Corso di formazione GEV PROGRAMMA: LA MOTIVAZIONE LA PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA IL CONFLITTO TECNICHE DI PROBLEM SOLVING Canzo, 15/02/2011 Dr.ssa Erika.

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Corso di formazione GEV PROGRAMMA: LA MOTIVAZIONE LA PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA IL CONFLITTO TECNICHE DI PROBLEM SOLVING Canzo, 15/02/2011 Dr.ssa Erika Livio

MOTIVAZIONE Processo di attivazione dell’organismo finalizzata alla realizzazione di un determinato scopo in relazione alle condizioni ambientali. 1. PRIMARIA: connessa con i bisogni fisiologici. 2. SECONDARIA: connessa a processi di apprendimento e influenzamento sociale riconducibili alla cultura di appartenenza.

MOTIVAZIONE Piramide motivazionale (Maslow, 1954) AUTOREA LIZZAZIO NE BISOGNI DI STIMA BISOGNI DI APPARTENENZA E ATTACCAMENTO BISOGNI DI SICUREZZA BISOGNI FISIOLOGICI

MOTIVAZIONE BISOGNI DI APPARTENENZA E ATTACCAMENTO Bisogno di sentirsi “parte di un gruppo”, di essere amato, di amare, unito all’esigenza di cooperare con gli altri

MOTIVAZIONE IDENTITA’ SOCIALE Aspetti del concetto di sé che derivano dalla conoscenza che un individuo ha delle proprie appartenenze di gruppo e dei sentimenti che queste suscitano in lui.

MOTIVAZIONE SENSO DI COMUNITA’ (Mc Millan e Chains, 1986) 1. Sentimento di appartenenza (membership); 2. Influenza; 3. Integrazione e soddisfazione dei bisogni; 4. Connessione emotiva condivisa.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA Si definisce emergenza psicologica il perturbamento dell’equilibrio psico-emotivo dell’individuo che richiede la mobilitazione di risorse e strategie di adattamento non possedute o recuperabili attraverso sforzi enormi. Tale perturbamento è frutto di circostanze esterne solitamente non prevedibili.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA DESTINATARI DELL’INTERVENTO: individui colpiti da una catastrofe, da un trauma, da un lutto, ma anche ai soccorritori, cioè le persone che intervengono per prime e che, con i sopravvissuti, possono sperimentare sentimenti di impotenza, ansia, angoscia e disperazione.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA OBBIETTIVI DELLA DISCIPLINA: 1. salvaguardare l’equilibrio psichico delle vittime, dei parenti e dei soccorritori; 2. ripristinare tale equilibrio, se compromesso; 3. facilitare processi di recupero a livello non esclusivo dei singoli, ma comunitario; 4. avviare processi comunicativi funzionali nelle situazioni di emergenza

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA SOCCORRITORI COINVOLTI NELL’INTERVENTO: Personale medico e paramedico; Personale delle ambulanze: Operatori di ricerca e salvataggio dei superstiti; Medico legale e staff; Forze dell’ordine; Volontari che operano sul luogo dell’intervento.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA FASI TEMPORALI DELL’INTERVENTO DI EMERGENZA (Hartsougt, 1985): 1. Allarme 2. Mobilitazione 3. Azione 4. Lasciarsi andare

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA 1) ALLARME: E’ il primo contatto con la situazione di emergenza ed inizia con la comunicazione dell’evento traumatico nel quale bisogna intervenire. Le reazioni più comuni sono: disorientamento, ansia, irritabilità, irrequietezza, paura, difficoltà a dare un senso alle informazioni ricevute, diminuzione dell’efficienza, aumento del livello di attivazione, comportamenti più o meno gravi di tipo inibitorio.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA 2) MOBILITAZIONE: È la fase in cui ci si prepara all’azione: questo consente spesso di recuperare l’autocontrollo e conduce ad un calo della tensione. Le reazioni osservate sono le medesime della fase precedente. Il trascorrere del tempo ed il passaggio dall’azione pensata a quella agita e finalizzata sono considerati fattori positivi per il ripristino dell’equilibrio emotivo.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA 3) AZIONE: È la fase in cui inizia l’intervento vero e proprio a favore delle vittime. Le reazioni più frequentemente osservate nei soccorritori variano da sentimenti di euforia (nel caso in cui l’aiuto prestato risulti efficace), a vissuti di inadeguatezza, colpa, angoscia (nel caso in cui l’intervento non dia risultati positivi).

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA 4) LASCIARSI ANDARE: È la fase di rientro del volontario a seguito dell’intervento, nella quale occorre ripristinare la routine sociale e lavorativa. Le reazioni più comuni sono: difficoltà a rilassarsi e ad addormentarsi, tristezza, tensione, rabbia, riaffiorare di episodi emotivamente forti, conflittualità con familiari ed amici, sensi di colpa.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA IL SOCCORRITORE: Corre il rischio di sviluppare una traumatizzazione vicaria, cioè la sperimentazione personale del trauma, non per esposizione diretta, ma per il contatto con il soggetto dell’intervento. Ciò è altamente probabile quando l’operatore è eccessivamente coinvolto con le vittime.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA RISCHI CONNESSI AL RUOLO DI SOCCORRITORE: Critical incident (Mitchell ed Everly, 1996): “qualunque situazione affrontata dal personale di emergenza sanitaria, capace di produrre uno stress emotivo insolitamente elevato in grado di interferire sulle abilità dell’operatore di fronte alla scena dell’evento e anche dopo”.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA Critical incident stress syndrome (CISS): Reazioni fisiche: nausea, problemi gastro-intestinali, tremori, aumento del ritmo respiratorio e della pressione sanguigna, disturbi del sonno, alimentari, sessuali ecc; Reazioni emozionali: senso di colpa, rabbia, oscillazioni dell’umore, angoscia, paura, perdita dell’autostima ecc; Reazioni cognitive: disorientamento, difficoltà a concentrarsi, di giudizio e di memoria, amnesia.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD): Può essere causato da eventi traumatici estremi, che causino morte o minaccia di morte o lesioni gravi o minacce all’integrità fisica propria o di altri, ai quali la persona assista con sentimenti di impotenza, di orrore, di intensa paura.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD): Sintomi: sensazione soggettiva di insensibilità, distacco o assenza di reattività emozionale, derealizzazione, depersonalizzazione, continuo rivivere l’evento traumatico, disagio psicologico e reattività fisiologica ad eventi-stimolo che assomiglino all’evento traumatico, ansia costante ed aumento dell’arousal, paralisi psichica o anestesia emozionale.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA Perché si possa parlare di disturbo post-traumatico da stress, la sintomatologia deve interferire con la capacità dell’individuo di eseguire compiti fondamentali e causare disagio clinicamente significativo e menomazione del funzionamento sociale e lavorativo o di altre aree importanti. Altro criterio diagnostico è la durata della suddetta sintomatologia, che deve essere superiore alle quattro settimane.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA TECNICHE DI GESTIONE DELLO STRESS DA EVENTO CRITICO: Misure preventive e terapeutiche da mettere in atto per minimizzare il rischio dello stress post-traumatico negli operatori di emergenza, o per intervenire su condizioni in atto patologiche: Comportamenti di autoprotezione; Defusing; Debriefing.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA COMPORTAMENTI DI AUTOPROTEZIONE: Condividere le proprie esperienze parlando dei fatti, delle emozioni e dello stress con amici, parenti ed esperti; Apprendere sia dai propri che dagli altri successi e fallimenti; Confidare nelle proprie capacità conoscendone i limiti; Non avere timore nel chiedere aiuto per rafforzare se stessi; Ridurre al minimo le tensioni comunicative all’interno dell’organizzazione che opera in emergenza.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA DEFUSING E DEBRIEFING: Consistono nell’attivare specifici gruppi di discussione strutturati e coordinati al fine di ridurre l’impatto emotivo delle esperienze traumatiche con le quali ci si è confrontati. Tali tecniche consentono di condividere con i colleghi le tensioni emotive connesse al proprio operato. Questa attività non è da considerarsi una psicoterapia o una cura, ma bensì un “pronto soccorso emotivo”.

PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA DEFUSING: Consiste nel far raccontare ed ascoltare con empatia e a ruota libera, quel che è stato visto e fatto e quello che è successo. Si presta attenzione all’espressione delle emozioni, dando loro un nome e localizzandole nel corpo. Questo tipo di intervento può essere attuato anche senza la presenza di un esperto.

CONFLITTO 1. INCONSCIO (PSICHICO,INTRAPSICHICO): provocato dalla lotta tra forze o strutture incompatibili all’interno della persona 2. CONSCIO: derivante dalla competizione per risorse materiali o ricompense sociali, quali stima e rispetto

CONFLITTO 1. CONFLITTO INCONSCIO: FORMAZIONE I desideri istintuali vengono in conflitto con le proibizioni interne o esterne; L’Io si sente minacciato e produce l’angoscia come segnale di pericolo; Vengono mobilitate le difese ed il conflitto viene risolto attraverso formazioni di compromesso quali: sintomi psicologici, cambiamenti di carattere o adattamento alla nuova situazione

CONFLITTO CONSCIO: derivante dalla competizione per risorse materiali o ricompense sociali, quali stima e rispetto

CONFLITTO CONFLITTO INTER-GRUPPI: I gruppi valutano più il rispetto dei beni materiali; I gruppi serrano le fila durante i conflitti; Ci si aspetta che i gruppi siano più competitivi; I gruppi offrono sostegno alla competitività.

CONFLITTO ESCALATION: Le interazioni disfunzionali tendono a intensificare il conflitto; Le emozioni peggiorano le distorsioni e le attribuzioni negative dell’avversario/degli avversari Sorge l’esigenza di dominare/ distruggere l’altro/ gli altri

CONFLITTO SOLUZIONE DEL CONFLITTO : Ricerca e produzione di soluzioni accettabili per tutte le parti in causa, madiante la messa in gioco di sentimenti quali comprensione e fiducia reciproca

PROBLEM SOLVING STRATEGIE PER LA RISOLUZIONE DI PROBLEMI 1. Non usare algoritmi di soluzioni ma euristiche 2. Suddividere il problemi in sottoproblemi

PROBLEM SOLVING ALGORITMI: serie di regole esplicite che, se adottate letteralmente permettono di risolvere il problema. EURISTICHE: regole che non riescono a dare una descrizione dettagliata ed esaustiva delle strategie per giungere alla soluzione, ma che ci permettono di affrontare e risolvere il problema “al meglio”.

PROBLEM SOLVING Esempio di EURISTICA: analisi mezzi/fini considera approcci alternativi alla soluzione distinguendo: stato iniziale: modo in cui sono descritte le condizioni di partenza; stato obbiettivo: modo in cui viene illustrato l’obbiettivo da raggiungere: operatori: operazioni per passare da uno stato all’altro.

PROBLEM SOLVING Decomposizione del problema in SOTTOPROBLEMI: ottenere problemi di dimensioni minori che si possano risolvere l’uno indipendentemente dall’altro; trovare soluzioni parziali soddisfacenti nonostante queste non costituiscano la soluzione ottimale nella sua interezza.

CONCLUSIONE GRAZIE PER LA CORTESE ATTENZIONE DOMANDE?