Psicologia Prof. Annamaria Caputo
LE EMOZIONI SONO REAZIONI SOGGETTIVE MOSSE DA UNA LOGICA DI ADATTAMENTO E DI REGOLAZIONE NEI CONFRONTI DEL MONDO INTERNO O ESTERNO
LE EMOZIONI FONDAMENTALI Gli psicologi riconoscono sei categorie di base: amore - gioia - sorpresa – collera - tristezza - paura.
Queste categorie generali si basano su tre dimensioni differenti: qualità (se l'emozione è positiva o negativa); potenza (se l'emozione è forte o debole); attività (se l'attivazione suscitata dall'emozione è alta o bassa). Ad esempio: la sorpresa è generalmente positiva, forte e con un grado di attivazione molto alto.
A livello fisiologico, l'emozione consiste in cambiamenti biochimici, ad esempio l'aumento della frequenza cardiaca. A livello espressivo, l'emozione è rappresentata da cambiamenti comportamentali, ad esempio nell'espressione facciale in caso di paura o gioia. A livello cognitivo (conoscenza), lo stato emotivo è rappresentato da cambiamenti nell'esperienza o consapevolezza soggettiva della situazione
Forse l'aspetto più importante delle risposte emotive è quello fisiologico. Molte delle emozioni, forse tutte,sono associate a cambiamenti fisiologici. I cambiamenti più netti e noti sono quelli che accompagnano il sentimento della paura.
Tutti hanno provato paura, le reazioni fisiche a tale sentimento sono il risultato dell'azione del sistema nervoso simpatico e di un ormone l'epinefrina (noto col nome di adrenalina), secreto dalle ghiandole surrenali. Le reazioni all'aumento di adrenalina sono: aumento del ritmo e della profondità della respirazione aumento della frequenza cardiaca aumento della pressione del sangue diminuzione del sangue diretto agli organi interni e aumento di quello rivolto ai muscoli aumento dello zucchero nel sangue
Le emozioni sono ineliminabili e producono conseguenze sul comportamento anche se non si vuole ammettere: “Non possiamo controllare il sorgere delle emozioni, né sapere quale di esse ci travolgerà, ma possiamo ammettere la loro esistenza ed imparare a riconoscerle”. POSSIAMO DIVENTARE EMOTIVAMENTE COMPETENTI
La competenza nelle emozioni, cioè la capacità di riconoscere e controllare al meglio le emozioni si chiama INTELLIGENZA EMOTIVA. Essa, come tutte le intelligenze, va ALLENATA sin da piccoli.
Durante l’infanzia e l’adolescenza siamo in una vera e propria “palestra delle emozioni” e un genitore dovrebbe aiutare il figlio a saperle gestire, consigliarlo su come concentrarsi per non esserne travolto, invece di evitare accuratamente di fargliele provare o lasciare che se la sbrighi da solo quando è in difficoltà. Più l’allenatore sarà bravo, più il bambino avrà possibilità di sviluppare la sua intelligenza emotiva. Per questo motivo non si può pensare di demandare il ruolo di allenatore alla società, perché la società è già “la gara in cui il bambino deve misurarsi”. In realtà, la palestra rimane aperta anche dopo l’adolescenza; anche da adulti e da anziani si fa “allenamento”.
Le emozioni ci aiutano ad essere capiti e avere comportamenti coerenti con i nostri bisogni, ma anche a capire gli altri. Questo significa prevedere le azioni derivanti dalle nostre emozioni IN REALTA’ DOBBIAMO IMPARARE AD ESSERE EMPATICI.
5 PASSI PER GESTIRE LE NOSTRE EMOZIONI
Primo passo: conoscere le proprie emozioni. Dare un nome a quello che proviamo è il primo passo che ci consentirà di distinguere le situazioni e, in seguito, di PREVEDERE le nostre emozioni. Ma per farlo dobbiamo imparare a dialogare con noi stessi. Un piccolo trucco: E’ sufficiente ritagliare un quarto d’ora a fine giornata da dedicare a noi stessi per riflettere su ciò che abbiamo vissuto. Cosa abbiamo provato? Perché? Come abbiamo reagito? Potrebbe essere interessante fare una piccola lista quotidiana delle emozioni che abbiamo provato (e col tempo ci sorprenderemo a scoprire nuove sfumature: il nostro “vocabolario emotivo” starà crescendo), quali abbiamo preferito e quali proprio non sopportiamo.
Secondo passo: saper regolare le proprie emozioni Le emozioni provocano delle modifiche fisiologiche (come l’aumento o la diminuzione del battito cardiaco, della pressione sanguigna, della temperatura corporea, ecc.). Ma dobbiamo ricordare che se il cervello ha detto al corpo di allarmarsi, il cervello può dire al corpo di calmarsi. In ogni caso, il primo passo è fermarsi, prendere tempo PRIMA di AGIRE, prima di mettere in atto un comportamento. Le conseguenze possono essere imprevedibili se non ci riflettiamo PRIMA. Ci dobbiamo chiedere: - La mia reazione sarà appropriata alla situazione? - Come sarà valutata dagli altri? - Quali sono le conseguenze possibili per me e per gli altri? Questo vale per le emozioni negative come per quelle positive.
Può capitare, infatti, di essere così su di giri da rischiare persino di sembrare sciocchi o insensibili. Possiamo persino cadere in una “trappola”. A volte chi vuole la nostra reazione violenta (o imbarazzata) la sta cercando per farci apparire ciò che non siamo, cioè utilizza una provocazione. Oppure potremmo aver preso un abbaglio, rischiando di ferire una persona che non se lo merita. Fermiamoci e riflettiamo. Questo vuol dire regolare le emozioni.
TERZO PASSO: Predisporre piani, tollerare le frustrazioni, posticipare le gratificazioni. Saper tollerare una frustrazione significa avere rispetto degli altri, capire il vero motivo per cui qualcosa ci viene negata o perché ci sono state fatte delle critiche, e magari migliorare. Anche quando abbiamo ragione la nostra reazione deve sempre essere proporzionata al caso. Quello che succede spesso è che la nostra risposta emotiva e comportamentale risente di altre tensioni, altre frustrazioni che non c’entrano nulla con quello che sta succedendo in quel momento. Così la reazione può essere sproporzionata, esagerata perché in realtà cerchiamo un pretesto per sfogarci per tutto quello che abbiamo accumulato.
Un piccolo trucco: Le valvole di sfogo positive ci sono: bisogna parlarne con gli altri (amici, parenti, ecc..). Alcune ricerche hanno dimostrato che parlare persino da soli è uno sfogo utilissimo e serve a “ridare un senso corretto alle cose”, a tornare con i piedi per terra.
QUARTO PASSO : L’empatia. L’empatia è un potentissimo strumento che concede un grande vantaggio, a chi ne è provvisto, nelle relazioni interpersonali. Significa capire le emozioni che provano gli altri. Mettersi “nei panni” degli altri ci fa comprendere perché le persone si comportano in una certa maniera, serve a capire come ci si sente a ricevere la risposta che noi abbiamo dato loro. In realtà gli altri non sono un “mistero”. Riconoscere le emozioni nelle altre persone non è impossibile, per il semplice fatto che esse sono universali. Questo vuol dire che possiamo riconoscere le emozioni guardando il viso di un’altra persona.
Un piccolo trucco: Si tratta di un piccolo allenamento. Quando ne avete la possibilità, provate a guardare il viso di un’altra persona mentre parla. Cercate di riconoscere le emozioni che prova dalle espressioni del viso. Gioia, rabbia, dolore, disgusto, tristezza…vi renderete conto che molte espressioni non le notiamo non perché non siamo capaci di rilevarle, ma perché siamo distratti o non interessati. Perdere questa capacità innata, significa perdere una parte della nostra umanità, diventare insensibili e isolarci.
QUINTO PASSO :Gestire le relazioni (negoziare, mediare) Qui le donne hanno un primato statistico. Sembra che siano primatiste mondiali nelle relazioni! Tuttavia molti uomini hanno imparato che con la mediazione ed evitando i conflitti, i risultati sono di gran lunga migliori. Anche questo si impara. Anche questo è frutto dell’impegno e dell’intelligenza emotiva. L’empatia aiuta anche in questo ambito. Sorridere, sdrammatizzare, mostrarsi comprensivi, sono parole-chiave universali, perché aprono tutte le serrature dell’animo umano.