Per trattamento di consolidamento si intende l’impregnazione con un prodotto che, penetrando in profondità, migliori la coesione del materiale alterato e l’adesione fra questo ed il substrato sano. Come risultato si avrà una maggiore resistenza ai processi di alterazione. Racc.Normal 20/85. Consolidamento
I trattamenti di consolidamento hanno lo scopo di: ricreare la continuità tra le parti deteriorate e quelle ancora ben conservate; migliorare la resistenza agli sforzi meccanici applicati sia all’esterno sia all’interno della rete capillare; preservare la permeabilità dei materiali non occludendone del tutto le porosità, in modo da garantire la fuoriuscita dell’acqua impregnata come vapore; evitare tensioni tra parti trattate e parti più interne, facendo aumentare il meno possibile il coefficiente di espansione termica del materiale trattato, nelle parti raggiunte dal consolidante; garantire il riassorbimento degli sforzi tensionali causati da cicli termici e termoigrometrici, evitando di rendere eccessivamente rigide le parti di materiale raggiunte dal consolidante, rispetto a quelle più interne.
Consolidamento
Modalità applicative dei consolidanti La scelta tra i differenti metodi deve tener conto di diversi parametri, quali: - tipo e dimensioni del manufatto da trattare; - stato di conservazione del manufatto; - concentrazione della soluzione consolidante; - tipo di solvente; -tempo di contatto necessario. Esistono modalità applicative che possono essere adottate sia in laboratorio che in situ : l’applicazione “a pennello” e l’applicazione “a spruzzo”. La penetrazione all’interno del manufatto avviene per capillarità e per diffusione, attraverso le porosità del materiale trattato. In laboratorio: trattamento per capillarità fino a immersione completa; immersione completa a pressione atmosferica, a temperatura ambiente o a caldo; immersione completa sottovuoto.
Consolidanti inorganici Il notevole vantaggio dei consolidanti inorganici consiste nell’elevata affinità chimica e fisica con i materiali costituenti la matrice dei substrati lapidei da trattare. Il meccanismo di consolidamento si realizza mediante la precipitazione di un nuovo composto, scarsamente solubile, frutto della reazione di consolidamento tra prodotto inorganico, componenti chimici costituenti il materiale lapideo, anidride carbonica dell’aria e, eventualmente, acqua. La reazione chimica che si innesca, grazie all’affinità del consolidante con il materiale lapideo, permette al composto di nuova formazione di aderire alle pareti dei capillari, riducendone lo spazio vuoto. La buona riuscita dell’operazione di consolidamento dipende dal tipo e dal numero di legami tra il composto precipitato e il materiale trattato.
Consolidanti inorganici I consolidanti inorganici vengono utilizzati in soluzione acquosa. Rispetto alle resine sono più durevoli nel tempo e meno inquinanti, ma allo stesso tempo anche più fragili e meno elastici, pertanto il miglioramento meccanico che apportano al materiale lapideo è decisamente inferiore. Inoltre, nel caso di una reazione di precipitazione del nuovo composto abbastanza rapida, si può verificare un intasamento dei pori, con conseguente difficoltà di penetrazione. Una situazione del genere rende fondamentalmente vana l’operazione di consolidamento, considerato che il prodotto inorganico già di per sé non permette di saldare fratture profonde. La penetrazione del prodotto può raggiungere i μm circa di profondità: difficilmente si può pervenire a frammentazioni più distanti.
Consolidanti inorganici Questi prodotti in soluzione acquosa danno luogo alla precipitazione di carbonato di calcio all’interno dei pori del materiale da consolidare. Il primo per reazione con la CO 2 della aria: Ca(OH) 2 + CO 2 CaCO 3 + H 2 O Il secondo per decarbonatazione e disidratazione: Ca(HCO 3 ) CaCO 3 + CO 2 + H 2 O Il carbonato di calcio di neoformazione, attestandosi nei vasi capillari del materiale ne riduce il volume e, aderendo alle superfici dei componenti minerali, li rinsalda tra loro.
Per il consolidamento delle pietre carbonatiche niente dovrebbe essere meglio di proporre prodotti a base di calce, che carbonatando all’interno del materiale ne dovrebbe ricostruire la struttura. Tuttavia tale tipo di consolidamento si scontra con alcune grosse problematiche: (1)la scarsa penetrazione in profondità, (2)la formazione di carbonato di calcio amorfo con scarsissimo potere consolidante (3)incompleta carbonatazione dell’idrossido.
Consolidanti inorganici Dall’interazione tra idrossido di bario e anidride carbonica si ottiene carbonato di bario: Ba(OH) 2 + CO 2 BaCO 3 + H 2 O Quando l’idrossido di bario viene a contatto con l’idrossido di calcio contenuto nella roccia a matrice carbonatica costituente il substrato, i due composti, essendo isomorfi (stessa struttura cristallina e composizioni chimiche simili), possono formare soluzioni solide mediante la sostituzione degli ioni Ca 2+ con gli ioni Ba 2+ (soluzioni solide sostituzionali), grazie alla minima differenza tra i rispettivi raggi ionici. L’applicazione della soluzione di idrossido di bario sulla parte di roccia decoesa dà luogo, quindi, alla precipitazione di un carbonato misto formato da un insieme di cristalli di carbonato di calcio, saldati assieme dal carbonato di bario.
Consolidanti inorganici In questo caso si ha la formazione di un gel di alluminio (Al(OH) 3 ) che svolge una funzione analoga a quella del gel di silice. Idrolisi dello ione alluminato: Na + + AlO H 2 0 Al(OH) 3 + Na + + OH - Al(OH) 3 ― OH OH― Al ― O ― OH O― H HO OH H OH Al ― O ― OH O― Questo metodo ha l’inconveniente di formare come sottoprodotto una sostanza caustica (soda caustica).
Consolidanti organici
Le resine acriliche sono polimeri termoplastici ottenuti dalla polimerizzazione di esteri etilici e metilici dell’acido acrilico e metacrilico. Sono solubili in opportuni solventi organici, hanno buona resistenza all’invecchiamento, agli agenti chimici e alla luce. Hanno inoltre un buon potere adesivo ma, essendo polimeri termoplastici, non possono essere utilizzati per un consolidamento strutturale. La loro plasticità varia in base al monomero di partenza.
Consolidanti organici I limiti nell’utilizzo delle resine acriliche risiedono nella modesta capacità di penetrazione, a causa della loro alta viscosità, e nella scarsa resistenza all’acqua. Per incrementarne la resistenza all’acqua, le resine acriliche vengono miscelate a resine siliconiche, in modo da ottenere resine acrilsiliconiche.
Consolidanti organici Le resine epossidiche sono polimeri termoindurenti ottenuti dalla polimerizzazione di monomeri contenenti almeno due anelli epossidici. Tali resine si formano per polimerizzazione in presenza di sostanze indurenti contenenti gruppi amminici (–NH 2 ) o gruppi acidi (–COOH), che formano legami incrociati con i gruppi epossidici.
Consolidanti organici Hanno ottima resistenza a compressione, a trazione e a flessione, elevato potere adesivo e buona resistenza all’acqua e ai solventi organici: sono pertanto utilizzate in qualità di adesivi strutturali. Il loro uso, tuttavia, è fortemente limitato dal fatto che la maggior parte di esse, nella fase precedente all’indurimento, ha una viscosità piuttosto elevata e ciò implica, quindi, una significativa difficoltà di penetrazione all’interno della struttura porosa del materiale trattato. Inoltre, le resine epossidiche sono caratterizzate da elevata rigidità e da scarsa resistenza alle radiazioni ultraviolette: l’esposizione alla luce solare può provocare ingiallimento e sfarinamento superficiale.
Consolidanti organici La particolarità di queste resine sta nella loro composizione chimica: gli atomi di idrogeno del monomero sono sostituiti dagli atomi di fluoro che, legandosi agli atomi di carbonio, formano i polimeri fluorurati. La sostituzione permette di ottenere un legame più forte, dal momento che il legame C–F è più stabile del legame C–H. La differenza nel rapporto tra atomi di carbonio e atomi di fluoro, l’aggiunta di altri elementi come idrogeno, ossigeno o cloro, o la polimerizzazione tra diversi monomeri, possono portare alla formazione di differenti categorie di composti: perfluoropolieteri; polifluorouretani; fluoroelastomeri; resine acriliche fluorurate.
Consolidanti organici In generale le resine fluorurate presentano caratteristiche tali da assicurare un loro utilizzo per fini consolidanti e protettivi. La presenza del fluoro conferisce loro una grande stabilità chimica, garantendo resistenza ai raggi ultravioletti e all’ossidazione. Se disciolte in solventi organici diventano idrorepellenti, ma non occludono la porosità della pietra. Hanno una buona elasticità e sono quindi in grado di consolidare le parti del materiale lapideo non coese e di limitare le tensioni dovute alle variazioni termiche. Tuttavia, l’alto peso molecolare non permette loro un’adeguata penetrazione all’interno della tessitura porosa della roccia.
Consolidanti a base di silicio Il campo dei consolidanti contenenti silicio è molto vasto e comprende prodotti anche molto diversi tra loro. Essi vanno dai silicati alcalini alle resine siliconiche. Si tratta di: (a)Sostanze organiche (silani, silossani) (b) Sostanze inorganiche (silicati), (c) Intermedie tra le due categorie (resine siliconiche).
Consolidanti a base di silicio I consolidanti organici e intermedi a base di silicio presentano le seguenti caratteristiche fondamentali: - resistenza agli agenti chimici, soprattutto agli acidi e all’ozono; - bassa tensione superficiale (sono quindi in grado di bagnare sufficientemente la superficie da consolidare e di ottenere una buona adesione); - resistenza agli shock termici; - forte potere consolidante (dovuto anche al fatto che alcuni di essi polimerizzano dopo la fase di applicazione); - forte idrorepellenza (caratteristica conferita dal gruppo alchilico, non idrolizzabile); - proprietà protettive, oltre che consolidanti.
Consolidanti a base di silicio
I consolidanti inorganici a base di silicio idrolizzano formando silice idrata che, precipitando, può legarsi ai reticoli polari dei minerali costituenti il materiale lapideo oppure condensare con gli eventuali gruppi ossidrilici di tali minerali. Tra i prodotti inorganici, il silicato di etile è quello che ha dato i migliori risultati di consolidamento: viene largamente utilizzato per arenarie e per materiali silicatici. La caratteristica di idrolizzarsi con l’acqua lo rende non idoneo per le superfici esterne: in questo caso, quindi, il suo utilizzo deve essere seguito dall’applicazione di un protettivo idrorepellente.
Consolidanti a base di silicio I silicati alcalini sono sali solubili in acqua. Per idrolisi lo ione SiO 3 -- forma acido silicico sotto forma di una massa gelatinosa (gel di silice). Il gel di silice perde progressivamente acqua trasformandosi in una polvere di silice SiO 2. 2Na + + SiO H 2 O Si(OH) 4 (gel di silice) + 2Na + + 2OH - Si(OH) 4 SiO 2 + 2H 2 O Il metodo presenta l’inconveniente di formare come prodotto secondario della reazione una base forte (soda o potassa caustica) che può danneggiare i materiali organici e formare efflorescenze.
Consolidanti inorganici 1. la formazione del gel di silice avviene all’interno di una pietra porosa contenente gruppi OH superficiali. 2. Si formano legami a ponte di idrogeno tra le superfici e il gel di silice. 3. La successiva perdita d’acqua coinvolge i gruppi OH sia della pietra che del gel. 4. Si formano legami primari Si – O che legano tra loro le particelle del materiale decoeso. La silice prodotta funge da legante inorganico che: aumenta le proprietà meccaniche riduce la porosità senza occludere i pori e senza alterare l’aspetto della pietra.
Consolidanti inorganici Questo prodotto appartiene alla famiglia dei consolidanti a base di silice. È composto da esteri etilici dell’acido silicico (Si(C 2 H 5 O) 4 ). Precipitando in seguito all’idrolisi spontanea dovuta all’umidità atmosferica, il silicato di etile libera come sottoprodotto alcool etilico, che evapora insieme ai solventi impiegati. L’uso di questo consolidante presenta il notevole vantaggio di favorire il volatilizzarsi di sostanze che possono compromettere, sotto forma di efflorescenze, la già precaria stabilità della pietra decoesa. Il silicato di etile è, pertanto, un consolidante particolarmente indicato per i materiali contenenti silice, come arenarie e tufi. Inoltre, è resistente ai raggi ultravioletti, alle sostanze inquinanti e agli agenti atmosferici, ma non all’acqua: per il consolidamento di superfici esterne, quindi, il suo utilizzo deve essere seguito dall’applicazione di un prodotto idrorepellente.