“ … E quindi uscimmo a riveder le stelle” Incontrare la scienza in compagnia di Dante
“Che cosa c’entro io con le stelle…?” Per definire la poesia di Dante la critica ha sempre usato l’aggettivo totale, perché c’è qualcosa di inusuale, il fatto che il suo modo di guardare le cose fa vedere tutto il reale “legato con amore in un volume” (Par. XXIII, 86), come se tutto stesse insieme. Se Dante ha saputo essere contemporaneamente letterato, poeta, scienziato, astronomo, teologo è perché seppe guardare le cose da un punto di vista sintetico.
“e come l’aere, quand’è ben piorno, per l’altrui raggio che s’n sé si riflette, di diversi colori diventa adorno” (Purg. XXV, Dante ha colto quello che è il principio fisico da cui effettivamente nasce l’arcobaleno. La riflessione delle goccioline di acqua, in cui la rifrazione della luce scompone le varie lunghezze d’onda in tutti i vari colori…è l’unità con cui questo sano principio fisico di osservazione acuta è reso in termini poetici: è l’aria che si adorna di colori.
“La gloria di Colui che tutto move per l’universo penetra e risplende in una parte più e meno altrove” (Par. I, 1-3) Dio muove tutto, fa essere tutto e dà movimento al cosmo. Questo movimento è voluto da Dio, è agito da Dio; il movimento del cosmo-così come il movimento delle realtà più piccole- è il segno dell’amore di Dio per la sua creazione. E’ la gloria di Dio che muove il tutto, ma il tutto non è Dio. L’universo è creato da Dio, ma è diverso da Dio. Guardando l’arcobaleno, io vedo il segno di ciò che lo fa…
… “Le cose tutte quante hanno un ordine fra loro; e questo è forma che l’universo di Dio fa simigliante”. (Par. I, ) Tutte le cose hanno un ordine fra loro. Tra tutte le creature l’uomo è quell’essere creato cui è dato di vedere in questa realtà: “l’orma dell’eterno Valore”, cioè il segno del Mistero che fa tutte le cose.
Dante non è uno scienziato moderno, usa categorie medievali, ma la sua poesia è quella di un uomo che guarda le cose esprimendo tutta l’affezione per la singolarità di ogni creatura. L’ordine non è soltanto bello a vedersi, ma è anche un ordine provvidenziale. Le leggi di natura sono fatte in modo tale da consentire la possibilità che questo universo sia una casa per l’uomo Vedi come da indi si dirama l’obliquo cerchio che i pianeti porta, per sodisfare al mondo che li chiama. (Par. X, 13-15)
Il processo per cui Dante introduce se stesso alla conoscenza del significato della realtà si può riassumere con l’espressione medievale per visibilia ad invisibilia. Dal filo d’erba all’Universo, dal particolare all’universale.
“Così parlar conviensi al vostro ingegno però che solo da sensato apprende ciò che fa poscia d’intelletto degno” (Par. IV, 40-42) “Apri la mente a quel ch’io ti paleso, scienza e fermalvi entro; ché non fa scienza, sanza lo ritenere, avere inteso” (Par. V, 40-42)
“Io veggio ben che giammai non si sazia nostro intelletto, se il ver non lo illustra, di fuor dal qual nessun vero si spazia. posasi in esso, come fera in lustra, tosto che giunto l’ha; e giugner puollo, se non ciascun disio sarebbe frustra. Nasce per quello a guisa di rampollo. A piè del vero il dubbio; ed è natura che al sommo pinge noi di collo in collo”. (Par. IV, )
“E quindi uscimmo a riveder le stelle” Inf. XXIV, 139 “Puro e disposto a salire alle stelle” Purg. XXXIII, 145 “L’amor che move il sole e l’altre stelle” Par. XXXIII, 145