Beati gli afflitti e ì miti.  Nelle beatitudini l’evangelista presenta situazioni negative dell'umanità che Dio, con la collaborazione dell'uomo, vuole.

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Beati gli afflitti e ì miti

 Nelle beatitudini l’evangelista presenta situazioni negative dell'umanità che Dio, con la collaborazione dell'uomo, vuole eliminare: non c'è più un obbligo, un dovere nei confronti di Dio, ma Gesù che è il Dio con noi, chiede di essere accolto e con lui e come lui andare verso l'umanità.

 La beatitudine, tuttavia, non si riferisce mai alla condizione di sofferenza dell’umanità: è sempre legata al secondo termine, alla promessa di una soluzione che è frutto dell’incontro tra l’opera di Dio e la collaborazione della comunità. Non si è beati perché si sta soffrendo adesso e poi, nell’aldilà, si verrà premiati!

 Si è beati perché la “buona novella” reca l’annunzio dell’inizio della fine delle sofferenze, dono della misericordia di Dio e, contemporaneamente, frutto dell’impegno della comunità dei credenti!

 “Beati gli afflitti, perché saranno consolati” o, letteralmente, “Beati gli afflitti, perché questi saranno consolati”. Ma chi sono gli afflitti? Non possiamo pensare di ridurli genericamente a quelli che versano qualche lacrimuccia; non si parla di una qualunque afflizione, di un rapporto difficile con un’altra persona o una situazione dolorosa.

 L’evangelista prende questa espressione dal libro di Isaia al cap. 61, (ripreso da Luca al cap. 4 nell’episodio di Gesù nella sinagoga a Nazareth), dove si dichiara che il giorno della venuta del Messia sarà per consolare tutti gli afflitti.

 “Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti, per allietare gli afflitti di Sion, per dare loro una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell'abito da lutto, canto di lode invece di un cuore mesto”.

 Gli afflitti di cui parla Isaia sono riconoscibili nel popolo che è oppresso da due realtà che non fanno che peggiorarne la situazione: 1. Esternamente, una dominazione pagana; 2. Internamente, l’oppressione dei capi religiosi.  Gli afflitti o gli oppressi (il termine greco pentountes può essere tradotto in entrambe le maniere), non possono far a meno di gridare la propria disperazione.

 Questi afflitti, che la società ha schiacciato dal punto di vista economico, politico, sociale, religioso, sono beati perché vedranno la fine della loro afflizione (l’evangelista, grande teologo e letterato, che usa attentamente i termini, non adopera il verbo confortare – enischuo -, ma il verbo consolare – parakaleo - che significa l’eliminazione alla radice della causa della sofferenza.

 “Beati i miti perché erediteranno la terra”, o letteralmente “Beati i miti perché questi erediteranno la terra”. Con questa traduzione non si capisce il perché i miti devono ereditare la terra. L'evangelista presenta delle contrapposizioni: i poveri hanno Dio che si occupa di loro, gli afflitti vengono consolati, gli affamati sono saziati, qui abbiamo i miti ai quali viene data la terra. Che relazione c'è tra la mitezza e la terra?

 Nella storia di Israele quando il popolo entrò nella terra di Canaan, la terra venne divisa secondo le tribù e ogni tribù la divise secondo i clan, i clan divisero la terra secondo le famiglie in modo che ogni famiglia avesse un pezzo di terra (cfr. Gs).

 La terra è importante in oriente; un uomo senza terra è un uomo senza dignità: non è solo un appezzamento di terra, ma la vita, la dignità perché, se un uomo ha terra, lavora e quindi può nutrire e mantenere bene la propria famiglia; se non ha terra, nulla di tutto questo accade. Il possesso della terra è importante in quella società.

 Ma dopo la divisione successe che nel giro di 2 o 3 generazioni i più prepotenti, i più furbi, i più astuti, i più disonesti si impossessarono della terra delle persone meno capaci, meno furbe e più deboli. Il risultato fu che gran parte della terra fu posseduta da pochissime famiglie e molti erano costretti ad andare a lavorare come braccianti nella terra che era stata di loro proprietà.

 L’essere “miti”, allora, non indica una qualità morale dell’individuo, ma una situazione sociale disperata; è la stessa differenza che c’è tra l’umile e l’umiliato: qui non si tratta di umili, ma si tratta di umiliati. Per una migliore comprensione di questa beatitudine potremmo tradurre con “i diseredati”, quelli che hanno perso tutto, può darsi per colpa propria, per incapacità.

 Gesù dice, i diseredati, quelli che hanno perso tutto, hanno perso l’onore, hanno perso la dignità umana, non sanno neanche più cosa significa essere una persona dignitosa, beati perché erediteranno la terra: non un terreno, un po’ di dignità, ma la terra, la totalità (e l’articolo determinativo significa appunto la totalità),

 Nell’ambito della comunità delle beatitudini, i diseredati ritroveranno una dignità che non avevano mai conosciuto nella vita, neanche prima di perderla, perché vengono trattati con amore, con una devozione che non avevano mai sperimentato. È compito della comunità cristiana che a queste persone che vivono senza alcuna dignità, venga fatta ritrovare non una briciola di vita, ma la pienezza della vita.

Materiale rielaborato a partire da: Conferenza di p. Alberto Maggi presso l’associazione “I beati costruttori di pace.”