Teoria delle aree valutarie ottimali

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Transcript della presentazione:

Teoria delle aree valutarie ottimali La teoria è stata sviluppata da Mundell e Mc Kinnon agli inizi degli anni sessanta. La definizione di area valutaria ottimale ha come oggetto un gruppo di paesi le cui valute siano legate l’una all’altra da un sistema di cambi irrevocabilmente fissi

obiettivo Con l’unione si mira a eliminare l’incertezza, stimolando la specializzazione produttiva e il commercio tra le regioni o paesi che ne fanno parte. L’unione conduce alla creazione di un unico mercato che consente ai produttori di sfruttare le economie di scala di produzione.

Benefici attesi Abolizione dei costi di conversione tra le diverse valute; Eliminazione del rischio di cambio; Possibilità di generare un circolo virtuoso tra stabilità dei prezzi, incremento degli scambi e maggior crescita economica. I benefici attesi saranno tanto maggiori quanto maggiore è l’integrazione economica tra i paesi partecipanti.

Costi I costi principali sono legati alle conseguenze di shocks asimmetrici: la teoria delle aree valutarie ottimali individua le caratteristiche strutturali che i paesi devono possedere per il riaggiustamento automatico, dato che con l’unione i paesi perdono lo strumento del cambio.

Condizioni per l’area ottimale Flessibilità salariale. Mobilità del fattore lavoro

Flessibilità salariale Esempio: Nel paese A spostamento della domanda a favore di beni prodotti nel paese B: In A diminuzione della produzione, aumento della disoccupazione e disavanzo delle partite correnti; In B aumento del PIL, aumento della domanda di lavoro e avanzo commerciale

Flessibilità salariale 2 Se esiste flessibilità salariale si ha: In A il salario diminuisce, i prezzi diminuiscono, i prodotti di A divengono più competitivi. Ciò determina il progressivo ripristino dell’equilibrio di partenza. Viceversa accade in B.

Mobilità del lavoro In questo caso, i lavoratori si spostano da A in B determinando l’aumento dei salari in questo paese e per questa via il riequilibrio nei due paesi.

Ostacoli Salario generalmente poco flessibile verso il basso; Scarsa mobilità del fattore lavoro (costi del trasferimento, differenze culturali)

Altre soluzioni ( In assenza dell’unione rivalutazione /svalutazione delle rispettive valute di B e A). Esistenza di un bilancio centralizzato che determini un aumento delle imposte in B e trasferisca le maggiori risorse in A in modo da consentire l’aumento della spesa pubblica in A.

Discussione sugli shocks asimmetrici Tesi della Comunità europea: economie simili, scarsa probabilità; Krugman: aree di sviluppo settoriale, alta probabilità.

Shocks comuni A causa di differenze delle istituzioni sul mercato del lavoro possono produrre reazioni diverse in termini di prezzi e salari come nel caso di shocks asimmetrici; ugualmente tali diversità si possono verificare tra paesi a diverso tasso di crescita del reddito.

Caratteristica dei paesi dell’UEM è l’alto grado di apertura Il 60% circa del commercio internazionale è di tipo intracomunitario Il grado di apertura dell’UE verso il resto del Mondo è superiore a quello di USA e Giappone Il mercato unico non era in grado di operare in presenza di una alta volatilità dei tassi di cambio Sono queste le ragioni che hanno spinto i paesi dell’UEM ad adottare la moneta unica

Quota sul commercio mondiale (FMI) Esportazioni USA 12% Giappone 7% UE (15) 37,5% Germania 9,5% Francia 4,8% UK 4,4 Italia 3,7% Importazioni USA 19% Giappone 5,8% UE (15) 34,8% Germania 7,6% Francia 4,6% UK 5,1 Italia 3,6%

L’UEM è un’AVO? Sulla base dei criteri sino ad ora esposti si può affermare che: Il grado di apertura non è un criterio sufficiente. Sulla base di tale criterio solo alcuni paesi avrebbero dovuto aderire all’UEM (Belgio, Lussemburgo, Irlanda, Olanda) ma non Germania, Francia , Italia etc. che presentano un grado di apertura misurato dall’export/PIL intorno al 10%

2. sulla base del criterio della mobilità fattoriale l’UEM non è un’AVO 3. sulla base della natura e della dimensione degli shock, generalmente di tipo asimmetrico, l’UEM non è un’area valutaria ottimale. Quanto più gli shock sono asimmetrici tanto più costosa (rinuncia all’utilizzo della politica valutaria) è l’adesione a un’AVO 4. diversificazione produttiva. E’ l’unico criterio che permette di valutare positivamente l’adesione a un’AVO. Le strutture industriali dei paesi europei sarebbero meno concentrate e più diversificate rispetto agli USA e questa circostanza renderebbe meno probabile l’insorgere di shock asimmetrici In conclusione , dal punto di vista statico, l’UEM non risponde ai requisiti dell’ottimalità. Considerata in una prospettiva dinamica l’UEM potrebbe soddisfare i requisiti prima richiamati