Come la matematica, anche la lingua italiana non è un optional … ha le sue regole.
Accelerare o accellerare? Che crucio le doppie!!! Una delle parole che più spesso viene scritta in forma errata è accellerare o accelerare. Questo verbo non vuole assolutamente la doppia L! Ergo la forma giusta è accelerare
Da o dà? Da o dà? Dipende dai casi! Si accenta quando è inteso come voce del verbo dare. Esempio: Mi dà il benvenuto Non si accenta invece quando è usato come proposizione semplice Esempio: Sono appena tornato da Londra Vuole l'apostrofo invece nel caso in cui si utilizzi come imperativo alla seconda persona singolare Esempio: Da' un aiuto nel trasloco per favore
E o ed? A o ad? L'aggiunta della D eufonica (dal greco, significa bel suono) si aggiunge solo nel caso in cui la parola che segue cominci con la stessa vocale. Esempio: Vado ad Amburgo Era felice ed entusiasta
Desse o dasse? Stesse o stasse? Che problema i congiuntivi, specie quelli imperfetti! Uno degli errori più comuni si ha con i verbi dare e stare. Le forme corrette per la terza persona singolare del congiuntivo imperfetto sono: Che egli stesse e NON stasse Che egli desse e NON dasse
Per cui o percui? Vi sono molte parole il cui dubbio consiste nella scrittura attaccata o meno; una di queste riguarda per cui o percui. La forma giusta è … per cui
Affianco o a fianco? Un altro dubbio atroce riguarda l'utilizzo di a fianco o affianco per dire "a lato di". Affianco è in realtà la prima persona singolare del presente indicativo del verbo affiancare. Quindi per dire "a lato di" la forma corretta è … a fianco.
Entusiasto o entusiasta? Anche se ci si riferisce a un soggetto maschile, la forma corretta di quest'aggettivo è entusiasta. Questo vale solo quando si parla al singolare perchè invece quando ci si riferisce a più soggetti si distingue nuovamente tra maschile e femminile. Quindi si avrà entusiasti per il maschile e entusiaste per il femminile, mentre la forma entusiasto è assolutamente incorretta.
Qual è o qual'è? Questo è forse l'errore più diffuso, anche tra persone con un bagaglio culturale universitario. Leggete qui e fissatevelo bene in mente: qual'è è sbagliato!!!!!! Il motivo? Qual è è un‘ apocope vocalica e non un'elisione; lo stesso fenomeno infatti si può verificare anche davanti a una consonante (es. qual buon vento ti porta?). Allo stesso modo di qual è agiscono anche buon (es. buon uomo e non buon'uomo), pover, tal.
Superlativo assoluto di celebre? Celeberrimo e non celebrissimo! Errori grammaticali comuni: dieci figuracce da evitare per salvare la grammatica italiana
Quali sono gli errori grammaticali più comuni? Non è mai stato fatto un sondaggio su ampia scala, né sono stati effettuati studi recenti sui dubbi linguistici più diffusi; ciò non vuol dire, però, che una qualche ipotesi non possa essere azzardata e che non si possano dare delle dritte per evitare di sbagliare.
1. Accento e apostrofo non sono la stessa cosa Il primato non poteva che spettare ai già citati accento e apostrofo: parole come "perché", "cioè", "però", "giù" e così via vanno scritte con l’accento. L'uso dell'apostrofo è accettabile - ma non da consigliare - solo quando si utilizzano le maiuscole, e cioè qualora doveste scrivere "PERCHE'" in luogo di "PERCHÉ"; tutto questo, in un contesto non molto sorvegliato, ovviamente: se dovete scrivere una tesi di laurea, per esempio, la scelta deve ricadere sempre e solo sull'accento; "e" maiuscola accentata non ha un simbolo sulla tastiera? Nessun problema: cliccate su "Inserisci simbolo" (o simile) in Microsoft Word e troverete tutto ciò di cui avrete bisogno.
2. Non confondere accento acuto e accento grave Sempre a proposito di accenti, ricordate che tutte le parole che terminano con -ché o -tré vogliono l'accento acuto e non quello grave (quello di "cioè", per esempio); ci sono anche altri casi, come il passato remoto di alcuni verbi ("poté", "batté" etc...), ma la regola generale è questa; tutto il resto degli accenti - su tutte le altre vocali finali, quindi - è sempre grave ("però", "giù", "lì“). Confondere l'accento acuto con quello grave non è un errore madornale - in fin dei conti, l'accento è stato indicato non si tratta, però, neanche di una sottigliezza:
3. Apostrofo solo con elisione e non con troncamento Ancora sull'apostrofo: questo segno va indicato soltanto quando c'è elisione e non troncamento come in questi casi: un uomo – un amico – buon appetito Negli stessi casi, invece, al femminile va usato sempre l’apostrofo, perché non si tratta di troncamento ma di elisione: un’ape – un’amica - A differenza di quanto accade al maschile infatti la vocale finale cade solo nel caso dell’incontro con la vocale iniziale della parola successiva. Dunque un’isola, alcun’amica, buon’anima
4. Le parole hanno un significato: non parlate a caso Esistono anche errori di tipo lessicale: se avete dubbi su una parola, e non siete in grado di ricostruirne l'evoluzione per risalire alla forma corretta, utilizzate il dizionario; online o cartaceo, poco importa: Internet dispone di grandissimi strumenti per la ricerca di lemmi. Un errore classico potrebbe riguardare la resa della parola analizzata nella prima slide, "accelerare": non tutti sanno che il verbo deriva da "celere", che certamente non vuole una doppia "l".
5. Coniugazione dei verbi irregolari Attenti alla coniugazione dei verbi irregolari e dei tempi composti; per quanto riguarda i primi, il dizionario e una buona dose di memoria sono indispensabili; per i secondi, invece, è sufficiente unire una voce dei verbi ausiliari essere e avere con il participio passato dei verbi stessi … tutto andrà per il verso giusto.
6. Anche nomi e aggettivi plurali presentano irregolarità Non dimenticate che anche il plurale dei nomi e degli aggettivi presenta delle irregolarità; fate attenzione, per esempio, a sostantivi come "psicologo", "medico", "chirurgo", per i plurali dei quali, pur non essendo prevista una regola ben precisa, è bene seguire oppure affidarsi al dizionario.
7. Evitate le ridondanze Le ridondanze vanno evitate. Molti le classificano come veri e propri "orrori grammaticali", come nei seguenti casi: "a me mi" e "ma però“. Nel caso di "a me mi", non si fa altro che ripetere il pronome due volte, prima nella sua forma tonica ("me"); poi nella sua forma atona ("mi"). Nel secondo caso “ma” è una congiunzione avversativa. Nel linguaggio parlato, spesso la si rafforza con però. Tuttavia, questo è un errore grammaticale, perché le due particelle hanno lo stesso significato. Quindi, basta il solo ma o il solo però.
8. No al "che" polivalente Altro errore diffuso e ingiustificabile è il pronome relativo "che", infatti, può avere solo funzione di soggetto o complemento oggetto; sarebbe scorretto, perciò, scrivere *la valigia che ci ho messo dentro la roba invece di "la valigia in cui ho messo la roba". Discorso diverso, invece, quando "che" assume valore temporale: è meglio scrivere "il giorno in cui sono nato" rispetto a "il giorno che sono nato", certo, ma in questo caso entrambe le forme sono accettate (per vari motivi: uno fra tutti, le molte attestazioni presenti nella letteratura italiana).
9. SOS punteggiatura, tra pause deboli e forti La punteggiatura conferisce il ritmo che volete al testo; è da essa che dipende, per di più, il grado di leggibilità di ciò che scrivete: non ci sono, perciò, delle regole ben precise, se non qualcuna; dovete utilizzare, per esempio, i due punti quando servono (per spiegare meglio o descrivere qualcosa), senza sostituirli mai con la virgola; i segni di pausa debole, infatti, non vanno mai confusi con quelli di pausa forte (punti interrogativo ed esclamativo, punto e virgola, due punti, punto).
Vasto è il campionario degli errori grammaticali che vedono protagonista cui. Cui pronome relativo usato come complemento va sempre preceduto da preposizione. Non può essere adoperato né come soggetto né come complemento oggetto. Perciò può essere sostituito dalle forme composte del pronome relativo (il quale, la quale, i quali ecc.), ma mai da che. Per esempio: “Ho guardato il film di cui mi dicevi”, “Mi hai segnalato il calciatore di cui sei tifoso”, “Guarda la ragazza a cui Mario parla”. Che o cui
Cui deve fare a meno della preposizione di, quando si trovi tra l’articolo e il nome a cui l’articolo si riferisce: “Il cui marito”, “La cui moglie”, “I cui cugini”. Cui non si può riferire a un concetto o a un’intera proposizione. Un esempio: “Sei stato bravo, per cui ti regalo un biscotto” è un errore grammaticale. Bisogna dire: “Sei stato bravo, perciò ti regalo un biscotto”.
Uno degli errori grammaticali più comuni è dire “A gratis”. Si deve usare gratis e basta. L’aggettivo grande si può troncare in gran davanti a una consonante che non sia s impura, z, x, gn, ps. Davanti a vocale non si tronca, ma si può elidere: “Un grand’uomo”..
Uno degli errori grammaticali più comuni in molte regioni è mettere l’articolo davanti ai nomi propri maschili. Essi non ne hanno bisogno, se non quando: a) sono al plurale: gli Scipioni; b) sono accompagnati da aggettivo: il grande Michelangelo; c) sono il titolo di un’opera d’arte o letteraria: l’Amleto; d) stanno al posto dell’opera d’arte di un autore: un Caravaggio. L’articolo davanti ai nomi
superlativi irregolari che spesso creano errori grammaticali sono : acre fa acerrimo, aspro fa asperrimo, celebre fa celeberrimo, integro fa integerrimo, misero fa miserrimo, salubre fa saluberrimo. Inoltre, benefico, magnifico e munifico fanno irregolarmente beneficentissimo, magnificentissimo e munificentissimo. I superlativi irregolari
Questi a mio giudizio sono alcuni degli errori grammaticali più comuni nella lingua italiana. Conoscevi già tutte queste regole della grammatica? Secondo te, esistono altri gravi errori grammaticali che non sono presenti nel mio elenco?