La I guerra mondiale III parte L’Italia
La battaglia del solstizio La Battaglia del solstizio (giugno 1918) Offensiva austriaca sul Monte Grappa. Il nome "battaglia del solstizio" fu ideato dal poeta Gabriele D’AnnunzioGabriele D’Annunzio Colpito da un cecchino austriaco muore il magg. Francesco Baracca, asso dell'aviazione italianaFrancesco Baracca Ernest Hemingway, diciottenne, arruolato volontario con la Croce Rossa degli Stati Uniti presta servizio in zona come autista di autoambulanze. Ernest Hemingway Croce RossaStati Uniti Da questa personale esperienza e dal successivo ricovero in un ospedale milanese (essendo stato ferito dalle schegge di una bomba e da un proiettile di mitragliatrice), ne trarrà il suo celebre romanzo "Addio alle Armi".Addio alle Armi
Francesco Baracca Asso dell’aviazione italiana Medaglia d’oro Gli vengono attribuite 34 vittorie aeree. Il suo primo abbattimento venne effettuato sopra il cielo di Gorizia: dopo vari minuti di ingaggio riuscì a portarsi con una cabrata in coda al velivolo avversario che, ricevuti 45 colpi, non ebbe scampo e precipitò.Goriziacabrata Baracca mostrò ben presto quale fosse la sua concezione del duello aereo, quando, dopo il suo primo abbattimento, atterrò subito nei pressi dello schianto per sincerarsi delle condizioni del pilota nemico e congratularsi con lui per il combattimento. L'insegna personale di Baracca,era il famoso cavallino rampante, Qualche anno dopo il termine della Prima guerra mondiale, nel 1923, la madre di Francesco Baracca donò ad Enzo Ferrari il suo emblema che, modificato nella posizione della coda e del colore dello sfondo, ora giallo, ornò le vetture condotte dal pilota per la scuderia da corsa della Alfa Romeo e, più tardi, andò a ornare le vetture della ditta che Ferrari fondò subito dopo la seconda guerra mondiale: ancora oggi è il simbolo dell'omonima casa automobilistica 1923Enzo FerrariAlfa Romeoseconda guerra mondialecasa automobilistica
Gabriele D’Annunzio 9 agosto9 agosto 1918, Gabriele D’Annunzio con 11 aeroplani Ansaldo sorvola Vienna gettando dal cielo copie di un manifestino in italiano preparato da D'Annunzio e copie di un secondo e più pratico, manifestino scritto da Ugo Ojetti e tradotto in tedesco. Il manifesto di D’annunzio recitava.1918 di un secondo e più pratico, manifestino scritto da Ugo Ojetti e tradotto in tedesco « In questo mattino d'agosto, mentre si compie il quarto anno della vostra convulsione disperata e luminosamente incomincia l'anno della nostra piena potenza, l'ala tricolore vi apparisce all'improvviso come indizio del destino che si volge. Il destino si volge. Si volge verso di noi con una certezza di ferro. È passata per sempre l'ora di quella Germania che vi trascina, vi umilia e vi infetta. La vostra ora è passata. Come la nostra fede fu la più forte, ecco che la nostra volontà predomina e predominerà sino alla fine. I combattenti vittoriosi del Piave, i combattenti vittoriosi della Marna lo sentono, lo sanno, con una ebbrezza che moltiplica l'impeto. Ma, se l'impeto non bastasse, basterebbe il numero; e questo è detto per coloro che usano combattere dieci contro uno. L'Atlantico è una via che già si chiude; ed è una via eroica, come dimostrano i nuovissimi inseguitori che hanno colorato l'Ourcq di sangue tedesco. Sul vento di vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell'arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremo osare e fare quando vorremo, nell'ora che sceglieremo. Il rombo della giovane ala italiana non somiglia a quello del bronzo funebre, nel cielo mattutino. Tuttavia la lieta audacia sospende fra Santo Stefano e il Graben una sentenza non revocabile, o Viennesi. Viva l'Italia! » Lo SVA di D'Annunzio conservato al Vittoriale
I manifesto di Ojetti
Vittorio Veneto 24 ottobre 1918: offensiva italiana a Vittorio Veneto 3 novembre: resa dell’Austria-Ungheria 4 novembre 1918 cessazione delle ostilità Bollettino della vittoria (Generale Armando Diaz) Comando Supremo, 4 novembre 1918, ore 12 La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 dello scorso ottobre ed alla quale prendevano parte cinquantuno divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una cecoslovacca ed un reggimento americano, contro settantatré divisioni austroungariche, è finita. La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo d'Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino, travolte ad occidente dalle truppe della VII armata e ad oriente da quelle della I, VI e IV, ha determinato ieri lo sfacelo totale della fronte avversaria. Dal Brenta al Torre l'irresistibile slancio della XII, della VIII, della X armata e delle divisioni di cavalleria, ricaccia sempre più indietro il nemico fuggente. Nella pianura, S.A.R. il Duca d'Aosta avanza rapidamente alla testa della sua invitta III armata, anelante di ritornare sulle posizioni da essa già vittoriosamente conquistate, che mai aveva perdute. L'Esercito Austro-Ungarico è annientato: esso ha subito perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi giorni e nell'inseguimento ha perduto quantità ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoché per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni. I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza. Il capo di stato maggiore dell'esercito, il generale DiazAustria-UngheriaS.M.ReEsercito Italiano24 maggioS.A.R.Duca d'AostaEsercito Austro-UngaricoDiaz
La Leggenda del Piave di Ermete Giovanni Gaeta La leggenda del Piave 1. STROFA: Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio Dei primi fanti il ventiquattro maggio: l’Esercito marciava per raggiunger la frontiera, per far contro il nemico una barriera. Muti passaron quella notte i fanti; tacere bisognava e andare avanti. S’udiva intanto dalle amate sponde Sommesso e lieve il tripudiar de l’onde: era un passaggio dolce e lusinghiero. Il Piave mormorò: “NON PASSA LO STRANIERO”. 2. STROFA: Ma in una notte triste si parlò di tradimento, e il Piave udiva l’ira e lo sgomento. Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto, per l’onta consumata a Caporetto! Profughi ovunque! Dai lontani monti Venivan a gremir tutti i suoi ponti. S’udiva allor dalle violate sponde Sommesso e triste il mormorio de l’onde: come un singhiozzo in quell’affanno nero. Il Piave mormorò: “RITORNA LO STRANIERO”. 3. STROFA: E ritornò il nemico, per l’orgoglio e per la fame Volea sfogar tutte le sue brame. Vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora Sfamarsi e tripudiare come allor… “NO” disse il Piave, “NO” dissero i fanti, “mai più il nemico faccia un passo avanti” Si vide il Piave rigonfiar le sponde! E come i fanti combattevan l’onde. Rosso del sangue del nemico altero, Il Piave comandò: “INDIETRO VA’ STRANIERO!” 4. STROFA: E indietreggiò il nemico fino a Trieste, fino a Trento E la Vittoria sciolse le ali al vento. Fu sacro il patto antico: tra le schiere furon visti Risorgere Oberdan, Sauro e Battisti. Infranse alfin l’italico valore Le forche e l’armi dell’impiccatore. Sicure l’Alpi… libere le sponde E tacque il Piave: si placaron l’onde. Sul patrio suol, vinti i torvi imperi, la pace non trovò NE’ OPPRESSI, NE’ STRANIERI.