LA PHYTOREMEDIATION Impiego di specie vegetali per la bonifica

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Transcript della presentazione:

LA PHYTOREMEDIATION Impiego di specie vegetali per la bonifica di suoli contaminati da metalli pesanti

I Metalli Pesanti Principali proprietà: • hanno una densità superiore ai 5,0 g/cm3 • si comportano in genere come cationi • presentano una bassa solubilità dei loro idrati • hanno una spiccata attitudine a formare complessi • hanno una grande affinità per i solfuri, nei quali tendono a concentrarsi • hanno diversi stati di ossidazione a seconda delle condizioni di pH ed Eh.

Principali metalli pesanti Cd Co Cr Cu Hg Mn Ni Pb Zn Mo As Cr VI Mo Carattere anionico As Non metallo Metalli pesanti: inquinamento Microelementi: effetti nutritivi Pb Cd Hg Non essenziali per gli animali Ni e Cr Per le piante anche

I Metalli Pesanti Vanno sotto il nome di metalli pesanti una serie di elementi appartenenti in massima parte al cosiddetto gruppo degli elementi di transizione, ai quali vengono normalmente aggiunti alcuni altri elementi (metalli come Ba e metalloidi quali As, Sb, Bi e Se) che, pur non appartenendo a tale gruppo, posseggono proprietà chimiche e fisiche molto simili.

Tabella Densità Tabella Densità di alcuni fra i più importanti metalli pesanti e di altre sostanze

I Metalli Pesanti • Ad esclusione di Fe e Al vengono anche detti elementi in traccia (< 0.1% nei più comuni suoli e rocce). • Alcuni metalli pesanti vanno anche sotto il nome di micronutrienti o microelementi in quanto risultano essenziali alla nutrizione e alla crescita di piante ed animali (es.: Zn), manifestandosi nocivi solo nel caso in cui le loro concentrazioni superino delle soglie che sono variabili da elemento ad elemento e da organismo ad organismo • Altri metalli pesanti (es.: Cd) non svolgono alcun ruolo nello sviluppo di biomassa, e la loro presenza è considerata sempre potenzialmente tossica.

CAUSE DELLA CONTAMINAZIONE DA METALLI PESANTI

Ridistribuiti dai cicli geologico e biologico Inquinamento ambientale Naturale Ridistribuiti dai cicli geologico e biologico Industriale Combustione Inquinamento ambientale

Cause della contaminazione Nel corso del processo di alterazione delle rocce il reticolo cristallino dei minerali primari è distrutto dai processi pedogenetici, ed i metalli pesanti presenti nei reticoli cristallini primari sono trasferiti nella soluzione circolante del suolo. Una volta raggiunta la soluzione circolante essi possono essere lisciviati verso la falda idrica od essere occlusi nei reticoli cristallini dei minerali pedogenetici. Substrato pedogenetico Eruzioni vulcaniche

Metalli pesanti in alcune tipologie di rocce

Metalli pesanti nel suolo

Fonti antropiche: INDUSTRIA PROCESSI DI COMBUSTIONE AGRICOLTURA •Industria siderurgica •Industria chimica •Cartiere •Concerie PROCESSI DI COMBUSTIONE •Auto trasporto •Centrali termoelettriche •Inceneritori AGRICOLTURA •Fertilizzanti •Fitofarmaci

Contaminazioni da industria siderurgica Polveri sottili PM 10

Fanghi e ceneri di processi industriali Contaminazioni da industria chimica Fanghi e ceneri di processi industriali

Contaminazione risorse idriche Contaminazioni da industria chimica Contaminazione risorse idriche

Centrali termoelettriche Processi di combustione Centrali termoelettriche autoveicoli Inceneritori

Fonti Antropiche di Metalli Pesanti • L’ 84% delle ceneri prodotte dalla combustione dei carboni sono volatili ed il loro contenuto in elementi in traccia è piuttosto variabile, dipendendo sia dal tipo di carbone sia dalle condizioni di combustione.

Agricoltura Liquami zootecnici Concimi minerali

•Concimi fosfatici naturali: apporto di Cd Ni As Cr da fosforiti e apatiti •Scorie di defosforazione (scorie Thomas) •Liquami zootecnici suini: apporto di Cu Zn da integratori alimentari

Fitofarmaci Fungicidi inorganici a base di Cu: • solfato di rame • poltiglia bordolese • ossicloruro di rame • ossido e idrossido di rame Fungicidi organici: ditiocarbammati •Mancozeb e Maneb (Mn) •Zineb Ziram (Zn)

Emissioni in Atmosfera di Metalli Pesanti

Tossicità dei metalli pesanti La tossicità e la pericolosità dei metalli pesanti non è semplicemente legata alla loro presenza nell’ambiente ed al loro possibile contatto con gli organismi viventi, ma soprattutto alla forma chimica in cui essi sono presenti quando vengono a trovarsi in queste situazioni.

Tossicità e Pericolosità dei Metalli Pesanti • Nella maggior parte dei casi i metalli non sono tossici quando presenti nel loro stato elementare, ad eccezione di Hg allo stato di vapore (ma non allo stato liquido) • Le forme cationiche sono potenzialmente più pericolose dal punto vista ambientale sia per la loro maggiore possibilità di diffusione nell’ambiente, che per la maggiore capacità di essere assimilate dagli organismi viventi.

Quando si parla di inquinamento da metalli pesanti, normalmente però ci si riferisce a quattro di questi elementi, che sono i maggiori responsabili dei danni ambientali, ossia: mercurio cadmio piombo alluminio La loro tossicità è elevata sia per l'uomo che per tutte le specie viventi perché si legano con le strutture cellulari in cui si depositano, ostacolando lo svolgimento di determinate funzioni vitali, per cui gli organismi spesso non sono in grado di eliminarli dal loro interno.

Mercurio Il mercurio scaricato nei bacini d'acqua, ad esempio, viene frequentemente trasformato dai batteri marini in ione CH3-Hg+, particolarmente pericoloso perché facilmente assimilabile da vegetali e plancton. In tal modo dai primi anelli della catena alimentare, il mercurio si trasmette via via ai pesci più grandi, fino ad arrivare all'uomo. L'eccesso di mercurio provoca gravi intossicazioni, la cui sintomatologia comprende insonnia, nervosismo, perdita di memoria, ansia, depressione fino ad arrivare ad effetti paralizzanti e talora mortali. Lungo la catena, la dose di concentrazione di questo metallo aumenta, proprio perché gli organismi non sono in grado di smaltirlo. Analogo discorso vale per gli altri metalli tossici.

Il Cadmio Il cadmio, la cui presenza nell'ambiente è dovuta principalmente all'uso di fertilizzanti chimici, alle aziende che fabbricano batterie e Semiconduttori, al fumo delle sigarette e agli inceneritori di materiali plastici e gommosi, è ritenuto il responsabile dell'insorgere di ipertensione, di disturbi gastrointestinali e dell'apparato riproduttivo, di forme di arteriosclerosi e di diverse forme tumorali.

Il Piombo Il piombo che si riversa nell'ambiente soprattutto da scarichi industriali e dalla combustione di carburanti come la benzina tradizionale, produce i suoi effetti negativi sia sulle ossa, poiché viene incorporato in esse in sostituzione del calcio, sia a livello di processi chimici dell'organismo umano, poiché è ritenuto inibitore della produzione di numerosi enzimi. Inoltre al piombo si fa risalire l'insorgenza di disturbi cerebrali e di forme più o meno gravi di depressione.

L’Alluminio L'alluminio, largamente utilizzato come materiale per gli utensili da cucina, si diffonde nell'ambiente e di conseguenza nell'organismo umano, dalla raschiatura delle pentole, dalle fabbricazione di lattine e altri contenitori a base di alluminio, e tramite anche i farmaci antiacidi di uso comune. L'effetto principale di una quantità eccessiva di alluminio nei tessuti biologici è la comparsa di disturbi neurologici, che nei casi più gravi degenerano nel morbo di Alzheimer, questo perché l'alluminio si deposita prevalentemente nel cervello.

INTERVENTI DI RISANAMENTO • METODI FISICO/CHIMICI •METODI BIOLOGICI

1) TRATTAMENTI FISICO/CHIMICI •Escavazione e conferimento in discarica •Lavaggio (acqua e solubilizzanti) Suolo contaminato •Vetrificazione (alta temperatura) •Solidificazione (agenti stabilizzanti) •Separazione elettrochimica (elettromigrazione)

2) TRATTAMENTI BIOLOGICI •BIOREMEDIATION ( microorganismi su contaminanti organici) •PHYTOREMEDIATION (Piante su contaminanti organici ed inorganici)

(contaminanti organici PHYTOREMEDIATION Tecnologia che impiega specie vegetali per il trattamento “in situ” di suoli, sedimenti e acque contaminate (contaminanti organici ed inorganici)

Alcuni tipi di contaminazioni trattate tramite phytoremediation •Idrocarburi petroliferi •Solventi BTEX(benzene, toluene, etilbenzene, xilene) •Composti aromatici clorurati •Esplosivi •Metalli pesanti •Radio nuclidi

Phytoremediation process In base ai diversi processi fisico/biologici coinvolti si distinguono: •Fitodegradazione •Fitostabilizzazione •Fitovolatilizzazione •Fitoestrazione •Rizodegradazione •Rizofiltrazione

Fitodegradazione (contaminanti organici) La fitodegradazione (o fitotrasformazione) è il termine generale per indicare la degradazione di contaminanti che avviene all’interno delle piante per mezzo di processi metabolici ed azione enzimatica. E’ adatta, oltre al trattamento delle acque sotterranee e dei terreni, anche al trattamento delle acque superficiali. Si usa per trasformare contaminanti di tipo prevalentemente organico e pesticidi.

Fitostabilizzazione (contaminanti inorganici) La fitostabilizzazione è una stabilizzazione di contaminanti che può avvenire mediante l’immobilizzazione tramite adsorbimento sulle superfici radicali e absorbimento nelle radici stesse, oppure nella rizosfera (parte di terreno immediatamente adiacente alle radici ed influenzata dalle loro attività biologiche), grazie anche ai prodotti essudati dalla pianta. Tale tecnica può essere anche eseguita ex situ. Essudati: composti chimici come zuccheri e amminoacidi che sono rilasciti dalle radici.

Fitovolatilizzazione (contaminanti organici e inorganici) La fitovolatilizzazione consiste nella rimozione da parte delle piante di contaminanti dalla matrice suolo e nella loro espulsione in aria tramite l’attività di traspirazione delle foglie. E’ fattibile per contaminanti volatili organici ed inorganici, quali benzene, alcuni solventi clorurati, As, Hg e Se.

Rizodegradazione (contaminanti organici) Per rizodegradazione si intende la degradazione di contaminanti sfruttando l’attività microbica che si origina nella rizosfera, grazie ai composti essudati dalle piante in questa zona - quali zuccheri (mucopolisaccaridi), amminoacidi, acidi grassi, fenoli, enzimi, e lisati (sostanze rilasciate da lisi cellulare) – ed alle conseguenti condizioni di Ph acido che si vengono a creare. Tale tecnica, a differenza delle precedenti, è utilizzata per la rimozione di contaminanti organici.

Rizofiltrazione (contaminanti organici ed inorganici) La rizofiltrazione è la captazione, da parte delle piante, degli inquinanti presenti in forma disciolta nelle acque sotterranee. Avviene nella zona radicale, tramite processi di adsorbimento, concentrazione o precipitazione dei contaminanti.

Parametri progettuali scelta della pianta: le caratteristiche della pianta “ideale”; fattibilità dell’intervento, valutata con studi di laboratorio sul destino degli inquinanti; disposizione e densità delle piante; irrigazione, fertilizzazione e mantenimento delle piantagioni; velocità di cattura del contaminante e tempo di risanamento; analisi dei casi di fallimento.

POT EXPERIMENTS Quasi sempre per valutare l’efficienza di una particolare pianta nell’estrazione di un contaminante si conducono dei test di laboratorio (i cosiddetti ‘pot experiments’) in cui vengono monitorate le concentrazioni presenti nel suolo contaminato e nella pianta. Bisogna porre particolare attenzione, però, nel considerare i risultati ottenuti in questi casi come validi anche nelle condizioni reali: infatti ci sono studi che dimostrano che c’è una discordanza tra rendimenti ottenuti in laboratorio e in campo, pur con lo stesso terreno e le stesse piante (Grispen et al., 2005). La bassa produzione di massa secca osservata nei pot experiments può essere attribuita a due fattori (Quartacci et al., 2005): le radici sono inserite in una piccola porzione di suolo, e dunque sempre a contatto con i contaminanti; le concentrazioni di metalli in soluzione sono maggiori rispetto al caso in campo.

La Phytoremediation applicata ai metalli pesanti Il campo in cui la phytoremediation si è maggiormente sviluppata, sia a livello internazionale che italiano, è quello dei metalli pesanti. La bonifica di suoli contaminati da queste specie è prioritaria poiché esse non si degradano e persistono nell’ambiente per tempi indefiniti. Il problema è particolarmente rilevante in quanto svariate attività umane importanti ne sono la causa: l’utilizzo di fertilizzanti, il traffico motorizzato, gli inceneritori, le centrali termoelettriche e la dismissione di miniere (Miceli, 2001) sono tutte attività difficilmente sostituibili che provocano la deposizione sul suolo di metalli. La phytoremediation sfrutta, in questo caso, la nutrizione inorganica, con la quale la pianta assume sia le sostanze inorganiche essenziali per la sua crescita, sviluppo e riproduzione (come ad esempio N, P, K, Mg, S, Fe, Cl, Zn, Cu, B, Md), sia quelle non essenziali, che ad alte concentrazioni possono però risultare tossiche per la pianta stessa (Pb, Cd, As, Sali…).

Il processo che viene sfruttato per la Phytoremediation dei metalli pesanti non è legato, dunque, alla degradazione dei contaminanti, ma alla loro estrazione e accumulo nei tessuti della pianta, o alla loro immobilizzazione nella rizosfera. Particolare attenzione dovrà pertanto essere posta sul destino delle piante stesse e nel progetto di bonifica dovranno essere indicati le modalità e i tempi di raccolta delle parti recidibili delle piante, nonché del il loro eventuale smaltimento.

La cattura dei metalli è influenzata dal pH del suolo, dal potenziale redox, dal contenuto di materia organica, dalla temperatura, dalla cinetica della reazione (l’entità del trasferimento degli elementi dalla fase solida alla liquida e nelle radici delle piante (Fischerovà et al., 2005)), dalla mineralogia del suolo, dalla capacità di scambio cationico (CEC) (Calace et al., 2002) e dal contenuto di acqua nel suolo (che può influenzare la crescita delle piante e microrganismi e la disponibilità di ossigeno richiesto per la respirazione aerobica). In particolare, sono preferibili basso pH e basso contenuto di argilla e materia organica.

GLI IPERACCUMULATORI più di 100 mg/kgDM di Cd; Esistono delle specie vegetali di particolare interesse per la Phytoremediation dei metalli pesanti: gli iperaccumulatori, cioè piante capaci di accumulare quantità di un certo metallo molto maggiori rispetto a quelle mediamente accumulate. Questo tipo di piante cresce solitamente su suoli metalliferi ed è in grado di completare il suo ciclo di vita senza mostrare alcun sintomo di fitotossicità rispetto ai metalli (Baker et al., 2000). Il concetto di iperaccumulazione è stato introdotto originariamente per piante contenenti più di 0,1% (1000 mg/kg) di Ni nei tessuti secchi della pianta(DM) (Jaffre´ et al., 1976). Oggi i criteri per gli iperaccumulatori variano a seconda del metallo; sono definiti quindi iperaccumulatori le piante che accumulano (Baker and Brooks, 1989; Baker et al., 2000): più di 100 mg/kgDM di Cd; più di 1000 mg/kgDM per il Cu, Co, Cr, Ni e Pb; più di 10000 mg/kgDM per Zn e Mn.

La famiglia delle Brassicaceae comprende alcuni dei più efficienti iperaccumulatori Thlaspi caerulescens Ni, Zn 26000 ppm

Thlaspi rotundifolium accumulatore di Pb,Ni, Zn

Alyssium wulfenianum Accumulatore di Ni

Brassica juncea Elevata biomassa Accumula Pb, Cr+6, Cd, Cu, Ni, Zn

Famiglia delle Graminaceae Festuca arundinacea Accumulatore di Pb, Zn

Specie agrarie Le specie iperaccumulatrici spesso presentano lentezza di accrescimento e scarsa biomassa, per tale motivo possono essere impiegate anche tipiche specie agrarie che sopperiscono allo scarso accumulo con l’elevata biomassa (es. mais, girasole, sorgo, medica…)

È possibile incrementare le capacità di fitoestrazione delle specie non accumulatrici tramite chelanti sintetici ( EDTA, HEDTA ecc.) Impiego dei chelanti va attentamente valutato a causa del rischio di lisciviazione dei metalli stessi

MIGLIORARE L’EFFICIENZA: L’USO DEGLI AGENTI CHELANTI Un metodo per ottimizzare i risultati della fitoestrazione è la solubilizzazione dei metalli mediante agenti chelanti. La loro aggiunta nel terreno ne aumenta la bio-disponibilità e favorisce il lavoro dell’apparato radicale e dei suoi essudati nella rizosfera, incaricati di “catturare”, accumulare ed adsorbire gli inquinanti, prima del loro trasferimento e immagazzinamento nella parte aerea delle piante (Lasat, 2000). I chelanti, aumentando la concentrazione di metalli disciolti, modificano il meccanismo di assunzione da parte della pianta: l’assorbimento passa da attivo (simplastico) a passivo (apoplastico). Gli agenti chelanti si combinano al metallo e formano complessi (chelati) in cui il metallo diventa parte di un anello Tra i chelanti più diffusi, si trovano EDDS (acido etilendiamminodisuccinico) ed EDTA (acido etilendiamminotetracetico).

L’EDTA è largamente utilizzato come agente chelante per il suo basso costo e l’alta efficacia. Aggiunte di EDTA in concentrazioni dell’ordine di 10-20 mmol/kgsuolo secco si sono rivelate molto efficaci per l’estrazione dal suolo di Pb, Cd, Cu, Ni, Zn trattati con colture di mais e senape indiana L’EDDS è un composto più facilmente biodegradabile e crea meno percolazione rispetto all’EDTA. L’NTA (acido nitrilotriacetico, C6H9NO6) è un agente chelante per Ca e Mg, prontamente biodegradabile e con bassa fitotossicità.

VALUTAZIONI ECONOMICHE E PARAMETRI PER LA SCELTA DELLA PHYTOREMEDIATION La scelta riguardante la phytoremediation come tecnica va ponderata considerando quattro parametri principali: il costo del trattamento in sé (inteso come lavoro di cantieristica e di utilizzo manodopera, materiali e affini); 2. lo smaltimento delle piante utilizzate (se, cioè, vi sia la possibilità di un nuovo utilizzo di queste, anche in chiave di ritorno economico); 3. il tempo necessario alla realizzazione dell’intervento. Questo perché la fitobonifica, visto il lungo tempo solitamente necessario per la realizzazione, blocca lo sfruttamento del terreno per altri usi, limitandone quindi le potenzialità di guadagno; 4. la rivalutazione del terreno stesso una volta decontaminato.

CONCLUSIONI La diffusa presenza di aree contaminate genera l’interesse a trovare tecniche di bonifica efficaci e sostenibili sia dal punto di vista economico che ambientale. Le classiche tecniche di bonifica, utilizzate per la maggior parte sia in Italia che all’estero, quali l’escavazione e il conferimento in discarica o l’incapsulamento, quasi mai riescono a soddisfare a questi requisiti. La phytoremediation è una tecnica ancora in fase di studio, ma che sembra molto promettente soprattutto per la bonifica di grandi aree con contaminazioni limitate sia in profondità (le radici delle piante arrivano fino a un massimo di 3 metri) che in entità, in quanto le piante hanno un’efficienza limitata e possono subire effetti tossici. L’impianto “verde”, oltre ad avere basso impatto ambientale e costi ridotti rispetto ad altri trattamenti (risparmio in termini di materiali da costruzione e di lavori di cantieristica, possibilità di riutilizzare le piante contaminate con recupero energetico), ha il vantaggio non trascurabile di essere ben accettato dalle comunità locali.