LE OPERE DI MISERICORDIA PERDONARE LE OFFESE PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Anno Pastorale 2015-2016.

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Transcript della presentazione:

LE OPERE DI MISERICORDIA PERDONARE LE OFFESE PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Anno Pastorale

Introduzione Il Cristo risorto che si manifesta ai discepoli mostran­do le ferite della crocifissione nel suo corpo e donan­do ai discepoli lo Spirito santo che consentirà loro di perdonare i peccati (cfr. Gv 20,19-23), rivela che per­donare significa donare attraverso le sofferenze e il male subito, significa fare anche del male ricevuto l’occasione di un dono Cfr. Luciano Manicardi, “Perdonare per riconciliarsi”, in Esodo 4 (2005), pp

Nel perdono non si tratta di attenuare la responsabilità di chi ha commesso il ma­le: il perdono perdona proprio ciò che non è scusabile, ciò che è ingiustificabile - il male commesso - e che tale resta, come restano le cicatrici del male inferto.

Il perdono non toglie l’irreversibilità del male subito, ma lo assume come passato e, facendo prevalere un rappor­to di grazia su un rapporto di ritorsione, crea le premes­se di un rinnovamento della relazione tra offensore e offeso.

IL PERDONO PERTANTO SI OPPONE ALLA DIMENTICANZA (SI PUÒ PERDONARE SOLO CIÒ CHE NON È STATO DIMENTICATO) E SUPPONE UN LAVORO DELLA MEMORIA. SIGMUND FREUD AF­FERMA CHE SE IL PAZIENTE NON RICORDA, RIPETE.

Il ricordo del male subito apre la via al perdono nella misura in cui elabora il senso del male subito:

noi uomini non sia­mo infatti responsabili dell’esistenza del male o del fat­to di averlo subito ingiustamente (e magari nell’infan­zia o comunque in situazioni di assoluta nostra impo­tenza a difenderci e magari da persone da cui avremmo dovuto aspettarci solo bene e amore), ma siamo respon­sabili di ciò che facciamo del male che abbiamo subi­to.

Il lavoro del ricordo che sfocia nel perdono può co­sì liberare l’offeso dalla coazione a ripetere che lo por­terebbe a compiere a sua volta e a riversare su altri il male che egli a suo tempo ha subito.

Dietro l’atto con cui una persona perdona vi è già la guarigione della me­moria: non si resta vittime del ricordo indurito e osti­nato divenuto fissazione, non si resta in balia del risen­timento, prigionieri dell’ombra lunga del male subito, ostaggi del proprio passato.

Al tempo stesso il perdo­no implica un “lasciar andare”, uno spezzare non cer­to il ricordo, ma il debito contratto da chi ha commes­so il male.

L’atto del perdono si mostra così capace di guarire non solo l’offensore, ma anche l’offeso: Il perdono è l’unica reazione che non si limita a re­agire, ma che agisce nuovamente e inaspettatamente, non condizionato da un atto che l’ha provocato, e che quindi libera dalle sue conseguenze sia colui che perdona sia colui che è perdonato Hannah Arendt, Vita activa. La condizione umana, Bompiani, Milano 2003, pp

Hannah Arendt ricorda come il perdono possa esten­dersi al piano sociale e politico e divenire “un princi­pio- guida” politico. 3. Idem, p. 175.

 grande atto etico: il perdono reciproco per tutti i crimini perpetrati da una parte e dall’altra. Non si può dimenticare né dissimu­lare, ma occorre rompere con la legge del taglione 4. Edgar Morin ha affermato che il conflitto israelo-palestinese potrà trovare una via di conciliazione grazie anche a un 4. Edgar Morin, “Palestina, la pace dopo Sharon”, in La Stampa, 7 febbraio 2001, p. 22.

Questo implica il costituirsi in un popolo di una cultu­ra della memoria: il che significa liberarsi dal risentimen­to e dal rancore dovuto a un eccesso di memoria, ma anche dalla rimozione del passato per non fare i conti con esso.

La storia della rivelazione biblica è anche la storia del­la rivelazione del Dio “capace di perdono” (Es 34,6-7; Sal 86,5; 103,3) che nella pratica di umanità di Gesù Cristo, nel suo vivere e nel suo morire, ha rivelato l’e­stensione e la profondità del suo amore per gli umani, un amore che anche dell’offesa ricevuta fa l’occasione non di giudizio o di condanna, ma di amore (cfr. Mc 2,5; Lc 7,36-50; 23,3 4; Gv 8, 11). In ascolto della Bibbia

In Cristo, morto per noi mentre eravamo peccatori (cfr. Rm 5,6-10), il perdono è già dato a ogni uomo, e dunque anche la possibilità di viverlo.

Essere perdonati significa scoprirsi amati nel proprio odio.

Il figlio prodigo darà il nome di perdono all’amore fedele e mai venuto meno del padre che l’ha sempre atteso e gli è sempre stato vicino anche mentre lui si allontanava da casa e lo metteva simbolicamente a morte chiedendogli in anticipo l’eredità (cfr. Lc 15,11-32).

Questo significa che il perdono precede e fon­da il pentimento e che quest’ultimo potrà sorgere solo dalla presa di coscienza di tale amore unilaterale, gra­tuito e incondizionato, precedente ogni nostro “meri­to”.

Ormai la comunità cristiana è chiamata a essere il luogo del perdono: “Perdonatevi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo” (Ef 4,32).

E la preghie­ra quotidiana del cristiano, echeggiando le parole del Siracide (“Perdona l’offesa al tuo prossimo e allora, per la tua preghiera, ti saranno rimessi i peccati”: Sir 28,2), pone in relazione la richiesta del perdono divino e la prassi del perdono al fratello (cfr. Mt 6,12; Lc 11,4).

CERTO, IL CAMMINO DEL PERDONO È LUNGO E FATICOSO. POSSIAMO SEGUIRNE LE TAPPE PSICOLOGICHE E SPIRITUALI ALL’INTERNO DI UN CAMMINO PERSONALE Cfr. J. Monbourquette, L’arte di perdonare. Guida pratica per imparare a per­donare e guarire, Edizioni Paoline, Milano 1994.

Per non darla vinta al male che abbiamo subito e che potrebbe continuare a legarci a sé impedendoci di proiet­tarci nel futuro, occorre anzitutto rinunciare alla volon­tà di vendicarsi, di compiere ritorsioni contro l’offenso­re.

Cedere a questa tentazione equivarrebbe a entrare nella spirale del male da cui si vuole uscire. Equivarreb­be a rinunciare per sempre a riconciliarsi.

Quindi occorre riconoscere che si soffre per il male subito, riconoscere la propria ferita e la propria pover­tà.