Niccolò Machiavelli Il Principe 1513.

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Niccolò Machiavelli Il Principe 1513

Struttura e contenuti del Principe Capitoli I-XI Varie specie di principati Vari tipi di principato e i mezzi per conquistarlo e mantenerlo Distinzione tra principe e tiranno Principato civile Come rafforzare un esercito I principati ecclesiatici Capitoli XII-XIV Esercito deve essere composto da cittadini professionisti Pericolosità degli eserciti ausiliari Principe deve essere sempre pronto alla guerra

Struttura e contenuti del Principe Capitoli XV-XXI I comportamenti che deve tenere un principe nuovo Le doti del principe: liberalità/parsimonia, pietà/crudeltà L’etica del principe non deve coincidere con la morale politica. L’uomo è come un centauro Comportamenti per evitare odio e disprezzo dei sudditi Utilità o meno delle fortezze Promuovere arte e cultura Capitoli XXII-XXVI Qualità che devono avere i ministri dei principi Come difendersi dagli adulatori La fortuna Appassionata esortazione a Lorenzo II de Medici

“La verità effettuale della cosa” Le concezioni di M. scaturiscono dal rapporto diretto con la realtà storica (la verità effettuale) In lui vi è la coscienza lucida e sofferta della crisi che l’Italia sta attraversando Gli stati italiani perdono la loro indipendenza politica e divengono satelliti delle potenze europee (Francia, Spagna) che si disputano il territorio della penisola

Un metodo scientifico Partire dall’osservazione diretta della realtà, dai dati offerti dall’esperienza è l’aspetto che caratterizza il metodo scientifico moderno quello che sarà poi di Galileo e delle scienze fisico-naturali Machiavelli, prima ancora di Galileo, applica questo metodo alle scienze dell’uomo, le scienze che studiano il suo operare politico

“Esperienza delle cose moderne e lezione delle antique” L’esperienza è ricavabile anche dalla lettura degli autori antichi oltre che dalla “verità effettuale” Nei libri dei classici è accumulata una ricca esperienza diretta del reale

La concezione naturalistica dell’uomo Per M. i comportamenti dell’uomo non variano nel tempo Per questo è convinto che, studiando il comportamento umano attraverso le fonti storiche e l’esperienza diretta, si possa arrivare a formulare delle vere e proprie LEGGI di validità universale, applicabili infallibilmente ad ogni situazione (teoria razionale dell’agire politico) Se il comportamento dell’uomo non varia, l’agire degli antichi, in particolare, può offrire un modello e una lezione al nostro agire di oggi (principio rinascimentale dell’imitazione)

Il giudizio pessimistico sulla natura umana Per M. gli uomini sono malvagi Le leggi della convivenza umana sono dure e spietate Perciò il Principe non può seguire sempre l’ideale e la virtù “non può fare in tutte le parti la professione di buono” perché andrebbe incontro alla rovina Deve sapere anche essere “non buono”, “saper entrare nel male”, dove lo richiedano le esigenze dello stato

La figura del centauro Il Principe deve essere umano oppure feroce come una bestia, a seconda delle circostanze M. propone per il politico l’immagine del centauro, che è appunto mezzo uomo e mezzo bestia

L’autonomia della politica dalla morale M sa che certi comportamenti del Principe (venir meno alla parola data, uccidere senza pietà i nemici etc.) sono moralmente ripugnanti Ma ha il coraggio di andare sino in fondo Questi comportamenti che sono “malvagi” secondo la morale, sono “buoni”, cioè efficaci e produttivi, in politica perché assicurano il bene dello stato Viceversa altri comportamenti che sarebbero “buoni” moralmente, risultano “cattivi” in politica perché indeboliscono lo stato La politica dunque deve essere a-morale.

Il fine giustifica il mezzo? E’ stato detto che il principio basilare sistema di M. è “il fine giustifica i mezzi”, ma l’affermazione è inesatta E’ inesatta, perché il verbo “giustificare” introdurrebbe proprio quel criterio morale che M. vuole escludere dal giudizio politico Certi comportamenti immorali e crudeli sono adottabili solo dal politico, solo per il bene dello stato e solo quando sono strettamente necessari M. non “giustifica”, constata solo che certi comportamenti, buoni o cattivi che siano, sono indispensabili per conquistare e mantenere lo stato

Principi e Tiranni Principe è chi opera a vantaggio dello stato e, se usa metodi riprovevoli, lo fa per il bene pubblico Tiranno è chi è crudele senza necessità e solo a suo vantaggio Il principe è dunque uno strumento al servizio dei sudditi, in quanto costruisce uno stato ben ordinato, pacifico e sicuro garantendo ai cittadini tranquillità e benessere

Lo Stato e il bene comune Solo lo stato può costituire un rimedio alla malvagità dell’uomo, al suo egoismo che disgregherebbe ogni comunità in un caos di spinte individualistiche Per mantenere lo stato sono necessarie precise istituzioni La religione, le leggi, le milizie

Religio instrumentum regni A M. non interessa, nella prospettiva del discorso politico, la religione nella sua dimensione spirituale Gli interessa come “strumento di governo” La religione obbliga i cittadini a rispettarsi gli uni con gli altri, a mantenere la parola data. Tiene salda la compagine sociale, dà stabilità allo stato

Le leggi e le milizie Le buone leggi sono il fondamento del vivere civile perché disciplinano il comportamento dei cittadini e li indirizzano a fini superiori Le milizie sono il fondamento della forza dello stato Le milizie devono però essere composte di cittadini perché solo così si possono avere truppe fedeli e valorose e perché assumere le armi rafforza i legami del cittadino con la sua patria, contribuendo a stimolare in lui le virtù civili

Principato e Repubblica La forma di governo che meglio riassume in sé l’idea di Stato per M. è quella repubblicana (res publica = comunità in cui il fine delle azioni e la “cosa pubblica”) Il principato dunque è una forma di governo d’eccezione e transitoria, indispensabile solo in determinate circostanze, come quella che l’Italia sta vivendo, per costruire uno stato sufficientemente saldo Lo stato creato dalla “virtù” eccezionale del singolo, per mantenersi, deve evolversi dando vita a un ordinamento repubblicano La forma repubblicana è quella che meglio può garantire la continuità, perché non si fonda sulle doti di uno solo, che può venire meno in ogni momento, ma su istituzioni stabili

Virtù e Fortuna La Fortuna è un insieme di forze puramente casuali. E’ una serie di fattori esterni all’uomo, che non dipendono dalla sua volontà. Dalla tradizione umanistica, tuttavia, M. eredita la convinzione che l’uomo può fronteggiare vittoriosamente la fortuna. Egli ritiene infatti che la Fortuna sia arbitra solo della metà delle cose umane, e lasci regolare l’altra metà agli uomini.

I modi di opporsi alla Fortuna In primo luogo la Fortuna può costituire “l’occasione” dell’agire del Principe, Sfruttando “l’occasione”, la “virtù” del Principe si afferma e costruisce il proprio successo, piegando la Fortuna ai propri fini.

I modi di opporsi alla Fortuna In secondo luogo la Virtù umana si impone alla Fortuna attraverso la capacità di previsione, il calcolo accorto Nei momenti quieti l’abile politico deve pre-vedere i futuri rovesci e predisporre i necessari ripari, come si costruiscono gli argini per contenere i fiumi in piena In questo modo la Virtù umana può imbrigliare la Fortuna impedendole di fare danno o limitandone gli effetti negativi

I modi di opporsi alla Fortuna Vi è infine un terzo modo teorizzato da M. per opporsi alla fortuna Il “riscontrarsi” con i tempi adattare il proprio comportamento alle varie esigenze oggettive che via via si presentano, alle varie situazioni, ai vari contesti in cui si è obbligati ad operare In certi casi occorre l’astuzia della volpe, in altri la forza del leone Questa duttilità è una dote auspicabile, ma quasi mai si ritrova negli uomini (nota pessimistica)

Virtù e Fortuna La Virtù è l’insieme delle doti e delle capacità dell’individuo. Nel principe la virtù è: a) la perfetta conoscenza delle leggi generali dell’agire politico b) la capacità di applicare queste leggi ai casi concreti e particolari c) la decisione, l’energia, il coraggio nel mettere in pratica ciò che si è designato La Virtù del politico è quindi una sintesi di doti intellettuali e pratiche (fusione di teoria e prassi)