riscatto. Da questo momento, i Galli resteranno il nemico per antonomasia.
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Nella seconda metà del IV secolo, Roma si volse all’Italia meridionale. In particolar modo, gli scontri saranno acerrimi con i Sanniti. Il confronto con i Sanniti fu lungo (tre guerre dal 343 al 295) e la popolazione continuò a ribellarsi al dominio romano, tanto che, nel I secolo, si ricorse allo sterminio di massa. Alla conquista del Sud si opponeva la colonia spartana di Taranto, a cui Roma dichiarò guerra nel 280 a.C.
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I Tarantini chiamarono in loro aiuto Pirro, re dell’Epiro (odierna Albania). Pirro ottenne alcune vittorie anche grazie all’uso in guerra dell’elefante, ma sempre a prezzo di enormi perdite. La battaglia di Benevento nel 275 vide la vittoria dei romani. Pirro fu costretto a rientrare in Grecia e Taranto fu sottomessa. Da questo momento, tutte le rimanenti colonie greche in Italia stipularono trattati di sottomissione a Roma.
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Le forme del dominio Roma costruì immediatamente una vasta rete di strade per permettere lo spostamento degli eserciti, prima di tutto. Per presidiare il territorio, poi, si istituì il sistema della colonia, ossia la fondazione di città di cittadini romani (che mantenevano cittadinanza e diritto di voto) o fedeli a Roma (rapporti privilegiati con la madrepatria). Le città preesistenti che venivano conquistate rimanevano autonome ma stringevano accordi che potevano prevedere diritti di vario genere (municipi).
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Distinte dalle colonie e dai municipi erano le città alleate, legate a Roma da obblighi spesso molto sfavorevoli. Riassumendo: COLONIE Romane (pieno diritto di cittadinanza) Latine (diritti civili ed economico-giuridici) MUNICIPI Concessione di diritti politici e civili Concessione dei soli diritti civili
Dalla monarchia alla Repubblica Il sistema delle magistrature Il re venne progressivamente sostituito da un complicato sistema di magistrati. Sul gradino più basso c’erano i questori, che amministravano il denaro pubblico, poi gli edili, che controllavano i luoghi pubblici, ed i pretori, che amministravano giustizia ed esercito.
La magistratura più importante era il consolato: i consoli erano due, detenevano il supremo comando militare, convocavano il senato e le assemblee e davano il nome all’anno di in cui erano in carica. Tutte queste cariche erano annuali. Ad esse, però, si affiancavano due poteri speciali: la censura (18 mesi, compiti di controllo della popolazione e dei costumi) e la dittatura (massimo 6 mesi e in caso di pericolo per la città).
Le magistrature erano temporanee, collegiali e non retribuite: le prime due caratteristiche evitavano l’accentramento di potere nelle mani di una sola persona, mentre la terza evitava l’accesso alla carriera alle classi sociali inferiori. La carica di senatore era invece vitalizia: vi si accedeva dopo aver ricoperto una magistratura e con l’assenso dei censori. In qualche modo, fanno parte delle magistrature anche gli incarichi sacerdotali.
Patrizi e plebei Sul piano sociale, l’evento cruciale dei primi secoli della Roma repubblicana fu il conflitto tra patrizi e plebei, incentrato sull’accesso alle cariche pubbliche e sul miglioramento sociale. Nel 494 a.C. la plebe attuò la “secessione sull’Aventino”, ossia una sorta di sciopero. La trattativa si concluse con l’istituzione dei tribuni della plebe.
I tribuni erano solo plebei, godevano dell’immunità (inviolabilità fisica) e avevano diritto di veto sulle decisioni che mettessero in pericolo i diritti della plebe. Inizialmente erano due; arrivarono poi fino a dieci, ma dovevano sempre prendere decisioni all’unanimità (cosa difficile da realizzare). Un altro dei momenti fondamentali della storia sociale di Roma fu la stesura delle prime leggi scritte (il cosiddetto “codice delle XII Tavole”), redatte nel a.C. ed incise su lastre di bronzo, perché nessuno potesse manometterle.