LICHENI COME BIOINDICATORI
Bioindicatori - Bioaccumulatori I bioaccumulatori sono organismi viventi che tollerano e accumulano elevate concentrazioni di inquinanti (specialmente Metalli pesanti, IPA, Radionuclidi,...). L’analisi chimica del contenuto di inquinanti nei tessuti del bioaccumulatore, riferito a condizioni normali di controllo, può fornire utili indicazioni, spaziali e temporali, sulle deposizioni di inquinanti. I bioindicatori sono organismi viventi integratori di dati ambientali, sensibili agli inquinanti (SO2, Nox, O3, IPA, Metalli pesanti, Radionuclidi,...) che mostrano una correlazione lineare tra sintomo ed emissioni di inquinanti nell’ambiente. Attraverso determinate alterazioni osservabili a livello cellulare, di organismo o di comunità indicano alterazioni di parametri ambientali
Le variazioni ecologiche indotte dall’inquinamento possono manifestarsi a tre livelli differenti Accumulo delle sostanze inquinanti negli organismi Modificazioni morfologiche o strutturali negli organismi Modificazioni nella composizione delle comunità animali e vegetali
Caratteristiche di organismi vegetali per essere considerati bioindicatori o bioaccumulatri
Differenti livelli organizzativi del danno biologico e relativi metodi di indagine
Intervallo di tolleranza Diagramma che illustra la relazione tra presenza di elementi nell’ambiente di crescita e cinetica di accumulo in diversi organismi vegetali; In condizioni ambientali simili e in presenza dello stesso elemento una pianta può comportarsi come: Specie o ecotipo Quantità Biodisponibilità Intervallo di tolleranza
Some mechanisms of metal tolerance in higher plants
Tallofite
e Cormofite
PTEs can enter the plant via roots (apoplastic and symplastic pathway) e Cormofite Vascular plants translocate soluble elements from the soil through root uptake. Studies on trace element distribution in herbs indicate that in background and slightly polluted areas most trace elements are accumulated in roots. Unfortunately roots are not well suited biomonitors, because fine roots and root hair are so intimately linked to soil particles that are lost during sampling and cleaning steps; in addition this loss may significantly affect analytical results because different root parts accumulate to different degree PTEs can enter the plant via roots (apoplastic and symplastic pathway)
Licheni Micobionte (ascomicete), ficobionte (alga verde e/o cianobatterio) 13500 specie; 2300 in Italia; di cui 780 epifite Tre forme di crescita principali Nei licheni con cianobatteri colore scuro e consistenza geletinosa
Tallo lichenico omeomero eteromero
Lecanora Calopaca Lecidella Licheni crostosi
Licheni crostosi I licheni crostosi hanno un tallo appiattito e completamente aderente al substrato (roccia o tronco d’albero) che si presenta come una crosta laminare a contorno irregolare (spesso subcircolare) Hanno una crescita molto lenta e si accrescono perifericamente, quindi i tessuti più vecchi sono all’interno e i più giovani sono verso l’esterno. mancano di rizine
Licheni tallosi o fogliosi Lobaria pulmonaria Parmelia Xantoria
Licheni fogliosi si presentano in forma di lamine, spesso suddivise in lobi, parzialmente sollevate dal substrato; alcune specie si ancorano al substrato solo in un punto, detto ombelico, situato circa nel centro del tallo. In ogni caso il tallo è sollevato dal substrato, almeno nella sua parte marginale aderiscono con strutture speciali dette rizine Hanno un ritmo di crescita maggiore rispetto ai crostosi ed anche in essi le parti più vecchie sono all’interno e le più giovani verso l’esterno.
Usnea Evernia Pseudevernia Licheni fruticosi
Licheni fruticosi il loro tallo si sviluppa in tre dimensioni, con forme pendenti, ramificate, coniche, ad imbuto rovesciato, ecc. aderiscono al substrato solo con la base, mentre il resto del tallo è eretto più o meno ramificato, simile quindi ad un piccolo cespuglio. Sono i licheni che hanno il più ampio sviluppo superficie/massa quindi sono i più sensibili nell’intercettare sostanze nutrienti e inquinanti.
Ecologia e distribuzione dei licheni i licheni possono insediarsi su vari tipi di substrati: sul terreno (licheni terricoli), sui muschi, sui tronchi e sui rami degli alberi (licheni epifiti), sulle superfici rocciose (licheni sassicoli) su varie superfici prodotte dall’attività umana (come asfalto, cemento, tegole, cuoio). Lo sviluppo dei licheni è inoltre condizionato anche dalla struttura della superficie di crescita (rugosità, porosità) e dalla sua composizione chimica.
Distribuzione dei licheni I licheni sono tra gli organismi più ubiquitari, in grado di insediarsi negli ambienti più disparati e di adattarsi anche a condizioni di vita estreme: vivono nelle regioni artiche, in alta montagna, in ambienti desertici, in zone costiere e su lave vulcaniche. Molti sono organismi pionieri, capaci persino di penetrare nel substrato litico grazie alla secrezione di composti acidi in grado di disgregare le matrici rocciose sono capaci di tollerare temperature pari a –196 °C e +100°C, sopravvivono bene a temperature comprese tra –20°C e +70°C. l’attività fotosintetica raggiunge la sua massima efficienza a temperature intorno ai 10/15°C mantenendosi comunque elevata intorno agli 0°C. In questi ambienti molte specie possono così conquistare posizioni dominanti rispetto ad altri vegetali.
RIPRODUZIONE moltiplicazione vegetativa, asessuata La diffusione dei licheni si realizza in 2 modi diversi: moltiplicazione vegetativa, asessuata riproduzione sessuata, da parte del componente fungino (micobionte) tramite la disseminazione di spore.
Riproduzione sessuata: E’svolta dal fungo formando organi sessuali: i gametangi In seguito alla fecondazione si originano gli aschi che contengono le spore. I corpi fruttiferi che contengono gli aschi possono essere di due tipi fondamentali: Gli apoteci I periteci
Gli apoteci Sono a forma di coppa o di piatto Presentano un margine esterno che delimita un disco centrale
I periteci Sono a forma di fiasco, con una piccola apertura centrale, l’ostiolo
La moltiplicazione vegetativa: La riproduzione vegetativa consiste nella frammentazione, propagazione e germinazione da parte del tallo lichenico tale processo avviene attraverso la formazione di due tipi di strutture: gli isidi e i soredi.
Isidi e soredi Gli isidi sono frammenti del tallo, di maggiori dimensioni rispetto ai soredi, di forma diversa, costituiti da alghe e da ife fungine, protetti da uno strato di cortex. I soredi sono piccoli corpiccioli di forma rotondeggiante, costituiti da ife fungine che avvolgono una o più alghe, privi di rivestimento del cortex.
Alterazioni da inquinamento sui licheni Fisiologia (depressione fotosintesi e respirazione, riduzione fertilità) Morfologia (scolorimento, modifiche forma) Ecologia (alterazioni comunità) Diminuzione numero specie Diminuzione numero individui per specie Studi ecologici in campo e ricerche di laboratorio hanno dimostrato che l’anidride solforosa è tra gli inquinanti più dannosi per i licheni. La diversa sensibilità delle specie licheniche all’anidride solforosa è imputabile a diversi fattori: superficie disponibile per gli scambi gassosi, velocità di idratazione e idrorepellenza del tallo, attività metaboliche, pH e capacità tamponante del substrato
Gli indici I.A.P. ed il metodo svizzero L'Index of Atmospheric Purity (I.A.P.) proposto da De Sloover nel 1964 fornisce una valutazione quali-quantitativa del livello di inquinamento atmosferico basandosi sul numero, frequenza e tolleranza delle specie licheniche presenti nell'area considerata. La formula originale di Le Blanc & De Sloover considera il: i)numero di specie presenti nel rilievo, ii)un fattore di tossitolleranza, iii)la combinazione della frequenza e della copertura delle specie.
Indice di purezza dell'aria (IAP) L' IAP, secondo Le Blanc & De Sloover (1970), è un indice ecologico basato sulla presenza e sulla "tolleranza" delle specie considerate. Il suo valore è calcolato secondo la formula n S(Qi x fi)/10 i = 1 Dove Qi è il numero medio delle specie epifite che accompagnano ciascuna specie in tutti i siti presi in esame; fi è un indice di frequenza-copertura. fi è specie e stazione specifico e il suo valore ha un range tra 1 e 5. In ogni sito il valore di (Q x f /10) è stato calcolato per ogni specie e i valori sono stati sommati.
Studi condotti da una équipe diretta da K Studi condotti da una équipe diretta da K. Ammann (Berna) hanno saggiato la predittività di 20 diverse formule I.A.P. rispetto a 8 inquinanti atmosferici: SO2, NOx, Cl, Pb, Cu, Zn, Cd, PM. L'analisi è stata effettuata sottoponendo i dati diretti di inquinamento ottenuti da centraline automatiche riguardanti 13 stazioni di rilevamento e gli I.A.P. calcolati con varie formule la formula di I.A.P. che ha presentato la correlazione più elevata con i dati diretti di inquinamento è una delle formule più semplici, in quanto si limita alla semplice somma delle frequenze di tutte le specie presenti
Griglie di campionameto Base di riferimento è il sistema di campionamento utilizzato dall’Inventario Forestale Nazionale (IFN), costituito da una rete di punti in una maglia di 3x3 km. La rete di base 3x3 km consente la selezione di OGUs (Operational Geographic Units) di area diversa. In alcune campagne di monitoraggio si è scelto di utilizzare un sottocampione di punti all’intersezione delle maglie di 9x9 km. Le stazioni di campionamento, individuate all’intersezione dei punti di tali reticoli, hanno un’area di 1 km2. Per situazioni locali le griglie possono essere più piccole ( 1x1 km, 250x250 m).
Rete Nazionale. Stazioni di rilevamento di 1 km2 distribuite sul territorio secondo un criterio statistico ed individuate da una griglia 18x18 km
Dimensioni delle griglie di campionamento a seconda delle dimensioni relative del territorio da monitorare (Regione, Provincia, Comune,…) Per ogni stazione di campionamento si individuano da 3 a 5 alberi, della stessa specie, su cui effettuare i rilievi
BL e principali parametri coinvolti il pH la rugosità il potere tampone della scorza Preferibilmente va utilizzata una sola specie arborea diffusa in modo uniforme sul territorio d’indagine Le differenti caratteristiche della corteccia dei vari forofiti si riflettono sulla colonizzazione lichenica e sul valore di BL rilevato. Queste differenze sono riconducibili all’influenza di tre principali parametri chimico-fisici: il pH, la rugosità e il potere tampone della scorza. Preferibilmente va utilizzata una sola specie arborea diffusa in modo uniforme sul territorio d’indagine. Quando questo non sia possibile si può ricorrere ad altre specie appartenenti allo stesso gruppo di alberi-substrato. Il protocollo sperimentale del metodo BL distingue tre gruppi principali di alberi su cui effettuare il campionamento (Nimis 1999). Al primo gruppo appartengono specie caratterizzate dalla scorza a pH neutro-basico come Acer platanoides, Fraxinus excelsior e Fraxinus ornus. Fanno parte del secondo gruppo gli alberi a pH subacido come Acer pseudoplatanus, Olea europaea, Fagus sylvatica, Quercus pubescens, Q. petraea, Tilia cordata, Tilia platiphyllos. Il terzo gruppo individuato comprende specie a pH acido come Betula spp. e tutte le conifere, che non sono da utilizzare ai fini del monitoraggio. Sono inoltre da scartare le specie di alberi dalla corteccia esfogliabile come Platanus o Aesculus e quelli con scorza troppo liscia, scarsamente colonizzabile dai licheni
pH, durezza,rugosità, ritenzione idrica pH neutro-basico: Acer platanoides, Ceratonia siliqua, Fraxinus excelsior e F.ornus, Ficus carica, Juglans sp., Populus canadensis, Sambucus nigra, Ulmus sp. pH subacido: Acer pseudoplatanus, Olea europaea, Fagus sylvatica, Quercus pubescens, Q. petraea, Q. cerris, Q. ilex, Tilia cordata e T. platiphyllos pH acido: Betula sp., tutte le conifere
Caratteristiche dell’albero Inclinazione del tronco non superiore a 10° Circonferenza minima di 60 cm Assenza di fenomeni evidenti di disturbo Rilievi su alberi contigui No il reticolo dove ci sono più del 25% di briofite
Reticolo per il rilievo della biodiversità lichenica ora in disuso
Reticolo orientabile secondo i punti cardinali (N,E,S,W) 10 cm lato
Calcolo della biodiversità lichenica BLr BLs Predittività del 98%
E’ possibile ottenere delle carte indicative dello stato di alterazione ambientale sulla base della biodiversità lichenica del territorio in esame. Si associa un grado di buona naturalità ad aree con un’alta biodiversità lichenica e un grado di bassa naturalità ad aree con una bassa biodiversità lichenica. Numerosi lavori scientifici provano la validità del metodo di biomonitoraggio mediante i licheni. Alcuni lavori riguardano la concordanza di questo metodo biologico con quello chimico, effettuato con una rete di centraline di analisi automatica (Ammann et al. 1987; Nimis et al. 1990). Altri, come una indagine svolta nella regione Veneto, provano la sovrapponibilità tra le carte di alterazione ambientale ottenute tramite lo studio delle comunità epifite di licheni e quelle epidemiologiche relative alla diffusione di forme tumorali polmonari nella popolazione umana (Cislaghi & Nimis 1997). TORNA A : I licheni epifiti come bioindicatori degli effetti dell’inquinamento atmosferico
Bioindicatori diversi, risultati sovrapponibili! La metodica proposta da Nimis et al. (1989) è stata ampiamente adottata in Italia negli ultimi 20 anni per condurre indagini su aree ristrette (per una recente review confronta Piervittori 1999), ma anche su vasta scala (Nimis et al. 1991; Morandi 1998). L’evoluzione successiva del metodo a livello nazionale ha riguardato principalmente le modifiche apportate nell’arco degli anni alle strategie di campionamento adottate. Infatti, se esisteva una metodica precisa riguardante le modalità da seguire per la fase del rilevamento, le altre fasi del piano di campionamento non erano specificate in nessun disegno sperimentale. Mancando un disegno sperimentale da seguire, le indagini finora condotte hanno privilegiato un campionamento preferenziale, che comportava la scelta delle stazioni di campionamento secondo un criterio soggettivo stabilito dall’operatore. Perciò, nonostante le indagini condotte finora in Italia si siano basate sull’impiego della stessa metodica (Nimis et al. 1989) nella fase del rilevamento (l’utilizzo dello stesso reticolo di campionamento e delle regole per la scelta dell’albero adatto), un grosso ostacolo alla omogeneità dei dati di BL finora ottenuti è costituito dalla mancanza di un piano sperimentale che riguardasse anche le altre fasi del campionamento (strategia di campionamento da adottare). L’utilizzo dei licheni in studi di monitoraggio in Italia è iniziato molto più tardi rispetto ad altri paesi europei ed extraeuropei. Tuttavia dalla fine degli anni ’70 ad oggi le indagini sono andate intensificandosi passando dai 260 lavori negli anni ’80 agli oltre 600 condotti negli anni ’90, a conferma della validità e della versatilità della metodologia (Piervittori 1999).