Ugo FORNARI già professore ordinario di psicopatologia forense Università degli Studi di TORINO DISTURBI GRAVI DI PERSONALITÀ: e S.U. CASSAZIONE
“anche i disturbi della personalità, come quelli da nevrosi e psicopatie, possono costituire causa idonea ad escludere o grandemente scemare, in via autonoma e specifica, la capacità di intendere e di volere del soggetto agente ai fini degli articoli 88 e 89 c. p., sempre che siano di consistenza, intensità, rilevanza e gravità tali da concretamente incidere sulla stessa” “per converso, non assumono rilievo ai fini della imputabilità le altre anomalie caratteriali e gli stati emotivi e passionali, che non rivestano i suddetti connotati di incisività sulla capacità di autodeterminazione del soggetto agente” (Cass. Sez. Un. Pen., n. 9163, 8/3/2005)
IN ALTRA PARTE DELLA SENTENZA «…si ricomprendono nella categoria dei malati di mente anche soggetti affetti da nevrosi e psicopatie, quando tali disturbi si manifestino con elevato grado di intensità e forme più complesse, tanto da integrare le connotazioni di una vera e propria psicosi (Cass., Sez. I, n /2003; id., Sez. I, n. 3536/1997; id., Sez. I, n. 4492/1987; id., Sez. I, n. 2641/1986); ed in tale contesto interpretativo si è dato rilievo ad alcune situazioni classificabili borderline (Cass., Sez. I, n /2002; id., Sez. I, n. 6062/2000).
«…è ricorrente nella giurisprudenza di questa Suprema Corte l’affermazione che rilevino al riguardo anche "disturbi clinicamente non definibili che tuttavia abbiano inciso significativamente sul funzionamento dei meccanismi intellettivi o volitivi del soggetto... …Deve, però, trattarsi di un disturbo idoneo a determinare (e che abbia, in effetti, determinato) una situazione di assetto psichico incontrollabile ed ingestibile (totalmente o in grave misura)».
“ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, rientrano nel concetto di infermità anche i gravi disturbi della personalità, a condizione che il giudice ne accerti la gravità e l’intensità, tali da escludere o scemare grandemente la capacità di intendere o di volere e il nesso eziologico con la specifica azione criminosa”. Il concetto, fondamentale in psichiatria forense, è stato affermato e ribadito in numerose sentenze. (Cass., S. U. Pen., 9163/2005; Cass. Pen., sez. I, sent. n del 22 novembre 2005; Cass. Pen., sez. I, sent. n del 30 gennaio 2006; Corte di Cassazione, sez. II, , n. 2774, Cass. Pen. Sez. II, sent. n., 2774, del 2 dicembre gennaio 2009; Cass. Pen., Sez. VI, sz. II penale, 11 novembre 2015, n.45156).
ALCUNI PREGIUDIZI CLINICI E FORENSI ricavabili dalla lettura della succitata sentenza 1. i Disturbi della Personalità sono altra cosa rispetto a Nevrosi e Psicopatie; 2. il concetto di infermità si sostanzia in una lesione cerebrale a carattere organico e con basi anatomiche; 3. il paradigma nosografico coincide con quello della lesione organica e del modello medico. Se non è dimostrabile la lesione organica non si può fare diagnosi di malattia mentale; 4. di per se stessa, l’infermità di mente rileva a fini forensi; 5. il concetto di infermità coincide con quello di malattia; la differenza è meramente nominale;
ALCUNI PREGIUDIZI CLINICI E FORENSI 6. esistono “alterazioni psicopatiche” o “disturbi della personalità” che non sono in rapporto diretto di causalità con la condotta dell’agente; 7. si colloca la nozione medico legale di malattia mentale nell’ambito della più vasta categoria dell’infermità, riconoscendo un valore generico al termine infermità e un valore specifico al termine malattia; Adottando tali assunti, non si esce fuori dal modello nosografico descrittivo, medico, biologico, statico, e non si colgono altri livelli di analisi che non siano ricompresi in quelli dell’importanza essenziale ed esclusiva del contenitore diagnostico per la valutazione psichiatrico forense.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI E INDIRIZZI DELLA SUPREMA CORTE 1. l’infermità di mente deve “causare” un tale stato di mente da escludere o scemare grandemente la capacità di intendere o quella di volere; 2. è necessaria la sussistenza di una correlazione diretta tra il disturbo psichico e l’azione delittuosa posta in essere dal soggetto agente, e quinti tra abnormità psichica effettivamente riscontrata e determinismo dell’azione delittuosa (Cass. Sez. I, n /2003); 3. il disturbo psichico deve avere l’attitudine a incidere, effettivamente e nel caso concreto, nella misura e nei termini voluti dalla norma, sulla capacità di intendere e di volere del soggetto agente (Cass. Sez. I, n /2003; n /2004; n /2004);
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI E INDIRIZZI DELLA SUPREMA CORTE 4. non è l’infermità in se stessa (neppure, a rigore la più grave) a rilevare, bensì un “tale stato di mente”, da essa determinato, “da escludere la capacità di intendere o di volere” o da farla ritenere “grandemente scemata”; 5. nella categoria dei malati di mente potrebbero rientrare anche quei soggetti affetti da nevrosi e psicopatie nel caso che queste si manifestino con elevato grado di intensità e con forme più complesse tanto da integrare gli estremi di una vera e propria psicosi (Cass. Sez. I, n /2003);
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI E INDIRIZZI DELLA SUPREMA CORTE 6. anche situazioni classificabili come borderline hanno rilevanza forense (Cass. Sez. I, n. 6062/2000; n /2002; di diverso avviso, Cass. Sez. VI, n. 7845/1997); 7. la malattia in senso clinico psichiatrico è categoria distinta dalla malattia in senso psichiatrico-forense; 8. l’infermità può caratterizzare anche le anomalie psichiche non derivabili da sicura base organica, purché si manifestino con un grado di intensità tale da escludere o scemare grandemente la capacità di intendere e di volere (Cass. Sez. I, n /2004).