SEGRETO PROFESSIONALE Il segreto professionale è legato: - norme deontologiche; - norme giuridiche; Riguardo le norme giuridiche dobbiamo considerare due.

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SEGRETO PROFESSIONALE Il segreto professionale è legato: - norme deontologiche; - norme giuridiche; Riguardo le norme giuridiche dobbiamo considerare due articoli: - art. 622 c.p. (rivelazione del segreto professionale); - art. 326 c.p. (rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio).

L’art. 622 c.p. prevede il reato di illecita rivelazione di segreto professionale: “Chiunque avendo notizia per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio od altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento con la reclusione fino ad un anno o con la multa da euro 30,98 ad euro 516,45. Il delitto è punibile a querela della persona offesa”. “Segreto” è qualsiasi argomento di natura riservata precluso alla conoscenza altrui, pertanto non solo le notizie di carattere sanitario, ma anche tutto ciò che si apprende sulla persona con cui si entra in contatto per: a) stato: rapporti di convivenza, dipendenza, collaborazione con un professionista (ad es. gli allievi infermieri, gli studenti di medicina, le mogli o i figli di un medico o infermiere, etc.); b) ufficio: l’esercizio di particolari funzioni a carattere non manuale, non aventi carattere professionale (ad es. tutore, curatore); c) professione od arte: svolgendo abitualmente, a fine di lucro, un’attività intellettuale (professione) ovvero fondata su studio ed esperienza (arte) (medici, avvocati, infermieri, artigiani, giornalisti, etc.).

La rivelazione di segreto professionale è un reato di pericolo, ovvero è sufficiente la possibilità del danno materiale o morale, e non la reale presenza di quest’ultimo; è un delitto contro la libertà della persona, perseguibile a querela di parte offesa. La morte del soggetto non esime il professionista sanitario dall’obbligo di mantenere il segreto. Il dolo, cioè la volontà di rivelare, pur sapendo di contravvenire ad un obbligo sancito sia dalla norma penale che deontologica, rappresenta l’elemento psicologico del responsabile. La rivelazione può derivare da condotta attiva, con trasmissione diretta a terza persona, e da condotta passiva, consentendo ad un individuo non avente diritto di avere conoscenza del segreto, (ad esempio tollerando che qualcuno legga la Cartella clinica di un pz lasciata aperta su una scrivania, oppure discutendo di un caso clinico ad alta voce in presenza di estranei). Affinché il delitto sia punibile occorrono due elementi: -che la violazione del segreto sia stata compiuta con coscienza e volontà; - il dolo ( la colpa non è sufficiente). In ogni caso, il delitto sussiste anche se la violazione avviene con l’intenzione di ottenere un vantaggio.

Le SCRIMINANTI ovvero le giuste cause di rivelazione, penalmente codificate, possono essere così riassunte: - Le denunce sanitarie obbligatorie. - I certificati obbligatori[1].[1] - Il referto, la denuncia giudiziaria, la perizia e la consulenza tecnica, l’ispezione corporale ordinata dal Giudice, gli arbitrati, le visite medico-legali di controllo presso una struttura sanitaria pubblica. - Il consenso dell’avente diritto (art. 50 c.p.). - Caso fortuito o forza maggiore (art. 45 c.p.)[2].[2] - Costrizione mediante violenza (art.46 c.p.)[3] od errore (art. 48 c.p.).[3] - Stato di necessità (art. 54 c.p.). - Per difendere la propria reputazione da un’accusa ingiusta (art. 52 c.p.)[4].[4] [1][1] Buona norma è che il certificato sia consegnato nelle mani della stessa persona nel cui interesse viene rilasciato. [2][2] Art. 45 c.p.: “non è punibile che ha commesso il fatto per caso fortuito o forza maggiore”. [3][3] Art. 46 c.p.: “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato da altri costretto, mediante violenza fisica alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi”. [4][4] Art. 52 c.p.: “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionale all’offesa”.

RIVELAZIONE DI SEGRETI D’ UFFICIO A carico degli operatori del S.S.N. che rivestano il ruolo di pubblico ufficiale o di esercente un servizio di pubblica necessità, da quanto previsto dall’art. 326 c.p. si configura un altro reato, la Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio, perseguibile d’ufficio, sanzionato con la reclusione da sei mesi a tre anni, in caso di dolo, e fino ad un anno in caso di rivelazione o agevolazione colposa. Si deve sottolineare come tale reato punisca anche l’agevolazione, ovvero il consentire colposamente a persone non aventi diritto di venire a conoscenza del segreto (conservando inadeguatamente le Cartelle cliniche, consegnando ad estranei i risultati dei test di laboratorio, etc.).

All’art. 326 c.p. si legge che un p.u. o un soggetto incaricato di pubblico servizio, che violando i doveri inerenti la funzione o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, se l’agevolazione è dovuta a colpa la reclusione è fino ad 1 anno. Si tratta di un reato contro la pubblica amministrazione dello Stato e di altri Enti Pubblici e come tale è PROCEDIBILE D’ UFFICIO! Riassumendo per la violazione dell’art. 622 c.p. è necessario il dolo, mentre per la rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio è sufficiente anche la colpa! Il primo è procedibile a querela di parte mentre nel secondo caso si procede d’ufficio. In capo agli esercenti una professione sanitaria, tale reato sussiste nei seguenti casi: - mancata o inadeguata custodia di Cartelle cliniche, diari, schede sanitarie, libretti sanitari, etc.; - riferendo apertamente del segreto di cui si è avuto notizia; - non ottemperando all’obbligo dell’anonimato nelle denunce ove esso sia richiesto.